mercoledì 23 dicembre 2020

Buon Natale con Fulton Sheen: Diventare bambini, ovvero riconoscere la differenza tra la nostra povera vita e quella eterna

 



23DIC
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by Aldo Maria Valli


Cari amici di Duc in altum, nell’avvicinarsi del Natale vi propongo una meditazione dell’arcivescovo Fulton John Sheen (1895-1979).


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Il Natale di Cristo, la nascita del Dio-uomo, la festa dei bambini e degli adulti che tornano a esserlo

Il mondo, sempre incline a riconoscere la forza, non riesce mai ad afferrare in pieno il paradosso per cui solo i bambini sanno scoprire la grandezza dell’universo, e solo gli umili di cuore riescono a scoprire la grandezza di Dio. Il mondo non impara questa lezione perché confonde piccolezza con debolezza, l’infanzia con l’infantilismo, e l’umiltà col complesso di inferiorità. Immagina il potere solo in termini di forza fisica, e la sapienza solo in rapporto alla vana cultura dello spirito del giorno. Dimentica che una grande forza morale si può nascondere nella debolezza fisica, così come l’Onnipotenza venne avvolta strettamente nelle fasce; e che la grande saggezza si può trovare nella fede semplice, così come la Mente eterna si trovò nella persona di un Bambino. Ecco la forza, quella forza davanti alla quale tremano gli angeli, la forza cui s’inchinano le stelle, la forza di fronte alla quale persino il trono di Erode tremò di paura. È la forza di quel tremendo Amore divino che tutto affrontò pur di convincerci riguardo alla misura di Dio rispetto a ciò che è veramente grande e alto.


Ma la Sua legge dev’essere la nostra fatica eterna dove Lui si compiacque di cominciare la Sua, vale a dire dal più basso e umile gradino, che è il punto di partenza verso ciò che è più alto e più potente. Come successe che Dio stesso discese fin giù all’infanzia, facendo di essa il primo passo verso il trionfo eterno, così dobbiamo scendere dal nostro orgoglio ignorante al livello di ciò che siamo ai Suoi occhi. “Se non diventerete come i bambini, – Egli ci dice esplicitamente, – non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3).


Diventare bambini significa semplicemente acquistare umiltà, vale a dire rendere chiaro ogni giudizio su noi stessi, riconoscere l’immensa differenza che passa tra la nostra povera vita e quella eterna che ci attende, ammettere la nostra debolezza, la nostra fragilità, le nostre colpe, la meschinità di tutto ciò che oggi facciamo, e insieme la forza e la sapienza che diventeranno nostre, purché siamo abbastanza umili per inginocchiarci davanti a un Bambino adagiato sulla paglia di una mangiatoia, e per confessare che Lui è il nostro Signore, la nostra Vita, il nostro Tutto.


Così la nascita del Dio-Uomo è la festa dei bambini, il giorno in cui gli anni retrocedono e le rughe del volto sono spianate dal tocco di una mano rigeneratrice, nel quale i superbi diventano bambini, i grandi piccoli, e tutti trovano il loro Dio…Chiniamo tutti il capo ed entriamo nella grotta; spogliamoci della sapienza mondana, dell’orgoglio, di ogni apparente superiorità, e di fronte all’insondabile mistero dell’umiliazione del Figlio di Dio, cerchiamo di farci piccoli. In questa veste, avviciniamoci alle ginocchia della più amabile donna del mondo, della donna che, sola tra tutte, è ornata della rosa rossa della maternità e di quella candida della verginità, della donna che, dando alla luce il Signore, divenne la Madre degli uomini; e chiediamole di insegnarci a servire Dio, ad amarlo e a pregarlo.


E dopo avere chiesto a Maria che ci insegni a pregare, ci rivolgeremo a Gesù, e se non abbiamo perduto quella nostra parte d’infanzia che sola ci può far scoprire i segreti dell’Infinito, Gli rivolgeremo una delle domande più importanti del mondo. Non gli chiederemo di svelarci i misteri dell’atomo, né vorremo sapere se lo spazio è curvo, o se la luce è un’onda, ma Gli chiederemo ciò che prova il re del cielo a vivere come un bambino su questa nostra povera terra. Se saremo ancora piccoli abbastanza per fare tutto questo intorno a un Presepio dove frusciarono e rombarono “inimmaginabili ali intorno a una incredibile stella”, allora sapremo scoprire l’Infinito; se saremo abbastanza umili per andare da Colui che non possiede una casa, troveremo la nostra casa; se saremo abbastanza semplici per diventare bambini, rinascendo nonostante i molti anni d’età, allora scopriremo la Vita che resiste quando il tempo ha finito di esistere.


Per alcuni Egli viene quando il loro cuore non contiene alcun attaccamento terreno; per altri viene quando il corpo avido esprime l’avidità dello spirito: per altri quando la gioia li avvolge nel suo abbraccio esclusivo; per altri quando il mondo, usato come un bastone per sorreggersi, ha ferito le loro mani; per altri viene soltanto quando hanno le guance bagnate di lacrime, perché Lui le asciughi. Ma per tutti e per ciascuno Egli viene con la dolcezza delle sue vie: Lui stesso, il Cristo; nella Messa del Cristo; nel Natale.

Fulton J. Sheen

da L’Uomo di Galilea

Edizioni Fede e Cultura











martedì 8 dicembre 2020

LA SOLENNITÀ. Amare l’Immacolata, la via per imitare Gesù





08-12-2020

Durante l’ultimo anno ci siamo avvicinati di più all’Immacolata? L’abbiamo servita? È cresciuto il nostro amore per Lei e perciò per il SS. Cuore di Gesù? Se non ci sono stati progressi, non bisogna scoraggiarsi ma volgersi ancora alla Vergine perché prepari il nostro cuore a purificarsi, accogliere suo Figlio nella Santa Comunione e guadagnare a Lei altre anime. Da un insegnamento di san Massimiliano Maria Kolbe sul significato di vivere come consacrati all’Immacolata.
Pubblichiamo ampi estratti di due meditazioni scritte da padre Massimiliano Maria Kolbe nel 1938 rispettivamente per il mensile Rycerz Niepokalanej (Il Cavaliere dell’Immacolata) e per la sua versione per bambini, il Rycerzyk Niepokalanej (Il Piccolo Cavaliere dell'Immacolata).

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Si sta avvicinando ancora un’altra volta l’annuale solennità, così cara al cuore, dell’Immacolata Concezione.
Noi, consacrati in proprietà all’Immacolata nelle schiere della sua Milizia, diamo uno sguardo all’intero anno trascorso dall’ultima sua festa e interroghiamoci personalmente:

- Durante quest’anno ci siamo avvicinati di più all’Immacolata?

- Il nostro amore verso di Lei è cresciuto?

- Ci siamo avvicinati maggiormente al SS. Cuore di Gesù attraverso l’Immacolata?

- Ci intratteniamo con più familiarità con Gesù nel tabernacolo? e più ancora dopo averlo ricevuto nella S. Comunione?

- L’amore di Gesù ci attrae verso la croce e ci spinge a contraccambiarlo con un amore disposto al sacrificio, a nostre, spese, con la sofferenza accettata per Lui?

In caso affermativo, ringraziamo di cuore l’Immacolata per le sorgenti di grazie che Ella ha impetrato per noi dal SS. Cuore di Gesù e ha riversato su di noi.

Se invece non vediamo dei grandi progressi nell’amore divino, non scoraggiamoci, ma umiliamoci, chiediamo sinceramente perdono all’Immacolata per non aver approfittato a sufficienza delle sue grazie; preghiamola di chiedere perdono al Salvatore, di offrire la giusta riparazione al SS. Cuore di Gesù e di volgere la nostra trascuratezza, la nostra ingratitudine in un bene ancora più grande, in modo che perfino le cadute divengano realmente per noi altrettanti gradini verso una più alta perfezione (per questo solo, infatti, Gesù le ha permesse); e con piena fiducia, con una fiducia illimitata nella sua particolare protezione, lasciamoci guidare da Lei in modo sempre più perfetto.

Ella ci insegnerà il modo di poter - giorno dopo giorno, ora dopo ora, istante dopo istante, nel fedele adempimento dei nostri doveri ordinari e nell’impegno di conformarci alla volontà di Dio - ella ci insegnerà il modo di poter manifestare il nostro amore verso il Cuore divino: un amore generoso, mediante il compimento della sua volontà, nonostante le difficoltà, i sacrifici e le croci (…) [SK 1233].

(…) Allora come prepararci alla festa dell’Immacolata? Come fare per trascorrerla nel modo migliore? Innanzi tutto, laviamo la nostra anima nel sacramento della penitenza, per togliere le macchie del peccato: così facendo essa diventa, almeno un poco, simile all’Immacolata. Inoltre, supplichiamo l’Immacolata affinché prepari il nostro cuore ad accogliere in modo degno il suo divin Figlio Gesù, presente nel Santissimo Sacramento dell’altare: accostiamoci alla Santa Comunione in questo giorno dell’Immacolata Concezione, dedicato a Lei.

Dopo la Santa Comunione pregheremo nuovamente l’Immacolata affinché voglia Lei stessa tener compagnia a Gesù presente nella nostra anima e renderlo così felice come nessuno è mai riuscito a fare finora. La pregheremo affinché Ella voglia offrire a Gesù la giusta riparazione sia per le nostre attuali infedeltà sia per i numerosi torti che Egli subisce nel mondo intero da parte dei peccatori. Ancora, rinnoviamo il nostro atto di consacrazione all’Immacolata. (…) Infine, riflettiamo un poco per chiederci se finora abbiamo servito l’Immacolata con sufficiente entusiasmo (…). Gesù ama assai coloro che lo imitano nell’amore verso la Sua purissima Madre.

E finalmente, per amare con maggiore ardore l’Immacolata, ci impegneremo a pensare a Lei, a leggere e a conversare su di Lei, affinché ciascuno di noi possa conoscerla e amarla sempre di più e possa guadagnare a Lei schiere sempre più numerose di altre anime. La pregheremo soprattutto negli istanti di dubbio, nei momenti di tentazione e di tristezza. Confidando nell’Immacolata, l’anima non ha paura di nulla, non indietreggia di fronte a nessun dovere, fosse pure arduo, assai arduo. [SK 1234]















venerdì 4 dicembre 2020

Il professor Kwasniewski: la liturgia tradizionale è un esorcismo perpetuo, ecco perché il demonio la odia così tanto







Sul mensile Radici Cristiane (n.142) fu pubblicata un’intervista al professor Peter Kwasniewski. Quando l’intervistatrice Chiara Chiessi gli domanda se il demonio odia la Messa in rito antico, Kwasniewski risponde:

Il demonio odia la disciplina, l’ordine, la bellezza, l’umiltà, il sacrificio, la lode liturgica, la tradizione ed il sacerdozio. L’antica liturgia romana -e sto parlano qui non solo della Messa, ma anche dell’Ufficio divino e di tutti i sacramentali- è permeata di ordine e bellezza.

Richiede immensa umiltà e disciplina da parte dei ministri, che devono celebrare in maniera giusta ed adeguata. Sopprime deliberatamente l’individualità ed il desiderio di “apparire” o di “essere se stessi”. Tende all’adorazione ed alla glorificazione di Dio, con Cristo stesso come Sommo Sacerdote e tutti gli altri come servi. Paradossalmente, edifica ed avvantaggia gli stessi fedeli, proprio perché è teocentrica e cristocentrica, non antropocentrica come la moderna filosofia e cultura.

Lucifero, la più bella delle creature di Dio, si innamorò di se stesso. Il suo peccato era l’egocentrismo, l’autocelebrazione. Quindi qualsiasi movimento nella liturgia verso la liberazione, l’applauso, la celebrazione o la coltivazione dell’ego dei ministri e dei fedeli è diabolico nella sua origine e nei suoi effetti. La Chiesa, nella sua sapienza data da Dio, aveva da sempre compreso il pericolo della personalità ‘carismatica’ e si è guardata da essa grazie a riti caratterizzati dalla loro obiettività, stabilità, precisione, chiarezza dogmatica, requisiti ascetici e nobiltà estetica.

Queste stesse caratteristiche contrastano certe tendenze ricorrenti della natura umana, decaduta, come l’emotività o il sentimentalismo, il relativismo, l’ambiguità, la causalità, l’indulgenza e l’estetismo (la cui totale mancanza di gusto o di incuria è una mutazione genetica peculiare).

L’antica liturgia conferisce il ruolo inequivocabile di mediatore sacramentale al sacerdote ed, in varia misura, agli altri ministri. Questo ruolo di mediatore è icona vivente dell’Incarnazione dell’unico mediatore tra Dio e l’uomo, contro il quale Satana si ribellò.

L’unica ‘riforma liturgica’ che Satana cerca è sempre quella di allontanare la Chiesa dall’Incarnazione, da un’economia sacramentale radicata nella carne eucaristica di Cristo e dall’intera struttura di riti, cerimonie e preghiere che la incarnano. In ogni aspetto, l’ ‘uso antiquior’ è come un esorcismo perpetuo al diavolo ed indica continuamente il trionfo di Dio incarnato sull’antico nemico della natura umana. Il fatto stesso che la nuova liturgia abbia abolito o abbreviato gli esorcismi ovunque siano stati trovati -nel rito del battesimo, in varie benedizioni, nel rito stesso dell’esorcismo- parla da sé.

Ci si chiede se il confuso e tormentato papa Paolo VI stesse percependo questa verità quando nel 1972, solo poco dopo l’introduzione della monumentale rottura del ‘Novus Ordo’, disse: ‘Da qualche fessura, il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio’. Forse quella fessura non erano altro che le incessanti riforme liturgiche del XX secolo, che culminarono con un cambiamento della ‘lex orandi’ delle proporzioni di un terremoto.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza



Il Cammino dei Tre Sentieri