sabato 31 ottobre 2015

Che valore ha la preghiera di suffragio per i nostri defunti?

 
 
Un domenicano (padre Angelo) risponde
 

 

1. Il dolore di qualunque persona non ci può lasciare insensibili.

2. È molto consolante il pensiero che tutto quello che con infinito affetto hai fatto per un tuo caro il Signore l’ha ritenuto fatto a sé. Non tanto per il merito (pure esso importante), ma per la gioia di aver fatto qualcosa per il Signore.

3. Il Catechismo della Chiesa Cattolica a proposito dei defunti dice che "la nostra preghiera per loro non solo può aiutarli, ma può anche rendere efficace la loro intercessione in nostro favore" (n. 958).
Pertanto la nostra preghiera, mentre alimenta una comunione di vita che ci è preziosa, ha una duplice efficacia: aiuta le loro anime a purificarsi, e giova a noi perché è come se aprissimo un varco tra noi e loro che ci permette di sentire quanto sia potente la loro intercessione davanti a Dio a nostro favore.
Dobbiamo sapere che le preghiere e i meriti della loro vita precedente stanno sempre in atteggiamento di supplica davanti a Dio per noi.

4. Portare un fiore sulle loro tombe è una testimonianza di fede nella comunione di vita che c’è tra noi e loro.
Sappiamo che ai nostri morti la vita non è tolta, ma trasformata, come dice la Liturgia della Chiesa.
Portare un fiore è un segno di affetto che senza dubbio è gradito a Dio ed è gradito anche ai nostri morti che dall’aldilà possono apprezzare il nostro gesto.

5. Ma indubbiamente vi sono altri fiori, ancor più preziosi che noi possiamo loro donare.
E questi fiori sono costituiti dalla celebrazione della S. Messa per loro e dalle altre opere di suffragio.

6. A questo proposito il Catechismo ricorda “la preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: «Perciò Giuda Maccabeo fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato» (2 Mac 12,45)” (n. 1032).
E afferma che “fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio.
La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti” (CCC 1032).



7. Ti esorto a largheggiare più che puoi nel donare soprattutto questi fiori, che non diventano mai vecchi e il cui merito dura in eterno. 

 
 
 

Don Nicola Bux: “Il Sinodo non era una partita di calcio tra tradizionalisti e progressisti”

                


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Don Nicola Bux, il noto ed autorevole teologo e liturgista barese, in un certo senso “ gela” gli entusiasmi dei divorziati risposati sulla possibilità di accostarsi alla comunione.  “Su questo tema – dice il teologo barese- nei giornali italiani sono state scritte cose inesatte. E dal Sinodo non sono venute fuori novità di rilievo su questo punto”.

Don Nicola, eppure i media e i giornali italiani hanno scritto esattamente il contrario…

“Alt. Queste cose le hanno scritte praticamente solo i giornali italiani e il motivo mi riesce misterioso. Del resto, date un’occhiata alla stampa estera”.


Insomma, niente comunione al divorziato riposato civilmente?

“Nessuna novità, lo ribadisco e basti leggere, cosa che spesso non si fa, il documento sinodale invece di guardare le sintesi o le agenzie. La dizione comunione ai divorziato risposato non si trova da nessuna parte. Del resto, il Sinodo non aveva e non ha per sua natura, nessun potere di cambiare o mutare la dottrina. Ha solo funzione consultiva. Neppure il papa può arrivare a tanto, salvo scivolare in eresia. E cambi dogmatici a dirla tutta, hanno bisogno di consultazione dell’ episcopato mondiale e di un eventuale concilio. Aggiungo che anche se ,paradossalmente, il Sinodo avesse apertamente scritto che si può dare la comunione al divorziato risposato, non sarebbe stato possibile  amministrarla, perchè le valutazioni del sinodo non hanno alcun valore vincolante”.


E allora?

“Resta tutto fermo a quello di una volta. Rimane ancorato il principio che il divorziato risposato civilmente non può prendere la comunione. In quanto  a quel caso per caso di cui si parla, è cosa vecchia, risalente a Giovanni Paolo II, alla Familiaris Consortio, paragrafo 84. In pratica, per meri motivi di giustizia, che la chiesa deve valutare nella sua saggezza, il sacerdote, dopo aver confessato e resosi conto della effettiva conversione al termine di  cammino penitenziale, può dare la comunione al divorziato riposato che non abbia causato il divorzio. Ma solo se sussistono motivi di giustizia e soprattutto se la nuova coppia fa promessa solenne di vivere in castità, come fratello e sorella. Ma di questo si preferisce non parlare”.


Sembra dunque un testo poco chiaro se si presta a divergenze di interpretazione…

“Non arriverei a tanto. Certamente tutto è molto sfumato. Oggi pretendiamo la chiarezza in tutto, ma spesso certi documenti effettivamente denotano un lessico indefinito. Un lessico che mostra, ma non dimostra”.


Si dice che l’ala progressista abbia vinto il sinodo. E’ così?

“Non era una partita di calcio. In ogni caso, la penso diversamente.”
















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Evangelium vitae, a 20 anni di distanza il messaggio di Giovanni Paolo II è andato perduto

  
Evangelium Vitae




di Stefano Fontana

Venti anni fa Giovanni Paolo II pubblicava l’enciclica Evangelium vitae (25 marzo 1995) “sul valore e l’inviolabilità della vita umana”. Fatto salvo l’impegno di quanti in questi anni si sono impegnati e si impegnano per la vita, il suo bilancio non lascia soddisfatti. L’aborto è passato da eccezione a diritto e nella Chiesa ormai ci si convive, raramente i pastori intervengono e si è formata un’ampia opinione contraria alla mobilitazione sociale e politica su questo tema.

Quali le cause di questo fallimento? L’enciclica di San Giovanni Paolo II sulla vita si collocava in un contesto di pensiero filosofico e teologico costituito, oltre dall’enciclica suddetta, anche dalla Fides et ratio (1998) sul rapporto tra la fede e la ragione e dalla Veritatis splendor (1993) su alcune questioni relative alla morale. Bisogna chiedersi se quel quadro sia oggi ritenuto ancora valido o se sia penetrato nella Chiesa un nuovo “paradigma”, all’interno del quale le riflessioni della Evangelium vitae non trovano più il respiro necessario.

Secondo il paradigma “delle tre encicliche” il tema della vita è collocato all’interno di un ordine sociale naturale perché gli uomini, come dice il bellissimo paragrafo 20 della Evangelium vitae, non sono ammucchiati uno sull’altro come dei sassi, ma esiste un ordine naturale della vita sociale e politica che gli uomini possono conoscere con le loro capacità naturali e difendere con le loro volontà naturali, nonostante non riescano mai pienamente a farlo a causa del peccato delle origini, in conseguenza del quale anche per raggiungere i propri fini naturali c’è bisogno della rivelazione e della grazia. La Evangelium vitae rimanda quindi alla dimensione dell’indisponibile – tra cui il mistero della vita e la dignità della procreazione in stretta continuità con la Humanae vitae di Paolo VI e la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II – che noi possiamo già conoscere sul piano naturale ma che diventa pienamente comprensibile sul piano soprannaturale.

E proprio questo incontro era il tema della Fides et ratio, secondo la quale l’uomo è capace di Dio perché è capace dell’essere e può conoscere l’ordine delle cose e collocarne la conoscenza in un universo di senso, in un “cosmo della ragione” come poi dirà Benedetto XVI.

L’uomo è capace di moralità (ecco la Veritatis splendor), perché è capace dell’essere. La sua libertà si configura pienamente quando si lascia vincere dalla verità, la sua coscienza trova pienamente se stessa quando è riempita dalla realtà, tra legge e coscienza non c’è opposizione in quanto la legge esprime la verità del bene umano di cui la coscienza ha una nozione connaturale. Poiché l’uomo è capace dell’essere, egli vede le cose ordinate finalisticamente a Dio e ciò rappresenta per lui un dovere morale. Vede anche scelte che non possono essere mai ordinate a Dio, che sono disordinate intrinsecamente e che quindi non si possono mai fare.

Ma per il secondo paradigma, nel frattempo subentrato, le cose stanno diversamente e i concetti di natura umana, di ordine naturale e sociale, di peccato, di finalismo, di coscienza e di moralità sono cambiate radicalmente.

La vita di fede, secondo questo paradigma, avviene dentro l’esistenza storica e non ci mette mai davanti all’essere né davanti a Dio come Essere, ma sempre davanti, o meglio dentro, alle nostre situazioni, che non possiamo trascendere. Non abbiamo accesso all’essere e alla verità, ma solo alle nostre progressive interpretazioni dall’interno dell’esistenza. Dio si rivela in questo modo, non mediante delle verità di ordine trascendente che entrano nella storia, ma mediante la storia stessa e la sua progressiva evoluzione. La rivelazione è storica e progressiva ed avviene in tutti gli uomini e non solo nella Chiesa.

In questa prospettiva diventa impossibile parlare di un ordine naturale e sociale. Dal punto di vista esistenziale tutto è come mescolato con tutto: le persone, nelle situazioni esistenziali, sono contemporaneamente nella verità e nell’errore, sono maschili e insieme femminili, credenti e contemporaneamente atei, giusti e peccatori. Non possiamo mai sapere se siamo in peccato, non esistono azioni intrinsecamente cattive perché nella complessità dell’esistenza occorre sempre interpretare, sapendo di non finire mai di farlo. L’esistenza è un susseguirsi di situazioni tutte diverse tra loro e la ridda dei fenomeni non permette di conoscere nessuna struttura permanente e solida.

Non ci sono più nemici, nonostante la Evangelium vitae parlasse di «uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene, la morte e la vita, la cultura della morte e la cultura della vita» (n. 28), né battaglie da combattere, né processi legislativi da influenzare con la forza della presenza e della manifestazione. La manifestazione del 20 giugno 2015 organizzata dal Comitato “Difendiamo i nostri figli”, le veglie delle Sentinelle in piedi oppure l’opposizione al gender oggi vengono valutati negativamente, anche da parroci e Vescovi, come qualcosa che contrasta con la vera pastorale della Chiesa che non dovrebbe mai essere di contrapposizione, ma solo di dialogo.

Il congelamento della Evangelium vitae è dovuto al progressivo indebolimento del quadro di pensiero costituito dal plesso delle tre encicliche di San Giovanni Paolo II, dentro il quale si inseriva – come a casa propria – l’enciclica sulla vita. Sono bastati solo dodici anni dalla morte di Giovanni Paolo II (2 aprile 2005) e solo un anno dalla sua canonizzazione (27 aprile 2014), per trascurare questi suoi insegnamenti tanto importanti.

Bisogna però tenere conto di due cose. La prima è che queste teorie erano già presenti all’epoca delle tre encicliche. La seconda è che nella Chiesa molti fedeli pensano tuttora che questa sia la via da seguire. E tra costoro pongo anche me stesso.










La nuova Bussola Quotidiana, 31/10/2015



 

venerdì 30 ottobre 2015

Sinodo: non due fazioni, ma due diverse visioni della fede

          
foto Gitti
 
 
 
 

di Costanza Miriano

Non so chi abbia vinto o perso, e non so neppure se questa terminologia agonistica sia adatta all’uopo, ma quello che ho capito io è che al Sinodo si sono confrontate due visioni del mondo e della fede. Non ci sono arrivata subito, anche perché durante le tre settimane di dibattito nei circoli minori le notizie uscite all’esterno sono state poche (e io non sono una insider). Dopo avere seguito praticamente tutte le conferenze stampa mi sembrava, sì, di avere sentito voci estremamente diverse le une dalle altre, anche qualcosa che non mi tornava tanto a dire il vero (tipo la “misericordia verso il peccato”: io ero rimasta alla distinzione tra peccato e peccatore, ma, si sa, quanto a teologia io sto ferma al catechismo della prima comunione), però, nonostante la grande varietà di posizioni sentite ero certa che alla fine sarebbe arrivata una parola chiara e conclusiva. Quando finalmente è arrivata, questa benedetta relazione finale, mi ero messa tranquilla. Okay, le so tutte. Ho il Catechismo, pure in varie copie, cartonato e non, e tutto mi torna: a leggere i punti chiave mi pareva che non fosse cambiato niente nella dottrina su matrimonio e famiglia, e in più ero col cuore pieno di gioia per certe parole meravigliose sulla sessualità, la tenerezza, la castità, i metodi naturali, l’accoglienza alla vita, l’amore tra gli sposi, e anche per la comprensione della fatica che una famiglia fa a consistere.

Poi mentre ero ancora in Sala Stampa ho cominciato a leggere agenzie e titoli dei principali giornali italiani che ribaltavano completamente la lettura che avevo dato io, coi ben noti titoloni tipo “per un voto vince la comunione ai divorziati risposati”, mentre gli stranieri in contemporanea scrivevano che il Papa che “voleva aprire” era stato sconfitto (ma perché, il Papa tifava per la comunione-libera-tutti?). Come succedeva quando in tv i politici commentavano gli exit poll, all’improvviso sembrava che avessero vinto tutti. E ho cominciato a chiedermi chi avesse ragione, e a sognare che magari la Sala Stampa, che aveva prontamente e fermamente smentito la notizia del tumore del Papa, tirasse le orecchie anche ai titolisti che avevano a loro volta tirato il testo per la giacchetta, per farlo sembrare dalla loro parte.

Adesso, passato qualche giorno, penso che davvero, anche se la dottrina non è cambiata, nel testo ci sia la possibilità di vedere non chiaro qualche punto, per chi voglia trovare un’ambiguità nel testo. È stato un lavoro di sintesi di posizioni lontanissime tra loro, e credo che fosse inevitabile. D’altra parte non è un testo normativo, né dottrinale: è un consulto, in alcuni passaggi chiarissimo, come sull’omosessualità (eppure alcuni, singolarmente, avevano anche espresso posizioni contrarie al catechismo), un consulto di pastori che hanno detto la loro al Papa, adesso si tratta di vedere cosa deciderà lui. Credo che le gerarchie si stiano chiedendo come dialogare con un mondo che, soprattutto sui temi della sessualità e dell’affettività non potrebbe essere più lontano dagli insegnamenti della Chiesa. Il Papa ha scelto la sua parola d’ordine, misericordia. Niente novità nella dottrina, hanno risposto i padri sinodali, ma maggiore comprensione per i divorziati risposati, da valutare caso per caso. E nel modo in cui interpretare quel “da valutare”, mi sembra, possono dispiegarsi le due visioni della fede di cui accennavo all’inizio.

La prima direi che si possa grossolanamente riassumere così: il centro dell’annuncio che Cristo è venuto a portare all’uomo, prima ancora della sua risurrezione con il corpo, è la vita che lui può dare a noi, in Lui. Una vita ontologicamente diversa da quella solo umana, una venuta, quella di Cristo in noi, che ci guarisce della nostra doppiezza, incostanza, fragilità. Cristo è il medico che cura un uomo che sostanzialmente non è capace di bene da solo. Io sono la vite, voi i tralci. Senza di me non potete far nulla. E quindi ogni uomo si trova di fronte alla scelta, se aderire o meno alla vite, se stare attaccato come un tralcio a un Bene assoluto e oggettivo. Secondo questa visione del mondo chi decide di recidere ciò che lo teneva attaccato – come chi vive stabilmente e programmaticamente in modo contrario ai comandamenti – semplicemente è staccato. Non per un giudizio o per la cattiveria dei pastori, ma per la semplice constatazione di un dato di fatto. E se uno decide programmaticamente di rimanere staccato da Cristo, non ieri, che per le cose passate si può chiedere perdono, ma anche oggi e domani e prossimamente (come è per esempio di un divorziato risposato) non ha senso cercare un‘unione intima col corpo di Cristo che si è rotta e si vuol continuare a tenere rotta.

Questo non c’entra niente con un giudizio sul valore della persona, ma è una constatazione della sua scelta. Sappiamo che umanamente l’amore può finire, certo, e se finisce non significa che siamo cattivi. Si può incontrare una donna perfetta, un uomo migliore. E non vuol dire che lo si è cercato, né che si è traditori e cattivi. Quello che sappiamo, e che abbiamo bisogno di sentirci annunciare dalla Chiesa è che il matrimonio cristiano è un’altra cosa, è un’altra qualità di amore, è una roba diversa. È un salto ontologico. Non è essere migliori, è vivere di un’altra vita, la vita del battesimo. È la vita in Cristo, ed è per questo che della gente rimane attaccata al proprio matrimonio nonostante tutto, per amore di Cristo, perché lui per gli sposi sta nel coniuge, ha il viso del marito, della moglie. Negare la comunione non è una forma di punizione o di infantile ripicca, ma semplicemente prendere atto della verità, che è pienezza di giustizia. La verità è che chi divorzia, di fronte a una fatica, a una sofferenza, a un dolore sceglie di vivere la sua vita secondo criteri umani, e spesso ne è più che legittimato dalle vicende umane (un matrimonio difficile o sbagliato, un tradimento…), mentre al contrario a volte chi rimane in un matrimonio lo fa perché sceglie Cristo prima di se stesso.

L’altra visione che fronteggiava questa è quella che in modo molto approssimativo possiamo dire ispirata alla teologia di Rahner, secondo cui la Rivelazione non regala all’uomo un punto di vista assoluto e trascendente fuori delle situazioni in cui vive. La Rivelazione di Dio avviene sempre tramite la nostra esistenza storica, e l‘uomo si avvicina a Dio sperimentandolo nella sua esistenza: Dio si vede solo nel prossimo, e i dogmi della fede cattolica sono storici, non verità eterne da contemplare. Quindi la fede è un camminare in ricerca, e al fine di questa ricerca il dialogo diventa sostanza, mentre i contenuti dottrinali diventano accidenti (di questa illuminante spiegazione sono debitrice al libro edito dalla Bussola Quotidiana: Matrimonio e famiglia, Chiesa al bivio, di Stefano Fontana). Si capisce quindi che il giudizio sulle vicende esistenziali diventa molto più sfumato, e si può introdurre un criterio di gradualità del bene, come mi è parso di leggere nel paragrafo sulle convivenze prematrimoniali. Diventa necessario non giudicare più le condotte, ma sempre accogliere le persone.

Non so dire quale delle due visioni abbia prevalso, non credo lo si potrà dire fino al pronunciamento del Papa. Poiché già oggi avviene nella prassi che i casi vengano valutati uno per uno, il fatto che sia stata sottolineata questa possibilità mi fa propendere per l’idea che la seconda linea almeno su certi temi caldi sia prevalsa.

Io personalmente mi permetto di chiudere solo con una domanda: se la linea che dovesse prevalere fosse quella di accompagnare sempre tutti nell’errore, con la buonissma intenzione di farci sentire amati, non ci sarebbe precluso un altro livello di vita, una vita in Cristo? Non sarebbe come dire a un bambino: no, questo non lo puoi fare, fai un gioco più semplice, un puzzle con meno pezzi, un videogioco di livello più elementare? Non ci sarebbe tolta una bellezza più alta un’appartenenza più totale, una vita diversa che non è più quella dell’uomo vecchio, che vede il bene ma fa il male come dice san Paolo? Non ci sarebbe negato l’annuncio che può salvarci, la vera buona notizia?














http://costanzamiriano.com/2015/10/30





 

Riscaldamento globale? Sono le anime all'inferno

 

 
Lettera a mia nipote Olivia, nata un mese fa, da leggersi tra venti anni per capire il mondo in cui si troverà.


Cara Olivia,

fra 20 anni potresti desiderare di sposarti, ma quello che sarà il sacramento matrimoniale fra 20 anni dipenderà da noi oggi, o meglio, dipenderà dall’assise dei fedeli, via referendum….  Un Sinodo sul matrimonio si è concluso qualche giorno fa e leggendo i giornali si direbbe che hanno trionfato tutti (progressisti e conservatori), proprio come succede dopo le elezioni politiche cui siamo abituati. Anche se, leggendo la lettera al Corriere della Sera (27ottobre) del segretario del Sinodo (card. Baldisseri), si ha l’impressione che chi deciderà saranno gli utenti (il popolo di Dio) che verranno consultati con questionario per evidenziare il sensus fidei. Ciò perché il gregge possiede il proprio “fiuto” per discernere ciò che la Chiesa deve fare in una materia che riguarda loro. E poi la voce dello Spirito Santo risuona anche nella voce dei credenti, naturalmente. A questo punto, per capire quale sacramento ti attende, temo che dovremo attendere l’assemblea giudicante dei fedeli interessati alla materia…

Cara Olivia,

ogni epoca ha sempre avuto le sue miserie, tragedie e grandezze. Ciò è stato fin quando l’uomo ha cercato di dare un senso alla propria vita ed azioni. E ciò è sempre successo perché le autorità morali delle varie religioni volevano e cercavano di spiegare le ragioni del bene e del male. La tua epoca rischia invece di veder scomparire le autorità morali, relativizzate ed omogeneizzate nel mondo globale, con il pretesto di evitare conflitti globali dovuti alla affermazione di dogmi e fondamentalismi, proposti soprattutto in contesti di evangelizzazione. Temo che le autorità morali non saranno più le stesse e questo con pregiudizio sulla conoscenza della Verità e della conquista della fede. Te ne accorgerai fra qualche anno quando farai catechismo.

A chi attribuire la responsabilità di tutto ciò se non alla gnosi che sta vincendo ovunque? In filosofia, essendo riuscita a relativizzare persino ciò che è assoluto. In antropologia, essendo riuscita a far autoridurre l’uomo ad animale più o meno intelligente, ma cancro della natura. In economia, essendo riuscita a far credere che sia la miseria economica a provocare quella morale. In scienza e tecnica, riuscendo a far credere che debbano entrambe avere autonomia morale. Le autorità morali (delle varie religioni) reagiscono differentemente a questa azione di ridimensionamento. In alcuni ambiti e culture reagiscono violentemente. In altri, si lasciano intimidire per timore di esser emarginate e, per non esser considerate fondamentaliste, arrivano persino a giustificare e camuffare abilmente il peccato, l’errore, il disordine.

Olivia,

il mondo in cui diventerai grande confermerà la teoria evoluzionistica, ma al contrario: l’uomo creatura di Dio si sta evolvendo in selvaggio. In questo mondo, in cui diverrai grande, fronteggerai alcuni rischi per superare i quali dovrai essere ben preparata. Il primo rischio starà nel non saper comprendere se la Verità venga prima o dopo la libertà di cercarla, e se nasca o no solo dal dialogo con altre verità. Il secondo rischio starà nel non riuscire a comprendere quale è l’origine dei mali che affliggono l’uomo, se è veramente l’inequità economica o l’iniquità morale. Altro rischio sarà faticare a comprendere la sottile difficoltà a scegliere tra misericordia e giustizia, quando queste sembrano esser in conflitto. Questi, e tanti altri, rischi diventano più gravi quando le autorità morali confondono le acque, rinunciando a ispirare e correggere le idee ed i comportamenti dell’uomo, e adeguandosi invece agli stessi, scusando e includendo, anziché pensare a convertire. Ciò, adeguandosi ai tempi che chiedono dinamicità evolutiva sulla comprensione delle leggi naturali.

Certo la Santa Chiesa, nel tempo, ha saputo, grazie ai Santi, operare cambiamenti per rettificare gli errori (degli uomini): si pensi alle eresie, al protestantesimo, al modernismo. Ma oggi la gnosi riesce persino a negare la verità dove dovrebbe essere e mettere la libertà di coscienza dove non dovrebbe stare. La gnosi oggi riesce a negare alla Chiesa il diritto di evangelizzare (per rispetto delle altre culture), chiedendole invece di lasciare alla coscienza (malformata come mai) decidere cosa sia bene o male. Ciò equivale a chiedere a un cieco di passare un semaforo dove non può veder il rosso e rischiare di farsi investire. Si chiede alla Chiesa di lasciare all’uomo la libertà di stabilire in coscienza cosa è bene per lui, non riflettendo che equivale a metter un topolino davanti a un formaggino messo nella trappola ben camuffata. Si chiede alla Chiesa di lasciare ai pastori decidere la maturità di coscienza dei fedeli per tornare al gregge, quando son gli stessi pastori che li hanno fatti uscire.

Ecco, tutto ciò mi permette di spiegarti, cara Olivia, perché c’è il riscaldamento terrestre globale. C’è grazie al numero esagerato di anime che vanno a bruciare all’inferno, grazie alla confusione sulla dottrina.










La nuova Bussola Quotidiana, 30-10-2015       

 

giovedì 29 ottobre 2015

Il teologo De Meo: “L’ostia consacrata non è una pizzetta”

 
 
 
 
Bruno Volpe
 
I preti usino la talare e non se ne vergognino: l’ ammonimento e il richiamo vengono dal teologo Matteo De Meo. Ne parliamo con lui.
 
 
Don Matteo, perchè oggi la talare sembra in declino o di fatto è sparita?
 
“Dipende dalla mentalità, diciamo rilassata, di questa Chiesa e dei tempi. Penso, al contrario, che il sacerdote debba indossarla senza alcuna vergogna. Questo abito determina una sorta di difesa immunitaria per chi lo indossa contro le tentazioni esterne, sia per coloro che gli si avvicinano, sanno che si trovano davanti ad un prete ed evitano o per lo meno scoraggiano atteggiamenti  sconvenienti”.
 
Che cosa intende con questo?
 
“Oggi sentiamo parlare di atti indecenti e contro la morale compiuti da sacerdoti nella loro umana fragilità. Se si usasse la talare, non dico che tutto questo sparirebbe di incanto, ma almeno il prete avrebbe una sorta di freno psicologico causato dall’ abito esterno e le persone che gli si avvicinano saprebbero bene chi hanno davanti. Andare in giro col maglione, per un sacerdote, è come rinnegare il suo status, mentre la tale è segno di riconoscimento nella società. Perchè dunque vergognarsene?”.
 
Padre, lei ha parlato di atti sconvenienti. Esiste una lobby gay nel Vaticano?
 
“Esiste ed è anche evidente. Del resto, questo lo ha denunciato il Papa nel giugno del 2013. La lobby esiste tra sacerdoti e laici. Quel fumo che Paolo VI aveva denunciato  nel passato, il fumo di Satana, è diventato molto di più. Occorre anche dire che esiste un legame molto stretto tra massoneria e lobby gay, entrambe le cose sono lobby di potere e di condizionamento che lottano contro la chiesa, tramano. Se lei osserva blog in proposito, questo nesso è chiaro. Benedetto XVI iniziò questo processo di pulizia nella chiesa e ha trovato grandi ostilità e resistenze”.
 
Che pensa della storia del teologo gay polacco?
 
“Una brutta pagina, mi creda. Penso, tuttavia, che sia una sorta di inizio e che altri potrebbero accodarsi in una sorta di emulazione. Il modernismo, meglio la ricerca della modernità e correnti progressiste,  nella chiesa hanno favorito questa rilassatezza”.
 
Al Sinodo i padri hanno pianto per la storia della particola spezzata dal bambino e data ai genitori divorziati..
 
“Un gesto sacrilego e di profanazione, la particola è spezzabile solo dal prete. L’ ostia non è una pizzetta. Certo, se la comunione si da sulle mani questo accade. Bisognerebbe  amnistrarla nella bocca o  stando in ginocchio. Io la nego quando la chiedono sulle mani”.
 
Darebbe oggi la comunione a Berusconi o Vendola?
 
“No, affatto. E non per cattiveria. Loro hanno scelto di vivere contrariamente alla legge di Dio e dunque che senso ha accostarsi alla comunione? Darla loro conferisce maggior scandalo che il negarla”.
 
 
 
 
 
 
http://www.lafedequotidiana.it   24 ottobre 2015                                              
 
 
 
 
 

L’impeccabile intervista di Deodato che spiega come si può essere giudici e cattolici



 


ottobre 28, 2015 Redazione


Attaccato per le sue opinioni personali, l’estensore della sentenza sulle trascrizioni delle nozze gay risponde difendendosi dalle accuse.
 
Oggi sui maggiori quotidiani italiani si parla della sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciate le trascrizioni delle nozze omosessuali contratte all’estero. Come vi abbiamo raccontato ieri, subito è esplosa l’assurda polemica intorno alle convinzioni personali dell’estensore della sentenza, il giudice Carlo Deodato. L’accusa è di essere cattolico e di aver condiviso sul proprio profilo twitter alcuni articoli, tra cui tempi.it, la Nuova Bussola quotidiana, il Foglio (a guardar bene ve ne sono anche dell’Huffington Post e de Linkiesta, ma – chissà come mai – loro non fanno parte della “lobby antigender”).
Intervistato oggi da Repubblica, Deodato risponde alle domande della giornalista Liana Milella perché sebbene, da buon giudice, vorrebbe lasciare la parola al testo scritto, tuttavia ha deciso di esporsi per «chiarire il ruolo e la funzione del giudice», augurandosi che «questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale».

DECISIONE CORRETTA. Dopo la diffusione della notizia e le polemiche, quella di ieri è stata per Deodato una giornata difficile. «Non posso nascondere – spiega – una certa amarezza per i violenti attacchi personali che mi sono stati rivolti. Ma resto comunque sereno perché ritengo di aver fatto il mio dovere». Il giudice difende quanto scritto: «Ritengo che la decisione assunta sia tecnicamente e giuridicamente corretta, senza alcun inquinamento ideologico. Le accuse che mi sono state indirizzate sono tutte riferite a un mio presunto pregiudizio ideologico, ma non al merito della decisione, che invito tutti a leggere con animo sereno e distaccato». Il Consiglio di Stato, prosegue, non ha fatto altro che «confermare quanto aveva già stabilito il Tar del Lazio, nei confronti del quale non mi ricordo che siano state formulate le medesime critiche…».

RISPETTARE LA LEGGE. Già, il problema di Deodato, però, è che è «cattolico». La risposta all’accusa è cristallina: «Le opinioni personali e la formazione culturale che appartengono a ogni giudice, e che possono essere espresse in diverse forme, non incidono in alcun modo sull’esercizio della funzione giurisdizionale. Un buon giudice è quello che applica la legge assumendo decisioni coerenti con essa, senza farsi in alcun modo condizionare dai propri convincimenti di ordine politico, morale, o religioso».
Per questo, è la risposta ovvia di Deodato, il suo compito è limitato a «identificare la norma di legge che disciplina la fattispecie in questione e provvedere alla sua rigorosa applicazione. Con questo modus procedendi non esiste il rischio che le convinzioni personali possano inquinare la correttezza del giudizio. Aggiungo che le decisioni del Consiglio di Stato sono assunte da un collegio di 5 magistrati, in modo da limitare al massimo il rischio che eventuali condizionamenti personali possano inficiare la correttezza della decisione».

«LA RISCRIVEREI». I giornali fanno notare che anche il presidente del collegio, Giuseppe Romeo, è dell’Opus Dei. Ma, anche su questo, la risposta di Deodato è ferma: «Premesso che al di fuori del presidente ignoro le convinzioni religiose degli altri componenti del collegio, ritengo che la decisione assunta fosse l’unica possibile in quanto l’unica rispettosa dell’ordinamento giuridico in vigore in Italia».
Quindi, riscriverebbe così la sentenza? «Mi sta chiedendo se sono disposto a cambiare idea per il solo fatto che la sentenza non è piaciuta ad alcune persone? Allora sì che non sarei un buon giudice. La riscriverei esattamente così. Mi resta però una profonda amarezza per gli attacchi personali molto violenti che non penso di meritare, ma mi auguro che questa conversazione contribuisca a rasserenare il clima generale e soprattutto a chiarire che la soluzione alla questione della disciplina delle unioni omosessuali non deve essere chiesta al giudice, ma alla politica».





Tempi.it 28 ottobre 2015



Al Sinodo non si è parlato di gay e affini perché il cardinal Robert Sarah ha detto «No!»

 
Al Sinodo non si è parlato di gay e affini perché il cardinal Robert Sarah ha detto «No!»
 
 
 
 
Mons. Johann Bonny, vescovo di Anversa, è un noto promotore del riconoscimento dei “semi del Verbo” anche nelle coppie LGBT, ma dice che il vero motivo per cui in questo Sinodo non si è parlato di omosessualità è lo stop gridato forte e chiaro dal card. Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino. Il quale alla stampa ha senza mezzi termini fatto sapere di considerare l’“ideologia del gender” al pari del nazismo e dell’ultrafondamentalismo jihadista dell’ISIS.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

mercoledì 28 ottobre 2015

Il vescovo Schneider mette in guardia contro lo ‘spirito di Satana’ nel Sinodo sulla Famiglia






FRONT ROYAL, Virginia, 21 ottobre 2015 (LifeSiteNews) – Durante un viaggio in Virginia la scorsa settimana, il Vescovo del Kazakistan Athanasius Schneider ha parlato con LifeSiteNews del Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia, che sta per concludersi a Roma questa settimana.
Il vescovo, che si è guadagnato una fama internazionale per la sua difesa della dottrina e della tradizione cattoliche, avverte che il Sinodo sembra prendere ispirazione dall’“agenda anti-famiglia” e si spinge ad affermare che quanti auspicano dei cambiamenti seguono lo “spirito” e il “linguaggio” di Satana.

I metodi del Sinodo

LifeSiteNews: Si sta svolgendo a Roma in questi giorni il Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia. Quali sono le Sue osservazioni e le Sue impressioni sui dibattiti del Sinodo fino a questo momento? E su quanto non è stato detto?

Vescovo Schneider: Non sto partecipando al Sinodo e quindi posso parlare solo di quanto leggo nei mass media e sui blog cattolici: a partire dai dati che ho raccolto da queste fonti di informazione, la mia impressione è la stessa dello scorso anno. Sfortunatamente, il Sinodo si concentra solamente su due temi principali, vale a dire, l’ammissione dei divorziati e dei risposati alla Santa Comunione e una sorta di riconoscimento dello stile di vita omosessuale. Questi due argomenti fanno parte della tipica agenda dell’ideologia mondiale anti-cristiana.


È molto triste che il Sinodo si sia lasciato in qualche modo condizionare fino al punto di perdersi in cavilli su queste false libertà. La sottomissione a questa tipica filosofia anti-cristiana che promuove l’ideologia omosessuale e distrugge la famiglia per mezzo del divorzio è una schiavitù. Sembra che siano questi i due punti intorno a cui vertono le discussioni e le battaglie sinodali; possiamo leggere molte cose a proposito di esse nei contributi dei padri sinodali e anche nelle ultime  relazioni pubblicate.

Ciò è estremamente negativo, perché quel che si suppone essere un sinodo sulla famiglia lascia l’impressione di essere diventato un sinodo per la promozione dell’agenda anti-famiglia. E poi, dato che non è stato pubblicato nulla in proposito, la maggioranza dei padri sinodali – come si può vedere anche nell’Instrumentum Laboris – non ha parlato, o almeno non ne ha parlato sufficientemente, dell’importantissima virtù della castità. La castità è una virtù biblica, cristiana ed apostolica che è necessaria in ogni epoca, ma ancor più nella nostra, in cui l’anti-castità è diventata una sorta di “valore” imperante, anche se si tratta di un “disvalore”.


La mancanza di castità è diventata un’ideologia per il mondo moderno, uno stile di vita che si vuole persino diffondere largamente. Possiamo quindi affermare che alcuni dei membri del Sinodo e di quelli che hanno posizioni chiave nelle sue strutture amministrative si sono chinati o addirittura prostrati a queste pressioni anti-cristiane. Tale sottomissione è veramente una vergogna. Come possono i membri di un Sinodo ufficiale che rappresentano i successori degli apostoli prendere questa posizione e dimenticare di promuovere la castità, una virtù così essenziale da coltivare, quando parlano per esempio della famiglia e del matrimonio? Inoltre, la nostra intenzione dovrebbe essere quella di promuovere famiglie numerose e di mostrare ancora una volta l’immoralità e i pericoli della contraccezione. A mio modo di vedere sono questi due punti quelli che, biasimevolmente, non sono trattati in maniera sufficientemente chiara al Sinodo.

LSN: Tredici cardinali hanno scritto una lettera a Papa Francesco in cui criticano la mancanza di una trasparenza credibile e continua e il fatto che la Commissione per la Relazione Finale non sia stata eletta dagli stessi padri sinodali. Fino a che punto Lei è d’accordo con le loro obiezioni?

Schn.: Ho letto la lettera pubblicata dai media e sono totalmente d’accordo con le loro dichiarazioni. Quanto hanno affermato, per quanto ne so, ha realmente un fondamento, una base.


LSN: Molti giornalisti hanno espresso in questi giorni la loro indignazione per la mancanza di informazioni affidabili sulle discussioni in córso del Sinodo. Anche Lei ha qualche osservazione da fare sul modo in cui questo Sinodo è stato organizzato e su come vengono trasmesse al pubblico le sue discussioni?

Schn.: Come ho già detto, non mi trovo a Roma e non sto partecipando al Sinodo né sono in contatto con l’ambiente che lo circonda e pertanto non posso parlare in modo concludente. Posso solo esprimermi su quel che osservo e in base alle informazioni che raccolgo sui mass media.

Come afferma la lettera dei cardinali, si ha davvero l’impressione che le discussioni siano dirette da un’équipe specifica per raggiungere dei risultati prestabiliti, vale a dire per ammettere i divorziati e i risposati alla Santa Comunione e la permissività dello stile di vita omosessuale. Dobbiamo chiamare le cose col loro vero nome. Per poter raggiungere questo fine, le informazioni vengono filtrate da una sorta di censura nell’ufficio stampa del Vaticano – lo possiamo osservare tutti i giorni –, e quando si alzano voci critiche sui contenuti o sulle procedure, c’è il rischio che vengano messe a tacere.

Ci sono anche giornalisti che vengono screditati. Questa tattica sta diventando sempre più evidente, e la manipolazione e le tattiche di quanti detengono posizioni chiave al Sinodo diventeranno probabilmente sempre più evidenti, in futuro, quando i ricercatori avranno accesso agli archivi.

LSN: Ha mai ricevuto informazioni, da parte di qualche padre sinodale, su come sta procedento il Sinodo e sugli argomenti che vi sono stati – o non vi sono stati – affrontati fino ad oggi? Il Sinodo si accinge a preservare l’insegnamento morale tradizionale della Chiesa?

Schn.: Non ho ricevuto alcuna informazione da parte di alcun padre sinodale. Si ha l’impressione che alcuni membri influenti del Sinodo stiano assumendo la posizione di non preservare l’insegnamento morale della Chiesa nei due contesti di cui abbiamo appena parlato: la Comunione Eucaristica per i divorziati e risposati e l’approvazione dello stile di vita omosessuale. Speriamo che lo Spirito Santo ci aiuti e che i padri sinodali, nel documento finale, respingano o ripudino questi elementi non cristiani.

LSN: Lei ha criticato l’Instrumentum Laboris (bozza di lavoro) pubblicata prima del Sinodo. Ci può dire qual è la Sua critica principale a questo testo?

Schn.: Certo. La mia critica principale è che questo testo presenta caratteristiche fondamentali improntate a una sorta di relativismo, insinuando che la verità non sia sempre valida e che possa presuntamente cambiare dietro circostanze storiche diverse o in evoluzione. Questo è il contenuto ideologico soggiacente all’intero documento, che si rivela, per esempio, in passaggi contraddittori come i seguenti: in un paragrafo viene sancita l’indissolubilità del matrimonio cristiano, e in un passo successivo si accenna alla possibilità per le coppie divorziate di essere ammesse ai sacramenti. È una contraddizione continua. Oppure le cose vengono fatte scivolare lì con un linguaggio velato, sofisticato e pieno di sofismi, come nel caso dell’introduzione dello stile di vita omosessuale.

Per esempio, quando si parla di famiglie qualcuno dei cui membri ha tendenze omosessuali, è perfettamente chiaro cosa si vuole implicare e ancor più cosa si vuole ottenere. Vengono così introdotti, con espressioni ambigue, il riconoscimento e l’accettazione di questo stile di vita peccaminoso. Questo, secondo me, è il problema base di questo documento: si tratta veramente di un tipo di relativismo dottrinale e morale. E il relativismo viene manifestato concretamente in questi due temi specifici.


LSN: Ritiene probabile che i difetti di quella bozza di lavoro possano essere riconosciuti e corretti dal Sinodo in córso?

Schn.: Spero di sì, ma non lo posso sapere, dato che non vi partecipo. Tuttavia ho serie preoccupazioni e dubbi riguardo a quanto stiamo osservando e ai metodi di manipolazione e censura di quanti hanno il potere amministrativo nella gestione del Sinodo e nel suo ufficio stampa, i quali si rivelano dei propagatori di questi due temi (la comunione sacramentale per i divorziati e risposati e l’approvazione degli atti omosessuali), come abbiamo detto. Mi rimangono quindi dei dubbi sulla possibilità che il Sinodo in corso possa correggere questi difetti. Persino gli argomenti presentati nella lettera dei tredici cardinali che hanno sottolineato i temi controversi e le carenze dottrinali dell’Instrumentum Laboris sono stati respinti dal Segretario Generale del Sinodo nell’aula sinodale, il giorno successivo.

Se quelle espressioni di preoccupazione sono state immediatamente respinte, umanamente parlando è assai improbabile che il documento finale corregga questi gravi difetti senza ambiguità.

I contenuti del Sinodo

LSN: Per quanto sappiamo poco delle discussioni nell’aula sinodale, alcuni punti sono stati rivelati al pubblico. L’arcivescovo canadese Paul-André Durocher ha espresso l’opinione che si dovrebbe fare di più per le donne, e possibilmente persino ordinare donne diacono, conferire alle donne posizioni più alte e renderle partecipi alla presa di decisioni all’interno delle strutture ecclesiastiche. Cosa commenta in proposito?

Schn.: Ciò è totalmente sbagliato e non ha nulla a che vedere col tema della famiglia. Fa parte dell’agenda tipica per la distruzione della dottrina e dell’identità cattoliche, che prende elementi dall’agenda che è già stata utilizzata in precedenza nelle chiese protestanti. Quanti promuovono questi cambiamenti non si limiteranno certamente al diaconato femminile. Essi vogliono arrivare più in là: si tratta di un abuso nei confronti del Sinodo il voler introdurre posizioni eretiche all’interno della Chiesa e distruggere la tradizione apostolica.

L’ordinazione sacerdotale nella Chiesa è un ruolo che appartiene agli uomini, non alle donne. Questi cambiamenti danneggerebbero le donne. L’ordine sacerdotale non è un potere, è un ministero. Gli uffici sacerdotali non sono poteri. Sfortunatamente, si verificano vari casi in cui membri del clero vivono e si comportano in maniera assai mondana, abusando del loro potere spirituale, ma questo non è il vero significato del sacerdozio e del diaconato cattolico e dei loro uffici sacramentali all’interno della Chiesa. Questa nuova proposta nasce da un punto di vista completamente erroneo. E poi, si tratta di una visione equivocata della natura e della missione delle donne nella famiglia e nella Chiesa in conformità coi piani di Dio.

Sembra che l’Arcivescovo Paul-André Durocher sia solo un portavoce di quanti vogliono dare alle donne una missione e un compito che esse non hanno ricevuto da Dio, che è contro il disegno di Dio e che pertanto pregiudicherebbe le loro vite di donne cristiane. Una vera donna cristiana non desidererebbe mai detenere poteri decisionali all’interno della Chiesa. In realtà, la donna ha già uno dei più alti poteri decisionali in quanto madre.

C’è un proverbio che dice: “La mano che muove la culla governa il mondo”. Questo è il vero obiettivo: quello di educare i figli; dalla culla – e ancor più, sin dal grembo materno – fino a quando un figlio diventa adulto, la donna ha un potere decisionale altissimo e gravido di responsabilità, quello di educare una nuova persona per Dio, per la società, per il cielo, per la vita eterna. Che gran potere decisionale è questo!

LSN: L’Abate Jeremias Schröder ha affermato pubblicamente in una delle conferenze stampa del sinodo che la maggioranza dei padri sinodali appoggia l’idea di permettere alle differenti religioni (e alle conferenze episcopali nazionali) di definire il loro modo di gestire temi controversiali come l’omosessualità e il divorzio. Qual è il suo commento a questa proposta, che è stata promossa in maniera molto forte dalla Conferenza Episcopale Tedesca, specialmente riguardo alla salvaguardia della dottrina e della morale della Chiesa?


Schn.: Questa proposta non è cattolica; essa distrugge il cattolicesimo, perché “cattolico” significa avere lo stesso credo su temi essenziali. E accettare l’omosessualità e il divorzio non è un aspetto secondario. Sugli aspetti secondari ogni Chiesa locale può differire da un’altra: per esempio sul modo di cantare, di vestire, sulla lingua. Abbiamo diverse pratiche devozionali in diversi paesi, ma nello stesso spirito e ricchezza di valori cattolici. La differenza è legittima, ma solo per quanto riguarda ciò che non è contro la verità cattolica. Tali differenze sono veramente complementari.

Per mezzo di queste nuove astute proposte pluraliste, ovviamente, si distruggerà il significato e la cattolicità della Chiesa. Anche questo fa parte dell’agenda dell’ideologia mondiale anti-cristiana: distruggere la Chiesa cattolica dall’interno e farla diventare un conglomerato protestantizzante di diverse chiese regionali e confessionali. Ciò andrà direttamente contro quanto confessiamo ogni domenica nel Credo: “Credo nella Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica”. Sembra plausibile che questo sia uno stratagemma per mettere pressione e raggiungere l’obiettivo dell’accettazione del divorzio e dell’omosessualità, permettendo alle autorità ecclesiastiche locali di decidere in merito. E così, poco a poco, in questo modo, questi elementi distruttivi verranno introdotti.


LSN: A proposito dei vescovi tedeschi, mi consenta di citare l’Arcivescovo Heiner Koch e la seconda relazione del gruppo di lingua tedesca al Sinodo da lui presentato. Egli ha affermato: “Abbiamo anche considerato quali siano le conseguenze di tale rapporto [quello tra la giustizia e la misericordia di Dio] sull’accompagnamento dei matrimoni e delle famiglie. Esso esclude un’ermeneutica parziale e deduttiva che sottometta situazioni concrete a un principio generale”. E ha sostenuto l’opportunità di prendere maggiormente in considerazione la storia personale delle persone piuttosto che insistere sulla legge morale. Cosa può significare concretamente tutto questo? Questo tipo di approccio applicato alla questione di quelle persone che hanno relazioni extramatrimoniali o adultere è accettabile per la Chiesa?

Schn.: Si tratta di belle parole speciose e prive di contenuto. Belle solo superficialmente, vuote e vaghe. I discorsi deliberatamente ambigui sui temi della teologia e della fede ricordano il discorso del serpente ad Adamo ed Eva, molto educato, estremamente astuto, ma privo di contenuti e pieno di bugie.

La cosiddetta “teologia della vita personale” è un’espressione che non ha alcun contenuto teologico, ed è solo un congiunto di parole che somiglia al linguaggio gnostico, poiché distrugge la realtà per mezzo di termini affascinanti e verosimili. Distrugge le verità. Quando si legge ciò che l’Arcivescovo Koch e altri membri del gruppo di lingua tedesca hanno sostenuto – il basarsi sulle biografie personali e non sulla legge morale – si viene forzati a riscrivere le parole di Nostro Signore Gesù Cristo a Zaccheo in questo modo: “D’accordo, bisogna rispettare la sua storia personale e non insistere sul principio secondo cui si debba convertire”. Ma fu lo stesso Zaccheo che disse: “Signore mio, mi pento. Non continuerò a peccare. Cambierò la mia vita. Restituirò il doppio di quel che ho rubato”.

O prendiamo il caso dell’adultera. Nostro Signore avrebbe potuto dirle: “Va bene, hai la tua storia personale; non insisterò con la legge morale, va’ in pace”. No, Egli ha insistito con la legge morale e ha detto: “Va’ e non peccare più”. Nostro Signore ha insistito con la legge morale in modo ancóra più radicale quando ha detto: “Se la tua mano ti tenta, tagliala”. Questo è radicalismo e non ha nulla a che vedere con la biografia personale, che alla resa dei conti è un concetto anti-cristiano. È un modo di approvare il peccato, è contro la volontà di Dio, è un farsi beffe di essa e dei Dieci Comandamenti.

LSN: Il Vescovo Franz-Josef Bode, anch’egli tedesco, ha proposto di non dire alle coppie di conviventi che si trovano in situazione di peccato, dato che questo non aiuterebbe ad avvicinarle al sacramento del matrimonio. Ha anche affermato che bisognerebbe osservare le relazioni prematrimoniali sotto una luce più positiva. Cosa risponde a questa proposta?

Schn.: Ciò è ovviamente non cristiano ed è sbagliato. Si tratta di un altro modo di approvare il peccato. Parlare ed agire in tal modo è una mancanza di misericordia nei confronti di quanti vivono in peccato mortale e offendono quindi Dio in modo molto grave rompendo la loro relazione con Lui e mettendo in pericolo la loro salvezza eterna.

Quando vedo una persona che si avvicina a un precipizio o a un pericolo, la metto in guardia. È un atto di misericordia nei confronti del mio prossimo. Non posso dire: “Non ti disturbo”. A maggior ragione alle persone che vivono in maniera contraria alla volontà di Dio! Queste persone potrebbero morire domani, o tra un’ora, e io le avrei lasciate in quella situazione. Posso quindi dire: “Va bene, vi lascio in questo pericolo”? Non sarebbe crudele? Lo sarebbe, e sarebbe anche estremamente irresponsabile.

Non so se il Vescovo Bode creda realmente nel fatto che avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio sia un peccato, che la convivenza sia un peccato. Crede nell’esistenza del peccato, dei peccati mortali e parla in questo modo? Ci crede all’inferno, alla dannazione eterna? Bisogna supporre che una persona che parla in questo modo non creda realmente nel peccato mortale e nella dannazione eterna dei peccatori che muoiono senza pentirsi. Bisognerebbe chiedersi se per caso non crede nemmeno nella validità permanente delle parole rivelate da Dio: “Non commetterai adulterio” e “Quanti commettono adulterio non erediteranno il regno di Dio”. Si tratta di parole rivelate da Dio.


LSN: Padre Thomas Rosica, il portavoce del Vaticano per il Sinodo, ha affermato pubblicamente riguardo all’omosessualità, in una conferenza stampa: “Bisogna farla finita col linguaggio esclusivista e bisogna insistere con enfasi sull’accettare la realtà così com’è. Non dobbiamo farci spaventare da situazioni nuove e complesse. […] Il nostro deve essere il linguaggio dell’inclusione e deve prendere sempre in considerazione le varie possibilità pastorali e canoniche”. Fino a che punto Lei è d’accordo o in disaccordo con questa dichiarazione in relazione al linguaggio utilizzato a proposito dei comportamenti peccaminosi?

Schn.: Sì, si tratta più o meno della stessa materia e dello stesso contenuto dell’affermazione anteriore; entrambe hanno la stessa caratteristica comune relativista che non prende sul serio le verità delle parole rivelate da Dio, Che ci parla chiaramente.

In realtà, il linguaggio di Gesù è a volte fortemente esclusivista: “Getta via la tua mano, il tuo occhio”, riferendosi al peccato. Certo che è un linguaggio esclusivista. Quando tuo fratello commette un peccato e te ne accorgi, devi prima redarguirlo in privato; se non ti dà ascolto, devi ammonirlo di fronte a dei testimoni; se non dà ascolto nemmeno ai testimoni, lo si deve ammonire di fronte all’intera Chiesa; e se non dà ascolto nemmeno alla Chiesa, bisogna considerarlo un pagano. Sono le parole di Gesù! Ed è Gesù che noi seguiamo.

Tutti gli ecclesiastici che si scagliano contro l’immutabile verità della dottrina della Chiesa perché possiede un linguaggio esclusivista, dovrebbero rivolgersi a Gesù Cristo stesso. Pregando, rimproverino Gesù e Gli dicano: “Gesù, hai un linguaggio esclusivista”. Uomini del genere hanno l’arroganza di correggere Dio e di farGli da maestri. Questo è lo spirito del mondo e un peccato grave contro la fede. È pericoloso per la salvezza delle anime di tali vescovi e sacerdoti, che hanno la sfrontatezza di correggere le affermazioni di Gesù e di arrivare a dire che nei vangeli Egli non si sia espresso correttamente. Questa presunzione insolente, in fin dei conti, è diabolica. Il diavolo dice: “Dio non parla in modo giusto, perché è esclusivista!”. Ma i Suoi comandamenti, in verità, sono in definitiva comandamenti esclusivisti: “Se non obbedite alle mie parole – ‘non mangiate di questo frutto’ – perirete”. Perire è esclusivista, non c’è che dire.

Il serpente ha detto: “Ma no, non è vero, Dio non ha mai detto questo. Voi non morirete. Voi sarete come Dio”. Quindi, questi vescovi e sacerdoti hanno effettivamente voluto – forse solo inconsciamente, chissà – essere come Dio. Sentenziano con tracotanza su ciò che vero e su ciò che è esclusivista o meno. E diventano peggiori della spesso diffamata Inquisizione.

In realtà l’Inquisizione – come è stato finalmente riconosciuto dai ricercatori internazionali – possedeva uno dei metodi più elaborati ed equi per proteggere la persona accusata, per dargli la possibilità di usufruire dei giusti mezzi per difendersi, e per seguire quindi scrupolosamente le regole. Si ha l’impressione che alcuni di coloro che hanno dei ruoli di comando nelle strutture sinodali non stiano osservando le regole e le procedure sagge ed equilibrate dell’Inquisizione storica.

LSN: In generale, qual è la Sua posizione sul linguaggio moderno come strumento di mediazione tra significato e sostanza, per quanto riguarda per esempio parole come “accompagnamento”, “esclusione”, “positivo contro negativo”, “gradualismo” e così via?

Schn.: Di nuovo, si tratta di utilizzare un linguaggio privo di contenuti per architettare ed esprimere un cumulo di lettere dal suono accattivante ma privo di solida sostanza. È una perversione del linguaggio finalizzata al raggiungimento di uno scopo che è contrario alla Parola di Dio. È il tipico gnosticismo.

Vengono utilizzate parole come “accompagnamento”. Ma si accompagna qualcuno per farlo rimanere nel suo peccato, nel pericolo di perire eternamente? Questo è il contrario dell’accompagnamento. E il “gradualismo” è contrario alle verità rivelate da Dio, perché Dio ha radicalmente e decisamente affermato nei Suoi Comandamenti: “Non mentire!”. Non ha detto: “Ah, sì, puoi mentire un po’”. Egli ha detto: “Non rubare”. Non ha detto: “No, puoi rubare un po’, gradualmente”. Allo stesso modo non si deve commettere adulterio, né atti impuri, nemmeno un po’, perché ciò è contrario alle parole e alle verità di Dio.

Ciò è persino dannoso per la psiche di una persona, perché se si dice a un bugiardo: “Mah, puoi mentire ancóra un po’”, non cambierà e non migliorerà mai veramente, perché non si renderà conto di essere in pericolo. Dirà sempre: “Oggi la mia bugia non è stata così grande, così cattiva”, e così non lo si aiuterà per nulla. Pertanto, anche dal punto di vista della psicologia umana il “gradualismo” è dannoso.  Dobbiamo quindi parlare in questo modo: “Non devi mai mentire, né rubare, né commettere atti impuri, né calunniare, mai!”. In questo modo il peccatore saprà che si tratta di un pericolo e avrà una meta da raggiungere. Può darsi che non ci riesca immediatamente – questa è un’altra questione –, ma avrà la ferma volontà di cambiare completamente atteggiamento.

Ovviamente dobbiamo dire queste cose in modo caritatevole, come una madre o un padre che parla a un figlio. Un padre e una madre responsabile non diranno mai “non fa niente” quando, per esempio, i loro figli marinano la scuola. Perché ingannare è disonesto e quando i genitori scoprono una cosa del genere, sarebbe irresponsabile da parte del padre o della madre dire: “va bene, puoi abbandonare gradualmente questo genere di condotta”. No, un figlio non deve mai ingannare, e non sareste persone morali se non glielo insegnaste. Dovete educare i vostri figli. Ma poi, se vostro figlio vi dice: “Ho cercato di migliorare con tutti i miei sforzi ma ci sono caduto ancóra una volta”, allora dovete dire: “D’accordo, ma per favore continua a sforzarti”. Questa è la vera pedagogia di Dio e della Chiesa.

Ogni volta che un peccatore accede alla Confessione con sincero pentimento e confessa con onestà i suoi peccati, il sacerdote deve dargli l’assoluzione, se egli ha realmente e sinceramente utilizzato tutti i mezzi a sua disposizione. Quando si tratta solamente di un caso di umana fragilità, non abbiamo l’autorità di negare l’assoluzione. Questo è l’autentico gradualismo. Ma gli innovatori mettono in pratica un gradualismo cattivo. Essi affermano: “Per adesso puoi vivere nel peccato, e domani, o chissà fra un anno, quando vuoi, puoi cominciare a commettere meno peccati”. Quest’orientamento è completamente irrealista e irresponsabile. Per non parlare poi del fatto che è anche contrario alla verità. Ho appena offerto un esempio utile e un paragone psicologico addizionale.

Io sono cresciuto sotto il comunismo, ho frequentato per cinque anni le scuole comuniste, e ricordo molto bene e dettagliatamente questo tipo di linguaggio seduttore; venivano usati termini e concetti nello stesso modo pervertito quando, per esempio, si parlava di “pace”. Dicevano: “Sì, noi promuoviamo la pace”, ma noi sapevamo che ai tempi del comunismo quest’ultimo non promuoveva la pace ma esportava armi a Cuba, in Angola, e così via. E quella sarebbe stata “la pace”? È un atteggiamento cinico che perverte il vero significato delle parole.

Per esempio, ricordo che quando ero bambino e frequentavo le scuole comuniste, ci facevano imparare una canzone comunista piuttosto famosa a quei tempi, che suonava più o meno così: “la mia nazione è una bella nazione con alberi e foreste, e non conosco nessun’altra nazione in cui la gente possa respirare così liberamente”. Liberamente! Dovevo cantarlo una volta dietro l’altra. “Una nazione dove si può respirare così liberamente”, e in realtà era piena di prigioni e campi di concentramento. È triste che oggi il gruppo di vescovi innovatori del Sinodo stia utilizzando un linguaggio pervertito per promuovere un’agenda anti-cristiana.

LSN: Il Suo superiore, l’Arcivescovo Tomash Peta, di Astana, Kazakistan, ha affermato recentemente, durante il Sinodo, che al Sinodo del 2014 “il ‘fumo di Satana’ stava cercando di entrare nell’aula Paolo VI”. Ha menzionato come esempi concreti di quanto ha asserito i tentativi di permettere ai divorziati “risposati” di ricevere la Santa Comunione; l’affermazione secondo la quale la coabitazione sarebbe “un’unione che può contenere in sé degli elementi positivi”; e infine gli “sforzi per riconoscere l’omosessualità come qualcosa che è presumibilmente normale”. Egli ha concluso la sua dichiarazione esprimendo il suo rammarico per il fatto che il “fumo di Satana” si trovi anche “negli interventi di alcuni padri sinodali quest’anno [2015]”. Potrebbe commentare questa dichiarazione e dirci qualcosa di più sulla Sua posizione?

Schn.: Ritengo che questa sia una delle dichiarazioni più impressionanti, ma anche più adeguate sull’argomento. Egli ha utilizzato parole che nessun altro si è azzardato a pronunciare, mettendo il dito nella piaga. È tipico dello spirito di Satana pervertire i Comandamenti di Dio, utilizzando un linguaggio particolarmente accattivante e seducente. E questo è proprio il linguaggio di Satana, che odora a fumo di Satana. L’Arcivescovo Thomas Peta lo ha affermato sinceramente e dobbiamo sperare che alcuni dei padri sinodali si sveglino.

Quando Gesù parlava, era spesso molto esclusivista nel Suo linguaggio. Per esempio, quando Pietro Gli disse: “Non devi soffrire sulla Croce”, Gesù rispose: “Vade retro, Satana”. Si tratta di un linguaggio estremamente esclusivista. I padri sinodali dovrebbero prendere posizione e parlare nello stesso modo quando vedono presentarsi le proposte di accettazione dell’omosessualità e del divorzio: “Satana, allontanati da qui, da quest’aula sinodale, e dalla Santa Città Eterna di Roma”. Alcuni dicono che sarebbe opportuno pronunciare un esorcismo durante le sessioni sinodali.


LSN: Il Cardinal Robert Sarah ha utilizzato parole altrettanto dure nel suo intervento al Sinodo di quest’anno sulla situazione attuale, affermando che vi sono “due minacce inaspettate (quasi come due ‘bestie apocalittiche’) che si situano su due poli opposti: da una parte, l’idolatria della libertà occidentale; dall’altra, il fondamentalismo islamico: il secolarismo ateo contro il fanatismo religioso”. Egli ha anche dichiarato: “Le ideologie occidentali sull’omosessualità e l’aborto e il fanatismo islamico rappresentano oggi quel che per il ventesimo secolo rappresentavano il nazifascismo e il comunismo”. Si sente d’accordo con lui? Come formulerebbe il Suo pensiero su questa tesi?

Schn.: Sono completamente d’accordo con questa dichiarazione, è un’osservazione molto saggia e appropriata. Perché questo è ciò che ci aspetta, quel che abbiamo di fronte: una dittatura dell’ideologia omosessuale. È una nuova dittatura. E già assistiamo a episodi in cui ufficiali dell’esercito degli Stati Uniti sono condannati alle carceri quando si rifiutano di accettare certificati di matrimonio di coppie omosessuali. Kim Davis è un esempio di ciò. Sta già cominciando una dittatura e non sappiamo ancóra in che direzione si moverà: dobbiamo quindi rimanere estremamente vigilanti. È una dimostrazione di pensiero unilaterale, tipico di ogni dittatura in cui non è ammesso pensare in modo diverso.

L’analisi del Cardinal Sarah è molto realistica e sono d’accordo con essa. Dobbiamo essere vigilanti e preparati ad essere perseguitati in vari modi, chissà senza escludere la possibilità di diventare martiri e confessori della fede. Tutte le epoche di persecuzione, compresa la nostra, sono sempre tempi di grandi benedizioni per la Chiesa e per una sua grande purificazione. Quei cardinali e sacerdoti che occupano oggi orgogliosamente posizioni di potere ecclesiastico promovendo “valori” così anti-cristiani come l’omosessualità, saranno probabilmente i primi a rinnegare Cristo. Lo rinnegheranno, non moriranno per Lui, men che meno per testimoniare che Lui è Dio.


LSN: Stamattina, durante la Sua omelia qui nella parrocchia di San Giovanni Battista a Front Royal, [qui] in Virginia, Lei ha detto che ci troviamo oggi a dover affrontare una dittatura mondiale globale neo-marxista e neo-comunista. Ci può spiegare cosa voleva dire con queste parole? Includeva in questa ideologia anche le teorie e le pratiche più sofisticate di Antonio Gramsci e della Scuola di Ricerche Sociali di Francoforte?

Schn.: Osserviamo oggi questo fenomeno mondiale globale in quasi tutte le nazioni in cui si è lasciata introdurre con lassezza l’ideologia omosessuale nelle scuole e nelle corti giudiziarie. Essa è presente su una scala mondiale sempre crescente, con eccezione dell’Africa, dell’Europa orientale e dell’Asia, che non sono molto sviluppate. Ma quest’ideologia e quest’agenda sono state introdotte in ogni altra nazione del resto del mondo.

In fin dei conti, si tratta di neo-comunismo e marxismo, perché l’ideologia di Marx voleva abolire ogni marchio di differenza. L’ultimo e il più evidente di essi va cercato nella sessualità naturale creata di ogni persona. Pertanto, si è arrivati all’agenda omosessuale. Sarebbe forse utile fare ulteriori ricerche sugli scritti di Marx ed Engels. I semi dell’ideologia omosessuale si trovano già in questi autori. Pertanto, definisco questa agenda un’operazione neo-marxista, o neo-comunista, a scala mondiale globale.

Non sono molto familiarizzato con le teorie di Antonio Gramsci, per cui dovrei approfondire ulteriormente le mie ricerche. Ma abolire tutte le differenze, tutte le gerarchie, è un concetto comunista, marxista. Sarebbe opportuno condurre una ricerca storica addizionale sugli scritti di Marx ed Engels – e anche di Hegel.

LSN: Se Lei avesse la possibilità di incontrare Papa Francesco oggi, cosa direbbe al Papa a proposito del Sinodo? Quale richieste farebbe al Santo Padre?

Schn.: Gli direi: “Santo Padre, il Suo primo dovere è quello di eseguire fedelmente quanto Cristo ha comandato a Pietro, ‘Pietro, conferma i tuoi fratelli nella fede; ho pregato per voi, affinché la vostra fede non venga meno, ma adesso sei tu che devi confermare i tuoi fratelli’. Quindi Le chiedo, Santo Padre, di confermare noi, Suoi fratelli, con le affermazioni più chiare possibili sulle verità divine e di pronunciare le dichiarazioni meno ambigue e più chiare possibili in difesa delle verità divine sulla famiglia e quindi anche sulla dignità della sessualità umana casta. E Le chiedo di essere un Defensor Fidei, un Confessor Fidei. Il mio desiderio sarebbe quello che i media anti-cristiani non abbiano più opportunità per sfruttare le Sue parole al fine di danneggiare le verità cattoliche”.

LSN: Desidera aggiungere qualche commento finale?

Schn.: In questi tempi, sembra che alcuni di quanti, nella Chiesa, hanno ricevuto da Dio il compito fondamentale di proclamare la verità in tutta la sua integrità, così come è stata trasmessa dagli apostoli – di cui i vescovi devono essere i loro indubbi successori –, stiano facendo l’esatto contrario. Una parte influente di loro, che occupa posizioni chiave nell’amministrazione della Chiesa, abusa oggi della sua santa, sacra missione per distruggere infine – da quel che sembra – le divine verità sul matrimonio e sulla famiglia. Ciò è molto grave.

Ma Dio ha permesso questo così come, nel quarto secolo, ha permesso che quasi tutti i vescovi, salvo poche eccezioni, accettassero o simpatizzassero per l’eresia ariana. In quei tempi, sono stati i semplici fedeli, i figli, a mantenere pura ed integra la verità sulla divinità di Cristo, e la loro fedeltà ha in qualche modo salvato la Chiesa.

Spero nella fruttuosa purezza dei fedeli, dei cattolici semplici, dei figli, delle giovani coppie, delle famiglie numerose, dei sacerdoti semplici e di altri che fortunatamente hanno mantenuto integra la purezza della loro fede e continuano a difendere la fede che hanno accettato, come per esempio Human Life International, LifeSiteNews ed altri, che hanno dato un contributo molto forte ed efficace – anche agli occhi di Dio – per mantenere la purezza della fede e trasmetterla alle generazioni successive. Questa è veramente la nostra speranza, che ci colma di gioia e fiducia per continuare la nostra santa battaglia per la fede che abbiamo ricevuto nel battesimo.

La purezza della nostra fede cattolica è una vittoria contro tutti gli attacchi del mondo non cristiano, contro tutti i sofismi e miasmi infernali delle frasi ingannevolmente seducenti e delle proposte del sistema clericale neo-gnostico che promuovono questa sovversione. La purezza della nostra fede, quella dei semplici, dei “piccoli”, dei “Parvuli Christi”, vincerà alla fine questa battaglia con l’aiuto della grazia di Dio e dell’intercessione di Nostra Signora, la Santa Vergine Maria, che ha sconfitto tutte le eresie, com’è detto in un’antica antifona mariana.


 
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]








http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2015/10





 

martedì 27 ottobre 2015

LA REALTA’ DEL SINODO E IL DELIRIO DEI TURIFERARI

 



         
di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 27 ottobre 2015
 
Si tirano le somme del secondo Sinodo sulla famiglia, in cui la maggioranza ‘conservatrice’ in sostanza non si è lasciata intimidire da una campagna mediatica di violenza inaudita. Una Relazione finale equilibrata, approfondita, che sui divorziati risposati – per la preoccupazione di non intaccare l’unità della Chiesa – contiene però qualche considerazione che può apparire ambigua. I ‘progressisti’ sconfitti cercano di rovesciare l’esito, imponendo la loro lettura mendace e causando già grande smarrimento nelle parrocchie.      
 
 
E così si è conclusa anche la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi - in realtà l’ultima parte (solo per ora) di un ciclo incominciato nel febbraio del 2014 con il concistoro caratterizzato dalla relazione “aperturista” del tedesco Walter Kasper. La Relazione finale (criticata duramente nella sua prima versione consegnata ai padri il giovedì sera e poi profondamente modificata) è stata approvata in tutti i punti con i due terzi dei voti necessari ed è stata offerta come elemento per “un documento sulla famiglia” a papa Francesco. Il quale, nel suo intervento conclusivo in aula - certo non entusiasta del documento a lui presentato – ha scelto di bacchettare con durezza insistita quei padri (tanti, in realtà la maggioranza) che avevano dimostrato con coraggio di non condividere certi suoi progetti di una Chiesa ‘rinnovata’.

In effetti, scorrendo con onestà giornalistica la Relazione finale, ai “progressisti” – che avevano affrontato con la consueta baldanza, certi della loro conclamata superiorità intellettuale e morale, l’inizio del Sinodo – si sarebbe ben adattato il detto “Andarono per suonare e furono suonati”, con conseguente rovinosa ritirata di pifferi e tamburi, trombettiere, gazzettieri, Capitani, Fanti e Cavalleri con i loro poveri ronzini. Tanto che in Sala Stampa vaticana sabato pomeriggio qualche “progressista” non d’accatto e d’antico pelo si struggeva sconsolato: “Fallimento, fallimento… a che cosa sono serviti questi due anni di impegno… che cosa sono venuti a fare per tre settimane i padri sinodali? Non abbiamo ottenuto nulla, nulla!”


TURIFERARI AL LAVORO

Eppure da subito altri “progressisti” mediatici, stavolta spesso d’accatto, imponevano la loro lettura del documento. Chi sono questi altri? Fanno parte di una categoria numericamente non irrilevante nel giornalismo italiano, quella che più precisamente viene definita dei “turiferari”. Turiferario (dal latino tus, turis – incenso e fero, fers, tuli, latum, ferre – portare) è colui che inonda il Paese dei profumi del potere. Tre le sottocategorie: il turiferario per vocazione, sempre e comunque ossequiente ai voleri del Capo; il turiferario per scelta opportunistica (sovente gran navigatore, in altri casi voltagabbana pensoso); il turiferario per necessità (e lì comprendiamo la situazione). Allora… che lettura hanno dato i numerosi turiferari annidati in tante redazioni (cattoliche comprese), cartacee, online, radio-televisive? Qualche esempio attraverso i titoli imposti a lettori, ascoltatori, telespettatori, internauti: “Ostia a divorziati passa con 1 voto di scarto”, “Approvato il Documento finale: passa con un voto il sì ai divorziati”, “Sinodo, la comunione ai divorziati risposati passa per soli due voti”; “Sinodo, sì ai divorziati per un solo voto”, “Comunione ai divorziati: Sì del Sinodo, per un voto”. Da notare subito la disinvoltura nell’uso del termine “divorziati”, spesso senza l’essenziale specificazione “risposati”. Ma soprattutto è da evidenziare la falsità della notizia, come vedremo tra poco.

Nei commenti in genere autocompiaciuta soddisfazione, molta irrisione e acidità verso i ‘conservatori’ dichiarati sconfitti. Anche veri e propri deliri. Un paio di esempi: “Al Sinodo burattinai e burattini mediatici applicano questa spregevole e spregiudicata tecnica militare”. Quale? “La guerriglia”, cioè “ricorrono al terrorismo, disseminano bombe, agguati e trappole lungo il percorso del nemico destinato a trionfare. E lo fanno usurpando il nome di Dio come accade in Afghanistan, Iraq e Siria”. Pensate che sia finita? Per niente, godetevi anche questa: “Ancora una volta atei devoti, teocon, sedicenti tradizionalisti, reazionari, cristianisti senza Cristo, ultraconservatori e compagni di merende vari avevano fatto i conti senza l’oste” (sembra di capire che l’oste/castigamatti è papa Francesco). C’è chi poi, tra i turiferari, vorrebbe in cuor suo il cardinale Sarah dietro le sbarre, in pigiama a righe: (a proposito di Sinodo, coppie omosessuali e Chiesa) “Nei casi migliori non vi è stata volontà di affrontare la questione, nei casi peggiori si sono sentiti in aula discorsi che avrebbero avuto rilievo penale in alcune democrazie occidentali (il discorso del cardinale Sarah)”.


L’INTERVENTO DI FINE SINODO DEL PAPA CONTRO i "DURI DI CUORE"

Chiediamoci: i titoli massmediatici corrispondono alla realtà sinodale? E’ stata veramente votata la “comunione ai divorziati risposati”? E’ proprio vero che la maggioranza del Sinodo ha dato ‘luce verde’ alla ‘Chiesa rinnovata’, prefigurata da papa Francesco?

Già fa pensare che nel suo intervento in aula alla fine del Sinodo Jorge Mario Bergoglio in due paginette abbia insistito tanto su uno dei suoi temi preferiti, la “durezza di cuore” dei “rigoristi”. La domanda che il Papa si pone è: “Che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia?”. Tra le risposte eccone alcune: “Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole ‘indottrinarlo’ in pietre morte da scagliare contro gli altri”; “Significa aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite”; “Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori”; “Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive (…) per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”.

Ancora: “Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli (NdR: sembra o no un riferimento pungente alla lettera del gruppo di cardinali, che – firmandosi con nome e cognome - avevano espresso le loro paure per una rinnovata manipolazione del Sinodo?) hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa ‘moduli preconfezionati’, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi”. 
Infine: “Cari Confratelli, l’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera, ma lo spirito; non le idee, ma l’uomo; non le formule, ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono”. 
Fin qui il Papa, verosimilmente poco entusiasta della Relazione finale, dati i numerosi ‘cartellini gialli’ (forse in attesa dei ‘rossi’) distribuiti al fronte ‘conservatore’. Che era maggioranza. Su che cosa fondiamo l’asserzione? Sul voto per l’elezione del Consiglio sinodale e sul documento conclusivo.


‘CONSERVATORI’ IN TESTA ALLE ELEZIONI DEL CONSIGLIO SINODALE


Consiglio sinodale: dodici dei quindici membri sono eletti dal Sinodo, gli altri tre dal Papa. Il voto, svoltosi il 22 ottobre, ha mostrato la conferma della forza dei ‘conservatori’: in testa l’arcivescovo di Filadelfia Chaput, poi i cardinali Sarah, Pell, Napier (tre dei firmatari della famosa lettera, fatti oggetti di attacchi forsennati da parte dei turiferari… un vero boomerang per gli aspiranti killer mediatici), il  cardinale canadese Ouellet (altro ‘conservatore’), l’africano del Gabon Madega Lebouakehan. Gli altri, ‘centristi’ o ‘progressisti’ più o meno moderati sono i cardinali Rodriguez Maradiaga, Tagle, Gracias, Schönborn, Nichols e l’arcivescovo italiano Bruno Forte, che ha approfittato della discesa in campo di due candidati ‘conservatori’ italiani, i cardinali Caffarra e Scola (ma si può essere così elettoralmente sprovveduti?).


NELLA RELAZIONE FINALE IL DOVERE MORALE DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA ALL’ABORTO E AL ‘GENDER’ 

Relazione finale: se si legge attentamente il testo approvato, si nota in primo luogo un suo ampio respiro di fondo: la famiglia viene considerata in tutta la complessità che si riscontra quotidianamente nella nostra società, nei suoi aspetti positivi e nei problemi di ogni genere con cui è confrontata. Si ribadisce dappertutto che la famiglia è formata da un uomo e una donna aperti alla vita. Si evidenziano le tante famiglie che vivono, lottano e soffrono tra difficoltà grandi e piccole, cercando di restare fedeli alla dottrina cattolica.

Si critica l’ideologia del gender, “che svuota la base antropologica della famiglia”; al paragrafo 76 (approvato con 247 voti contro 14) si legittima l’obiezione di coscienza degli educatori “contro progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana”; al paragrafo 76 (approvato con 221 voti contro 37) si chiede attenzione per le famiglie al cui interno “vivono persone con tendenza omosessuale”, si nega una pur remota analogia tra unioni omosessuali e “il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”, si ritiene “inaccettabile” che le Chiese locali “subiscano delle pressioni in questa materia” e che “gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di legge che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello stesso sesso”. Non manca al paragrafo 64 (approvato con 247 voti contro 11), a proposito di aborto, un richiamo forte agli operatori nelle strutture sanitarie; a loro “si rammenta l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza”.


I PARAGRAFI SUI DIVORZIATI RISPOSATI

Veniamo ai paragrafi sui “divorziati risposati”. Qui bisogna ricordare che tra i padri sinodali ce n’erano non meno di 45 (il 17%, un vero e inaudito record) nominati direttamente da papa Bergoglio e in gran parte favorevoli alla sua idea di Chiesa ‘rinnovata’ (tra loro ad esempio il molto controverso cardinale belga Danneels). Questi 45 hanno certo pesato nei voti più contrastati.

Il paragrafo 85 (approvato con 178 voti contro 80, un voto in più della maggioranza richiesta) cita il paragrafo 84 della Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II: Sappiano i pastori che, per amore della verità. Sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era ma stato valido. Continua la Relazione finale del Sinodo 2015: “E’ quindi compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo momento sarà utile fare l’esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento”. Ecco le parole giuste che, indipendentemente dalla volontà di chi ha votato il testo, servono – agganciandosi alle considerazioni di Giovanni Paolo II - per intaccare la dottrina sociale in materia di matrimonio: “discernimento” e “coscienza”. Il fatto è che, nello stesso paragrafo 84 della Familiaris Consortio Giovanni Paolo II continua: La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio. 

Come si nota, la citazione di Giovanni Paolo II per giustificare l’ammissione dei divorziati risposati alla Comunione non trova fondamento nel magistero del papa polacco. Sembra evidente che uno degli esperti che hanno collaborato con la Commissione sinodale di redazione e che hanno materialmente preparato il testo abbia volutamente taciuto quello che verosimilmente conosceva e che avrebbe potuto vanificare la vulgata ‘progressista’ (cioè il ‘no’ chiaro alla richiesta citata). Difficile che tale esperto fosse straniero, più verosimile che fosse un italiano ben introdotto presso la Segreteria del Sinodo dei vescovi, abile cesellatore di testi al servizio della ‘Buona Causa’. A proposito, un’altra ‘stranezza’: nell’Instrumentum laboris al discusso paragrafo 137 riguardante l’Humanae vitae si mettevano sullo stesso piano la norma e la coscienza individuale, mirando a conciliarle. Nella Relazione finale 2015 invece l’Humanae vitae ha perso l’aggiunta contestata e il tema della coscienza, del ‘discernimento’ è stato ‘spostato’ interamente nei paragrafi sui ‘divorziati risposati’: mossa tattica in vista di un traguardo ritenuto più importante?

Clamoroso è poi quanto accaduto con il paragrafo 86 della Relazione finale 2015. Il quale così suona: Il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli (NdR: i divorziati risposati) alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio con il sacerdote, in foro interno (NdR: leggi “in confessione”), concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità, questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. (…). Domanda: guardate bene… trovate nel testo un qualsiasi accenno all’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati?

Eppure il paragrafo 86 si ispira a un passo della relazione del Circolo minore di lingua tedesca sulla terza parte dell’Instrumentum laboris: Questo cammino di riflessione e di penitenza, esaminando la situazione oggettiva nel dialogo con il confessore, può contribuire, nel forum internum, a prendere coscienza e a chiarire in che misura è possibile l’accesso ai sacramenti. (…). Non si può non notare che dal testo sinodale è sparito qualsiasi riferimento all’accesso ai sacramenti. Perché? Non avrebbe mai raggiunto non solo la maggioranza qualificata, ma nemmeno quella assoluta.


CONCLUSIONE: MAGGIORANZA ‘CONSERVATRICE’ ,  MA FORZATURE ‘PROGRESSISTE’ POTENZIALMENTE DEVASTANTI

Che la maggioranza del Sinodo fosse ‘conservatrice’ ci sembra dunque assodato, guardando sia ai risultati del voto per il Consiglio sinodale che ai contenuti della Relazione finale, in particolare per il ‘no’ chiaro a ogni forma di riconoscimento ecclesiale di unioni tra persone dello stesso sesso (argomento che nemmeno si è voluto prendere in considerazione), il richiamo al dovere dell’obiezione di coscienza in materia di ideologia del gender e di aborto, l’assenza di ogni riferimento all’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati.

Tuttavia… quei paragrafi segnati dalla preoccupazione per l’unità della Chiesa… Uscendo dalla Sala stampa vaticana sabato 24 alle due, il cardinale Schönborn ha postillato una risposta che aveva dato a una nostra domanda durante il consueto briefing: gli avevamo chiesto se non temesse una ‘protestantizzazione’ del cattolicesimo nel caso in cui si concretizzasse l’annunciato decentramento (competenze pastorali e anche de facto dottrinali accresciute a conferenze episcopali continentali, nazionali, diocesi) ovvero l’indebolimento dell’unità della Chiesa. In sala aveva negato il timore. Ma fuori ha rilevato che nella domanda c’era una “giusta preoccupazione”.

E’, pensiamo, la stessa preoccupazione – quella di mostrare pubblicamente una Chiesa sostanzialmente ancora unita - che ha portato parte della maggioranza sinodale conservatrice ad accettare i paragrafi della Relazione finale riguardanti i divorziati risposati. Ripetiamo: in essi non c’è alcun accenno all’ammissione di tali persone alla Comunione. Ma il termine discernimento e l’espressione foro interno hanno indubbiamente offerto la possibilità ai ‘progressisti’ di forzare la mano, con l’aiuto dei tanti turiferari mediatici. Tanto che il generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolas, già annunciava lunedì 26 al Corriere della Sera, a proposito della Relazione finale: “E’ un documento che lascia le mani libere a Francesco. Il Papa può fare ciò che considera buono, opportuno o necessario. Nella mente di tutti, in commissione (NdR: quella di redazione, nominata dal Papa, a forte maggioranza ‘progressista’) c’era l’idea di preparare un documento che lasciasse le porte aperte: perché il Papa potesse entrare o uscire, fare come crede”.

Intanto i turiferari un grave danno l’hanno già provocato con le falsità propalate per il bene della ‘Causa’: in diverse parrocchie i parroci non sanno come rispondere a chi, in situazione canonicamente irregolare, chiede di poter ricevere la comunione. Certo, se rispondessero che non è possibile, rischierebbero di essere catalogati subito tra i ‘duri di cuore’, tra gli ‘anti-Francesco’.  E’ una situazione questa oggettivamente di grande confusione, che crea d’altra parte forti reazioni negative nei tanti cattolici praticanti che fin qui hanno sempre cercato di attenersi, magari tra mille difficoltà, alla dottrina cattolica vigente. Il momento è grave e le provocazioni ‘progressiste’ e poco, pochissimo, per niente ‘misericordiose’ non fanno altro che appesantirlo ulteriormente. E’ sempre più evidente che la questione va anche oltre l’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati, un tema che si può considerare un vero e proprio cavallo di Troia per introdurre novità devastanti nel cattolicesimo mondiale. Ne siamo tutti ben coscienti?






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