Pubblicato nel 1985, Iota unum è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico Romano Amerio, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica (e il senso ultimo di questa summa, il suo apax, si trova tutto in Stat Veritas).
«In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure uno iota o un segno dalla legge (iota unum aut unus apex), senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli».
Non sarà mutato un solo iota, cioè il segno più piccolo dell’alfabeto greco – noi diremmo “non una sola virgola” – dice Cristo nel discorso della montagna (Mt 5, 18-19). E invece, quanto è stato mutato dal Concilio Vaticano II in poi all’interno della Chiesa? Molto, moltissimo, ben più di uno iota: praticamente l’intero alfabeto, a cominciare dall’abolizione (de facto) della lingua latina e dallo stravolgimento (de iure) della liturgia.
Il filosofo italo-svizzero Romano Amerio (1905-1997), che aveva seguito i lavori del Vaticano II per conto del vescovo di Lugano, aveva poi attentamente osservato i mutamenti nella Chiesa, e nel 1985 diede alle stampe un volume imponente : si tratta del monumentale Iota Unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, ristampato negli ultimi anni 2000 da ben due case editrici, la Lindau di Torino (2009, €44) e la Fede&Cultura di Verona (2009, €39, ebook €9,99). Questo saggio negli anni ’80 subì una congiura del silenzio. Perché, se la qualità del suo saggio era inattaccabile? Evidentemente perché la sua oggettiva diagnosi risultava troppo spietata nel sottolineare senza mezzi termini – pur nel dovuto rispetto – le responsabilità delle gerarchie ecclesiastiche per l’attuale crisi della Chiesa.
Essa si è infatti trasformata, per usare una terminologia semplice, in ente assistenziale, privilegiando la Carità alla Verità e perdendo il motivo principale del suo primato, il principio ultimo e trascendente, che unifica e ordina tutti i valori secondari del mondo. Carità e Verità: non a caso l’ultima enciclica di papa Benedetto XVI (2009) sottolinea il giusto rapporto tra questi due elementi: Caritas in veritate, la Carità radicata nella Verità, mai separata da questa.
Grazie al magistero di papa Benedetto XVI, che ha ripreso alcuni temi del prof. Amerio (pur nella cosiddetta «ermeneutica della riforma nella continuità»), la figura grande filosofo cattolico torna in auge: lo conferma l’attenzione che la casa editrice Lindau presta alla sua opera, che pubblica assieme a Stat Veritas – cioè la Verità sta, ossia è ferma, solida, irremovibile – seguito e aggiornamento del saggio principale, che analizza e commenta la Lettera apostolica di papa Giovanni Paolo II Tertio Millennio Advenientescritta nel 1994 in preparazione del giubileo dell’anno 2000, per definire gli orientamenti pastorali per la Chiesa del nuovo millennio.
In Stat Veritas. Seguito a “Iota unum” (2009, €19,50) Romano Amerio contesta all’insegnamento cattolico post-conciliare di aver trascurato la Verità metafisica del Logos divino e di essersi concentrato sul tema della Carità, riducendo la Chiesa a mero soggetto storico, sociale e culturale che si confronta con le varie opzioni filosofiche e morali proposte dalla società moderna: il messaggio cattolico ha così smarrito la sua identità rispetto alle altre religioni e si è dimostrato impotente di fronte al diffondersi, anche all’interno del mondo cristiano, della secolarizzazione e del relativismo.
Va anche segnalata la biografia del filosofo italo-svizzero, intitolata Romano Amerio. Della verità e dell’amore (Marco Editore, Cosenza 2005, €25), redatta dal suo maggiore discepolo e studioso, il prof. Enrico Maria Radaelli (il quale, nell’edizione Lindau di Iota Unumfirma un’approfondita post-fazione), che porta la prefazione del grande tomista italiano mons. Antonio Livi, nonché i prestigiosi interventi di Don Divo Barsotti e di due vescovi, i monsignori Mario Oliveri e Antonio Santucci.
Questo testo di Gianandrea de Antonellis è stato tratto dal periodico Radici Cristiane.