domenica 31 ottobre 2021

“Nessuno può essere allo stesso tempo un buon cattolico e un vero socialista”. Cristo Signore, universorum Rex, nella Liturgia e nella vita



domenica 31 ottobre 20

Per onorare la Festa di oggi secondo il Calendario Liturgico Vetus Ordo, oltre a richiamare i precedenti che possono aiutare l'approfondimento dei nuovi lettori, offro alla vostra attenzione, nella nostra traduzione da OnePeterFive, un articolo di Padre John Zuhlsdorf, il cui titolo riporta una frase di Pio XI: “Nessuno può essere allo stesso tempo un buon cattolico e un vero socialista”.

Nella sostanza l'autore ci offre un affresco su questa ricorrenza che chi è fedele alla Messa antica ancora celebra e difende dai tagli selvaggi dei novatori di ogni ordine e grado.
Richiamo la vostra attenzione sui link sotto riportati e, in particolare, sull'Inno Te sæculórum Príncipem, che troverete pubblicato con l'indicazione delle strofe inopinatamente soppresse (nel Mattutino e nelle Lodi) e quindi non più né pregate né meditate sui nuovi breviari... Tagli purtroppo rivelativi di quanto più volte sottolineato, che ci viene ricordato e dimostrato con alcuni esempi anche da padre Zuhlsdorf : "Si cambi il modo in cui noi cattolici preghiamo e, col tempo, anche la fede cattolica cambierà".21
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“Nessuno può essere allo stesso tempo un buon cattolico e un vero socialista”

Padre John Zuhlsdorf, 29 ottobre 2021 

Siamo nella prima metà del XX secolo. Le famiglie reali europee crollano una dopo l’altra. Il materialismo secolare e ateo è in ascesa. Sulla scia di quell’atroce carneficina che è stata la Prima Guerra Mondiale, Papa Pio XI osserva i segni di quanto vede verificarsi nel mondo e, nel 1922, pubblica la lettera enciclica Ubi arcano che guida il popolo dei fedeli alla “Pace di Cristo nel Regno di Cristo”. Nel 1925 crea la Festività di Cristo Re con la sua enciclica Quas primas, fissandone la data per l’ultima domenica del mese che i comunisti hanno adottato per esaltare la loro “rivoluzione permanente”: ottobre.
Per una diabolica coincidenza ironica, l’espressione “rivoluzione permanente” è stata utilizzata per la prima volta da Karl Marx nel 1844 in un’opera intitolata La sacra famiglia. Il diavolo rivela sempre quello che sta per fare.

Oltretutto, scegliendo l’ultima domenica d’ottobre, Pio XI posiziona la Festività di Cristo Re subito prima della Festività di Ognissanti e del mese di novembre, durante il quale e per mezzo della cui parte finale — in cui comincia l’Avvento — la nostra Madre Chiesa ci conduce a un’intensa riflessione liturgica sugli Ultimissimi: la morte, il giudizio, il paradiso e l’inferno. In altre parole, essa ci offre una stagione salutare per riorganizzare in modo appropriato le nostre priorità.


Papa Pio XI sottolinea che la Chiesa ha il dominio e l’autorità su tutte le cose create. Cristo è il Re dei re e Signore dei signori (Ap 19, 16). Per questo egli afferma che tanto gli individui come le varie società nel loro insieme sono obbligati a sottomettersi a Cristo in quanto loro Re.
Ciò vale anche per gli Stati-nazione.
Magari fosse stato ascoltato!


Se non regna Cristo, nei luoghi in cui Cristo è stato rifiutato, gli uomini si espongono al pericolo di diventare arnesi depersonalizzati a disposizione dei potenti nel carnaio dell’ateismo. Conoscerete sicuramente la famigerata e raccapricciante immagine utilizzata da Vladimir Ilyich Lenin (†1924) per esprimere la necessità che muoiano anche milioni di persone purché l’obiettivo socialista possa essere raggiunto: “Per fare una frittata bisogna prima rompere le uova!”. [1]


Come scrive Pio XI nella sua enciclica del 1931 Quadragesimo anno, “nessuno può essere allo stesso tempo un buon cattolico e un vero socialista”.
All’epoca, Pio XI non ricevette alcuna replica né da Pennsylvania Avenue [2] né dal podio della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti.
Pio XI aggiunge:
Tutte queste verità pertanto, da Noi richiamate e confermate solennemente con la Nostra autorità, si debbono applicare del pari a una totale nuova forma o condotta del socialismo poco nota finora in verità, ma che al presente si va diffondendo tra molti gruppi di socialisti. Esso attende soprattutto a informare di sé gli animi e i costumi; particolarmente alletta sotto colore di amicizia la tenera infanzia per trascinarla, seco, ma abbraccia altresì la moltitudine degli uomini adulti; per formare infine “l’uomo socialistico”, sul quale vuole appoggiare l’umana società plasmata secondo le massime del socialismo.
Oggi siamo di nuovo testimoni della crescita di viticci di socialismo che si insinuano in ogni fessura possibile della nostra società sempre più in frantumi. Dopo decenni di propaganda nel mondo accademico, gli ideologi sono riusciti a forgiare un paio di generazioni che non sanno nulla di educazione civica e di storia. Essi hanno soffocato l’innata curiosità e la capacità di ragionare degli studenti. Per mezzo di un’inarrestabile programmazione sociale e delle punizioni inflitte ai tentativi di utilizzare la ragione in modo indipendente, hanno prodotto tanti piccoli pappagalli obbedienti che garriscono nella piazza pubblica.


A proposito di uova rotte, un meme che ho visto ieri riassume in modo efficace le conseguenze di questo programma di lavaggio del cervello finalizzato a indirizzare gli individui a sinistra e di istupidimento scolastico, che era stato preparato da tempo. Una giovane donna con un avatar vispo e sogghignante ha postato questo testo: “Pensate del socialismo come di un prodotto di pasticceria innovativo. Solo perché molti hanno fatto un casino nella loro cucina provando a cucinarlo, non significa che si possa andare in giro a dichiarare che ci si rifiuta di mangiare mai più il soufflé! Significa solo che bisogna sforzarsi di più!”.

Ciò ha provocato una risposta pungente e molto appropriata: la foto in bianco e nero di soldati in prossimità di rovine, in piedi su teschi e ossa, con la didascalia: “Oh, no! Ho bruciato di nuovo il soufflé!”.


Ahimè, come ci si può aspettare che i politici o l’elettorato delle nostre democrazie ascoltino la sostanza dell’esortazione di Pio XI, sapendo che nei decenni successivi ad essa i riformatori del rito liturgico della Chiesa hanno minato la chiarezza del Potere Regale di Cristo qui e ora, sulle istituzioni umane, a favore di un futuro instaurarsi di quel Regno dopo la Seconda Venuta?

Lex orandi — Lex credendi, suona la frase ben nota, che è fondamentale per farci comprendere la relazione reciproca tra il modo in cui preghiamo come Chiesa e quello in cui crediamo come individui che devono vivere e agire nella sfera pubblica secondo la vocazione di ciascuno.


Si cambi il modo in cui noi cattolici preghiamo e, col tempo, anche la fede cattolica cambierà. E lo faranno anche, inevitabilmente, le nostre vite. Adesso capite perché alcuni dei nostri pastori e dei loro lecchini, sui media cosiddetti cattolici — in barba a Pio XI —, affermano che “non è possibile essere un buon cattolico e non essere allo stesso tempo un vero socialista”?


Si cambi il modo in cui preghiamo e, col tempo, noi cattolici cominceremo a credere e ad agire nella sfera pubblica in modi che sarebbero stati irriconoscibili per i nostri antenati.
È per questo che il contenuto delle preghiere liturgiche è così importante.


Recentemente ho letto l’affermazione secondo la quale se solo noi “arricchissimo” il Novus Ordo con uno stile tradizionale di celebrazione, di paramenti, di utilizzare l’incenso, etc., ciò sarebbe sufficiente a soddisfare le necessità della Tradizione. Questo dimostra che tanto il desiderio di un numero sempre maggiore di fedeli di partecipare alla sacra liturgia tradizionale come le autentiche divergenze che esistono tra il Vetus Ordo e il Novus Ordo sono completamente fraintesi.

Non è solo questione di avere un chierichetto con la tonaca e la cotta o ragazze coi capelli raccolti a coda di cavallo e che indossano orecchini e tela di sacco. Non è solo questione di avere la Messa orientata ad orientem o versus populum (anche se questi sono elementi teologicamente importanti, non una mera materia di stile). Non si tratta solo della differenza tra l’organo a canne e il piano elettronico accompagnato da tamburi e chitarre stonate.


Il contenuto delle preghiere che cambia ogni giorno, nell’arco di un anno, è sorprendentemente differente nei due riti, il Vetus e il Novus.


Per fare un esempio significativo, si possono comparare le preghiere della colletta della Vetus Ordo con quelle della Novus Ordo per la Festività di Cristo Re. Dato che lo spazio e il tempo a nostra disposizione sono esigui, riporterò solamente le traduzioni estremamente letterali invece dell’originale latino e delle traduzioni ufficiali. Nella Vetus leggiamo:
Dio Onnipotente ed eterno, Che nel Tuo Figlio diletto, Re dell’intero universo, hai voluto ristabilire tutte le cose, concedici propizio che tutte le famiglie delle nazioni, separate dalla ferita del peccato, possano essere condotte sotto la Sua dolcissima sovranità.
Nazioni. Qui e ora. La Regalità di Cristo su tutte le istituzioni umane dev’essere riconosciuta.
Nella versione Novus Ordo, realizzata dagli esperti del Concilio, leggiamo:
Dio Onnipotente ed eterno, Che hai voluto rinnovare tutte le cose nel Tuo Figlio diletto, Re dell’Universo, concedici misericordiosamente che l’intera creazione, liberata dalla schiavitù, possa servire in modo solerte la Tua maestà e lodarTi grandemente, senza fine.
Non viene introdotto alcun dubbio sul fatto che Cristo sia il Re dell’universo. Il concetto di peccato non è esplicito, ma è implicato dal termine “schiavitù”. Il riferimento alle nazioni, alla sfera secolare, è sparito.


Decidete voi.

Se si procede alla comparazione dei testi paralleli, settimana dopo settimana, seguendo il ciclo dell’anno liturgico della Chiesa, si nota che quelli che cadono in giorni differenti dell’anno mostrano un cambiamento di contenuto.


Si cambi il modo in cui preghiamo e si cambierà ciò in cui crediamo. Si cambi queste due cose e si cambierà il modo in cui viviamo la nostra vita privata e pubblica.

Cosa possiamo fare? Come l’anziano tecnico delle luci di Sam Gamgee [3] soleva dire: “Il lavoro che richiede più tempo per essere completato è quello che non viene mai cominciato”. Dobbiamo affrontare la sfida con paziente perseveranza e con l’atteggiamento di chi costruisce una casa un mattone dopo l’altro.


Traendo ispirazione dall’ammonizione presente all’interno della preghiera dopo la Comunione nella liturgia Vetus Ordo per la Festività di Cristo Re (traduzione mia):
Ti supplichiamo, O Signore, nutriscici con questo nutrimento immortale, in modo che noi che ci gloriamo di combattere sotto il vessillo di Cristo Re possiamo regnare per sempre con Lui sul trono celeste.
Si noti l’immagine utilizzata, che ricorda in modo energico che siamo membri della Chiesa militante. C’è un nemico che lavora incessantemente per cercare di privare Cristo Re del trono dei nostri cuori. Ci combatte senza sosta. Dobbiamo resistere e combattere sotto il vessillo del Re, usando come armi tutti i doni salutari che il nostro Re ha elargito alla Chiesa.
E ora, la preghiera dopo la Comunione della liturgia Novus Ordo:
O Signore, ti supplichiamo affinché i Tuoi misteri sacramentali possano perfezionare in noi ciò che essi contengono, concedendoci di afferrare nella realtà delle cose quel che stiamo facendo ora per mezzo di gesti esteriori.
Decidete voi. Ecco una lista di elementi importanti per questa tradizionale domenica di Cristo Re.


In Quas primas Pio XI ha richiesto che in questa Festività si recitasse pubblicamente l’Atto di consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù. Facendolo, si può ottenere l’indulgenza plenaria.


Sforzatevi di trovare una chiesa o una cappella dove la Festività verrà celebrata domenica prossima [ndr. oggi] e partecipatevi. Confessatevi. Ottenete l’indulgenza. Rendete salda la vostra fedeltà a Cristo, Re non solo dell’intimo dei cuori, ma di ogni strada, casa e nazione della Terra.

E dato che siamo tutti coinvolti in questa chiamata, potreste forse anche invitare qualcuno che non ha mai partecipato alla messa tradizionale in latino a venire con voi.


Mi viene in mente che alcuni di voi potrebbero non aver mai sentito parlare di questo Atto di consacrazione o non averlo mai letto.
Non lascerete quest’esistenza terrena prima di averlo letto almeno una volta!


Atto di consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù

« O Gesù dolcissimo, o Redentore del genere umano, guarda a noi umilmente prostrati innanzi al tuo altare. Noi siamo tuoi, e tuoi vogliamo essere; e per vivere a te più strettamente congiunti, ecco che ognuno di noi, oggi spontaneamente si consacra al tuo sacratissimo Cuore.

« Molti, purtroppo, non ti conobbero mai; molti, disprezzando i tuoi comandamenti, ti ripudiarono. O benignissimo Gesù, abbi misericordia e degli uni e degli altri e tutti quanti attira al tuo sacratissimo Cuore.

« O Signore, sii il Re non solo dei fedeli, che non si allontanarono mai da te, ma anche di quei figli prodighi che ti abbandonarono; fa' che questi, quanto prima, ritornino alla casa paterna, per non morire di miseria e di fame. Sii il Re di coloro, che vivono nell'inganno e nell'errore, o per discordia da te separati: richiamali al porto della verità e all'unità della fede, affinché in breve si faccia un solo ovile sotto un solo pastore.

Sii il re finalmente di tutti quelli che sono avvolti nelle superstizioni del gentilesimo, e non ricusare di trarli dalle tenebre alla luce e al regno di Dio.
« Largisci, o Signore, incolumità e libertà sicura alla tua Chiesa, concedi a tutti i popoli la tranquillità dell'ordine: fa' che da un capo all'altro della terra risuoni quest'unica voce: Sia lode a quel Cuore divino, da cui venne la nostra salute; a lui si canti gloria e onore nei secoli dei secoli. Amen ».



Fonte
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[1] I “democraticissimi” agitatori culturali dei nostri tempi — fedeli alla loro prassi di attribuire al nemico le proprie malefatte (peraltro ideata da Joseph Goebbels) e sempre in preda a una tarantolata e schizofrenica caccia al fascista (immaginario) — attribuiscono falsamente la paternità di questa frase al gerarca nazista Hermann Goering, il quale — secondo alcuni testimoni, l’avrebbe pronunciata nel 1933 — anno della salita al potere (per mezzo di elezioni democratiche…) di Adolf Hitler —, nel momento in cui fu incaricato di “mettere ordine” tra le fila dei possibili oppositori. È attendibile che egli l’abbia pronunciata, ma non ne è certamente l’autore. [N.d.T.][2] L’indirizzo della Casa Bianca. [N.d.T.]
[3] Un personaggio della saga Il signore degli anelli. [N.d.T.]


[Traduzione per Chiesa e post-Concilio di Antonio Marcantonio]







sabato 30 ottobre 2021

Scuola progressista: un fallimento

 



 

La scrittrice Paola Mastrocola ha pubblicato, con il marito Ricolfi, un saggio sul declino dell’istruzione: «La sinistra, da don Milani a Berlinguer, l’ha squalificata..». 

 

di Alessandro Rico

 Il titolo dell'ultimo saggio dei coniugi Luca Ricolfi e Paola Mastrocola parla da sé. Due professori -lui all'università, lei al liceo- raccontano 60 anni di decadenza dell'istruzione in Ita­lia. Dimostrando, numeri alla mano, che le idee «illuminate» della sinistra, la crociata contro la scuola «classista» e per il «diritto al successo formativo», hanno finito per penalizzare proprio i figli delle famiglie svantaggiate.

 

Professoressa Mastrocola, Il libro parte dalla sua intuizione di questo paradosso: quando ha capito che la «scuola progressista» danneggiava proprio i ceti bassi?

 

«Quando insegnavo. Una decina d'anni fa mi è apparso in modo lam­pante che l'elemento fondamenta­le per riuscire negli studi è la preparazione, non le origini familiari».

 

Si?

 

«Constatavo che anche i figli di famiglie di ceto alto faticavano, in primo liceo, perché evidentemente avevano frequentato scuole ... diversamente efficienti».

 

Lei individua due tappe cruciali del declino: la riforma della scuola me­dia nel 1963, e la ri-forma Berlinguer, nel 2000.

 

«Aggiungo: fino al 1969, alla maturità si portavano tutte le materie degli ultimi tre anni di liceo».

 

E ciò che cosa indica?

 

«Che, a un certo punto. non abbiamo più creduto che lo studio in dose così massiccia fosse uti­le. E oggi, che siamo una società tesa al piaceri e al divertimento, lo studio è l'ultima cosa che cerchiamo. In fondo, a cosa serve conoscere le guerre puniche?».

 

Se il criterio è «come usare un argomento nel mondo del lavoro», il 90% di ciò che si studia a scuola è destinato a essere cassato?

 

«Esattamente».

 

L'abolizione del latino alle medie però, più che dall’utilitarismo, fu ispirata dal progressismo: come lamentava don Lorenzo Milani, che lei critica nel libro, quelle materia umiliava i figli dei contadini.

 

«Questo è il cardine del pensiero progressista. L'idea era che una scuola "alta", che fa cose difficili, come il latino o la letteratura antica, implicasse uno studio duro, cui i figli dei contadini, che erano gli alunni di don Milani, non arrivavano. Quindi, era meglio parlar loro degli alberi da frutta...».

 

La sua tesi, al contrario, è che siano insegnamenti elevati a spingere l’ascensore sociale. «Lasciamo da parte don Milani. Dopo 60 anni ci sono ancore classi deboli, ahimè. A questi ragazzi svantaggiati dobbiamo assolutamente garantire una scuola alta perché loro non hanno altre risorse come i ceti elevati».

 

A che risorse si riferisce?

 

«Le famiglie di ceto elevato mandano forsennatamente i loro pargoli a lezione private. Poi, in belle università all’estero. E quando ne escono, li aiutano con le loro conoscenze. Invece, i ceti bassi hanno bisogno di una scuola di qualità che li prepari non che li faccia giocare e divertire».

 

Quali sono le colpe della riforma Berlinguer?

 

«Aver introdotto il Piano per l'offerta formativa»

 

Che male c'è?

 

«Intanto, nel mondo della scuola è entrata la parola "offerta", che vedevamo solo nei supermercati».

 

Dunque, è stata la sinistra a inoculare nell'istruzione la logica del mercato?

 

«Certo, anche se ciò viene sempre negato. un demerito che viene attribuito alla riforma Gelmini. Ma sa che vuol dire pensare che la scuola debba "offrire" qualcosa?».

 

Che vuol dire?

 

«Che la scuola ha svalutato le di­scipline "normali”. Una scuola "si offre” non per quanto si occupa di Dante, di grammatica o di algebra. Si offre per il corso di educazione alimentare, la gita nelle Langhe, l’educazione alla cittadinanza. La scuola ha abbandonato la sua sostanza culturale per diventare un'agenzia delle educazioni».

 

In questo discorso, rientra an­che l'alternanza scuola-lavoro, introdotta dal governo Renzi?

 

«Questo fa parte dell'idea per cui la scuola deve essere “utile” E invece bisognerebbe rivendicare la su­blime inutilità, immediata e non verificabile dello studio.»

 

Si spieghi.

 

Quando studio filosofia, algebra, letteratura o arte, non so quan­to e a cosa tutto ciò mi servirà. Sono d'accordo che la scuola debba prepararmi lavoro, perché gli imprenditori non trovano gente che sappia far qualcosa. Ma non voglio che si sopprimano quelle parti di studio apparentemente non spendibili. La parola "spendibile" è une delle più atroci tra quelle che sono state introdotte a scuola.»

 

Lo ripete da anni

 

«Dal 2004, quando pubblicai La scuola raccontata al mio cane

 

E quando criticava la riforma Berlinguer, veniva osteggiata?

 

«Eeeeeeh... (Sorriso amaro). A scuola, entrando in sala insegnanti, trovavo sul tavolo, appiccicate con il nastro adesivo, le lettere dei colleghi contro di me.»

 

Altro paradosso: se quella riforma fosse stata ideata da un governo di destra, l’avrebbero bloccata?

 

«Ma certo. Allora non si poteva parlar male di quella riforma. Io non capivo: era evidente che stavamo andando verso il disastro, ma quasi tutti mi davano contro».

 

I genitori come si comportano?

 

«Sono strenui paladini dei figli. Se l'insegnante dà un 4, si presenta la madre: "Non capisco questo voto. mio figlio ha studiato". L'imputato è l’insegnante mai l’allievo..»

 

Quindi?

 

«L'insegnante è molto solo: il preside dà ragione quasi sempre ai genitori».

 

Come si fa a essere buoni insegnanti?

 

«Con la passione per le cose che s'insegnano. Poi ci vogliono empatia e un profondo desiderio di andare in classe a trasmettere l’amore con coi uno "sa"».

 

In che misura un buon insegnante può tamponare i difetti della scuola?

 

In una buona misura, secondo me. Ciò che ha salvato la scuola ita­liana è state proprio la scollatura tra le riforme e quel che l’insegnante fa davvero in classe».

 

Cioè?

 

«Io, delle riforme, me ne sono sempre infischiata».

 

Ad esempio?

 

«La riforma Berlinguer abolì il tema sostituendolo con articoli e saggi brevi, basati su pagine e pagi­ne di fotocopie. lo ho continuato imperterrita a dare temi liberi».

 

Perché?

 

«Perché che i miei ragazzi imparassero a scrivere la consideravo una priorità. E se lei vuole insegnare a qualcuno a scrivere, gli deve mettere un foglio bianco davanti. Fine».

 

Il ministro Patrizio Bianchi sostiene che si debba «andare oltre la lezione frontale», per «sperimentare forme alternative di didattica laboratoriale, condivisa, esperienziale, emotiva».

 

«Mi viene da piangere »

 

Ecco...

 

«Fra tutti i ministri che potevamo avare, perché proprio un “invasato" di pedagogia?».

 

Che ha di male la pedagogia?

 

«I pedagogisti insegnano come s'insegna. Ma noi abbiamo bisogno di potenziare l’oggetto dell'insegnamento, non il metodo. E come se lei volesse preparare una torta di mele e io continuassi a inviarle ricette. Dammi gli ingredienti, fammi fare questa torta!..»

 

Nel libro ricorda che quando proponeva la traduzione di Vincenzo Montt («Cantami, o Diva, del Pelide Achille l’ira fune­sta ...), gli alunni erano estasiati.

 

«Restavano a bocca aperta».

 

Ancora un paradosso: gli studenti vogliono la didattica alta?

 

«Si, perché non sono stupidi co­ma pensiamo! E capiscono la bellezza! La versione in prosa sarà pu­re più semplice, ma è di una tristezza infinita. Vogliamo dare qualcosa di più ai ragazzi?».

 

Non glielo stiamo dando?

 

«La scuola progressista elimina la difficoltà: una poesia del Trecento è troppo difficile, non te la insegno. Nella scuola che vorrei io, siccome la poesia del Trecento è bellissima, io te la insegno. Magari ci metto un anno, ma alla fine di quell'anno, se mi segui, 1a saprai capire. Non è straordinario?».

 

Perché il centrodestra non ha invertito la tendenza?

 

«Me lo dica lei. Il perché me lo chiedo da anni. La destra poteva veramente cavalcare gli sbagli della sinistra sulla scuola, proponendo un modello diverso. Era nelle sue cor­de. Perché diavolo non l'ha fatto? Ha continuato tale e quale la riforma Berlinguer. Non ha mai preso sulle sue spalle il tema della cultura. E così alimenta il luogo comune che, con la cultura, essa non c'entri niente. Peccato».

 

Non si può tornare al passato; lo riconoscete anche lei e professor Ricolfi. E allora? Che si fa?

 

«Niente».

 

Niente?

 

Io e Luca abbiamo scritto questo libro per disperazione, ma an­che per dovere: volevamo lasciare una testimonianza. Abbiamo raccontato 60 anni di scuola. Volutamente non abbiamo indicato una via, perché la via è stata già intrapresa: è la via europea. occidentale. E la via dello sfascio culturale».

 

Ci lasciamo con questo finale pessimista?

 

«Le parole del ministro Bianchi, che lei ha citato, rappresentano esattamente il futuro che attende la scuola. Anzi, sta rispondendo alla sua domanda di prima».

 

Cioè?

 

«Hanno nominato Bianchi per­ché è un esponente di questa visione pedagogistica, europeista e politicamente corretta».

 

Arriverà la cancel culture?

 

«E già arrivata. Viviamo sotto una cappa linguistica».

 

Una rivoluzione dovrebbe partire dal genitori?

 

«Be', io credo nella ribellione individuale. Possibile che un genitore,che si accorge che il figlio non sta imparando niente, non insorga?»

 

Tratto da «La Verità» 25 ottobre 2021





 

Vescovo Schneider: “Il materialismo diffuso in Occidente applica lo stesso modello del comunismo”




30OTT21

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by Aldo Maria Valli

“L’Unione Sovietica e altri paesi comunisti hanno cercato di ridurre l’intera esistenza umana alla sola dimensione materiale, e questa tendenza è sempre più in crescita nel mondo occidentale odierno”. Parola del vescovo Athanasius Schneider, che in un colloquio con LifeSiteNews ricorda anche le persecuzioni a cui fu sottoposta la sua famiglia sotto lo stalinismo e avverte: “Un élite sta controllando i cittadini, specie mediante la tecnologia”.


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di Kennedy Hall

In un’intervista esclusiva con LifeSiteNews, il vescovo Athanasius Schneider sottolinea l’esistenza nei Paesi occidentali, precedentemente liberi e cristiani, di un crescente “spirito di comunismo”.

Il vescovo Schneider è cresciuto nell’ex Unione Sovietica in una famiglia tedesca i cui antenati si stabilirono nella regione del Mar Nero nel XIX secolo. Molti i tedeschi che si trasferirono in quella zona. Chiamati “tedeschi del Mar Nero”, erano per la maggior parte contadini. Portarono con loro la fede e la cultura cattolica in un’area che era ed è in gran parte un mix di musulmani e cristiani ortodossi orientali.


Dopo la seconda guerra mondiale, i genitori di monsignor Schneider furono deportati da Stalin nei campi di lavoro forzato. Alla fine riguadagnarono la libertà e andarono nell’Asia centrale, in Kirghizistan, dove è nato il vescovo Schneider, appena a sud del Kazakistan, dove il vescovo vive ora. È cresciuto frequentando chiese cattoliche “sotterranee”, poiché i suoi genitori conservarono la fede ancestrale, anche se furono pesantemente limitati, dato che era illegale praticare la religione sotto il regime comunista.


Schneider ha detto al giornalista di LifeSiteNews Jim Hale che è cresciuto parlando tedesco, ma ha anche trascorso del tempo, da giovane, nelle scuole sovietiche, e quindi parla anche russo.

Hale ha chiesto al vescovo se – considerato l’aumento delle restrizioni del governo, apparentemente a causa del Covid – vede dei paralleli tra ciò che sta accadendo oggi nella nostra parte del mondo e com’era la vita sotto l’Unione Sovietica.


Schneider ha risposto che ritiene che ci siano delle analogie, anche se in superficie le cose non sembrano le stesse.

“L’Unione Sovietica e altri paesi comunisti hanno cercato di ridurre l’intera esistenza umana alla sola dimensione materiale”, spiega Schneider. “E questa tendenza è sempre più in crescita, da decenni, nel mondo occidentale. C’è una cultura del materialismo, una specie di nuova forma di ateismo, che era l’altro pilastro del sistema comunista”.


Il vescovo ritiene che un “piccolo gruppo” dell’“élite politica” stia controllando i cittadini del mondo occidentale, in gran parte attraverso mezzi tecnologici. Esprime preoccupazione per la mancanza di veri diritti di proprietà nel Nord America e in Europa, in specie per quanto riguarda i diritti di un individuo sul proprio corpo.

Parlando della vaccinazione forzata ha detto: “Con questa crisi Covid, vediamo sempre di più che stiamo perdendo anche il diritto di determinare il nostro corpo. Stiamo perdendo il diritto alla proprietà del nostro corpo a favore dello Stato o di un piccolo gruppo di élite”.

La reiterazione delle “regole Covid”, come l’insistenza sui “pass verdi”, ha creato una sorta di “prigione globale” in cui tutti sono monitorati come in un carcere.


Proprio come sotto i sovietici, i cittadini sono ora trattati come bambini, come se non avessero “abbastanza intelletto e ragione”. Così, a tutti viene detto “come comportarsi” da élites che “usano la stessa terminologia” in tutto il mondo.

Il mondo dominato dal Covid, dice, crea un tipo di “società schiavista”, con un “sistema schiavista”.

Al di là degli aspetti sociali, il vescovo Schneider collega la crisi del governo mondiale anche alla crisi della Chiesa cattolica, la cui gerarchia è stata “infiltrata” dallo spirito materialista. Secondo il vescovo, la direzione materialista del Vaticano può essere vista nell’attenzione di Roma sulla “Madre-Terra”. Lo stesso papa Francesco si sta “comportando come se le realtà terrene, che sono realtà materiali” fossero “al di sopra della cura dell’anima”.


Quando Jim Hale ha chiesto se tutto ciò derivi da un ideale utopico coerente con il marxismo, che presumibilmente ispira i comunisti a cercare di “costruire il paradiso in terra”, Schneider ha risposto: “Questo è comunismo, perché Marx e Lenin dicevano che il comunismo è il paradiso in terra. E questo spirito, purtroppo, è penetrato molto nella vita della Chiesa e nell’attuale agenda della Santa Sede”.

Per combattere lo spirito materialista, Schneider incoraggia i fedeli a “ripristinare il primato dell’anima, della cura dell’anima e della vita eterna”. Questo “è il nucleo del Vangelo. Gesù Cristo è venuto per redimerci dai nostri peccati e dalla dannazione eterna, per aprire le porte del Cielo”.

In Unione Sovietica, non era raro che la religione fosse cooptata dai politici e dallo Stato per guadagno politico.

Quando Hale ha chiesto a Schneider se ritiene accettabile che gli autodefiniti “cattolici” Joe Biden e Nancy Pelosi ricevano la Santa Comunione mentre promuovono politiche contro la vita e a favore dell’aborto, il vescovo ha affermato che non ci sono circostanze in cui un cattolico di alto profilo che promuove l’aborto può essere ammesso alla Santa Comunione, fino a quando non si pente e ritratta pubblicamente la sua difesa dell’aborto. Queste circostanze non sussistono “mai”, ha sottolineato.


Ciò vale per tutti i politici che sostengono comportamenti contrari agli insegnamenti della Chiesa cattolica. “Questi politici, quando promuovono apertamente l’aborto o i matrimoni tra persone dello stesso sesso, non sono in unione con l’insegnamento della Chiesa”.

Il vescovo definisce la ricezione della Santa Comunione da parte di un politico che rifiuta l’insegnamento della Chiesa come “sacrilega” e “un’offesa a Dio”. Aggiunge che costituisce un pericoloso precedente, in quanto il pubblico può pensare che la Chiesa che approvi il peccato grave.

“Non è caritatevole” per sacerdoti e vescovi offrire la Santa Comunione a politici come Biden e Pelosi, in quanto è come “lasciare che mangino il proprio giudizio”.

Alla fine dell’intervista, il vescovo Schneider ha ringraziato LifeSiteNews per il suo “lavoro meritorio ed eroico in questi tempi difficili”.

Fonte: lifesitenews.com











venerdì 29 ottobre 2021

Padre Francesco Bamonte e Halloween :In siti per bambini si trovano link di satanismo e magia nera





Intervista a Padre Francesco Bamonte, Presidente dell’ Associazione Internazionale Esorcisti:


Arriva Halloween, ma ciò che c’è dietro è tutt’altro che uno scherzo. In alcuni siti internet di personaggi come pokemon e gormiti si possono trovare link dai quali si accede direttamente a siti di occultismo, di satanismo e magia nera… I pianificatori sociali del male sanno che, se si abituano i bambini, sin dai primi anni di vita, alla familiarità con le immagini e con il linguaggio occultista, in età adulta questi saranno indotti all’occultismo vero e proprio.



In quanto esorcista riporto alcuni esempi palesi, che dimostrano gli effetti di questo scellerato progetto in corso per indurre bambini, adolescenti e giovani alla pratica dell’occultismo in tutte le sue forme e di cui questa festa neopagana e anticristiana di halloween è una delle modalità di diffusione.

Nell’aprile del 2015 – ad esempio – improvvisamente e in maniera molto rapida si è diffusa in un’ampia fascia di bambini, ragazzi e giovani – in Italia e in tutto il mondo occidentale – la pratica di una nuova forma di “seduta spiritica”, imparata guardando dei video su youtube. Su un foglio bianco vengono tracciate una linea orizzontale e una verticale e nei quattro quadranti ottenuti sono scritte due volte le parole: sì e no. Sul foglio vengono poste due matite, a forma di croce. A questo punto si chiede di confermare la propria presenza a un ragazzo defunto di nome Charlie che, in alcuni video, però, è apertamente definito “demone”. Se una matita si muove verso la risposta affermativa, cioè verso il “sì”, si può iniziare a fargli delle domande. E, di volta in volta, secondo le domande fatte, la matita risponderà, muovendosi verso il “sì” o verso il “no”. Un numero considerevole di genitori allarmati ha interpellato molti parroci, chiedendo che cosa dovevano pensare di questo fatto: dalle testimonianze raccolte, infatti, risulta che alcuni ragazzi, che hanno partecipato a questo gioco, hanno vomitato, qualcuno è svenuto; altri hanno cominciato ad accusare disturbi nel sonno; altri hanno cominciato a provare ansia e paure. Il 31 maggio 2015, un quotidiano riportava la notizia di quattro ragazze Colombiane le quali, dopo aver fatto il gioco in cui si evocava Charlie sono state ricoverate, perché mostravano tutte un forte disorientamento. La diagnosi fatta in ospedale è stata di “isteria collettiva con sintomi psicotici”.

Ma non è questo l’unico esempio. Un parroco romano ha fatto una sconcertante scoperta il 29 settembre scorso: uscendo dal recinto della chiesa ha visto un giovane che alternava continuamente sguardi alla facciata e al telefonino che aveva in mano. Il parroco si è incuriosito, si è accostato e, con molta semplicità gli ha chiesto che cosa stesse facendo. Il giovane gli ha detto che stava praticando un gioco on-line, chiamato “Ingress”, il quale presenta un mondo diviso in due. Attraverso alcuni “portali”, devono acquisire la “potenza esoterica” per vincere sugli altri. Questi sono costituiti da luoghi reali, sparsi per la città di Roma, e individuati attraverso quella che nell’esoterismo viene chiamata “mappa astrale”. Il portale in oggetto nel gioco era, senza che il parroco ne sapesse nulla, la chiesa affidata alla sua cura pastorale. C’era la foto della parrocchia scattata di notte e un raggio che partiva da una statua, situata sul tetto della canonica, e una figura oscura, disegnata sul muro della chiesa (che in seguito il parroco ha provveduto a far cancellare).

Ancora un ultimo esempio. Entrando un mattino in una chiesa, in quel momento deserta, vidi un gruppo di giovani, vestiti in un certo modo, la cui età media era di 25 anni, mentre stavano scendendo dal presbiterio. Il loro comportamento mi insospettì fortemente. Osservando in seguito le registrazioni, acquisite grazie alla telecamere poste in chiesa e le indagini fatte su un membro del gruppo che lo guidava, fu accertata l’esecuzione di un rituale satanico, operato nel giro di due soli minuti. Inoltre le forze dell’Ordine perquisendo la sua casa trovarono materiale utilizzato dalle sette sataniche.

Cosa deduciamo da questi esempi? I pianificatori sociali del male sanno che, se si abituano i bambini, sin dai primi anni di vita, alla familiarità con le immagini e con il linguaggio occultista, in età adulta questi saranno indotti all’occultismo vero e proprio affinchè diventi, per le nuove generazioni, l’alternativa al cristianesimo.

L’occultismo è oggi insegnato attraverso figurine, fumetti, cartoni animati, un certo tipo di musica, videogiochi, internet, film, telefilm e romanzi.

In alcuni siti internet di personaggi per bambini si possono trovare link dai quali si accede direttamente a siti di satanismo e di magia nera. L’aberrante esaltazione e celebrazione dell’orrido e dell’occultismo – in tutte le sue forme proposto ogni anno da Halloween – ha, come fine, quello di illudere le nuove generazioni, facendo loro credere che giocare con l’occultismo sia una pratica del tutto innocente, per la quale non si corre alcun rischio. L’occultismo, in realtà espone a pericoli morali, psicologici e spirituali. I danni che può produrre vanno da disturbi fisici, che richiedono intervento del medico a disturbi psicologici o psichici, che richiedono l’intervento dello psicologo e in alcuni casi dello psichiatra a disturbi malefici, che richiedono l’intervento del sacerdote esorcista.

Mi compiaccio con don Aldo Buonaiuto, per il suo impegno e per l’attività che svolge in favore delle vittime dell’occultismo. Il testo che ha prodotto “Halloween: lo scherzetto del diavolo”, risponde a una sentita esigenza, da parte degli operatori pastorali, dei cattolici impegnati nel mondo dell’educazione e dei genitori, preoccupati di avere un efficace mezzo divulgativo, per trasferire alle nuove generazioni il vero senso della vita, davanti alla cultura della morte proposta dai mass media e persino imposta in molte scuole e asili da Halloween. Mi associo, quindi, pienamente al “messaggio di vita” che don Aldo lancia attraverso questo testo e, nel contempo, mi unisco all’invito – rivolto da più parti a tutti i parroci e sacerdoti – perché moltiplichino, nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre, le veglie di preghiera nelle chiese; le processioni dei santi o le rappresentazioni teatrali della vita dei santi nelle sale parrocchiali; feste cristiane alternative, con intrattenimenti per i ragazzi e per le loro famiglie negli oratori; concerti nelle piazze, con la partecipazione di gruppi, cantanti o cantautori della musica cristiana contemporanea.

Padre Francesco Bamonte
*Presidente Associazione Internazionale Esorcisti

Preghiera di adorazione e riparazione
Lodato e adorato sia in eterno il SS. Sacramento dell’Altare
Mio Dio e mio Salvatore Gesù, vero Dio e vero Uomo,
degna vittima all’Altissimo, Pane vivo e sorgente di vita eterna,
ti adoro con tutto il cuore nel divin Sacramento dell’Altare
col desiderio di riparare l’indifferenza, le irriverenze
e le profanazioni che ricevi in questo ineffabile Mistero.
Mi prostro davanti alla santissima tua Maestà
per adorarti a nome di tutti quelli
che non ti hanno mai adorato
e che saranno forse tanto infelici da non lodarti mai.
Vorrei poter raccogliere nella mia fede, nel mio amore
e nell’offerta del mio essere
tutto l’amore che essi potrebbero offrire a onore e gloria tua
per la distesa dei secoli.
E per santificare questa adorazione
e rendertela più gradita la unisco, mio Salvatore,
alle lodi e alle adorazioni della tua Chiesa universale.
Guarda alle mie intenzioni, più che alle mie parole.
Desidero dirti tutto quello che il tuo Spirito
ispira alla tua Santissima Madre e ai tuoi Santi
e tutto ciò che tu stesso dici al Padre in questo Sacramento
dove sei suo perpetuo olocausto
e nel beato seno che ti genera dall’eternità
nel quale, per l’essenza divina,
sei con Lui e con il Santo Spirito
una cosa sola.

Amen





















AVVENIRE E PAGLIA: «Sulla Zan serviva dialogo». La Chiesa che piange il ko





Secondo Avvenire l’archiviazione dello Zan «non è un bel giorno per la società italiana» e se la prende con gli «odiatori e menatori seriali»; e monsignor Paglia si rammarica del dialogo mancato. Ci sono situazioni in cui bene e male si contrappongono frontalmente. Purtroppo la Chiesa del dialogo non riesce più a vederle.




EDITORIALI
Stefano Fontana, 29-10-2021

“Abbiamo vinto!”: il sollievo di associazioni e singoli cattolici impegnati a bloccare il disegno di legge Zan sull’omofobia, che avrebbe introdotto ulteriormente – dopo la legge Cirinnà - l’ideologia gender nel sistema giuridico italiano, è comprensibile. Il disegno di legge, però, non è stato affossato perché ritenuto ingiusto secondo le motivazioni di chi ora esulta. Motivazioni, in buona sostanza, di diritto naturale, ma per una serie di convergenze di atteggiamenti politici che hanno fatto girare la ruota in questo senso.

La vittoria non è stata culturale, mentre alla lunga contano veramente solo le vittorie culturali, quelle ottenute perché alcune idee sono diventate patrimonio comune. Se così fosse stato, potremmo dormire sonni tranquilli per il futuro dopo l’affossamento dello Zan, mentre invece sappiamo che lo scontro è solo rimandato, che c’è stata una battaglia vinta, ma la guerra è tuttora in corso. Da qui a quando essa riprenderà, sarà sempre sulla cultura politica che si dovrà insistere.

Da questo punto di vista, la lunga battaglia contro il disegno di legge Zan è stata condotta da una piccola avanguardia, decisa e agguerrita ma comunque piccola e comunque avanguardia. La cultura prevalente nell’Italia di oggi, quella dominante più o meno in tutti i partiti, ed anche quella presente nell’apparato ecclesiale hanno ben altre idee, molto lontane dalle concezioni di famiglia e di doveri e diritti di chi ha animato e condotto la lotta allo Zan. I cattolici che hanno lottato lo hanno fatto nella solitudine e perfino nel disprezzo dell’apparato ecclesiale ad ogni livello, ma soprattutto ai livelli superiori.

Disprezzo che si nota benissimo, per esempio, nell’editoriale di ieri del direttore di Avvenire Marco Tarquinio. I cattolici che hanno lottato contro l’approvazione del disegno di legge Zan, sono chiamati da Tarquinio “odiatori e menatori seriali”, “seminatori di slogan a buon mercato”, autori di “violenza verbale”. L’archiviazione dello Zan “non è un bel giorno per la società italiana”: così sostiene Tarquinio secondo cui c’è stata come una scatola spaccata a metà, da una parte gli “ideologi dell’indifferenza”, ossia i sostenitori dell’equivalenza delle relazioni sessuate, e dall’altra, appunto, gli “odiatori e menatori seriali”.

Questo quadro, però, è solo nella testa di Tarquinio, il quale, anteponendo dogmaticamente il dialogo ai contenuti, non riesce ormai più a concepire che una legge possa essere irrimediabilmente ingiusta e che su di essa l’unico dialogo possibile con chi invece la sostiene sia la competizione culturale e politica. Lamentare che in questa occasione è mancato il dialogo, come fa appunto Tarquinio, significa negare l’esistenza di leggi talmente ingiuste da interdire moralmente lo stesso dialogo, se non nella versione della disputa, dato che il dialogo non può mai farsi a proposito del male, ma solo nel bene. Il disegno di legge Zan era una di queste leggi, la piccola avanguardia l’aveva capito, i media dell’apparato ecclesiale no.

Anche monsignor Paglia, in un suo commento alla vicenda, dimentica che ci sono situazioni in cui bene e male si contrappongono frontalmente. Purtroppo la Chiesa del dialogo non riesce più a vederle e infatti Paglia dice che quel disegno di legge bastava correggerlo, si augura che venga ripresentato e che, sbolliti gli animi, si possa ancora dialogare su di esso. Paglia sottolinea la gravità dell’omofobia – che in realtà è pressoché inesistente nel nostro Paese – ma non sottolinea per niente la ben più rilevante gravità del riconoscimento politico della relazione omosessuale, che disarticola e corrode i legami matrimoniali, familiari, la figliazione, l’educazione e così via. Paglia parla di sovranità del popolo in democrazia e del bisogno di tener conto dei “diritti di tutti”: ma dove trova simili concezioni? Non certo nella Dottrina sociale della Chiesa. Anche lui si dissocia dalla piccola avanguardia e si lamenta per l’occasione perduta.

Quando si lotta in pochi, il merito aumenta. E quindi onore al merito a quanti, specialmente tra i cattolici, si sono impegnati. Però bisogna essere consapevoli che non si avrà l’appoggio della Chiesa organizzata, delle strutture diocesane e pastorali quando si intraprendono simili battaglie. Bisogna farle sulla propria pelle e questo è stato ampiamente dimostrato dalle vicende che si sono concluse con l’affossamento di un testo di legge intrinsecamente iniquo che l’apparato ecclesiastico voleva limitarsi a modificare qua e là.

Il giorno precedente la votazione in Senato che ha condannato a morte il disegno di legge Zan, la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva inviato una lettera a Pro Vita & Famiglia, precisando una cosa che purtroppo non precisa nulla, ossia che sulla questione gender i cattolici devono rifarsi al Magistero. La cosa era ovvia già prima della precisazione. I problemi stanno altrove. Spesso su queste cose il magistero stesso non si rifà al magistero precedente.

Spesso succede che davanti alle scelte concrete il magistero viene dimenticato e chi lo vuole ricordare e applicare viene chiamato “odiatore e menatore seriale” dai nemici interni, fedeli al magistero. Spesso, adducendo motivi pastorali di apertura, il magistero loda e si relaziona con personaggi e gruppi che fanno l’esatto opposto di quanto esso aveva insegnato. Sulla questione omosessualità tutto questo si è verificato in molte occasioni e possiamo realisticamente ritenere che – a meno di cambi repentini stabiliti dalla provvidenza – avverrà anche nel prossimo futuro.









giovedì 28 ottobre 2021

Il “costo” delle cure terminali e l’eutanasia





Osservazioni di biopolitica. 

Di Stefano Martinolli, 28 ottobre 2021
By editorNOTIZIE DSC



Ho letto recentemente alcune lettere, pubblicate su siti online e su alcuni quotidiani italiani, scritte da persone comuni affette da malattie oncologiche avanzate o croniche irreversibili. Tutti raccontavano la loro storia clinica, le loro speranze, il loro desiderio di combattere, i loro dubbi e le loro «cadute». In particolare mi ha colpito un paziente milanese, malato di carcinoma polmonare metastatico in attesa di chemioterapia, che ha osservato, stampato sul foglio per il ritiro del referto della TAC, il costo che la Regione Lombardia aveva sostenuto per quell’esame. Nel 2011 una Delibera della Giunta Regionale aveva infatti inserito tale comunicazione a tutti i cittadini che avrebbero utilizzato il ricovero o le prestazioni ambulatoriali. La questione è giunta fino al Ministero della Salute il cui ministro ha chiesto ufficialmente al Comitato Nazionale di Bioetica di esprimere un parere. Il Comitato ha elaborato così un documento intitolato «Sulla comunicazione da parte del Servizio Sanitario Nazionale ai pazienti dei costi delle prestazioni sanitarie» (28 settembre 2012) che in realtà è sceso ad un compromesso: in alcuni casi il costo sostenuto va comunicato eventualmente, in altri obbligatoriamente. Il Comitato ha comunque concluso raccomandando di evitare forme di colpevolizzazione e di discriminazione dei malati, rispettando in particolare la riservatezza dei loro dati clinici.

In questi giorni si sta discutendo sull’approvazione di un testo unico sull’eutanasia e suicidio assistito e sul referendum relativo all’eutanasia. Sorgerebbe allora spontanea una domanda: «conviene» allo Stato dare assistenza a malati gravi, terminali oncologici o affetti da malattie croniche irreversibili? A fronte del miglioramento delle tecniche terapeutiche, dell’allungamento della speranza di vita, dell’invecchiamento della popolazione e pertanto della richiesta crescente di trattamenti medici prolungati e costosi, si contrappongono la limitatezza delle risorse economiche e i protocolli sanitari orientati a una riduzione degli sprechi e delle spese ritenute non giustificate.

Da un’analisi approfondita della Sanità italiana e internazionale, specie dopo la pandemia COVID19, sembra farsi strada un modello di riferimento che in bioetica viene chiamato «pragmatismo utilitaristico». In esso sembrano prevalere i criteri economicistici gestionali su quelli sociali, civili o politici. L’utilitarismo (Jeremy Bentham, John Stuart Mill) sostiene infatti la necessità di «minimizzare il dolore», esaltando solo la felicità (happiness) o l’utilità (utility) intese come prevalenza netta del piacere sulla sofferenza. Altri autori ritengono che l’utilitarismo ormai sia talmente entrato nella società da condizionare i vecchi concetti di «bene comune» e «interesse pubblico». Questo ha portato al pensiero contemporaneo in cui il bene «salute» e il valore «vita» sono obbligatoriamente posti in relazione al rapporto costo/beneficio, valori peraltro difficilmente correlabili perché chiaramente disomogenei.

Dal punto di vista del malato, comunque, nulla dovrebbe cambiare in termini di titolarità del diritto alla salute (diritto sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana), come nulla dovrebbe modificarsi nel rapporto con gli operatori sanitari, nell’ambito dell’alleanza di «cura». Il medico in particolare, in queste nuove dinamiche, ricopre un ruolo delicato: è un «doppio agente», deve cioè svolgere una funzione di diagnosi e cura a favore del paziente ma nel contempo deve valutare l’impiego di prestazioni necessarie, più utili e congrue dal punto di vista della spesa sanitaria. Il suo ruolo, dicevo, è delicato perché vi è il serio rischio di sollecitazioni a favore di decisioni di tipo economicistico. Non si può negare poi che, dopo l’aziendalizzazione della Sanità Pubblica, siano spesso prevalse considerazioni economiche in merito alla sostenibilità della spesa di ogni singola realtà locale (vedi i DRG). In quest’ottica, si sono sviluppate tecniche di valutazione (analisi costi/beneficio, costi/efficacia o costi/utilità) che sono state utilizzate come indicatori per misurare la salute prodotta con un determinato intervento sanitario. In pratica si è cercato di quantificare gli anni di vita aggiuntivi o guadagnati, però aggiustati, per la qualità della vita (QALYS: Quality Adiusted Life Years).

«Sfortunatamente», il concetto di qualità della vita resta ancora oggi un oggetto misterioso, di cui tutti parlano ma di cui nessuno è riuscito a dare una definizione e quantificazione univoca. Pertanto non è possibile rispondere con chiarezza alle seguenti domande: ogni terapia, specie quella oncologica, migliora la sopravvivenza e/o la qualità di vita? Entrambe o solo una della due? E quali dei due aspetti è meglio privilegiare? Nel 2011 la rivista Lancet Oncology aveva pubblicato un lavoro con le seguenti dichiarazioni: «molte terapie non devono essere praticate ai malati terminali perché danno una falsa speranza». Gli autori poi si soffermano sulla questione dei costi sanitari, ricordando che le terapie oncologiche «avvengono nelle ultime settimane e mesi di vita» risultando «non solo inutili ma anche contrarie agli obiettivi e alle preferenze di molti pazienti e famiglie se fossero state adeguatamente informate». Secondo la prestigiosa rivista, pertanto molti tentativi di cura sarebbero «futili» e sarebbe meglio rinunciare in partenza a trattare i casi gravi. Peccato però che esistano numerosi protocolli – specie nel campo della chemioterapia – che arruolano pazienti con malattie neoplastiche avanzate e che, al di là dei risultati non sempre positivi, hanno permesso di conoscere meglio il comportamento biologico di moltissimi tumori e conseguentemente di sviluppare schemi terapeutici sempre più efficaci in tutte le fasi di malattia, specie quelle iniziali. Del resto, è questa l’impostazione etica della medicina: osservare i fenomeni, analizzarli, passare attraverso tentativi di cura, senza lasciarsi scoraggiare dagli eventuali fallimenti.

Le leggi che favoriscono l’eutanasia e il suicidio assistito non solo uccidono l’uomo con la sua malattia, ma anche e soprattutto la ricerca scientifica, promuovendo quella che si può configurare come «abbandono terapeutico». Chi ci garantisce che, una volta approvate, le risorse finanziarie destinate ai malati oncologici non vengano utilizzate per altro, creando pertanto proprio quella discriminazione che quelle leggi dicono di volere combattere?

Non dimentichiamo che lo scorso anno, in piena pandemia, la SIAARTI (Società degli anestesisti e rianimatori italiani) ha presentato un documento in cui si proponeva, di fronte alla limitatezza delle risorse, di scegliere quali malati di COVID curare e quali «non trattare», specie per quanto riguardava l’ingresso nelle Terapie Intensive. Il criterio era molto semplice: valutare gli anni di vita residua. Siamo tutti d’accordo che queste scelte siano molto difficili e delicate, ma l’impostazione degli autori è chiaramente pro-eutanasica e non considera i classici criteri clinico-laboratoristici che da secoli hanno guidato le decisioni mediche.

Dal punto di vista culturale, la rivendicazione del diritto alla salute personale e dell’integrità fisica rivelano, fortunatamente, un’idea ancora positiva del valore intangibile della vita umana anche nei momenti di fragilità e malattia. Purtroppo, quest’idea è sovente contaminata da una estremizzazione dei «casi limite», cioè di malati con patologie gravissime e con situazioni, appunto, estreme, pertanto non rappresentative dell’ordinarietà. Il caso raro, unico, eccezionale, deve diventare normale, creando panico, ansia e paura fra i malati. «E se capitasse a te?», È questa la domanda provocatoria che viene rivolta dai sostenitori delle leggi eutanasiche che approfittano della fragilità psico-fisica dei pazienti, insinuando che l’unica soluzione «degna» è quella di porre fine alla propria vita. Ma come sempre, la realtà non è virtuale: i malati possono anche guarire e quando questo non è possibile, è necessario fornire loro tutti i supporti medici, sociali e psicologici di cui hanno bisogno.

È necessario promuovere una prospettiva solidaristica a livello comunitario, mediante una allocazione equa delle risorse, la ricerca del bene comune attraverso il bene del singolo e viceversa, un incremento dell’assistenza a chi è più grave e malato.

San Giovanni Paolo II scrisse nel 2004: «guarire se possibile, aver cura sempre» aggiungendo che è necessario «prendersi cura di tutta la vita e della vita di tutti».

Stefano Martinolli
















A proposito di possibili verità nelle false religioni… poche gocce di acqua pura non rendono innocuo un bicchiere di veleno


 7 OTTOBRE 2021


di Corrado Gnerre

A proposito di possibili verità all’interno delle false religioni, vogliamo offrirvi questa breve riflessione.

Iniziamo col dire che mentre esiste la verità assoluta, non esiste un male assoluto. Se esistesse un male assoluto, il male sarebbe come il bene e quindi si cadrebbe, da un punto di vista religioso, in una sorta di antico manicheismo. Anzi, la pericolosità del male sta proprio nel fatto che può nascondere anche del bene, e che questo bene non trasforma il male in bene, anzi lo rende più pericoloso, perché più ingannevole.

Facciamo un semplicissimo esempio per capirci. Dinanzi a noi vi è un bicchiere pieno di veleno. Se lo beviamo, c’ammazza. Poi accade che chi ce lo ha offerto vi versa dieci gocce di acqua pura di sorgente e ci dice: “Adesso puoi bere, non è più pericoloso”. Un’affermazione del genere convincerebbe gli stupidi, non gli intelligenti. Le dieci gocce di acqua pura non annullano il veleno: il veleno rimane veleno e, se bevuto, ammazza ugualmente. E in più le gocce di acqua pura, non più distinguibili, diventano esse stesse veleno.

Il Padre Garrigou-Lagrange scrisse: «In una dottrina globalmente falsa la verità non è l’anima della dottrina, ma la schiava dell’errore».





Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri







martedì 26 ottobre 2021

SETTIMANA SOCIALE: Se i gigawatt sostituiscono il Vangelo







Alla Settimana sociale di Taranto, conclusasi il 24 ottobre, mons. Filippo Santoro ha invitato le parrocchie a costituire “comunità energetiche” per produrre “5.2 gigawatt” da fonti rinnovabili. Anche su altri temi (“voto col portafoglio”, “consumo responsabile”, ecc.) ci si adegua alla cultura dominante, senza vere ragioni. E mai c’è un’oggettiva proposta di evangelizzare il sociale.




EDITORIALI
Stefano Fontana, 26-10-2021

Chissà se Leonardo Becchetti, pubblicando anni fa il suo libro sul “voto col portafoglio”, avrà pensato che la sua proposta sarebbe stata fatta propria da una Settimana sociale dei cattolici come quella conclusasi a Taranto domenica scorsa. Che l’abbia pensato o no, proprio questo è avvenuto. Leone XIII diceva che non c’è soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo. Ora Taranto ha rinchiuso il Vangelo nella proposta del voto col portafoglio. Devono averlo schiacciato bene e ridotto molto di dimensioni per farcelo entrare. Il che la dice tutta sul degrado delle Settimane sociali dei cattolici italiani, che si appellano al Vangelo per proporre le “comunità energetiche”, le “parrocchie carbon free” e il “voto col portafoglio” e non parlano più di “evangelizzare il sociale”. C’è solo da sperare che le parrocchie facciano finta di niente e promuovano piuttosto con i propri fedeli la rilettura comunitaria della Rerum novarum e della Centesimus annus per mettere a fuoco chi eravamo un tempo e chi siamo diventati oggi.

La Settimana sociale di Taranto - “Il pianeta che speriamo: ambiente, lavoro, futuro” – ha lanciato delle indicazioni operative che sono state sintetizzate dal presidente del Comitato organizzatore, l’arcivescovo di Taranto mons. Filippo Santoro (vedi qui). Le “piste di impegno” proposte coincidono con quelle indicate dallo stesso Santoro per la presentazione alla stampa prima dello svolgimento della Settimana sociale (vedi qui). Erano quindi state decise fin da subito e prima del “laboratorio”, come è stato chiamato, di Taranto.

Secondo la prima pista di impegno, ogni parrocchia dovrebbe diventare una “comunità energetica”. Santoro ha dato anche i numeri: “Abbiamo bisogno di circa 7 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili all’anno se vogliamo raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050. Se in ciascuna delle 25610 parrocchie del nostro paese si costituisse almeno una comunità energetica che produce al livello massimo possibile di 200 chilowatt, avremmo dato il nostro contributo con 5,2 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili”.

La seconda riguarda l’uso dei soldi, la cosiddetta finanza responsabile. La proposta è di non spendere più i soldi in carbone (“parrocchia carbon free”) perché l’enciclica Laudato si’ – ricorda Santoro – insegna ad uscire progressivamente dalle fonti fossili, e di “votare col portafoglio”, ossia comprare prodotti di “aziende leader nella capacità di coniugare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale”.

La terza riguarda il “consumo responsabile” e consiste nel far sì che parrocchie e scuole acquistino prodotti solo da aziende agricole che rifiutano il sistema del caporalato: “caporalato free”.

La quarta pista riguarda il mettere insieme i giovani e le varie esperienze di economia civile sparse per tutto il Paese: “Imparando sempre meglio ad unire le nostre forze nel prossimo futuro possiamo veramente diventare un popolo in cammino in grado di aiutare il nostro paese nella delicata transizione ecologica, sociale e spirituale verso il bene comune”.

Chiunque esamini con oggettività il testo del discorso dell’arcivescovo Santoro come sintesi dei lavori di questa Settimana sociale non può fare a meno di constatare alcune evidenze: la Dottrina sociale della Chiesa è assente e sconosciuta, a parte qualche frase ad effetto presa da Francesco; molti obiettivi stabiliti dalle istituzioni civili, soprattutto dagli organismi internazionali, vengono assunti acriticamente, come accade per esempio per la decisione di eliminare le emissioni di gas entro il 2050, obiettivo che non presenta nessun motivo serio di credibilità; il concetto di sostenibilità ambientale viene fatto proprio derivandolo dalla cultura dominante oggi, le affermazioni sul carbone sono prive di fondamento, oppure prese da fonti ideologicamente orientate, e lo stesso accade per la “transizione ambientale” che, così intesa, pone l’ecologia ambientale in posizione primaria rispetto a quella umana; infatti, per la valutazione delle aziende che meritano il consumo responsabile non si dà nessun criterio concernente la vita e la famiglia; i concetti di bene comune, di etica e di solidarietà sono generici e fanno venire in mente per contrasto come invece Benedetto XVI nella Caritas in veritate collegasse direttamente ecologia e diritto alla vita (n. 44) e come mettesse in guardia dall’abuso della parola “etica” (n. 45).

Ma la questione principale messa a nudo da questa Settimana sociale di Taranto, come anche dalla precedente di Cagliari, è che la Chiesa non ha più come obiettivo di “evangelizzare il sociale”. A Taranto la Chiesa ha preso alcuni “dogmi” dominanti, rivestendoli di note vagamente eticheggianti; si è talmente allineata al convenzionalmente corretto da proporre di “anticipare Glasgow”, ossia la prossima Cop26, e, tirando per i capelli il beato Giuseppe Toniolo, fondatore delle Settimane sociali, invocato da Santoro decisamente a sproposito perché non avrebbe firmato una virgola del suo discorso, ci ha voluto far credere che una comunità cristiana è cristiana quando usa il fotovoltaico e vota col portafoglio. Il che è decisamente lontano da ogni obiettivo di “evangelizzare il sociale”.








lunedì 25 ottobre 2021

Eutanasia, contrastare la deriva: azione e fede





Suicidio assistito: il processo rivoluzionario procede facendo due passi in avanti e uno indietro. Qualche rimedio “casalingo” per arrestare il male che avanza: informazione sana, formazione, parola, azione, ma soprattutto la fede perché è dalle ginocchia piegate che parte il cambiamento.



SPUNTI
EDITORIALI
Tommaso Scandroglio, 25-10-2021

Primo caso: Austria. Il governo austriaco ha deciso: il suicidio assistito sarà pratica legittima dal 2022. Nel dicembre del 2020 la Corte costituzionale aveva dichiarato illegittima la punibilità del suicidio assistito perché in contrasto con il principio di autodeterminazione. L’accesso a questa pratica sarà consentito a pazienti capaci di intendere e volere, affetti da patologie gravi e non curabili, dopo il placet espresso da due medici e non prima di 12 settimane, termine che si potrà ridurre per i pazienti terminali.

Secondo caso: Inghilterra e Galles. L’«Assisted Dying Bill» è stato affossato in commissione presso la Camera dei Lords. La struttura della legge ricorda quella austrica. Difficile che tale disegno venga ripreso presso la Camera dei comuni. Ma in futuro di certo altre proposte verranno presentate.

Terzo caso: Nuovo Galles del Sud (Australia). Il parlamento dello stato australiano del New South Wales sta esaminando un disegno di legge sul suicidio assistito. Tutti gli stati autraliani hanno una loro norma che legittima questa pratica. Il governo del Nuovo Galles del Sud si è opposto ed ha rinviato il testo alla Camera alta per un’inchiesta di approfondimento. Se ne riparlerà a febbraio.

Quarto caso: Italia. Il disegno di legge «Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita» doveva essere discusso oggi, ma invece la discussione è slittata. Anche in questo caso si esclude la punibilità se la richiesta viene da soggetto capace di intendere e volere, affetto da patologie gravi, irreversibili e che provocano sofferenze ritenute insopportabili, tenuto in vita da trattamenti sanitari (ne abbiamo parlato qui).

È noto che il processo rivoluzionario proceda spesso facendo due passi in avanti e uno indietro. Le vicende di Austria, Inghilterra, Galles, Nuovo Galles del Sud e Italia lo dimostrano bene. Il caso della legittimazione del suicidio assistito che si sta diffondendo in Europa e non solo ci porta dritti dritti ad una domanda da un milione di dollari: come contrastare queste derive? Ad una domanda da un milione di dollari non si può che rispondere per cenni.

Qualche rimedio “casalingo” per arrestare il male che avanza. Primo: l’esempio personale. Si sa: la parola muove, l’esempio trascina. Ancor più risaputo: i tempi di oggi esigono più testimoni che maestri. Prima che le idee, è la persona che incarna con coerenza queste idee ad affascinare.

Secondo: informazione. I media sono perlopiù bugiardifici, però esistono ancora le fonti di informazioni sane. Occorre, prima di emettere un giudizio, conoscere i fatti nella loro reale esistenza. È un lavoraccio, ma che, in diversi gradi, siamo tutti chiamati a svolgere. Terzo: formazione. Dopo che ci siamo informati correttamente è necessario avere in mano gli strumenti di giudizio corretti. Posso anche conoscere i fatti nello loro reale dimensioni, ma poi se non li so leggere alla luce della verità è tutta fatica sprecata e faccio solo gli interessi del nemico.

Quinto: la parola. Non basta essere preparato occorre anche illuminare gli altri, imparando soprattutto tempi e modi (niente pavidità, ma altresì niente saccenteria da elefante in una cristalleria). Poi accadrà che se parli verrai giudicato dal Tribunale del Pensiero unico e di certo verrai condannato all’ostracismo sociale. Infatti il vero testimone oggi è martire, non può che essere un salmone che risale la corrente. Detto in altri termini, se tu stai dalla parte delle verità sappi che sei in minoranza e allora la maggioranza ti darà del reazionario, baciapile, negazionista, retrivo, intollerante.

Quarto: se è possibile facciamo lavoro di squadra, nelle associazioni, nei gruppi di volontariato, nelle fondazioni, etc. Come qualcuno ha detto, l’unione fa la forza, ma dà anche la forza. Impegnarsi insieme agli altri non somma gli sforzi, ma li moltiplica. C’è da notare che oggi il cancro del mondo cattolico è, dopo l’evidente sbandamento ereticale sui temi sensibili, la divisione.

Quinto: la fede. E’ l’aspetto più importante tanto che, se uno ha fede, agli altri step ci arriva senza dubbio. Al di fuori da ogni retorica bigotta, è evidente concludere che oggi manca una visione trascendente dei problemi propri e del mondo. Bisogna sforzarsi di guardare il nostro vissuto dall’alto, con gli occhi di Dio. Il piano trascendente porta poi ad usare le armi spirituali per vincere, che sono le più efficaci. Di fronte a situazioni umanamente irrisolvibili occorre tempestare di richieste accorate Colui al quale nulla è impossibile. Vogliamo dunque cambiare le cose anche in politica? Preghiamo con l’adorazione eucaristica, il rosario, l’orazione personale, etc. E poi offriamo i nostri dispiaceri, le nostre sofferenze più profonde sia per risolvere i problemi che ci affliggono che quelli che affliggono il mondo intero. È dalle ginocchia piegate che parte il cambiamento.