martedì 30 novembre 2021

Ecco come l'Olanda finanzia le donne polacche per abortire




Unione Europea: una perversa forma di "solidarietà" nel cooperare al male 




di Luca Volontè, 29/11/2021 

Il governo olandese pagherà le spese dell’omicidio dei bambini alle donne provenienti dalla Polonia. Una vergognosa forma di colonialismo maltusiano, sulla quale non c’è una sola istituzione europea che dica una parola.

La decisione del Governo pro tempore olandese
- dopo le elezioni dello scorso 17 marzo infatti non c’è ancora una nuovo governo - ha preso spunto dalle sentenza della Corte costituzionale polacca dello scorso anno che vietava ogni aborto eugenetico nel paese. Era scontato che l’Olanda, paese in cui l’eutanasia è praticata quasi a tutti i cittadini, inclusi bambini e malati non terminali, si muovesse in soccorso di coloro che chiedono il ripristino dell’aborto eugenetico nel loro paese.

La decisione del Governo olandese è stata presa il 24 novembre scorso
, dopo il voto favorevole del parlamento ad una risoluzione che dava mandato all’esecutivo di usare i fondi statali per aiutare le donne polacche ad abortire, con 111 voti favorevoli sui 150 membri della Camera. Stessa decisione olandese era stata presa dal Belgio lo scorso settembre, quando il governo aveva accettato di destinare fondi alle donne in Polonia per ottenere interruzioni di gravidanza all'estero.

In precedenza queste decisioni e questi fondi erano stati usati solo
per le donne dei "paesi del terzo mondo", non per quelle europee. Tuttavia secondo i promotori della risoluzione olandese, “i recenti eventi in Polonia hanno fatto sì che prendessimo la decisione di destinare parte dei fondi per aiutare le donne polacche che vogliono abortire nei Paesi Bassi”. I dettagli dell’iniziativa olandese - come la quantità di denaro che sarà fornita e se sovvenzionerà completamente o solo parzialmente le interruzioni di gravidanza - saranno discussi e resi pubblici nelle prossime due o tre settimane.

L'aborto nei Paesi Bassi è permesso su richiesta e senza alcuna condizione
fino alla 22esima settimana di gravidanza (o fino a 24 settimane per motivi medici). Mentre le procedure sono gratuite per i residenti, le persone provenienti da altri paesi devono pagare costi che vanno dai 480 ai 930 euro. In una nota stampa ufficiale dell’Ambasciata olandese a Varsavia, inviata al portale di notizie ‘Notes from Poland’, i diplomatici hanno confermato la posizione del Governo, scrivendo che “i diritti delle donne, l'uguaglianza di genere e i diritti riproduttivi e la salute sono priorità olandesi da lunga data. Anche nella politica estera”.

Le lobby abortiste polacche saranno dunque felici!
Soldi freschi per opporsi al governo cristiano e conservatore polacco e, soprattutto, finanziamenti esteri per sostenere i viaggi della morte per i bambini polacchi.











Che gentilezza! Dire “Buon Natale” è ancora consentito.






Quanto è Umana l’Unione Europea! Si può ancora dire Buon Natale…

30 Novembre 2021 Pubblicato da Marco Tosatti 

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum curiae, l’amico e collega Paolo Deotto ci manda questo commento sulle recenti esternazioni dell’Unione Europea su feste e Natale, che appare anche su Il Nuovo Arengario. Buona lettura…
§§§

Che gentilezza! Dire “Buon Natale” è ancora consentito.



Nelle Sublimi Stanze della UE qualcuno si è reso conto che anche le idiozie hanno un livello di guardia e il documento “inclusivo” di cui parlavamo ieri (https://www.ilnuovoarengario.it/la-ue-scatenata-nel-paganesimo-demenziale/ ) è stato ritirato. Ma il problema è tutt’altro che risolto.



Apprendiamo con vivissimo interesse che esiste una signora di nome Helena Dalli, “supervisor delle indicazioni per la comunicazione esterna e interna dell’Ue”, che ha dichiarato “L’iniziativa delle linee guida aveva lo scopo di illustrare la diversità della cultura europea e di mostrare la natura inclusiva della Commissione. Tuttavia, la versione pubblicata delle linee guida non è funzionale a questo scopo. Non è un documento maturo e non va incontro ai nostri standard qualitativi. Quindi lo ritiro e lavoreremo ancora su questo documento“. 

Vedi su ANSA (https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2021/11/30/lue-ritira-le-linee-sulla-comunicazione-dopo-le-polemiche_d2843d09-0cab-4097-99c1-5b110983246f.html ).

Nelle Sublimi Stanze “lavoreranno ancora su questo documento”.

Ok, tralasciamo ogni considerazione sul fatto che una parte delle nostre tasse serve anche a stipendiare (e in genere molto bene) una sterminata serie di personaggi il cui “lavoro” consiste nel partorire idiozie. Glissons. Una pianta malata può produrre solo frutti malati.

Piuttosto si impone un’altra considerazione.

Anche se adesso è stato ritirato un documento, non c’è da cantare vittoria, perché resta comunque il cancro fondamentale, ovvero che esistano commissioni, gruppi, nuclei e funzionari addetti che sono – o si ritengono – abilitati a stabilire ciò che è giusto e ciò che non è giusto, addirittura indicando come parlare, come rivolgersi al pubblico per iscritto o a voce.

Si parte da un tema mitico e indiscutibile – la formidabile “inclusività – e da qui si pretende addirittura di riscrivere duemila anni di Storia e decidere che non si deve più dire “Buon Natale”.

Ci sono eventi, personaggi, memorie, che hanno costruito la Storia, la nostra cultura, la nostra personalità e su di essi non può intervenire nessuno, nemmeno una delle innumerevoli commissioni, sottocommissioni, gruppi, e così via che formano il complicato meccanismo di potere della UE.

Il Natale esiste, la tradizione cristiana esiste. Esisteranno sempre, checché ne dica una signora Helena Dalli o altre/i.

Attenzione: potremmo cantare vittoria se questi personaggi avessero detto: “Cari signori, ci siamo resi conto di aver detto un sacco di idiozie, perché ci sono materie che non si regolano con circolari o atti normativi, perché sono materie che fanno parte della Storia, anzi, che hanno formato la Storia stessa, che esistono, in tutto il loro valore, indipendentemente da quanto possiamo scrivere noi”.

Niente di tutto questo. La signora Helena Dalli si è limitata a dire che “…la versione pubblicata delle linee guida non è funzionale a questo scopo” (che poi sarebbe quello di mostrare la “natura inclusiva” della Commissione.

Insomma, per adesso è solo una tregua, ma nelle Sublimi Stanze non si mette in dubbio il potere della UE di determinare anche come parlare e soprattutto come parlare di fatti storici che hanno formato e plasmato l’Europa (quella ancora dotata di un’anima). La Storia la riscrivono loro, Lorsignori.

No, grazie.

È solo una tregua, una piccola battuta di arresto, che non fa che confermare la natura malsana e dannosa di questa UE, organismo sovranazionale costruito sulla pelle dei cittadini europei con lo scopo sempre più chiaro di distruggerli come cittadini per trasformarli in pecore obbedienti.

Una UE che potrebbe fare una sola cosa positiva: scomparire.














Marcello Veneziani: Sempre la stessa minestra in tutte le salse





Dal Blog di Marcello Veneziani.



Marcello Veneziani 

Vai al cinema e trovi la solita storia a sfondo lesbico, con un richiamo storico al Male Assoluto e un’occhiatina complice ai migranti, meglio se neri, più una tiratina di erbe ecocompatibili. Peggio ti senti se vai a teatro, dove adattano a quel presente corretto e a quel presepe ogm anche autori antichi, drammi e opere del passato, travestiti e parlanti con le solite menate di oggi. Poi ascolti la musica somministrata dai media e vedi e senti gruppi di musicanti ossessivi, di quelli che rompono i timpani e non solo, coi loro rumori e le loro grida bestiali di dannati in preda ad allucinazioni, osannati ogni giorno dai media, che lanciano il solito messaggio sui diritti gay e dintorni. Che grandi, si preoccupano dell’Umanità e dei Diritti… Vai in libreria e trovi un nugolo di libri dei più vari autori che dicono tutti la stessa cosa: basta con le identità, accogliamo il diverso, ripudiamo tutto quel che sa di tradizioni, radici, civiltà, famiglie, salviamo il pianeta in pericolo, attenti al nazi che rialza la testa, apriamoci al mondo entrando però tutti dalla stessa parte, percorrendo tutti lo stesso cammino di progresso ed emancipazione. Ridicolo questo elogio del diverso nella ripetizione dell’Uguale. Ti rifugi in chiesa e senti il Principale ripetere le password dell’epoca: accoglienza, poi la solita invettiva contro i muri e i confini, lo stesso pacchetto di precetti e condanne. La Chiesa smette di essere la Casa del Signore e diventa un gommone per trasportare migranti nell’odiato occidente.

Torni a casa nauseato e in tv il tg di Stato è il riassunto in cronaca e pedagogia di massa di quel rosario anzidetto, sbriciolato in una marea di episodi e servizi, intervistine da passeggio, anniversari e predicozzi per ammaestrarci. Non sono organi d’informazione ma fogli d’istruzione per conformarsi alle regole impartite. I talk show sono poi la messa cantata di quei pregiudizi e ogni sera si chiamano quattro esorcisti (tre più il conduttore) contro un diavolo per affermare la santa fede. Gli influencer sui social e nei video, ripassati a uncinetto coi loro tatuaggi e ridotti a tappezzeria vivente, veicolano il Non-Pensiero Unico e Conforme e fingono di farlo da spregiudicati anticonformisti, ribelli che sfidano il potere e rischiano grosso: ma la loro predica è del tutto conforme a quel minestrone, è solo un Marchettone alla medesima ideologia al potere, con ricco rimborso a piè di lista. La Monoidea coi suoi corollari passa col conforto della fede e il beneplacito delle istituzioni nei sermoni dei Massimi Rappresentanti interni e internazionali del Mondo Migliore.

Per una volta, anziché reagire, inveire o salvaguardare la tua incolumità mentale sottraendoti al tam tam, ti metti nei panni di costoro – il regista, l’attore, il cantante o il suo gruppo, l’intellettuale, lo scrittore, lo storico, la ballerina, il papa, il Presidente (uno a caso), il giornalista, il conduttore, l’influencer – e chiedi: ma non provate un po’ di vergogna e noia col vostro copia e incolla permanente? Non vi sentite un po’ macchiette e macchinette, pappagalli del mainstream, soldatini di piombo e pupazzi allineati come al calcio-balilla, ripetitori automatici dell’Unica Opinione Ammessa e Protetta? Non vi crea nessun disagio ripetere in massa sempre la stessa cosa, dire sempre le stesse otto tesi d’obbligo, fino all’ennesima dose, e fingere che siano pensate, sofferte e originali mentre sono prefabbricate, anzi premasticate e predigerite? Non vi sentite un po’ miserabili, con le vostre banalità seriali, non vi sentite delle nullità con un cervello-adesivo che non pensa ma si appiccica alle pareti del Palazzo e si uniforma al mainstream? Dov’è la vostra intelligenza, la vostra libertà, la vostra dignità, il vostro coraggio civile, nel ripetere sempre in coro quel rosario di precetti partoriti dallo Spirito del Tempo?

Agli altri invece cresce sempre di più la tentazione opposta: ma a che serve leggere, vedere un film, un’opera teatrale, ascoltare un gruppo musicale, seguire i tg, la tv e i media in generale, ascoltare un’opinione, sentire cosa dicono i Massimi Capi e Presidenti, se si devono dire tutti le stesse cose del giorno prima, dell’anno prima; le medesime cose che ci ripetono a ogni grado e livello, con sfumature leggermente diverse, magari derivate dal timbro di voce e dall’inflessione? È un’istigazione a farsi selvatici, a ignorare tutto e tutti, a non vedere, non leggere, non sentire quello che si ricava da questo Rimbombo Infinito. Certo, con qualche fatica, cognizione e intelligenza, si può trovare anche qualcosa di diverso; basta cercare. Però gli ipermercati dell’Ovvio offrono con enorme visibilità quei prodotti uniformi con l’istigazione a conformarsi a loro. Non li ho citati per nome perché hanno smesso di essere persone e di esprimere messaggi personali; sono prototipi, moduli, si presentano come pale eoliche, tutti uguali, fissi, mossi dallo stesso vento; e citandone uno farei torto a tutti gli altri. Comunque ciascuno può facilmente risalire, dar loro un nome e una faccia. Ogni riferimento non è affatto casuale.

Si può fare qualcosa? Sì, usare il cervello e l’intelligenza critica, non farsi intimidire, non farsi isolare né addormentare; cercare alternative, denunciare le censure, portare allo scoperto i tanti che non la pensano così. Però una cosa va fatta prima di tutte: non lasciate il mondo in mano a loro, non sentitevi intrusi, non professatevi estranei, non chiamatevi fuori, perché il mondo non è loro, è anche vostro. Bucate quei palloni gonfiati.

MV, Panorama (n.48)









lunedì 29 novembre 2021

Anche quest’anno l’8 dicembre il Papa non si recherà pubblicamente alla Colonna dell’Immacolata: perché?








Dal blog Messa in latino di LUNEDÌ 29 NOVEMBRE 2021

Per sessantadue anni, dal 1958 (regnante san Giovanni XXIII; ma ancor prima dal 1923 senza la presenza del Papa), è stata ininterrottamente una delle cerimonie più care al popolo dell’Urbe e di tutto il mondo, testimonianza di quanto profondamente sia radicato il dogma dell’Immacolata Concezione nell’animo dei fedeli cattolici, ma da due anni la pia pratica dell’offerta pubblica della corona di fiori alla Madonna della Colonna dell’Immacolata in piazza di Spagna alla presenza del Papa è stata abolita.

Possiamo forse capire lo scorso anno: si era in piena chiusura di tutte le attività con i conseguenti divieti imposti dall’autorità civile ed il Papa colse l’occasione per una privatissima e fugace (e quasi furtiva, troppo…) visita alle ore 7, di cui demmo notizia (QUI). Ma quest’anno ci pare davvero incomprensibile, laddove nessun divieto dell’autorità civile limita tale cerimonia e – con un po’ di accortezza e buon senso – ogni cautela sanitaria può essere assicurata (così come a Trinità dei Monti o in via dei Condotti, centro dello shopping capitolino a pochi metri da piazza di Spagna e certamente non meno affollate nel periodo natalizio).

E allora, perché? Perché, ancora una volta, rinunciare alla pubblica devozione verso l’Immacolata Concezione, dogma che «dev’essere oggetto di fede certa ed immutabile per tutti i fedeli»?

Santo Padre, a Voi, con animo di figli, ci rivolgiamo: perché, ancora una volta, rendere privata quella devozione che «è stata magnificamente illustrata, proclamata e confermata dall’autorevolissimo sentimento, dal magistero, dallo zelo, dalla scienza e dalla saggezza della Chiesa e si è diffusa in modo tanto prodigioso presso tutti i popoli e le nazioni del mondo cattolico, è da sempre esistita nella Chiesa stessa come ricevuta dagli antenati e contraddistinta dalle caratteristiche della dottrina rivelata»?

Perché negare al popolo cristiano quell’atto di fede pubblica, che non è solo esteriorità, ma necessità di affidarsi pubblicamente alla Beata Vergine Maria, tra l’altro proprio in questo periodo in cui maggiore e più intensa deve essere l’invocazione alla Madonna affinché sostenga i suoi figli davanti a tante prove difficili ed essi non cadano nella tentazione di perdere la fede?


L.V.




Le celebrazioni del Papa per l’Immacolata e le festività natalizie


Reso noto dalla Sala Stampa vaticana il calendario delle cerimonie presiedute da Francesco fino al 9 gennaio con i Battesimi in Cappella Sistina. L’8 dicembre, festa dell’immacolata, atto di devozione privato del Pontefice per evitare assembramenti in questo tempo di pandemia


La Sala stampa della Santa Sede ha comunicato il calendario delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie per il giorno dell’Immacolata e il Tempo di Natale. Si tratta di settimane centrali e intense per i credenti quelle che chiudono il 2021 e iniziano il nuovo anno nei mesi di dicembre e gennaio.


Per evitare assembramenti, e il conseguente rischio di contagio da Covid-19, invece del consueto omaggio pubblico all’Immacolata, anche il prossimo 8 dicembre Papa Francesco compirà un atto di devozione privato, pregando la Madonna perché protegga i romani, la città in cui vivono e i malati che necessitano della Sua materna protezione ovunque nel mondo. [...]


Papa Francesco: l’8 dicembre atto di devozione privato


“Per evitare assembramenti, e il conseguente rischio di contagio da Covid-19, invece del consueto omaggio pubblico all’Immacolata, anche il prossimo 8 dicembre Papa Francesco compirà un atto di devozione privato, pregando la Madonna perché protegga i romani, la città in cui vivono e i malati che necessitano della Sua materna protezione ovunque nel mondo”. Lo rende noto la Sala Stampa della Santa Sede.








Novena all'Immacolata Concezione. Dal 29 novembre al 7 dicembre





lunedì 29 novembre 2021


NOVENA ALL’IMMACOLATA CONCEZIONE

Preghiera composta da San Pio X

Vergine santissima che piaceste al Signore e diveniste sua Madre, immacolata nel corpo e nello spirito, nella fede e nell'amore, concepita senza peccato, guardate benigna ai miseri che implorano il vostro potente patrocinio!

Il maligno serpente contro cui fu scagliata la prima maledizione continua, purtroppo, a combattere e ad insidiare i miseri figli di Eva. Voi, o benedetta Madre nostra, nostra Regina e Avvocata, che fin dal primo istante del vostro concepimento schiacciaste il capo del nemico, accogliete le preghiere -- che uniti con Voi in un cuor solo -- Vi scongiuriamo di presentare al trono di Dio, perché non cediamo giammai alle insidie che ci vengono tese, così che tutti arriviamo al porto della salute, e fra tanti pericoli, la Chiesa e la società cristiana cantino ancora una volta l'inno della liberazione, della vittoria e della pace. Così sia
"O Maria, concepita senza peccato pregate per noi che ricorriamo a Voi" ( per tre volte)

Durante la Novena si consiglia di:

1) Pregare ogni giorno una decina del Rosario, o meglio una parte intera,
2) Fare dei canti in onore della B.V. Maria,
3) Fare dei fioretti per la gloria di Maria
4) Vivere la Novena come momento di conversione personale o di gruppo,
5) Curare il silenzio per la riflessione personale.


Note su una devozione più che millenaria



La solennità dell’Immacolata Concezione si lega anche alla consacrazione al Cuore immacolato di Maria che molti fedeli attuano in questo giorno. È una pia pratica che affonda le sue radici nel Medioevo, quando si venerava la Madonna con il titolo di «sovrana». Ma il vero araldo della consacrazione mariana fu san Luigi Maria Grignon de Montfort, che nel Settecento pubblicò il Trattato della vera devozione a Maria. Si tratta di un testo spirituale tuttora molto apprezzato, nel quale il santo ha tracciato un itinerario di trentatré giorni per prepararsi alla consacrazione. I primi dodici giorni rappresentano un periodo di preghiera e di raccoglimento per imparare a vincere l’attaccamento alle cose del mondo. Le successive tre settimane sono dedicate, ciascuna, all’offerta a Dio, a Cristo e allo Spirito Santo di ogni momento della giornata. Infine viene recitato l’atto di consacrazione a Maria, con una formula nella quale il devoto rinnova gli impegni del battesimo e dichiara solennemente: «Offro a Maria la mia persona, la mia vita e il valore delle mie buone opere, passate, presenti e future».

Tota pulchra es, Maria.
Et macula originalis non est in Te.
Tu gloria Ierusalem.
Tu laetitia Israel.
Tu honorificentia populi nostri.
Tu advocata peccatorum.
O Maria, O Maria.
Virgo prudentissima.
Mater clementissima.
Ora pro nobis.
Intercede pro nobis.
Ad Dominum Iesum Christum.

V. Ora pro nobis, Regina sine labe originali concepta. R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi.

Oremus
Deus, qui per immaculátam Vírginis Conceptiónem dignum Fílio tuo habitáculum præparásti: quæsumus; ut qui ex morte ejusdem Fílii tui prævisa, eam ab omni labe præservásti, nos quoque mundos ejus intercessióne ad te perveníre concedas. Per eúmdem Christum Dóminum nostrum. Amen.





Eurofollia. Vietato dire “Natale” e perfino chiamarsi Maria. L’ultima pensata dell’Ue in nome dell’inclusività





29 NOV 2021

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by Aldo Maria Valli



di Francesco Giubilei

Se ce lo avessero raccontato e non lo avessimo letto nero su bianco in una comunicazione ufficiale della Commissione europea, non ci avremmo creduto perché i contenuti delle nuove linee guida per una «comunicazione inclusiva» hanno dell’incredibile.

In un documento per circolazione interna di cui Il Giornale è entrato in possesso in esclusiva intitolato #UnionOfEquality. European Commission Guidelines for Inclusive Communication, vengono indicati i criteri da adottare per i dipendenti della Commissione nella comunicazione esterna ed interna.


Come scrive nella premessa il Commissario per l’uguaglianza Helena Dalli, «dobbiamo sempre offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti in tutto il nostro materiale indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale».

Per farlo la Commissione europea indica una serie di regole che non solo cancellano convenzioni e parole usate da sempre, ma contraddicono il buon senso. Vietato utilizzare nomi di genere come «operai o poliziotti» o usare il pronome maschile come pronome predefinito, vietato organizzare discussioni con un solo genere rappresentato (solo uomini o solo donne) e, ancora, vietato utilizzare «Miss o Mrs» a meno che non sia il destinatario della comunicazione a esplicitarlo. Ma non è finita: non si può iniziare una conferenza rivolgendosi al pubblico con la consueta espressione «Signori e signore», ma occorre utilizzare la formula neutra «cari colleghi».


Il documento si sofferma su ambiti specifici come il «gender», «Lgbtiq», i temi «razziali ed etnici» o le «culture, stili di vita e credenze» con una tabella che indica cosa si può o meno fare basata sulla pretesa di regolamentare tutto creando una nuova lingua che non ammette la spontaneità: «Fai attenzione a non menzionare sempre prima lo stesso sesso nell’ordine delle parole, o a rivolgerti a uomini e donne in modo diverso (ad esempio un uomo per cognome, una donna per nome)»; e ancora «quando scegli le immagini per accompagnare la tua comunicazione, assicurarsi che le donne e le ragazze non siano rappresentate in ambito domestico o in ruoli passivi mentre gli uomini sono attivi e avventurosi».

Una volontà di cancellazione del genere maschile e femminile che raggiunge livelli paradossali quando la Commissione scrive che bisogna evitare di usare espressioni come «il fuoco è la più grande invenzione dell’uomo» ma è giusto dire «il fuoco è la più grande invenzione dell’umanità».

È evidente che dietro la ridefinizione del linguaggio si cela la volontà di cambiare la società europea, le nostre usanze e tradizioni, come emerge dal capitolo dedicato alle «culture, stili di vita o credenze».

La Commissione europea tiene a sottolineare di «evitare di considerare che chiunque sia cristiano» perciò «non tutti celebrano le vacanze natalizie (…) bisogna essere sensibili al fatto che le persone abbiano differenti tradizioni religiose». C’è però un’enorme differenza tra il rispetto di tutte le religioni e vergognarsi o cancellare le radici cristiane che sono alla base dell’Europa e della nostra identità.

In nome dell’inclusività la Commissione europea arriva a cancellare il Natale invitando a non utilizzare la frase «il periodo natalizio può essere stressante» ma dire «il periodo delle vacanze può essere stressante». Una volontà di eliminare il cristianesimo che si spinge oltre con la raccomandazione di usare nomi generici invece di «nomi cristiani» perciò, invece di «Maria e Giovanni sono una coppia internazionale», bisogna dire «Malika e Giulio sono una coppia internazionale». Fino ad arrivare allo sprezzo del ridicolo che impone di contrastare la connotazione negativa di parole come colonialismo: vietato dire «colonizzazione di Marte» o «insediamento umano su Marte», meglio affermare «inviare umani su Marte». Quando la tragedia lascia lo spazio alla farsa.

Fonte: ilgiornale.it





domenica 28 novembre 2021

La Prima Domenica di Avvento invita a svegliarci!






da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – I. Avvento – Natale – Quaresima – Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 36-40


Questa Domenica, la prima dell’Anno Ecclesiastico, è chiamata, nelle cronache e negli scritti del medioevo, la Domenica Ad te levavi, dalle prime parole dell’Introito, oppure anche la Domenica Aspiciens a longe, dalle prime parole d’uno dei Responsori del Mattutino.

La Stazione [1] è a S. Maria Maggiore. È sotto gli auspici di Maria, nell’augusta Basilica che onora la Culla di Betlemme, e che perciò è chiamata negli antichi monumenti S. Maria ad Praesepe, che la Chiesa Romana ricomincia ogni anno il Ciclo sacro. Non era possibile scegliere un luogo più conveniente per salutare l’avvicinarsi della divina Nascita che deve finalmente allietare il cielo e la terra, e mostrare il sublime prodigio della fecondità d’una Vergine. Trasportiamoci con il pensiero in quell’augusto Tempio, e uniamoci alle preghiere che vi risuonano; sono le stesse preghiere che verranno esposte qui.

All’Ufficio notturno, la Chiesa comincia oggi la lettura del Profeta Isaia (VIII secolo a. C.), colui fra tutti che ha predetto con maggiore evidenza i caratteri del Messia, e continua tale lettura fino al giorno di Natale compreso. Sforziamoci di gustare gl’insegnamenti del santo Profeta, e l’occhio della nostra fede sappia scoprire con amore il Salvatore promesso, sotto i segni ora graziosi, ora terribili, con i quali Isaia ce lo dipinge.

Le prime parole della Chiesa, nel cuore della notte, sono le seguenti:

Il Re che sta per venire, il Signore, venite, adoriamolo!

Dopo aver compiuto questo supremo dovere di adorazione, ascoltiamo l’oracolo di Isaia che ci viene trasmesso dalla santa Chiesa.

Qui comincia il libro del Profeta Isaia [2].

Visione ch’ebbe Isaia, figlio di Amos, intorno a Giuda e Gerusalemme ai tempi di Ozia, Iotam, Achaz ed Ezechia, re di Giuda.

Udite, o cieli, ascolta, o terra,
che parla il Signore:

“Dei figli ho ingranditi ed innalzati,
ed essi mi sono ribelli.

Conosce il bue il suo padrone
e l’asino la greppia del suo possessore [3];

ma Israele non ha conoscenza,
il mio popolo non intende”.

Ah! gente traviata,
popolo carico di colpe,
genia di malfattori,
figli snaturati,

che avete abbandonato il Signore,
spregiato il Santo d’Israele;
tralignaste a ritroso!

Perché attirarvi nuovi colpi
persistendo nella rivolta?

Tutto piagato è il capo
e tutto languido il cuore.

Dalla pianta dei piedi sino alla testa
non c’è parte intatta [4],

ma contusione e lividura e fresca piaga,
non compresse né fasciate, né lenite con olio.

(Is 1,1-6)

Queste parole del santo Profeta, o meglio di Dio che parla per bocca sua, debbono destare una viva impressione nei figli della Chiesa, all’inizio del sacro periodo dell’Avvento. Chi non tremerebbe sentendo il grido del Signore misconosciuto, il giorno in cui è venuto a visitare il suo popolo? Egli ha deposto il suo splendore per non atterrire gli uomini; ad essi, lungi dal sentire la divina forza di Colui che si abbassa così per amore, non l’hanno conosciuto e la mangiatoia che egli ha scelto per riposarvi dopo la nascita non è stata visitata che da due animali senza ragione. Sentite, o cristiani, quanto amari sono i lamenti del vostro Dio? quanto il suo amore disprezzato soffre della vostra indifferenza? Egli prende a testimoni il cielo e la terra, scaglia l’anatema alla nazione perversa, ai figli ingrati. Riconosciamo sinceramente che fino ad ora non abbiamo compreso tutto il valore della visita del Signore, che abbiamo imitato troppo l’insensibilità dei Giudei, i quali non si commossero affatto quando egli apparve in mezzo alle loro tenebre. Invano gli Angeli cantarono nel cuore della notte, e i pastori furono chiamati ad adorarlo e a riconoscerlo; invano i Magi vennero dall’Oriente per chiedere dove fosse nato. Gerusalemme fu turbata un istante, è vero, alla notizia che le era nato un Re; ma ricadde tosto nella sua indifferenza, e non si occupò nemmeno del grande annunzio.

È così, o Salvatore! Tu vieni nelle tenebre, e le tenebre non ti comprendono. Oh! fa che le nostre tenebre comprendano la luce e la desiderino! Verrà il giorno in cui lacererai le tenebre insensibili e volontarie, con la terribile folgore della tua giustizia. Gloria a te in quel giorno, o Giudice supremo! Ma salvaci dalla tua ira, durante i giorni di questa vita mortale! Perché attirarvi nuovi colpi? – dici – Il mio popolo non è ormai più che una piaga. Sii dunque Salvatore, o Gesù! nella Venuta che noi aspettiamo. Tutto piagato è il capo e tutto languido è il cuore. Vieni a risollevare le fronti che la confusione e troppo spesso anche vili attaccamenti curvano verso la terra. Vieni a consolare e ristorare i cuori timidi e abbattuti. E se le nostre piaghe sono gravi e indurite, vieni, tu che sei il caritatevole Samaritano, a effondere su di esse l’olio che fa sparire il dolore e ridona la salute.

Il mondo intero ti attende, o Redentore! Vieni e rivelati ad esso, salvandolo. La Chiesa, tua Sposa, comincia in questo momento un nuovo anno; il suo primo grido è un grido di angoscia verso di te; la sua prima parola è: Vieni! Le nostre anime, o Gesù, non vogliono più camminare senza di te nel deserto di questa vita. Si fa tardi: la sera s’avvicina, le ombre sono scese. Levati, o Sole divino; vieni a guidare i nostri passi, e salvaci dalla morte.

MESSA

EPISTOLA (Rm 13,11-14)

Fratelli, riflettiamo che è già l’ora di svegliarsi dal sonno; perché la nostra salvezza è più vicina ora di quanto credemmo. La notte è inoltrata e il giorno si avvicina: gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Viviamo onestamente, come di giorno; non nelle crapule e nelle ubriachezze; non nelle mollezze e nell’impudicizia; non nella discordia e nella gelosia; ma rivestiti del Signore Gesù Cristo.


Il Salvatore che aspettiamo è dunque la veste che coprirà la nostra nudità. Ammiriamo in questo la bontà del nostro Dio il quale, ricordandosi che l’uomo si era nascosto dopo il peccato, perché si sentiva nudo, vuole egli stesso servirgli di velo, e coprire tanta miseria con il manto della sua divinità. Siamo dunque preparati al giorno e all’ora in cui egli verrà, e guardiamoci dal lasciarci cogliere dal sonno dell’abitudine e della mollezza. La luce risplenderà presto; facciamo sì che i suoi primi raggi rischiarino la nostra giustizia, o almeno il nostro pentimento. Se il Salvatore viene a coprire i nostri peccati affinché non appaiano più, noi almeno distruggiamo nei nostri cuori ogni affetto a quegli stessi peccati; e non sia mai detto che abbiamo rifiutato la salvezza. Le ultime parole di quest’Epistola caddero sotto gli occhi di sant’Agostino quando egli, spinto da lungo tempo dalla grazia divina a consacrarsi a Dio, volle obbedire alla voce che gli diceva: Tolle, lege; prendi e leggi. Esse decisero la sua conversione; egli risolse d’un tratto di romperla con la vita dei sensi e di rivestirsi di Gesù Cristo. Imitiamo il suo esempio in questo giorno: sospiriamo ardentemente la cara e gloriosa divisa che presto sarà messa sulle nostre spalle dalla misericordia del nostro Padre celeste, e ripetiamo con la Chiesa le commoventi suppliche con le quali non dobbiamo temere di affaticare l’orecchio del nostro Dio.

VANGELO (Lc 21,25-33)

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra costernazione delle genti spaventate dal rimbombo del mare e dei flutti; gli uomini tramortiranno dalla paura nell’aspettazione delle cose imminenti a tutta la terra; perché le potenze dei cieli saranno sconvolte. E allora vedranno il Figlio dell’uomo venire con grande potenza e gloria sopra le nubi. Or quando cominceranno ad avvenire queste cose, alzate il vostro capo e guardate in alto, perché la redenzione vostra è vicina. E disse loro una similitudine: Osservate il fico e tutte le altre piante. Quando le vedete germogliare, voi sapete che l’estate è vicina. Così pure quando vedrete accadere tali cose sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità vi dico, che non passerà questa generazione avanti che tutto ciò s’adempia. Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Dobbiamo dunque aspettarci di veder giungere d’improvviso la tua terribile Venuta, o Gesù! Presto tu verrai nella tua misericordia per coprire le nostre nudità, come veste di gloria e d’immortalità; ma tornerai un giorno, e con sì terrificante maestà che gli uomini saranno annientati dallo spavento. O Cristo, non perdermi in quel giorno d’incenerimento universale. Visitami prima nel tuo amore. Voglio prepararti la mia anima. Voglio che tu nasca in essa, affinché il giorno in cui le convulsioni della natura annunceranno il tuo avvicinarsi, possa levare il capo, come i tuoi fedeli discepoli che, portandoti già nel cuore, non temevano affatto la tua ira.

PREGHIAMO

Risveglia, Signore, la tua potenza e vieni; affinché meritiamo d’essere sottratti colla tua protezione e salvati col tuo aiuto dai pericoli che ci sovrastano a causa dei nostri peccati.

[1] Le Stazioni segnate nel Messale romano per alcuni giorni dell’anno, designavano un tempo le chiese in cui il Papa, accompagnato dal clero e da tutto il popolo, si recava in processione per celebrarvi la messa solenne. Questa usanza risale senza dubbio al IV secolo; esiste ancora oggi in certa misura e le Stazioni vi si continuano a tenere, benché con minor pompa e minor concorso di popolo, in tutti i giorni segnati nel Messale.

[2] La traduzione dei brani tratti da Isaia è quella eseguita sul testo originale ebraico a cura del Pontificio Istituto Biblico di Roma (Salani, Firenze, 1953), riprodotta per gentile concessione dell’Editore.

[3] “Israele ha meno intelletto degli animali senza ragione. Questi conoscono il loro padrone. Israele non riconosce il proprio Dio e Benefattore. Questo versetto è spesso usato per descrivere l’accecamento dei Giudei che hanno respinto il loro Messia. D’altra parte esso ha contribuito a creare l’antica tradizione della nascita di Gesù tra due animali, il bue e l’asino” (Tobac, Les Prophètes d’Israel, 2, 16).

[4] “Il Profeta descrive lo stato di Giuda colpito dal castigo: egli è simile a un ferito tutto coperto di piaghe. La Chiesa applica questo versetto al Messia, ‘trafitto a causa dei nostri delitti’, Is 53,5” (ivi, 17).









Henri Lacordaire o la trappola dei “moderati”





di Julio Loredo

Il 12 novembre di 160 anni fa moriva Henri Lacordaire, O.P., rappresentante del cattolicesimo liberale. La sua figura oggi è caduta in un relativo oblio, essendo stata superata a sinistra da discepoli che, subito dopo la sua scomparsa, svilupparono l’eresia modernista. E non manca chi addirittura vorrebbe dipingerlo con sfumature simpatiche. Chi era invece Henri-Dominique Lacordaire?

La grande eresia del secolo XIX fu senza dubbio il cattolicesimo liberale, nato dalla bramosia di conciliare la Chiesa con la Rivoluzione francese. “Noi accettiamo, noi invochiamo i principi e le libertà proclamati nel 1789!”, tuonava Charles de Montalembert, uno dei leader della corrente[1].

Padre del cattolicesimo liberale fu il sacerdote apostata Hugues-Felicité Robert de Lamennais (1782-1854). Associandosi alla Rivoluzione del 1830 (che, ricordiamo, fu biasimata dalla Madonna nelle apparizioni della Rue du Bac), Lamennais pubblicò il libro Des Progrès de la Révolution et de la guerre contre l’Église, nel quale propose l’instaurazione di una “repubblica liberale”. Lamennais ammise che a questa avrebbe fatto seguito un periodo di anarchia, che egli però riteneva necessaria per far prevalere la libertà. Nel frattempo, perché la libertà potesse regnare, la Chiesa avrebbe dovuto ritirarsi dalla vita pubblica.

Pure Lacordaire, diventato nel frattempo seguace di Lamennais, salutò questa Rivoluzione: “Acclamo il popolo trionfante sulle rovine della monarchia plurisecolare, la libertà vittoriosa in eterno!”[2]. Insieme a Lamennais, Lacordaire fondò il giornale L’Avenir, che osannava il “nuovo mondo che ha Cristo come padre e la libertà come madre”[3]. Quali erano i principi di questa scuola?

— Le Rivoluzioni moderne sono opera di Dio. Lacordaire proclamava: “Il 1789 ha aperto l’era delle rivoluzioni, e l’umanità non potrà più fermarla!”[4].

— Il cristianesimo è il “principio propulsore” del processo rivoluzionario. Scrive il teologo C. Costantin: “I cattolici liberali proponevano al mondo intero una nuova organizzazione politica e sociale proposta da tutte le rivoluzioni dal 1789 in poi”[5]. In una lettera a Lamennais, il teatino romano Gioacchino Ventura lo rimproverava di “predicare la rivoluzione in nome della religione (…) accettando senza riserva tutte le rivoluzioni passate e applaudendo in anticipo tutte quelle che verranno”[6].

— Una libertà generalizzata e demolitrice. Leggiamo su L’Avenir: “La libertà deve essere per tutti e intera per ciascuno. (…) Libertà totale, assoluta di opinione, di dottrina, di coscienza e di culto (…) tutte le libertà civili, senza privilegio e senza restrizione”[7].

— La liberazione del proletariato. “Dopo l’ultima rivoluzione resta solo la borghesia e il popolo, la classe che acquista il lavoro e la classe che deve venderlo”[8]. Lamennais e Lacordaire minacciavano quindi i borghesi, accennando a “l’odio implacabile dei proletari che si addensa sopra le vostre teste (…) in attesa solo che voi abbassate la guardia”[9].

Con l’enciclica Mirare Vos (1832), Papa Gregorio XVI condannò Lamennais, e con lui tutto il cattolicesimo liberale, qualificandolo di “corrottissimo”[10]. Lamennais rispose con l’insolente libro «Paroles d’un croyant», nel quale chiamava il Vaticano “la fogna più infetta che abbia mai sporcato occhi umani”, e il Papa “quel vecchio codardo e imbecille”[11]. Venne ipso facto scomunicato. Abbandonato dai suoi amici, Lamennais sopravvisse come deputato socialista nell’Assemblea costituente del 1848 e in quella legislativa del 1849. Morì nel 1854 nella miseria e nell’isolamento, rifiutando ogni consolazione dalla Chiesa.

Però, come succede in ogni movimento rivoluzionario, non furono i radicali, bensì i “moderati” a portare avanti il cattolicesimo liberale, come più tardi saranno i “modernizzanti” a portare avanti il Modernismo dopo la condanna di S. Pio X. Come spiega Plinio Corrêa de Oliveira: “L’esplosione degli estremismi alza una bandiera, crea un punto di attrazione fisso che affascina per il suo stesso radicalismo i moderati, e verso cui questi cominciano lentamente a incamminarsi”[12].

I discepoli più cauti di Lamennais non lo seguirono nell’apostasia, e furono perciò in grado di continuare la sua opera. Tra questi c’era Henri Lacordaire (1802-1861), che svolgerà un ruolo centrale nello sviluppo delle idee cattoliche liberali negli anni successivi, facendo da ponte tra il cattolicesimo liberale del 1830 e quello del 1848. In concreto, sulle ceneri di L’Avenir, egli fondò L’Ére Nouvelle, organo della sinistra liberale, che radunerà tutti gli oppositori al Beato Pio IX, tra cui l’abbé Maret. Il giornale di Lacordaire scivolò così a sinistra da essere abbandonato dai personaggi più moderati come Federico Ozanam e lo stesso Montalambert.

Dopo una breve carriera da avvocato, Lacordaire entrò nel seminario nel 1824 e fu ordinato sacerdote nel 1827, contro il consiglio del suo direttore spirituale, che aveva avvertito il carattere ribelle del novizio. “Figlio spirituale della Rivoluzione”, come lo definisce il suo biografo Marc Escholier[13], Lacordaire diventò il discepolo prediletto di Lamennais. Spirito orgoglioso, egli s’immaginava nei panni di un grande riformatore: “Oserei dire che ho ricevuto da Dio la grazia di comprendere questo secolo, che ho tanto amato e di conferire alla verità un nuovo colore che gli permetta di raggiungere un numero maggiore di persone”[14].

Dopo l’enciclica Mirari Vos, Lacordaire abbandonò il maestro ma non le sue idee. Anzi, dichiarò esplicitamente che si piegava alla volontà del Pontefice “sans renoncer à mes idées libérales”[15]. Egli criticava la fretta di Lamennais ma non le sue dottrine: “La Chiesa si rifiuta di andare così velocemente come vorremmo”[16]. Proponeva, quindi, un approccio più graduale, mantenendo comunque la meta. Nel 1835, l’arcivescovo di Parigi gli offrì la cattedra di Notre Dame. I suoi sermoni, seguiti dal fior fiore della società parigina, diventarono il principale veicolo della propaganda cattolica liberale.

Lacordaire ebbe anche un altro ruolo basilare nella diffusione delle idee rivoluzionarie in ambito cattolico. Egli fu il restauratore in Francia dell’Ordine domenicano, bandito dal 1790. Furono in molti a opporsi a questo passo. Temevano, come ammesso dallo stesso Lacordaire, che “l’Ordine fosse destinato a diventare un rifugio per i seguaci di Lamennais”[17]. Purtroppo avevano ragione. I nuovi domenicani ricevettero da Lacordaire un’educazione tutta improntata alle idee liberali. Ecco l’origine dell’ala progressista dei domenicani francesi, concentrata prima nella scuola di Flavigny, aperta dallo stesso Lacordaire, e poi trasferitasi a Le Saulchoir. È proprio questa scuola che, nel secolo XX, svilupperà la Nouvelle Théologie, madre della Teologia della liberazione, e condannata da Pio XII nell’enciclica Humani Generis, nel 1950. Non a caso, i teologi progressisti di questa scuola si definiscono “fils de Lacordaire”.

Avendo accolto favorevolmente la rivoluzione del 1830, Lacordaire naturalmente esultò per quella del 1848, partecipando anche all’Assemblea costituente, nella quale sedeva con la sinistra repubblicana. Morì nel 1861, dichiarandosi “cristiano pentito e liberale impenitente”.





Note

[1] Charles DE MONTALEMBERT, L’Église libre dans l’État libre, discorso tenuto al Convegno cattolico internazionale a Malines, Belgio, il 20 agosto 1863, in Emmanuel BARBIER, Histoire du catholicisme libéral et du catholicisme social en France. Du Concile du Vatican à l’avénement de S.S. Benoît XV (1870-1914), Imprimerie Y. Cadoret, Bordeaux 1924, vol. I, pp. 33-34.

[2] Henri LACORDAIRE, Mémoires, in Marc ESCHOLIER, Lacordaire ou Dieu et la Liberté, Éditions Fleurus, Paris 1959, p. 48.

[3] Articles de l’Avenir, vol. V, p. 343, in C. CONSTANTIN, DTC, col. 525, s.v. “Libéralisme catholique”.

[4] Henri LACORDAIRE, cit. in Marc ESCHOLIER, Lacordaire, p. 187.

[5] Articles de l’Avenir, vol. V, p. 182, in C. CONSTANTIN, DTC,, col. 532.

[6] Lettera di P. Ventura a Lamennais, febbraio 1831, cit. in ibid., col. 550.

[7] In C. CONSTANTIN, DTC, col. 527, s.v. “Libéralisme catholique”.

[8] L’Avenir, 19 ottobre 1830, in C. CONSTANTIN, DTC, col. 535, s.v. “Liberalisme catholique”.

[9] Ibid., vol. I, p. 247, in ibid., col. 535.

[10] GREGORIO XVI, enciclica Mirare Vos, 15 agosto 1832.

[11] Cit. in Adrien DANSETTE, Histoire religieuse de la France contemporaine, Flammarion, Paris 1951, p. 307.

[12] Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Roma, Luci sull’Est, 1998, p. 50.

[13] Marc ESCHOLIER, Lacordaire, p. 112.

[14] Cit. in ibid., p. 113.

[15] Cit. in ibid., p. 91.

[16] Cit. in ibid., p. 91.

[17] Henri LACORDAIRE, Lettera a Mme. de Prailly, cit. in ibid., p. 141.








sabato 27 novembre 2021

Europa dove sei? Chi sei? Ci sei? Di Marcello Pera




Da Osservatorio Van Thuan, 26 novembre 2021

Diamo pubblicazione dell’intervento tenuto all’ Accademia lucchese di Scienze, Lettere e Arti il 18 novembre 2021 dal Presidente emerito del Senato della Repubblica prof. Marcello Pera, che ringraziamo. Auspichiamo questo lucido intervento del sen. Pera possa aprire un serio dibattito sull’Europa e sulla Chiesa in Europa 
[L’Osservatorio]



Marcello Pera

1 Anche se quasi nessuno lo sa, proprio in questi giorni si stanno riunendo in tutta Europa quattro comitati ciascuno di 200 membri, cittadini europei selezionati in modo casuale, per discutere sullo “Stato futuro dell’Europa”. L’iniziativa, presa dalla presidente dell’Unione Europea, Ursula von der Leyen, su suggerimento del presidente francese Emmanuel Macron, è partita nel 2019, poi slittata al 2020, e si concluderà l’anno prossimo. I temi in discussione sono quattro: economia, democrazia, clima, migrazioni. Saranno oggetto di separati documenti da presentare alle istituzioni europee.

Se si discute di futuro dell’Europa, significa che la costruzione europea presente è ancora un cantiere aperto o quantomeno che vi sono lacune. Faccio sùbito un esempio. In queste ore, a fronteggiare i migranti che dalla Bielorussia premono ai confini della Polonia sono solo le forze dell’ordine polacche, anche se è chiaro che chi ce li manda, Lukashenko oggi, come Erdogan ieri e Geddafi prima, lo fa per ricattare l’Europa intera, non la sola Polonia. Perché, allora, non c’è l’Europa?

Semplice: perché l’Europa non ha confini definiti e non ha una forza per difenderli. Ecco una enorme lacuna. Non esistono un esercito europeo, una polizia europea, guardiacoste europei. In questa situazione, come si può parlare di Stato (o super-Stato) europeo? Il primo còmpito dello Stato è la difesa del proprio territorio. Come si può parlare di Unione Europea? Còmpito di un’unione fra Stati è soccorrere quelli che ne abbiano bisogno. Invece, oggi sembra valere ciò che qualche tempo fa disse l’ambasciatore Sergio Romano: che nell’espressione “Unione Europea”, “il termine Unione è una bugia”.

Non fa meraviglia allora che il sentimento di appartenenza ad una medesima comunità allargata europea si stia assottigliando e che presso molti cittadini europei cominci a farsi strada la richiesta di nazionalità e si stia sviluppando un patriottismo nazionale. È il fenomeno battezzato come “sovranismo”. Credo che, anziché deprecarlo e prima di criticarlo, si dovrebbe comprenderlo. È deprimente invece osservare che si preferisce farne oggetto di misera propaganda politica, come se non avesse motivazioni serie.

Perché nasce la diffidenza verso l’Europa e cresce il bisogno di rifugio nei nostri Stati-nazione? A mio avviso, non c’è nessun mistero o disegno, nessun complotto di forze antidemocratiche, nessun rigurgito del passato. Ci sono solo reazioni politiche a fatti crudi da analizzare e a problemi oggettivi da risolvere. Consideriamo la situazione e ciascuno guardi alla propria condizione.


2 Se, a causa di fenomeni migratori, hai bisogno di sicurezza alla tua frontiera o dentro il tuo paese e vedi che l’Unione europea non ha un’agenda adeguata a soddisfarlo; se abiti in una zona di periferia e l’Unione ti lascia solo a fronteggiare ondate di clandestini; se, di fronte a questo fenomeno, consenti ad alcuni Stati interni e riparati di chiudere i loro confini trasformando in imbuti ciechi gli Stati di frontiera; se hai paura del terrorismo islamico e vedi che le élites politiche europee evitano persino di chiamarlo col suo nome proprio; se le gerarchie della Chiesa si comportano allo stesso modo, magari piantando alberi di pace mentre i terroristi ti fanno la guerra; allora è comprensibile che un patriottismo europeo stenti a nascere. Anzi, cominci a pensare che l’Europa sia un problema, non la soluzione. Che ti sia estranea e lontana, anziché prossima.

Facciamo analoghe osservazioni, soprattutto con riferimento a casa nostra. Se le tue condizioni di vita peggiorano e la classe media del tuo paese si impoverisce sensibilmente; se paghi tasse elevate; se il lavoro decentemente retribuito scarseggia; se i giovani hanno futuro incerto; se la competizione nel mondo globalizzato abbassa il tuo tenore economico; se lo stato sociale diventa sempre più costoso e sei costretto a pagarlo due volte, prima con il contributo ai servizi nazionali poi con le parcelle ai servizi privati; allora il patriottismo nazionale cresce, perché di fronte a questi problemi lo Stato-nazione diventa l’unico luogo per la soddisfazione dei tuoi bisogni, cioè diventa la tua vera patria. La vera patria, infatti, è là dove c’è cura di te.

Dunque, non serve a niente, salvo che a far mostra di buoni e facili sentimenti, condannare i patriottismi nazionali che rinascono. Servirebbe un po’ di onestà intellettuale per capire le ragioni per cui rinascono.

Prendo ancora l’esempio della Polonia. Di recente è stata condannata dal Parlamento e dalla Commissione europea ed è ora minacciata di sanzioni fino all’espulsione dall’Unione per violazione dello stato di diritto. Ma qualcuno ci ha spiegato in che cosa precisamente consistono queste violazioni? Qualcuno, compreso la stampa, ha mai fatto conoscere le motivazioni della corte costituzionale polacca in merito al rapporto fra diritto nazionale e diritto comunitario? Qualcuno ha mai ricordato che l’intervento della corte costituzionale polacca ha la stessa fonte di legittimità di quello della corte costituzionale tedesca, che pure decide se le cessioni di sovranità verso l’Europa sono compatibili con l’ordine costituzionale tedesco? E soprattutto: che cos’è, fino a dove si estende, quali limiti ha, il cosiddetto “stato di diritto europeo”? Coinvolge anche la legislazione su materie etiche? E se i polacchi volessero mantenere le loro in armonia e continuità con tradizione cattolica assai sentita in quel paese, perché dovremmo condannarli?

È anche su terreni come questi che viene a mancare l’Unione europea. Essa dà l’impressione di fare distinzioni fra Stati, di promuoverne alcuni e censurarne altri, di favorire certe politiche di alcuni partiti o coalizioni di partiti anziché altre, di imporre decisioni in disprezzo delle maggioranze e dei governi eletti. È come se dai palazzi di Bruxelles venisse un avvertimento agli elettori degli Stati nazionali: o vi fate governare da maggioranze e persone da noi approvate, oppure siete fuori dalla nostra comunità di “princìpi e valori”. Niente suona più offensivo e irritante per un elettore del sentirsi dire che non è libero di scegliere o che lo è solo entro un certo perimetro.

I polacchi, che hanno la memoria sanguinante delle invasioni nazista e sovietica, hanno il timore che l’Unione europea si comporti nei loro confronti come un impero centrale. Si può o no discutere se i popoli europei hanno solo il dovere di cedere la loro sovranità e non anche il diritto di mantenere le proprie tradizioni, almeno riguardo a certe materie particolarmente sensibili?

Chiarisco la domanda. Supponiamo che nella costituzione di un paese europeo sia scritto che la famiglia è una “comunità naturale fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna”. È il caso della costituzione italiana all’art. 29, anche se l’espressione “fra un uomo e una donna” non vi compare, ma è chiaramente implicita in quella di “comunità naturale”, che non significa “comunità giuridica” o “comunità culturale”. Ebbene, questa costituzione deve cedere al diritto comunitario che prevede il matrimonio omosessuale? E perché? I popoli europei non hanno mai partecipato a discussioni riguardo a questo nuovo diritto. Al contrario, quando fu stilata una costituzione europea, la quale dà spazio alla famiglia omosessuale, i francesi la bocciarono con un referendum.

La realtà è che un vero spirito europeo non è ancora nato, anche perché, agli occhi dei cittadini, le istituzioni europee non hanno fatto molto per farlo nascere, essendo opache e pletoriche. Abbiamo un’abbondanza di organi politici, amministrativi, giurisdizionali, in cui è difficile districarsi, e che pure ci inviano quintali di regole e decisioni e direttive e sentenze ogni anno. Qualcuno sa precisamente quali poteri ha il parlamento europeo, che pure è eletto da tutti noi? Qualcuno conosce le competenze e le differenze fra Commissione europea, Consiglio europeo, Consiglio dell’Unione europea? Qualcuno sa dire che cos’è e che cosa fa il Consiglio d’Europa, che pure, nonostante il nome, non fa parte delle istituzioni dell’Unione europea? La democrazia deve essere trasparente. Implica che i governanti siano controllati dai governati mediante elezioni e perciò che i governanti siano ben conosciuti. Invece, a dire onestamente le cose come stanno, gli organi e gli uomini di governo europei sono personaggi spesso oscuri e nascosti. Per questo l’Unione europea oggi non è una federazione né è una confederazione, bensì un’aggregazione non sempre ben riuscita. Forse non è una plateale bugia, ma è una mezza verità.

Quanto dico suona euro-scettico? Ecco un altro modo di dire per non ragionare. Oppure per esorcizzare le difficoltà battezzandole con termini dalla connotazione negativa. È polemica banale e deprimente.

Se si guarda alla scala geopolitica mondiale, l’Europa è diventata una necessità ed è irreversibile. Non possiamo prescindere e non possiamo tornare indietro. Anche un nazionalista, se non è miope, non può non riconoscerlo. Dopotutto, se c’è l’America, c’è la Cina, c’è la Russia, e ci sono altri attori potenti in regime di pluralismo competitivo crescente, dovrebbe esserci anche l’Europa a determinare gli equilibri mondiali e difendere i nostri interessi. E tanto più deve esserci oggi quanto più l’America non è lo stesso nostro protettore di prima. Il tempo dello scudo americano sta ormai per scadere. Lo zio Sam è sempre più restio a pagare i conti della nostra difesa. Non c’entra Trump, c’entrano gli interessi dell’America. Ma allora, se l’Europa è necessaria, quella di oggi va criticata e ripensata, e quella futura deve essere meglio disegnata. Questo è sano realismo, lo scetticismo non c’entra.


3 Supponiamo ora che l’Europa la vogliamo seriamente e che siamo tutti convinti che sia necessaria e irreversibile. Per costruirla davvero, c’è ancora un problema molto serio da affrontare ed è quello dell’identità. L’America è il continente liberaldemocratico cristiano. La Cina il continente comunista e confuciano. La Russia il continente autocratico e ortodosso. E l’Europa che cos’è?

Chi eravamo lo sappiamo. L’Europa era il continente cristiano. Lo è ancora? La Conferenza sul futuro dell’Europa in corso, che tratta anche questo tema sotto la rubrica “valori e diritti”, non è la prima ad occuparsene. Di fatto, i grandi padri dell’Europa lo ebbero chiaro sùbito dopo la Seconda guerra e pensarono ad un’Europa cristiana, perché ritenevano il cristianesimo battesimo di identità e civiltà.

Disse Schuman: “tutti i paesi dell’Europa sono permeati dalla civiltà cristiana. Essa è l’anima dell’Europa che occorre ridarle”.

Disse De Gasperi: “come concepire un’Europa senza tener conto del cristianesimo, ignorando il suo insegnamento fraterno, sociale, umanitario?”.

Disse Adenauer: “consideravamo mèta della nostra politica estera l’unificazione dell’Europa, perché unica possibilità di affermare e salvaguardare la nostra civiltà occidentale e cristiana contro le furie totalitarie”.

Il progetto di questi padri, la Comunità Europea di Difesa (CED), come è noto finì male, per mano francese, ma il tema ritornò negli anni Novanta, quando il processo di integrazione economica si fece più stringente e quello di unione politica, dopo la caduta del Muro di Berlino, cominciò a bussare alla porta.

Nel 1992, Jacques Delors, allora presidente della Commissione europea, pronunciò un discorso nella cattedrale di Strasburgo in cui sollevò il problema, che agli Italiani ricorda tanto quello celebre di D’Azeglio. Disse: “bisogna dare un’anima all’Europa … Se nei dieci anni a venire non riusciamo a darle un’anima, una spiritualità, un significato, avremo perduto la partita dell’Europa”.

Qualche anno più tardi, nel 1999, Romano Prodi, anche lui presidente della Commissione europea e anche lui in una chiesa, si espresse negli stessi termini: “l’Europa non si può concepire nell’oblio della sua memoria e in questa memoria figura la traccia permanente del cristianesimo. Nelle diverse culture delle nazioni europee, nelle arti, nella letteratura, nell’ermeneutica del pensiero c’è la culla del cristianesimo che alimenta credenti e non credenti”.

E tanti altri hanno sostenuto la stessa posizione. Inutile che ricordi gli interventi accorati e molto dotti di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

E però la discussione è finita male anche questa volta. Dell’anima cristiana dell’Europa non si è più parlato. E quando se ne è parlato, quest’anima è stata via via nascosta, emarginata, censurata e anche repressa. Quante discussioni inutili sulle “radici giudaico-cristiane dell’Europa” da richiamare nel preambolo della costituzione! Quanta retorica! Quanta ipocrisia di chi fingeva di apprezzarle, quelle radici, e in realtà non credeva a nulla!

Guardiamo in faccia la realtà. Oggi in Europa siamo nell’epoca dell’apostasia del cristianesimo, del nascondimento e cancellazione della nostra storia, dell’abbattimento dei nostri simboli. Si dice che è per una questione di inclusione, di pari dignità, di accoglienza degli altri. Sarà. Resta comunque che è una negazione gravissima della nostra identità. E io temo peggio: che sia anche una questione di paura.

Siccome la nostra memoria è spesso labile, conviene citare alcuni fatti recenti che non dovrebbero essere dimenticati in fretta, perché sono ammonimenti molto seri.

L’Europa ha evitato di menzionare le sue radici giudaico-cristiane nella sua Costituzione poi defunta, poi risorta, poi finita nell’obitorio giuridico di qualche trattato.

L’Europa ha condannato un politico italiano, Rocco Buttiglione, per aver sostenuto che il matrimonio omosessuale è contrario al suo credo cristiano.

L’Europa promuove legislazioni che violano princìpi cristiani sui principali temi etici. Sostiene l’aborto, l’eugenetica, l’eutanasia, la manipolazione degli embrioni, il matrimonio omosessuale, l’identità di genere, e già tollera la poligamia.

L’Europa non ha difeso un Papa, Benedetto XVI, attaccato perché in una sua lezione aveva sostenuto che il cristianesimo è religione del logos e non della spada e aveva chiesto all’islam di pronunciarsi in modo analogo.

L’Europa ha impedito a questo stesso Papa di parlare in una università, la Sapienza di Roma, dopo averlo invitato.

L’Europa nasconde i suoi simboli cristiani, nelle sue scuole elementari non insegna più a dire “Buon Natale” o “Buona Pasqua”, perché dice di non voler offendere i bambini dei non credenti o degli altri credenti.

L’Europa concede nei propri Stati la massima libertà religiosa e di culto agli islamici, ma tollera che, nei loro Stati, questa stessa libertà sia conculcata fino al martirio dei cristiani, in Africa, in Asia, in Turchia, in India, dappertutto.

L’Europa protegge sotto lo scudo della libertà di espressione le opere d’arte blasfeme nei confronti del cristianesimo, ma sospende questa stessa libertà quando si tratti di irriverenza satirica nei confronti dell’islam.

L’Europa reagisce flebilmente al fondamentalismo e al terrorismo islamici perché si considera colpevole di esportare la civiltà cristiana.

E così via, ogni volta con un cedimento rispetto alla nostra tradizione religiosa. Non fa meraviglia che seri studiosi parlino ormai di una “Europa senza Dio” e che i dati provino che l’Europa sia tra le aree più secolarizzate dell’Occidente.

Mi faccio delle domande. Può nascere un patriottismo europeo in una terra così desolata? Possiamo dotarci di una identità europea, se una fonte essenziale di identità dell’Europa, quella religiosa, è osteggiata? Se qualcuno ci terrorizza e ci accusa di essere “giudei e cristiani”, possiamo ancora rispondere: sì, lo siamo e vogliamo restarlo? Se dobbiamo dialogare con gli altri, possiamo farlo se gli altri declinano la loro identità e noi ci vergogniamo della nostra?

Fino a poco tempo fa, pensavo che queste domande dovessero essere indirizzate al mondo politico, ai partiti, alle istituzioni. Da tempo, mi trovo costretto a rivolgerle al mondo cattolico e in primo luogo al suo magistero, dai vescovi al Pontefice. Le nostre chiese si spopolano, alcune chiudono, altre cadono, altre si trasformano in nuovi edifici. La nostra educazione tradizionale si perde. Il nostro senso di appartenenza si affievolisce. I vescovi marciano con la bandiera arcobaleno. Sulla loro bocca, l’espressione “salvezza” è lentamente sostituita dall’espressione “giustizia” e l’espressione “giustizia” è sempre più intesa nel senso di “giustizia sociale”, come se la giustizia del Dio cristiano avesse a che fare con la busta paga, mentre i termini “proselitismo” o “evangelizzazione” sono giudicati scorretti e banditi. Su questa strada, il cristianesimo si secolarizza, diventa umanesimo, ecologismo, pacifismo, democrazia, diritti umani. Con uno slittamento semantico non facile da comprendere, il Pontefice chiama “clericalismo” ciò che dovrebbe essere fermezza di dottrina e coerenza di comportamenti. In tanta confusione, ci può capitare persino di veder recare omaggio al paganesimo, come si è visto al Sinodo dei vescovi panamazzonico o con l’ingresso della Madre terra in San Pietro.

Mi fermo qui. Per riassumere in rapida sintesi, rispondo alle domande che via via mi sono fatto. Europa, dove sei? Oggi sei terra indefinita. Europa, chi sei? Oggi sei un soggetto in via di smarrimento. Europa, ci sei? Oggi manchi spesso all’appello.









Festa della Madonna della Medaglia miracolosa. Supplica





27 Novembre 2021

Nel 1830 la Madonna apparve a Suor Caterina Labouré -poi proclamata Santa- per incaricarla di diffondere una piccola Medaglia che la giovane suora vide in visione il 27 novembre 1830 e che avrebbe dovuto fare coniare. Alle 17:30 durante la meditazione nella Cappella, Suor Caterina vide come due quadri viventi che passavano in dissolvenza incrociata.

Nel primo, la Santa Vergine era in piedi su una semisfera (globo terrestre) e teneva tra le mani un piccolo globo dorato. I piedi di Maria Santissima schiacciavano un serpente. Nel secondo, dalle sue mani aperte uscivano raggi di uno splendore abbagliante.

Nello stesso tempo Caterina udì una voce, che diceva: «QUESTI RAGGI SONO IL SIMBOLO DELLE GRAZIE CHE IO RIVERSO SU COLORO CHE ME LE DOMANDANO».

Poi si formò un ovale attorno all’apparizione e Caterina vide scriversi in un semicerchio questa invocazione, prima sconosciuta. «O MARIA CONCEPITA SENZA PECCATO PREGA PER NOI CHE RICORRIAMO A TE», scritta in lettere d’oro.

Subito dopo la Medaglia si girò e Caterina ne vide il rovescio: in alto una Croce sormontava la M di Maria, in basso due Cuori, di Gesù e Maria, l’uno incoronato di spine, l’altro trapassato da una spada.

Caterina udì allora queste parole: «Fai coniare una Medaglia, secondo questo modello. COLORO CHE LA PORTERANNO CON FEDE RICEVERANNO GRANDI GRAZIE».

La Medaglia fu coniata in seguito a quanto richiesto dalla Madonna come segno di amore, pegno di protezione e sorgente di Grazie. La Medaglia venne chiamata successivamente Miracolosa per milioni di miracoli che ottenevano molti cattolici.

Dio si serve di piccoli mezzi per suscitare grandi atti di Fede nei credenti. Con questa piccola Medaglia, la Madonna ci ha fatto un dono immenso da portare addosso con molta Fede, possibilmente al collo, ed è un mezzo di intercessione potentissimo. Lo hanno sperimentato migliaia di Santi dal 1830 ad oggi. 

***


Supplica a Nostra Signora della Medaglia Miracolosa

da recitarsi alle ore 17.00 del 27 novembre, festa della Medaglia



O Vergine Immacolata, noi sappiamo che, sempre ed ovunque, sei disposta ad esaudire le preghiere
dei tuoi figli esuli in questa valle di pianto, ma sappiamo pure che vi sono giorni ed ore in cui ti
compiaci di spargere più abbondantemente i tesori delle tue grazie. Ebbene, o Maria, eccoci qui
prostrati davanti a te, proprio in quello stesso giorno ed ora benedetta, da te prescelta per la
manifestazione della tua Medaglia.

Noi veniamo a te, ripieni di immensa gratitudine ed illimitata fiducia, in quest’ora a te sì cara, per
ringraziarti del gran dono che ci hai fatto dandoci la tua immagine, affinché fosse per noi attestato
d’affetto e pegno di protezione. Noi, dunque, ti promettiamo che, secondo il tuo desiderio, la santa
Medaglia sarà il segno della tua presenza presso di noi, sarà il nostro libro su cui impareremo a
conoscere, seguendo il tuo consiglio, quanto ci hai amato e ciò che noi dobbiamo fare, perché non
siano inutili tanti sacrifici tuoi e del tuo divin Figlio. Sì, il tuo Cuore trafitto, rappresentato sulla
Medaglia, poggerà sempre sul nostro e lo farà palpitare all’unisono col tuo. Lo accenderà d’amore
per Gesù e lo fortificherà per portare ogni giorno la propria croce dietro a Lui.

Questa è l’ora tua, o Maria, l’ora della tua bontà inesauribile, della tua misericordia trionfante, l’ora
in cui facesti sgorgare per mezzo della tua Medaglia, quel torrente di grazie e di prodigi che inondò
la terra. Fa’, o Madre, che quest’ora, che ti ricorda la dolce commozione del tuo Cuore, la quale ti
spinse a venirci a visitare e a portarci il rimedio di tanti mali, fai che quest’ora sia anche l’ora nostra:
l’ora della nostra sincera conversione, e l’ora del pieno esaudimento dei nostri voti.

Tu che hai promesso, proprio in quest’ora fortunata, che grandi sarebbero state le grazie per chi le
avesse domandate con fiducia: volgi benigna i tuoi sguardi alle nostre suppliche. Noi confessiamo di
non meritare le tue grazie, ma a chi ricorreremo, o Maria, se non a te, che sei la Madre nostra, nelle
cui mani Dio ha posto tutte le sue grazie? Abbi dunque pietà di noi.

Te lo domandiamo per tua Immacolata Concezione e per l’amore che ti spinse a darci la tua preziosa
Medaglia. O Consolatrice degli afflitti, che già ti inteneristi sulle nostre miserie, guarda ai mali da cui
siamo oppressi. Fa’ che la tua Medaglia sparga su di noi e su tutti i nostri cari i tuoi raggi benefici:
guarisca i nostri ammalati, dia la pace alle nostre famiglie, ci scampi da ogni pericolo. Porti la tua
Medaglia conforto a chi soffre, consolazione a chi piange, luce e forza a tutti. Ma specialmente
permetti, o Maria, che in quest’ora solenne ti domandiamo la conversione dei peccatori,
particolarmente di quelli che sono a noi più cari. Ricordati che anch’essi sono tuoi figli, che per essi
hai sofferto, pregato e pianto. Salvali, o Rifugio dei peccatori, affinché dopo di averti tutti amata,
invocata e servita sulla terra, possiamo venirti a ringraziare e lodare eternamente in cielo.
Amen.



Salve Regina.

















venerdì 26 novembre 2021

La teologa invitata per aprire il sinodo? Più protestante che cattolica




26 NOV 2021

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by Aldo Maria Valli

La teologa che ha inaugurato il sinodo in Vaticano chiede “di rivedere la teologia di tutti i sacramenti”.

Si tratta della teologa spagnola Cristina Inogés Sanz. Si definisce “teologa dallo spirito beghino ed ecumenico”, collabora regolarmente con Revista 21, Revista Nueva Vida e con Revista Ecclesia, espressione della Conferenza episcopale spagnola, ed è anche membro della Commissione metodologica della Segreteria generale del sinodo dei Vescovi.




Domenica 10 ottobre papa Francesco ha inaugurato ufficialmente il sinodo sulla sinodalità in Vaticano con la celebrazione dell’Eucaristia nella basilica di San Pietro. Il giorno prima si è tenuto un momento di riflessione nell’aula nuova del sinodo. L’incontro è iniziato con l’intronizzazione e l’annuncio della Parola di Dio (Ap 1,9-20). Poi c’è stata una meditazione del padre gesuita Paul Béré, del Burkina Faso, e una, appunto, di Cristina Inogés Sanz, invitata espressamente dal Vaticano. Dopo l’intervento della teologa, ha parlato il Santo Padre.

Di recente, sui suoi social la teologa ha condiviso una pubblicazione in cui, mettendo in rilievo bandiere arcobaleno, conferma di aver partecipato a una giornata di ritiro e riflessione con la Asociación de diversidad sexual, una comunità di Madrid che riunisce cristiani gay Lgbt.


La teologa si era già espressa in passato a favore dell’ordinazione delle donne affermando fra l’altro: “Poiché c’è un diaconato maschile permanente, cioè il diaconato che non è diretto al sacerdozio, non capisco perché non ci siano donne che possano accedere allo stesso diaconato. Riguardo al sacerdozio, sosterrò sempre che le donne possono essere sacerdoti”.

In base alla sua linea più protestante che cattolica, la teologa, rispondendo a Pedro Castelao, professore di teologia all’Università Pontificia Comillas e direttore della rivista Encrucillada (la domanda era: “La maggior parte delle coppie fidanzate vive insieme prima di sposarsi. È qualcosa che viene imposto su vasta scala. È giustificato per questa ragione: la convivenza è indispensabile per conoscersi. Chiedo solo: sarebbe possibile integrare questa realtà in una teologia del matrimonio?”) ha detto che “è necessario rivedere la teologia di tutti i sacramenti, in tutta naturalezza e in tutta tranquillità”.


In una delle sue ultime interviste, Cristina Inogés Sanz ha assicurato che “c’è un aspetto dell’esperienza della sinodalità che a volte ci sfugge, ed è la compassione. E bisogna viverlo senza spiegarlo molto, soprattutto con chi è più resistente al cambiamento”.

Fonte: infovaticana.com







giovedì 25 novembre 2021

NUOVI RAZZISMI. «Non sono bianco». La bugia per andare al college




ATTUALITÀ
25-11-2021






Un sondaggio di Intelligent.com rileva che su 1250 candidati al college il 34% ha mentito sulla propria appartenenza etnica, negando di essere bianco; tra loro, quasi la metà ha affermato di essere nativo americano. L’85% di chi ha falsificato la dichiarazione ritiene che questo li abbia aiutati a essere ammessi. Una conseguenza della cancel culture e del finto antirazzismo.




Giuliano Guzzo, 25/11/2021

La pelle bianca? Inizia a essere un problema. Non è una provocazione, bensì la semplice constatazione di quanto accade nel mondo occidentale. L’antirazzismo militante e l’ossessione per le minoranze stanno infatti alimentando - negli Usa, ma potrebbero arrivare pure qui - due tendenze assurde e impensabili sino a pochi anni fa: la vergogna d’essere bianchi e il conseguente tentativo di spacciarsi per «non bianchi» per avere più possibilità, per esempio, nell’ingresso al college.

Emblematico, in proposito, quanto scoperto da un recente sondaggio - realizzato dalla rivista online Intelligent.com - con cui si è chiesto a 1.250 candidati al college, bianchi, di età pari o superiore a 16 anni, se, per caso, avessero mentito sulla loro domanda indicando d’essere una minoranza razziale. Una domanda in risposta alla quale era lecito immaginarsi l’esistenza di un fenomeno residuale, per non dire irrilevante. Invece ciò che si è scoperto ha dell’incredibile. Si è infatti riscontrato come in più d’un caso su tre (34%) gli interpellati, compilando la domanda per il college o l’università, abbiano mentito sulla loro appartenenza etnica.

Una scelta motivata sulla base di due elementi: le maggiori probabilità sia di ammissione sia di poter accedere ad agevolazioni e misure di sussidio. In particolare, tra quanti hanno negato di essere bianchi, il 48% ha affermato di essere nativo americano. Un altro dato emerso - e tutt’altro che trascurabile - riguarda il fatto che più di tre quarti (77%) dei giovani che hanno finto di appartenere a una minoranza razziale nelle loro domande sono stati comunque accettati dai college cui avevano mentito. Ancora, si è visto come la maggior parte dei candidati che hanno mentito e che, ciò nonostante, sono stati accettati, benché altri fattori possano aver giocato un ruolo nella loro accettazione, ritenga (85%) che falsificare il loro status di minoranza razziale li abbia aiutati a ottenere l'ammissione al college. Insomma, negare di essere bianchi pare proprio abbia portato bene. D’accordo, ma come si spiega questo singolare se non bizzarro fenomeno?

Secondo il caporedattore di Intelligent.com, Kristen Scatton, la prevalenza di candidati che affermano di avere antenati nativi americani è probabilmente dovuta alla narrativa popolare secondo cui, per molti americani, una piccola percentuale del loro Dna proviene da un’antica tribù; il che spiega perché si sia scelto di dichiararsi nativi, ma non perché non ci si sia dichiarati bianchi. Opzione, quest’ultima, che se sotto il profilo meramente strategico risponde ad un fine - quello, già evidenziato, di accrescere la probabilità di ingresso al college -, in un piano più generale rispecchia un fenomeno inquietante.

Alludiamo a quello strutturale senso di colpa che la corrente woke e la cancel culture, le ultime due frontiere del politicamente corretto, stanno instillando in chi non ha nessuna responsabilità se non quella, si fa per dire, di avere la pelle bianca. L’antirazzismo militante si è dunque rovesciato in un nuovo razzismo che, per usare un’espressione tristemente attuale, contagia un po’ tutti. A partire da quei giovani che, visto l’andazzo, si sono resi conto che un modo per farsi strada è mentire sulla propria identità.

Ma che razza di democrazia è un sistema in cui alcuni suoi componenti debbono, almeno un po’, vergognarsi di chi sono? Pare il caso di iniziare a chiederselo, prima che la lotta alle disuguaglianze etniche, in quella che sarebbe una perfetta eterogenesi dei fini, ne generi di nuove. Del resto, le premesse sembrano esserci tutte.














La rivoluzione "woke" sbarca in Italia. Non sottovalutiamola




Al liceo Zucchi di Monza, i ragazzi vanno in gonna per protesta contro il maschilismo. All'Ulisse Dini di Pisa, occupano il liceo per protesta contro un preside che nega l'identità trans a uno studente. Al liceo Cavour di Torino, invece, il preside introduce l'asterisco gender (*) nel linguaggio scritto. Sono tre episodi che, presi singolarmente, fanno solo costume. Ma se presi assieme sono la prova che la rivoluzione "woke", quella della cancel culture e del politicamente corretto che ha devastato la cultura americana e britannica, sta arrivando in Italia. Non va presa sotto gamba. Culturalmente parlando, è peggio ancora del marxismo.





PEGGIO DEL MARXISMO
CULTURA

Marco Gervasoni, 25-11-2021

"Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”, è un famoso aforisma di Agata Christie. E in questo caso è la prova che il delitto sta per compiersi, l’ingresso della rivoluzione woke anche nel nostro paese, proprio nel punto più nevralgico, la scuola. La ideologia woke, dall’inglese to wake, cioè “risvegliarsi”, intende combattere ogni forma di discriminazione etnica, sessuale, religiosa, e si è diffusa negli Stati Uniti soprattutto con Black Lives Matter, estendendosi poi alle cause di molte altre minoranze. Il problema è cosa tale ideologia intende con “discriminazione” e soprattutto come pensa di combatterla.

Primo indizio. Al Liceo Zucchi di Monza, un gruppo di studenti (maschi)
si reca a scuola abbigliandosi con la gonna, per denunciare “sessismo” e “mascolinità tossica”. Secondo indizio. Al Liceo Ulisse Dini di Pisa, un manipolo di studenti protesta e addirittura occupa la scuola perché a uno di loro la direzione ha negato di accedere all'identità trans. Terzo indizio. Al Liceo Cavour di Torino, il preside adotta la scrittura “inclusiva”, quella che prevede l’asterisco al posto di sostantivi e aggettivi connotati dal punto di vista sessuale. In questo caso l’iniziativa non è partita dagli studenti ma da un professore “in fase di transizione” eppure le solite organizzazioni studentesche hanno aderito entusiasticamente.

Sono molte le tristi considerazioni che questi tre fatti conducono con sé.
Negli anni Settanta gli studenti occupavano a suon di Contessa del recentemente scomparso Paolo Pietrangeli. Tra gli inviti a “usare il martello” contro i borghesi (puntualmente eseguiti, ma con chiave inglese e spesso contro ragazzi di estrazione proletaria considerati fascisti) e gli studenti con le gonne, qualcuno potrebbe ritenere trattarsi di un progresso. Per noi, non tanto.

L’allucinata e distorta ideologia marxista degli anni Settanta
faceva pur parte di un percorso storico, con i suoi legami con il passato. Trasmetteva una sua visione di durezza della vita, che in qualche modo educava i giovani. E, diciamolo pure, il marxismo è stata una religione politica secolarizzata, un'eresia del cristianesimo: nei poveri e rozzi versi di Contessa, ad esempio, è possibile vedere comunque il suo far parte di un orizzonte culturale di questo genere.

Gli studenti con le gonne, gli occupanti in nome di un nome trans, gli asterischi
e già che ci siamo le schwa, appartengono invece a un tempo nuovo rispetto a quella storia. Un tempo, diciamolo tutto, post-cristiano, le cui rivendicazioni investono un orizzonte bio-politico, manipolato dalla tecnica, in cui sono saltati i legami con la tradizione, non solo quella storica ma anche quella teologica. E siccome la politica è sempre teologia politica… Inoltre cambia la missione della scuola. Non più formare alla vita, che è roba dura, ma astrarre dalla vita. Tutto questo linguaggio composto da slogan vuoti “inclusività”, “mascolinità tossica” è finalizzato a non “urtare la sensibilità”, altra parola magica del dizionario woke e politicamente corretto. Nel Regno Unito si parla di generazione snowflakes, fiocchi di neve, per identificare giovani fragili psicologicamente, i cui genitori hanno spesso miseramente fallito. Ed è quella dell’autore di queste righe, per cui possiamo davvero amaramente riconoscere con Giorgio Gaber che anche “la mia generazione ha perso”, oltre la sua.

Un’ altra considerazione che lega questi tre casi riguarda il tipo di istituto
e la sua collocazione geografica: si tratta di licei molto antichi e prestigiosi di tutte e tre le città, tre capoluoghi di provincia mediamente ricchi. E licei, non istituti tecnici o professionali. Insomma, non vorremmo essere scambiati per marxisti (che è sempre meglio di genderisti però), ma questa è una rivolta della borghesia per i bisogni di una strettissima minoranza: altro che diritti universali. Tutto questo mentre, scrive Repubblica del 22 novembre, gli istituti “cadono a pezzi per allagamenti e infiltrazioni d’acqua. Licei che non hanno aule. Strutture che non hanno laboratori”. Forse non lo Zucchi, il Dini e il Cavour: ma quelli frequentati dai figli dei “poveri” (nel senso di Don Milani) sicuramente sì. E qui si potrebbe citare l’ultimo Pasolini sui bisogni indotti, ma preferiamo richiamare Franco Battiato che, nella straordinaria, profetica e celebre Patriot to arms (1980) cantava “le barricate in piazza le fai per conto della borghesia / che crea falsi miti di progresso”.

E un falso mito di progresso è proprio la rivoluzione woke
, il delitto più grave che si stia compiendo. Sbagliano, sbagliano enormemente coloro che pensano si tratti di un fenomeno momentaneo, limitato alla sfera anglosassone. Tanto è vero che essa è penetrata subito anche in Francia. Infatti, scrive il saggista Brice Couturier nel suo recente OK, Millennials! Puritanisme, victimisation, identitarisme, censure… L’enquête d’un baby-boomeur sur les mythes de la génération “woke” ("OK Millennial! Puritanesimo, vittimismo, identitarismo, censura. Inchiesta di un boomer sui miti della generazione woke" Éditions de L’Observatoire) è un fenomeno rivoluzionario, e come tale pronto ad estendersi ovunque, almeno in Occidente (difficile che in Cina la facciano passare, per dire…). Mentre per il grande linguista afro americano John McWhorter, il wokismo statunitense, focalizzato più sui neri che su islamici, donne e trans, può essere considerato una religione, molto pericolosa. (Woke Racism. How a new Religion betrayed Black America, "Razzismo woke. Come una nuova religione ha tradito l'America nera". Penguin).

Ora le due diagnosi non sono in contraddizione
: tutte le rivoluzioni sono fenomeni religiosi secolarizzati. Solo che quelle del passato, compresa quella bolscevica, stavano all’interno di un orizzonte cristiano. La rivoluzione woke, quella del politicamente corretto, della cancel culture, del “differenzialismo inclusivo”, è la prima rivoluzione post-cristiana: e non a caso possiede molti caratteri dello gnosticismo. Se fosse ancora tra noi Luciano Pellicani, che con queste categorie aveva studiato anche l’ultimo islamismo, chissà come avrebbe interpretato il fenomeno. Che sta arrivando anche da noi.

Non credo che la classe politica possieda gli strumenti per opporsi
, se non attraverso post o tweet, lamentosi o peggio invocando provvedimenti punitivi o censori. Le rivoluzioni si frenano con la forza, certo, ma prima di tutto con quella delle idee e delle proposte. Contro la rivoluzione woke serve una reazione rigorosa e lucida: anche se non si vede all’orizzonte alcun De Maistre, nessun Donoso Cortes, nessun Monaldo Leopardi.