sabato 9 agosto 2025

In pigiama per strada: segno di un crollo morale?



Tendenza sleepwear per strada generata da IA (DALL·E) e finalizzata con Canva Pro.




di Atilio Faoro

Si credeva che certi limiti nell'abbigliamento non sarebbero mai stati superati. Eppure, quest'estate, per le strade di Parigi, Lione o Bordeaux, ma anche negli aeroporti, sui tavolini dei bar o persino nei ristoranti e nelle chiese, si sta affermando una nuova tendenza sorprendente: il pigiama indossato come abito da città.

Chiamata "sleepwear", questa moda arriva dalle passerelle di Dolce e Gabbana, Gucci e Balenciaga e consiste nell'indossare, senza il minimo imbarazzo, camicie da notte, pantaloni larghi di raso o cotone, in luoghi pubblici. Vestaglie indossate con tacchi alti, completi in seta "accessoriati" con borse firmate: ecco ciò che alcuni definiscono oggi lo chic casual.

Come nota Elle nella sua edizione del 24 giugno 2025, "a lungo confinato nell'intimità delle nostre notti, il pigiama si concede oggi una nuova vita... in pieno giorno. Ormai sfila per strada con la stessa legittimità di un tailleur ben tagliato". La rivista An Garde, nel numero del 20 maggio 2025, ribadisce il concetto: "L'idea di uscire in pigiama, un tempo considerata un'anomalia o un passo falso, è ormai un fenomeno totalmente accettato", incoraggiato dalle grandi case di moda e diffuso dagli influencer. Ci vengono proposti «modelli sofisticati» per andare in pigiama a un brunch o a un appuntamento.

Ma questo fenomeno è solo estetico? Dietro questa eccentricità nell'abbigliamento non si nasconde forse un sintomo più profondo della decadenza morale della nostra epoca?

Quando l'intimo invade la sfera pubblica

Le grandi civiltà si sono sempre costruite su una chiara distinzione tra sfera privata e sfera pubblica. L'abbigliamento svolgeva un ruolo fondamentale: diceva qualcosa della nostra funzione, della nostra dignità, del nostro rispetto per gli altri.

Indossare il pigiama per strada significa abbattere quella frontiera millenaria tra la casa e la città, tra il riposo e l'azione, tra il sonno e la vigilanza. Significa trasformare la strada in un'estensione della camera da letto, lo spazio pubblico in un prolungamento del comfort egoistico e senza pretese.

Non è un dettaglio: l'abbigliamento modella la mentalità. Dice come ci percepiamo, come percepiamo il mondo e come ci comportiamo in esso. E quando l'abbigliamento stesso esprime pigrizia, chiusura su se stessi o nonchalance, come stupirsi di un generale abbassamento dei riferimenti sociali e morali?

Alcuni santi dell'antichità cristiana avevano già osservato questo fenomeno. San Giovanni Crisostomo affermava: «L'abito non fa l'uomo, ma può elevarlo o abbassarlo. Chi trascura il proprio abbigliamento dimostra di disprezzare sé stesso»1.

Dal rilassamento alla rassegnazione


Questa normalizzazione di un rilassamento un tempo impensabile è il sintomo di un mondo che ha perso il senso delle gerarchie, dei luoghi e dei tempi. Non è una liberazione, è una rassegnazione. Si travestono d’audacia creativa la rinuncia allo sforzo e alla cura di sé. Ma a forza di voler livellare tutto – il giorno e la notte, il privato e il pubblico, lo sforzo e il lasciarsi andare – non si porta il pigiama nell'alta moda: si fa uscire la civiltà dal suo spirito cristiano.

I media femminili presentano questa tendenza come una liberazione. Ci si congratula con sé stessi per non doversi più «vestire per piacere», per poter «affermare il proprio stile» anche in camicia da notte.

Ma questa presunta libertà è una rinuncia mascherata. Non è per vanità che la civiltà ha inventato l'abbigliamento da città: è per rispetto di sé stessi e degli altri. Non per incapsulare, ma per elevare. Il pigiama in strada non è neutro: fa parte di un movimento di rilassamento generalizzato, di rifiuto dello sforzo, di disprezzo dei codici fondamentali della convivenza.

Alcuni moralisti contemporanei non lo vedono come un dettaglio insignificante: per loro, il crollo delle apparenze è spesso il preludio al crollo dei costumi. Plinio Corrêa de Oliveira, pensatore cattolico del XX secolo, osservava: «Chi sa che l'uomo non è solo materia sa anche che l'abito non è solo un indumento destinato a coprire il corpo, ma che, secondo l'ordine naturale delle cose, deve anche servire lo spirito. ... Così l'uomo può, attraverso il suo abbigliamento, esprimere in una certa misura la sua personalità morale - cosa che si nota facilmente nell'abbigliamento femminile, così adatto a riflettere la disposizione mentale della donna»2.

Confondendo vita privata e vita pubblica, questa moda contribuisce all'affievolimento del senso del rispetto, della gerarchia e della dignità umana. Non è un caso che, parallelamente, le cerimonie ufficiali perdano solennità, i codici sociali si affievoliscano e l'esigenza personale diminuisca: tutto vale, tutto è permesso e, soprattutto, nulla è più sacro.

Riscoprire il senso morale dell'abbigliamento

In molte tradizioni religiose, in particolare in quella cristiana, l'abbigliamento ha un significato morale. L'apostolo San Paolo scriveva ai primi fedeli: «rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne i desideri.»3.

San Francesco di Sales dava questa raccomandazione: «Quanto a me, vorrei che i miei devoti e le mie devote fossero sempre i meglio vestiti in un'assistenza, ma con un abbigliamento sobrio e senza ricercatezza, adornati di grazia, decoro e dignità»4.

Nella sua Summa teologica, San Tommaso d'Aquino ricorda una verità piena di saggezza e sempre attuale: «L'uomo deve curare il proprio abbigliamento secondo la propria condizione e il luogo, affinché l'esterno corrisponda all'ordine interiore»5.

Il Dottore Angelico tratta qui della virtù della modestia nell'abbigliamento. Egli insegna che l'abito, lungi dall'essere un semplice ornamento superficiale, deve riflettere l'equilibrio dell'anima. Né negligenza, che tradirebbe una mancanza di rispetto verso sé stessi e gli altri, né ostentazione, segno di vanità o frivolezza: è nella giusta via di mezzo che si esprime la rettitudine interiore. Pertanto, curare il proprio aspetto non è un atto vano, ma un dovere radicato nella verità dell'uomo, corpo e anima uniti, creato a immagine di Dio.

Queste parole attraversano i secoli. Ridare all'abbigliamento la sua vera funzione non significa tornare a una rigida gabbia, ma resistere alla cultura sessantottina del lasciar andare che indebolisce i costumi, le famiglie e le società. Significa affermare che la bellezza umana non sta nella provocazione, ma nell'armonia e nell'autocontrollo.

Un invito al risveglio

Si può naturalmente vedere in questo una fantasia passeggera o una provocazione della moda. Ma il sintomo è più ampio. Rivela una crescente confusione tra gli spazi, una dissoluzione del linguaggio simbolico dell'abbigliamento, un disorientamento morale generale.

Di fronte a questa ondata di abbigliamento da notte che invade i marciapiedi, è tempo di dire no. No alla pigrizia elevata a virtù. No alla confusione degli spazi, dove l'intimità si esibisce in pubblico. No alla scomparsa dei riferimenti elementari di civiltà e decenza.

Questo abbandono nell'abbigliamento non è una semplice moda passeggera: è sintomo di un cambiamento più profondo. A poco a poco, si sta tornando alla barbarie. È ciò che si chiama l'imbarbarimento della società post-cristiana, dove l'uomo dimentica la sua dignità per seguire solo i suoi istinti.

È tempo di ritrovare la via dello spirito cristiano perduto, quel soffio interiore che un tempo modellava i comportamenti, i gesti, le parole e persino gli abiti. Questo processo inizia nella mente, ma si esprime anche nell'aspetto esteriore.




Fonti: https://angarde.fr/blogs/journal/la-tendance-du-sleepwear-le-pyjama-pour-sortir

https://www.elle.fr/Mode/Dossiers-mode/Chez-Dolce-Gabbana-le-pyjama-est-une-affaire-serieuse-qu-on-porte-au-travail

https://www.elle.fr/Mode/Dossiers-mode/Chez-Dolce-Gabbana-le-pyjama-est-une-affaire-serieuse-qu-on-porte-au-travail

https://madame.lefigaro.fr/style/tendances/les-5-tendances-decalees-de-l-ete-2026-que-les-hommes-vont-vraiment-aimer-20250701



NoteSan Giovanni Crisostomo, Omelia sul Vangelo di Matteo, Omelia 28, v. 11.
Plinio Corrêa de Oliveira, citazione tratta dall'articolo "O traje, espelho de uma época", Catolicismo » Nº 20 – Agosto 1952
San Paolo, Lettera ai Romani, 14.
San Francesco di Sales, Introduzione alla vita devota, Terza parte, cap. 25.
San Tommaso d'Aquino, Summa teologica, IIa-IIae, q. 169, a. 1.



Fonte: Tfp-France, 29 luglio 2025. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.




Nessun commento:

Posta un commento