giovedì 30 settembre 2021

In memoria di Alessandro Giunti








Giovedì 30 settembre 2021

Dopo il consueto pellegrinaggio presso il Santuario della Beata Vergine di Montenero, ogni anno il Coordinamento toscano ha dedicato una pagina del proprio blog a un resoconto, corredato di qualche foto dell'evento. Anche questa volta lo faremo, perché il pellegrinaggio si è tenuto con successo, ma con un po' di ritardo. Quest'anno, infatti, le menti dei pellegrini, durante la salita e nel corso della S. Messa, sono state occupate e rattristate dalla notizia del peggioramento delle condizioni, già preoccupanti, del nostro presidente. Alessandro ci ha purtroppo lasciati il giorno dopo, nella serata di domenica 26 settembre. 

Il Coordinamento intende oggi ringraziarlo per ciò che ha fatto per la causa della Tradizione e per la nostra federazione di coetus in quasi dieci anni di presidenza. Anni di impegno, di fatica, fra successi e momenti di difficoltà, sempre affrontati con ridente spirito cattolico e piena fiducia nella divina Provvidenza. 

Per ricordarlo, abbiamo deciso di lasciare la parola alle figlie. Il loro discorso, pronunciato dopo le esequie di Alessandro, celebrate presso la chiesa di Castellina scalo - il suo paese - martedì pomeriggio, esprime meglio di quanto potremmo fare ciò che alberga nelle nostre menti e riflette tutto ciò che proviamo in questi momenti tristi, ma al contempo ricolmi di quella speranza che ci viene dall'esempio di fede vissuta che abbiamo avuto dinanzi ai nostri occhi. Grazie, Alessandro, e a Dio!

Vogliamo aggiungere, per chi non conoscesse Alessandro Giunti, il link a un suo breve, ma splendido articolo sulla sua malattia: https://www.sabinopaciolla.com/ironia-della-sla/


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PER BABBO GIUNTI


Queste brevi parole che dirò adesso sono più che altro un ringraziamento. Un ringraziamento che va in tre direzioni. La forza che deriva dall'umiltà di ringraziare e essere coscienti della GRAZIA ricevuta ci ha aiutato in questi giorni e ha aiutato babbo negli ultimi mesi, e anche sempre.

Il primo grazie viene da Babbo, un grazie grande grande. Prima di morire, quando aveva già pochissimo fiato ma sempre la sua solita invidiabile lucidità mentale, ci ha chiesto di ringraziare TUTTE ma proprio tutte le persone che gli sono state e ci sono state intorno in modi diversi e che hanno aiutato tantissimo ad alleviare la sua sofferenza. Amici, parenti, colleghi, infermieri, medici, Sacerdoti, tutta la comunità di Castellina. Tutti quelli che hanno avuto un pensiero per lui, un'attenzione, che sono venuti a casa a condividere una preghiera, un ricordo o una bischerata, sono stati un balsamo per le sue ferite. Grazie a tutti, lo avete fatto felice e lo avete fatto partire sereno.

La parola Grazie, poi, si ricollega anche a un altro discorso che ha fatto Babbo proprio il giorno prima di morire. Sorretto e aperto dalla sua fede luminosa e contagiosa, fino all'ultimo secondo ha parlato della GRAZIA che gli ha fatto il Signore, a dargli una vita così gioiosa, piena di amore e di serenità. Ha detto che morire abbracciato fisicamente da mamma, me e Mati, abbracciato emotivamente da tutte le persone che lo amano e che sono con lui e pronto a farsi accogliere dall'abbraccio più grande, quello del Signore, questa è un GRAZIA che non può che venire da Dio. Babbo è stato consapevole di questa grazia e nella sua umiltà non ha smesso di ringraziare il cielo per questo, fino all'ultimo.



E infine, un grazie va a quel grande del nostro Babbo, il nostro amorone, da parte nostra. Ci siamo divertiti così tanto! Lo ringraziamo per la persona formidabile, brillante, esilarante e fedele a se stessa che è sempre stato. Ci ha educato al rispetto, all'amore per Dio e per tutti, ma anche a sapere apprezzare e godere le cose della vita. Il cibo, i libri, le piante, i viaggi, i paesaggi, le poesie, il mare, il vino. Noi siamo di parte ovviamente in questi elogi e nei ricordi, perché è il nostro Babbo e perché siamo annebbiate dal dolore in questo momento, ma siamo anche consapevoli che uno come lui, nella vita, noi non l'abbiamo mai conosciuto. Una persona vera, attiva, presente, concreta, allegra, Babbo ha emanato voglia di vivere da ogni gesto, in ogni attimo della sua vita.



Babbo ha saputo prendere per il verso giusto la malattia più schifosa che metterebbe in ginocchio chiunque (figuriamoci una persona agitata come lui) e ha saputo SUBLIMARE tutto questo dolore immenso e trasfigurarlo in amore e in bene. Questo per noi è l'esempio della sofferenza come la vive un cristiano. Dio, l'abbiamo capito insieme a Babbo, aveva in serbo questo per lui, ce l'ha messo qui per farci vedere come si vive, come si soffre e come si muore da cristiani.



Come diceva Babbo citando San Paolo: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione."



Grazie Babbo per l'amore, per le risate e per la vita!



Matilde e Francesca-Paola







SAN PIO CI INSEGNA COME COMPORTARCI IN CHIESA E DURANTE LA S. MESSA


Giovani alla Messa in rito antico nella Basilica di San Pietro
per la festa dell'Arcangelo S. Michele il 29 sett. 2021



Lettera di san Pio da Pietrelcina alla figlia spirituale Annita Rodote


"Ad evitare irriverenze ed imperfezioni nella casa di Dio, nella chiesa, che il divin Maestro suole chiamar la casa di orazione, ti esorto nel Signore a praticare le seguenti cose.

Entra in chiesa in silenzio e con gran rispetto, tenendoti e riputandoti indegna di comparire davanti alla maestà del Signore. 

Tra le altre devote considerazioni, pensa che l'anima nostra è tempio di Dio, e come tale dobbiamo conservarla pura e monda davanti a Dio ed agli angioli suoi e copriamoci il volto di rossore per aver dato tante volte adito al demonio con le sue insidie, con le sue lusinghe al mondo, con i suoi fasti, alla carne con il non aver saputo tener puro il nostro cuore e casto il nostro corpo, per aver dato, dico, adito ai nostri nemici di insinuarsi nei nostri cuori, profanando in tal guisa il tempio di Dio, quale noi diveniamo pel santo Battesimo.

Prendi poi l'acqua benedetta e fa bene e con lentezza il segno della nostra redenzione.

Appena sei in vista del Dio sacramentato, fa' devotamente la genuflessione.

Trovato il posto, inginocchiati e rendi a Gesù sacramentato il tributo della tua preghiera e della tua adorazione. Confida a lui tutti i tuoi e gli altrui bisogni, parlagli con abbandono filiale, dà sfogo libero al tuo cuore e lascia piena libertà a lui di operare in te come meglio gli piace.

Assistendo alla Santa Messa e alle sacre funzioni, usa molta gravità nell'alzarti, nell'inginocchiarti, nel metterti a sedere; e compi ogni atto religioso con la più grande devozione.

Sii modesta negli sguardi, non voltare la testa di qua e di là per vedere chi entra e chi esce; non ridere per riverenza al luogo santo ed anche per riguardo a chi ti sta vicino; studiati di non profferir parola con chi che sia, a meno che la carità ovvero una stretta necessità non lo esiga.

Se preghi in comune, pronunzia distintamente le parole della preghiera, fa' bene le pause e non affrettarti mai.

Insomma, diportati in guisa che tutti gli astanti ne rimangano edificati e siano per mezzo tuo spinti a glorificare e ad amare il Padre celeste.

Nell'uscire di chiesa abbi un contegno raccolto e calmo: saluta per primo Gesù sacramentato, domandagli perdono delle mancanze commesse alla sua divina presenza e non partirne da lui se prima non gli hai chiesto e da lui non ne hai ottenuta la paterna benedizione".


(25 luglio 1915. Epistolario, Vol. III)








mercoledì 29 settembre 2021

Quali indicazioni fornì san Pio da Pietrelcina ai cattolici quando sarebbe arrivato il tempo dell’apostasia?






Maurizio Blondet 29 Settembre 2021


C’è una preziosa perla di padre Pio, il cui contesto storico è l’immediato post-Concilio Vaticano II.

Si riferisce a qualcosa che diceva soprattutto negli ultimi anni della sua vita (intorno agli anni 1965-68).

Si tratta di un avvertimento che padre Pio aveva indirizzato ad una sua figlia spirituale, inginocchiata presso il suo confessionale per ricevere la sua benedizione a seguito della Confessione. Eccolo:

Ricordati… quando verranno quei tempi: i Comandamenti di Dio, preghiere del mattino e della sera, Santo Rosario, Sacramenti, catechismo, i santi e fate tutto nella fede dei nostri padri, nella fede dei nostri padri!… nella fede dei nostri padri!!… e non ascoltate più nessuno.

Quando padre Pio dice “quando verranno quei tempi” si riferisce ai nostri tempi, al nostro momento storico.

Egli si preoccupava di sostenere, nella buona battaglia della fede, i suoi figli spirituali che sarebbero vissuti più a lungo di lui; esistono, per giunta, non pochi messaggi che hanno predetto -in primo luogo ai figli spirituali- il dramma che si sarebbe consumato nei decenni dopo la sua morte, come pure hanno indicato la necessità di combattere spiritualmente per non crollare e non finire preda del demonio e delle sua arti malefiche.

“… e non ascoltate più nessuno!”






A volte non c’è più grande consolazione della desolazione







da J.B.Saint-Jure, Fiducia nella Divina Provvidenza, segreto di pace e di felicità

Si avvicina una delle nostre più grandi festività; tu ti disponi al meglio e già ti senti animato da un fervore che ti sembra un saggio delle consolazioni che raccoglierai in questo giorno così bello.

Tuttavia, ecco arrivare il giorno in cui e tu non sei più lo stesso; a sentimenti che provavi succede una desolante aridità; ti senti incapace di avere un solo buono pensiero.

Guardati dal fare degli sforzi inquieti per uscire da tale stato.

E’ Dio stesso che ti ci ha messo e tu sai che da parte sua non capita nulla che non sia buono e che non produca, a chi l’accetta con sottomissione, dei grandi vantaggi.

Accetta dunque la tua situazione dalla sua mano, mantenendoti per quanto possibile nel raccoglimento della sua presenza e sottomettendoti a lui, come un malato si sottomette al suo medico e alla sua azione, nell’attesa della guarigione che spera dalle sue cure.

E sii certo che mai consolazione ti è stata tanto giovevole quanto questa aridità sopportata così serenamente, in spirito di conformità alla volontà divina.

Infatti, non è quello che noi sentiamo che ci dispone alle grazie di Dio; ciò che ci dispone è l’atto della nostra volontà e tale atto non si percepisce con il sentimento.






Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri






martedì 28 settembre 2021

Mons. Athanasius Schneider: La Messa tradizionale è un tesoro per tutta la Chiesa



Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana (Kazakistan)




Il Motu proprio e la lettera di accompagnamento commettono un'ingiustizia nei confronti di tutti i cattolici che aderiscono alla forma liturgica tradizionale, accusandoli, generalizzando, di seminare discordia. L'argomento del Motu proprio e della lettera di accompagnamento secondo cui la forma liturgica tradizionale crea divisione e minaccia l'unità della Chiesa è smentito dai fatti. Inoltre, il tono dispregiativo di questi documenti nei confronti della forma liturgica tradizionale porterebbe qualsiasi osservatore imparziale a concludere che tali argomenti sono solo un pretesto e uno stratagemma e che c'è dell'altro.

Che cosa raccomanda ai sacerdoti che celebrano la Messa tradizionale, ai fedeli che vi partecipano e alle comunità religiose che celebrano questa liturgia?



La Messa tradizionale è un tesoro che appartiene a tutta la Chiesa, perché da almeno mille anni è celebrata e profondamente apprezzata e amata da Papi, fedeli e Santi. In effetti, la forma tradizionale della Messa è rimasta pressoché identica per secoli prima della pubblicazione del Messale di Papa Pio V nel 1570. Un tesoro liturgico valido e stimato da quasi mille anni non è proprietà privata di un papa, di cui egli possa disporre liberamente. Pertanto, i fedeli, seminaristi e sacerdoti devono chiedere il diritto di utilizzare questo comune tesoro della Chiesa e, se questo diritto viene loro negato, possono comunque esercitarlo, magari anche celebrando clandestinamente. Non sarebbe un atto di disobbedienza, ma piuttosto di obbedienza alla Beata Madre Chiesa, che ci ha donato questo tesoro liturgico.

Papa Francesco, nel suo motu proprio sulla Messa, manifesta sia la continuità tra il Concilio Vaticano II e la Messa di Paolo VI sia la sottostante opposizione tra i due riti. Ciò non evidenzia l'impasse teologica dell'ermeneutica della continuità?



Papa Francesco traccia un netto contrasto tra il rito tradizionale e il Novus Ordo, affermando che il Novus Ordo è l'unica espressione della legge della fede della Chiesa romana. Infatti, non c'è più posto per la cosiddetta ermeneutica della continuità, che è sempre stata mantenuta da Paolo VI a Benedetto XVI, tra il rito tradizionale e il Novus Ordo. Se tale continuità esistesse, la coesistenza dei due riti non disturberebbe mai particolarmente nessuno. Tuttavia, la crescente diffusione delle celebrazioni della Messa tradizionale rivela a tutti che esiste - dopo un esame onesto e più approfondito - una vera rottura tra i due riti, sia ritualmente che dottrinalmente. Il rito tradizionale è, per così dire, un rimprovero costante alle autorità della Santa Sede che per loro significa: “Avete rivoluzionato la liturgia. Tornate ad una vera continuità tra le due forme liturgiche”. La riforma liturgica che i Padri conciliari avevano in mente è quella che Paolo VI approvò nel 1965 e che i Padri conciliari celebrarono nell'ultima sessione. Lo stesso Arcivescovo Lefebvre celebrò la Messa secondo la forma del 1965, così come il seminario di Ecône nei primi anni. L'evidente discontinuità tra la Messa tradizionale e quella del 1965 da un lato, e la Messa di Paolo VI dall'altro, mira a incoraggiare tutti a riflettere più profondamente, e anche ad esaminare con onestà possibili elementi di discontinuità dottrinale di alcune dichiarazioni del Concilio Vaticano II, un Concilio di carattere pastorale, col Magistero dottrinale precedente e costante della Chiesa.

Di fronte alla situazione angosciosa in cui si trovano ridotti gli Istituti Ecclesia Dei Adflicta, non possiamo infine chiederci se il comportamento di Mons. Lefebvre di fronte a Roma non sia stato quello giusto?



Dobbiamo allargare l'orizzonte sulla crisi straordinaria che ha colpito la Chiesa per quasi 60 anni e che ha raggiunto proporzioni davvero terrificanti sotto il pontificato di papa Francesco. Questa crescente crisi ha le sue radici anche in alcune dichiarazioni ambigue del Concilio e specialmente nella Nuova Messa di Paolo VI, che rappresenta per qualsiasi osservatore oggettivo una sorta di rivoluzione liturgica. Alla luce dell'evidenza di questa crisi della Chiesa, che meglio si può paragonare alla crisi ariana del IV secolo, l'opera e la testimonianza di monsignor Lefebvre appaiono profetiche ed eroiche, perché guidate solo dal suo fedele attaccamento a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e al modo in cui ha celebrato la Santa Messa nel corso dei millenni. Monsignor Lefebvre non ha introdotto particolarità o novità, ma solo ciò che lui stesso aveva ricevuto dalla Chiesa nella sua infanzia, nella sua giovinezza, nella sua formazione in seminario e nella sua ordinazione episcopale. Penso che dopo questa crisi la Chiesa lo ringrazierà.

Ci sono oltre 5.000 vescovi nel mondo. Pensa che alcuni di loro si uniranno alla battaglia che sta combattendo?


Penso che senz'altro ci siano ancora, nella chiesa, vescovi che vivono con convinzione l'integrità della fede e della liturgia e la amano. Tuttavia, non sono molti i vescovi che si impegnano pubblicamente a farlo. A volte è per debolezza umana e per paura di essere scoperti, o attaccati; in certi casi è la paura di non riuscire a fare carriera o addirittura di essere sollevati dall'incarico. Ciò è comprensibile perché è umano che i sottoposti possano trovare difficile combattere senza il supporto del loro generale. Mentre si sforzano di mantenere e trasmettere la purezza della fede, della morale e della liturgia, i vescovi devono ricordare che il loro vero generale è Gesù Cristo, l'Eterno Sommo Sacerdote e il Re dei re. Ogni Papa, che è solo il suo Vicario, deve anche mostrare il più grande esempio di obbedienza alla tradizione immutabile della fede e del culto divini. Cristo oltrepasserà questa crisi senza precedenti della Chiesa, che è in gran parte anche una crisi dei vescovi. Christus vincit!


( Fonte: Paix Liturguique - Lettre 825bis, 26 settembre 2021)
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]










Le beatitudini della casa






Beata la casa

in cui si prega, perché in essa vi sarà il Signore.


Beata la casa

dove la festa è santificata, perché i suoi abitanti si troveranno alla festa del cielo.


Beata la casa

in cui non si esce per frequentare divertimenti cattivi, perché in essa regnerà la cristiana letizia.


Beata la casa

in cui non entrano le bestemmie, il discorso cattivo, la stampa pericolosa, l’intemperanza, perché sarà colmata di benedizione e pace.


Beata la casa

dove i bambini ricevono la grazia del battesimo, perché in essa cresceranno cittadini del cielo.


Beata la casa

dove si chiama per tempo il sacerdote di Dio accanto agli infermi, perché in essa l’infermità sarà alleviata, e la morte sarà benedetta.


Beata la casa

dove si ama e s’impara la dottrina cristiana, perché in essa la fede è sempre lucente e viva.


Beata la casa

dove i genitori sono consolati dai figliuoli amorosi e ubbidienti e dove i figli trovano nei genitori l’esempio del Timor di Dio. Essa sarà nido di pace, asilo di virtù, tabernacolo di salvezza.





Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri






lunedì 27 settembre 2021

Card. Raymond Leo Burke. Lettera a coloro che pregano per me






lunedì 27 settembre 2021

Sono lieta di riprendere di seguito, nella mia traduzione [di Chiesa e postconcilio], la lettera del Cardinale Burke successiva a quella di ringraziamento [qui] che ci aggiorna sui progressi della sua riabilitazione.



Cari fratelli e sorelle in Cristo,
Ringraziandovi ancora una volta, con tutto il cuore, per le vostre fedeli e generose preghiere per il recupero della mia salute, vi scrivo per aggiornarvi sui progressi della mia riabilitazione. Nel ringraziarvi, ringrazio soprattutto Nostro Signore che, in risposta alle vostre preghiere, mi ha conservato in vita. Ringrazio anche Nostra Signora di Guadalupe, e tutti i santi per intercessione dei quali avete offerto e state offrendo preghiere per me. Il 3 settembre scorso, ho lasciato l'ospedale per sistemarmi in una casa vicina ai miei familiari più stretti, che è stata attrezzata per il programma di riabilitazione che sto seguendo. Il mio segretario sacerdote è venuto da Roma per stare con me e assistermi nel mio programma di riabilitazione. Mi sta anche aiutando a rispondere alla corrispondenza e ad affrontare i molti cambiamenti di programma resi necessari dal periodo trascorso in ospedale e ora per le diverse settimane necessarie per recuperare il più possibile dalla malattia.
I progressi sono costanti, ma lenti. I medici e i terapisti che dirigono il programma di riabilitazione mi assicurano che è tutto normale e che me la cavo bene.
Da parte mia, sto cercando di progredire nella pazienza. Le mie principali sfide, al momento, sono la riconquista di alcune abilità fisiche fondamentali necessarie per la mia vita quotidiana, e il superamento di una generale stanchezza e difficoltà di respirazione, che sono tipiche di chi ha subito il contagio del virus Covid-19. Non posso prevedere quando sarò in grado di tornare alle mie normali attività. A quanto pare, ci vorranno ancora diverse settimane. Mi dispiace di non poter rispondere individualmente alle vostre comunicazioni, poiché devo concentrare le mie limitate energie per recuperare le forze. Anche per questo motivo, devo limitare il numero di telefonate e di visite personali che ricevo. Vi sono profondamente grato per la vostra comprensione.
Nostro Signore mi ha conservato in vita per qualche opera che vuole che io compia, con l'aiuto della Sua grazia, per amore Suo e del suo Corpo mistico, la Chiesa. Sono determinato a utilizzare al meglio possibile il presente periodo di riabilitazione, al fine di esser pronto a svolgere la Sua opera. Durante tutto il tempo trascorso in ospedale e anche ora, continuo a mettermi sotto la protezione della Nostra Madre, in modo che il mio cuore, uno con il Suo Cuore Immacolato, possa riposare sempre saldamente nel Sacratissimo Cuore di Nostro Signore.
Come padre spirituale nella Chiesa, ho contato molto sull'aiuto di San Giuseppe, il cui Cuore Purissimo ha abbracciato il Cuore di Maria, sua vera sposa, e di Gesù, il suo Divin Figlio affidato alle sue cure paterne.
Vi prego di continuare a pregare per la mia completa guarigione. Da parte mia, ogni giorno offro le mie preghiere e sofferenze per le vostre numerose intenzioni. Preghiamo tutti e offriamo sacrifici per il mondo e per la Chiesa, che sono assediati da tanta confusione e da tanti errori con grande e anche mortale danno di molte anime.
Chiedendo a Dio di benedire voi, le vostre case e tutte le vostre opere, resto.Vostro nel Sacro Cuore di Gesù e nel Cuore Immacolato di Maria, e nel purissimo Cuore di San Giuseppe,

 
Raymond Leo Cardinale Burke, 25 settembre 2021










Lutto nei coetus fidelium toscani per la morte di Alessandro Giunti




La nostra Associazione Madonna dell'Umiltà di Pistoia si unisce al cordoglio della famiglia e dei gruppi del Coordinamento Toscano Benedetto XVI, colpiti dalla perdita di una persona di valore e di un Presidente che anche nella malattia ha dato una luminosa testimonianza di fede e di grande forza d'animo, come attesta (per chi non lo ha conosciuto) anche una sua conferenza alla Giornata degli Amici del Timone scritta nel maggio scorso che aggiungiamo in calce. 




da Messa in Latino, 27 settembre 2021

Ha destato sincero e commosso cordoglio la notizia, diffusasi nella serata di ieri, della scomparsa di Alessandro Giunti, da lunghi anni Presidente del Coordinamento Toscano Benedetto XVI. Uomo di grandi capacità e dotato di una pacata ma ferma leadership, ha accompagnato con prudenza e determinazione i coetus fidelium toscani sin dalle fasi di prima applicazione del Summorum Pontificum. Sotto la sua guida è stato promosso e si è consolidato l'ormai tradizionale Pellegrinaggio Toscano alla Madonna di Montenero, la cui ultima edizione si è tenuta lo scorso 25 settembre.

Alessandro Giunti sapeva poi unire ai talenti organizzativi una spontanea e vivace simpatia, attraversata da una ridente vena ironica, che gli rendevano naturale stringere amicizie, conquistandosi la stima e la fiducia - entrambe meritatissime - di quanti avevano la benedizione di imbattersi in lui. In un ambiente dolorosamente incline alla polemica ed alla divisione, Egli rappresentava un esempio ammirevole di equilibrio, di cordiale disponibilità al lavoro comune, di capacità di collaborare e di "remare bene e insieme". È dunque davvero grave e penosa la perdita che colpisce, oggi, tutto il mondo della tradizione (qui il cordoglio del CNSP).

È con questi sentimenti che la Redazione di Messa in Latino partecipa al dolore dei familiari, del Coordinamento Toscano Benedetto XVI e di tutti coloro che piangono la scomparsa di Alessandro Giunti, assicurando ferventi preghiere di suffragio.


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Conferenza n.106 del 30 luglio 2021
Ospite: Alessandro Giunti / Argomento: Morale
TESTIMONIANZA DI UN PADRE ALLE PRESE CON LA MALATTIA

Gli strumenti a disposizione per prepararsi ad una morte da cristiani sono la fede, l'amore e l'ironia


La 106° conferenza del Centro Culturale Amici del Timone di Staggia Senese è stata davvero commovente. Nella calda serata di venerdì 30 luglio l'amico Alessandro Giunti da ascoltatore delle nostre conferenze si è trasformato per una sera in relatore.
Alessandro si è ammalato di SLA poco più di un anno fa. Cos'è la SLA? La SLA è la sclerosi laterale amiotrofica. È una malattia neurodegenerativa progressiva del motoneurone. È caratterizzata da rigidità muscolare e graduale debolezza a causa della diminuzione delle dimensioni dei muscoli. Ciò si traduce in difficoltà di parola, della deglutizione e, infine, della respirazione. Non esiste una cura per questa malattia che colpisce ogni anno circa 2 persone ogni 100.000.
Accompagnato dalle due splendide figlie, Alessandro ha voluto subito specificare che non si trovava lì sul palco come modello da seguire, ma solo come un cristiano che si prepara, il più degnamente possibile, alla morte.
La frase che ha ripetuto spesso durante la serata è stata "accettare le cose che non si possono modificare". Alessandro ritiene sia questa la via per affrontare qualsiasi contrarietà, sapendo che Dio è un Padre buono che ci ama, il quale, se permette una situazione che sul momento ci sembra inaccettabile, è per un bene superiore. La SLA è l'emblema dell'accettare tutto con pazienza e rassegnazione, perché porta all'immobilità totale, fino alla perdita dell'uso della parola pur nella piena lucidità mentale. A pensarci bene queste parole si schiantano pesantemente contro le nostre lamentele quotidiane per cose molto più piccole. Probabilmente questo è dovuto al fatto di non riuscire ad abbandonarci alla Provvidenza.
Bellissima e davvero calzante la lettura dell'Atto di abbandono a Gesù di don Dolindo Ruotolo, che Alessandro ha fatto fare a sua figlia Matilde, in cui Gesù dice alle anime che se lasceranno a lui la cura e la preoccupazione di tutte la loro cose tutto si calmerà, gli animi agitati saranno placati e le situazioni più spinose risolte.

1) LA FEDE
Tre sono per Alessandro gli strumenti a disposizione per prepararsi ad una morte da cristiani: la fede, l'amore e l'ironia.
Il primo strumento è la fede cristiana la quale comporta l'abbandono in Dio, la fiducia di affidarsi a un Padre che ci ha creato, ci ama e ci conforta, per così dire, maternamente e per questo ci fa sentire tranquilli come un bimbo in braccio a sua madre. La fede si basa sulla certezza che Dio ha un disegno su ciascuno di noi e ci aspetta in un luogo bellissimo in cui non ci sarà più sofferenza, ma solo gioia piena, una gioia che su questa terra non è neppure immaginabile.

2) L'AMORE
Il secondo strumento per prepararsi bene alla morte è l'amore. Questo sboccia da Dio, perché è lui ad averci amato per primo e si traduce nell'amore per i fratelli e in quello che si riceve dai fratelli. Alessandro ha sottolineato quanto sia importante per lui sentirsi circondato dall'amore della moglie e delle figlie, ma anche di tutte le persone che gli stanno dimostrando affetto andando a trovarlo, parlando e pregando con lui o fornendo un po' di aiuto pratico. Alessandro ha fatto esperienza nella sua vita di come l'amore che lui ha donato (con gesti di attenzione, un saluto, un sorriso, una battuta) gli ritorni adesso indietro moltiplicato. Per questo ci ha esortati a coltivare le relazioni con gli altri anche con piccoli gesti, condividendo con loro i vari momenti della vita.
Bello è stato il momento in cui ci ha raccontato di come il suo rapporto con la sofferenza altrui sia cambiato: adesso sente di avere più empatia verso chi soffre, anche per coloro che fino ad oggi aveva considerato dei nemici cui opporsi. Ci ha raccontato di come una donna politica, anticattolica, sostenitrice di aborto e teoria gender, la cui faccia lui non riusciva a guardare neppure in televisione senza ricoprirla di insulti, sia adesso diventata per lui una sorella sofferente non appena ha saputo che aveva un tumore alle ossa. Alessandro è riuscito a pregare per lei ed ha ringraziato il Signore perché grazie alla sua malattia ha imparato a pregare sinceramente per i bisogni di tutti, inclusi quelli dei propri nemici.

3) L'IRONIA
Il terzo ingrediente per affrontare cristianamente la sofferenza e la morte è l'ironia. A chi non abbia conosciuto Alessandro, basta dire che se c'era una caratteristica che tutti gli riconoscevano, era proprio la sua ironia: la battuta sempre pronta, la volontà di ridere insieme per ogni cosa, la simpatia che sprizzava da tutti i pori. E come l'ironia ha sempre fatto parte della sua vita, questo valeva anche per gli altri componenti della sua famiglia, come hanno confermato le stesse figlie. Certamente con l'arrivo di questa malattia non era scontato riuscire a mantenere uno sguardo ilare e gioioso sulla vita eppure Alessandro e la sua famiglia, con l'aiuto della Grazia di Dio, hanno superato la prova. Del resto tutti i santi erano in grado di ridere delle proprie mancanze, perché, come ha ribadito lui stesso, è meglio ridere di una forchetta che ti casca di mano o di un ginocchio che cede sotto il proprio peso, piuttosto che affliggersi e macerarsi. Anche perché l'ironia è proprio nel momento della disperazione che aiuta a vivere meglio.
A conclusione della serata dobbiamo fare un ringraziamento speciale ad Alessandro Giunti che sta portando avanti con la vita tutto ciò che ha sempre professato con le parole, senza disperarsi, senza recriminare a Dio e dimostrando davvero fiducia nella Provvidenza, tanto coraggio e coerenza. E grazie anche alla testimonianza silenziosa delle sue figlie, che hanno lasciato i paesi all'estero dove vivevano e lavoravano per tornare ad assistere il babbo sostenendolo come due colonne.



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Conferenza n.106 del 30 luglio 2021
Ospite: Alessandro Giunti / Argomento: Eutanasia

ACCETTARE LE COSE CHE NON SI POSSONO MODIFICARE
''Anche se ho la SLA, rido perché sono vivo, perché ragiono e perché ogni mattina che vedo il sole sorrido e ringrazio la Provvidenza''


"Accettare le cose che non si possono modificare...", diceva un vecchio adagio. Ma che c'è di più inaccettabile di una malattia che ti conduce alla morte dopo aver imprigionato una mente vigile in un corpo immobilizzato? L'ineluttabilità di certi eventi rende difficile la rassegnazione: la SLA ti priva del movimento, ti impedisce di fare le cose a cui tenevi di più. Correre, camminare, andare a funghi, coltivare il tuo lavoro, i tuoi impegni sociali, goderti boschi, albe, tramonti, mare e paesaggi sconfinati: tutto questo se lo è portato via la SLA, la Stronza, come la chiamava un malato illustre, il calciatore Borgonovo.
Ma capacità di ragionamento e sensi intatti ti permettono di godere ancora del meglio che ti riserva la tua vita. Prima di tutto l'amore, quello che dai ai tuoi cari e ai tuoi amici, quello che da loro ricevi e il circuito affettivo che da qui si genera. Quanto più forte è la pena, tanto più tangibile diventa l'amore che la contrasta. E' così forte, l'amore, che ti sembra di poterlo toccare come un oggetto materiale, o di vederlo e sentirlo nell'aria come una nube di incenso profumato. Ogni bacio, ogni attenzione, ogni cura è un balsamo che lenisce le piaghe del cuore. Un affetto grande che è immagine dell'amore che Dio ha per noi, e che si manifesta tanto più forte nei panni che riceviamo per ripararsi dal freddo che ci attanaglia. Ho tanto freddo in questo momento, ma ho anche tanti panni (di cashmere!). A consolarmi infatti, oltre all'amore di Dio e dei miei cari, c'è anche la possibilità che ho di attingere alle risorse della mente, che mi hanno sempre guidato anche quando stavo bene.
La prima fra queste è la capacità di stringere i denti nelle avversità e temperarle con tanti sentimenti positivi, tra i quali regna su tutte l'ironia della vita. Sembra che ci voglia un gran coraggio per mettersi a ridere in una situazione come questa, ma a pensarci bene, di fronte a una forchetta che ti cade di mano o a una gamba che cede sotto il tuo peso, richiede meno sforzo riderci sopra che affliggersi e macerarsi. L'ironia in casa mia non è mai mancata, abbiamo imparato l'uno dall'altro a ridere di tutto soprattutto di noi stessi. "Un po' per celia, un po' per non morire" come diceva Madama Butterfly. Quante tensioni, quanti rovelli mentali e quanti strascichi rancorosi ci risparmia una visione della vita scanzonata e positiva anche in frangenti come questo in cui verrebbe spesso da dire "ma che c'hai da ride?". Che c'ho da ride? Rido perché comunico! Rido perché ricevo baci e cortesie, perché prego, perché sono fedele a me stesso e a quello in cui ho sempre creduto. Rido perché so' vivo, perché ragiono e perché ogni mattina che vedo il sole sorrido e ringrazio la Provvidenza.
La mia forza è dentro di me, ma l'amore e l'allegria che ricevo dall'esterno la fanno emergere, la coltivano e la fortificano. Quando la malattia sarà ai suoi gradi peggiori, non lo so se tutto questo riuscirà a sostenermi come adesso, però intanto vivo, rido, prego, combatto la Stronza e amo.
Alessandro Giunti
Fonte: Blog di Sabino Paciolla, 20 maggio 2021
COMMENTI DI TRE GIOVANI PRESENTI ALLA CONFERENZA

Alessandro comunica una forza incredibile. Ha gli occhi così vivi che superano la carrozzina che ha sotto di sé. Mi ha fatto capire che dalle difficoltà impariamo sempre e quando siamo più fragili, ci sentiamo più bisognosi di amore e cerchiamo sostegno negli altri e in Dio. Mi è piaciuto quando ha raccontato l'esperienza del parapendio, che aveva voglia di volare, che nulla è a caso, e che il male non capita solo a chi se lo merita, ma è insito nella storia di ogni uomo e per questo spesso non lo capiamo. Pensavo che la sua testimonianza mi avrebbe reso triste, invece mi ha travolto la sua autenticità, la sua fede e la sua simpatia. Grazie.

Federica

Di Alessandro mi ha colpito quando ha detto, nonostante la gravità della sua malattia, "Dio è stato fin troppo buono con me".

Giovanni

Ho visto un uomo ridere davanti alla morte. Un soldato che non ha ancora finito di combattere la sua buona battaglia.

Antonio


http://www.amicideltimone-staggia.it/it/articoli.php?id=226




domenica 26 settembre 2021

Un articolo sulla guarigione del cardinale Burke. Una grande iniezione di fiducia per noi tutti!







domenica 26 settembre 2021

La nostra fiducia può avere dei limiti?


Nella nostra traduzione [di Chiesa e postconcilio] da "The Catholic Thing" Un articolo di Elizabeth A. Mitchell, 25 settembre 2021, sulla guarigione del cardinale Burke. Una grande iniezione di fiducia per noi tutti!



di Elizabeth A. Mitchell, 25 settembre 2021

Poco più di un mese fa, il centralino del Paradiso ha preso fuoco. Nel mondo si è sparsa la voce che il cardinale Raymond Burke stava lottando per la vita, attaccato a un ventilatore in terapia intensiva a causa del COVID, e i fedeli sono entrati in azione. L'effetto in Paradiso deve essere stato simile alla scena iniziale de "La vita è una cosa meravigliosa" di Frank Capra, con le preghiere che si riversavano dalla famiglia, dagli amici e dai bambini più piccoli: “Devo tutto a George Bailey. Aiutalo, caro padre»... “Giuseppe, Gesù e Maria, aiutate il mio amico”... "Non pensa mai a se stesso, Dio."... "Lo amo, caro Signore, veglia su di lui stasera."... “Per favore Dio, c'è qualcosa che non va con papà. Per favore, riporta indietro papà".


In quelle ore strazianti di inizio agosto, i fedeli hanno voluto dal cuore di Dio un miracolo di guarigione per il cardinale Burke. Abbiamo tirato il mantello del Signore – con la donna dell'emorragia; abbiamo detto al Signore che la Sua Parola sarebbe stata obbedita – con il centurione credente; e poi abbiamo aperto il tetto e calato dalle travi il nostro amico ai piedi di Cristo – con gli uomini delle ultime risorse.


Durante il periodo della prova del Cardinale Burke, Nostro Signore ha permesso a questo fedele ed eroico difensore della Verità e del Magistero di Cristo di entrare nel Suo Cuore e di vivere lì la Sua Passione. Egli soffriva, attaccato a quel ventilatore, per i bisogni e le intenzioni di tutti noi. Il cardinale Burke ci dice nella sua Lettera di ringraziamento : «Offro tutto ciò che soffro per la Chiesa e per il mondo».


E non lo abbiamo abbandonato nella lotta [qui - qui - qui]. Una volta mi era stato concesso di pregare al capezzale di un padre spirituale, in Piazza San Pietro, a Roma, alla vigilia della morte di Papa San Giovanni Paolo II. In quell'umida sera di aprile, i cardinali dissero alla folla: "Quando muore un padre, i figli si inginocchiano al capezzale e pregano". Ci siamo inginocchiati in preghiera e abbiamo consegnato, dolcemente, Papa San Giovanni Paolo II al Padre.


Ma lo scorso agosto, il mondo sapeva che non era il momento del cardinale Burke. Non poteva essere il suo momento. E, se lo fosse stato, avremmo avuto bisogno che il Signore riorganizzasse il programma.
Noi come fedeli abbiamo guardato in faccia ciò che avrebbe significato, per ciascuno di noi personalmente e per la Chiesa collettivamente, perdere quest'anima santa in mezzo a noi. Ci siamo inginocchiati con lo spirito fuori dal suo ospedale, sperando che il Cardinale potesse sentire le nostre preghiere, che arrivavano da tutto il mondo. Abbiamo pregato tutti insieme lì. Abbiamo pregato e abbiamo supplicato.


Le chiamate si riversavano. "Come sta il cardinale?"
"Combatte come un campione", è stata la risposta costante. E lo era.
Nostro Signore ha avuto pietà delle nostre terribili preghiere. I santi non hanno fatto mancare la loro intercessione.


Gianna Emanuela Molla, figlia di Santa Gianna Beretta Molla, mi ha raccontato come ha implorato i suoi santi genitori di guarire il Cardinale, tanto devoto alla loro intercessione e al loro amore. Di recente ci ha detto: “Ho detto al Cardinale in che modo e quanto ho implorato i miei santi genitori, che non avevo mai pregato e implorato tanto quanto avevo fatto per lui, e che avessero pietà di me e di tutte le mie lacrime!" Nella sua preghiera ha deposto la reliquia e il ricordo dei suoi genitori sulla berretta del Cardinale, abbassandogli il cappello rosso attraverso il tetto celeste e implorando la guarigione.E ci siamo sentiti tutti così.


Era del Signore, e si era abbandonato alla Divina Provvidenza. Ma aveva pregato per tutti noi, nei nostri bisogni grandi e piccoli, e ora avevamo bisogno di essere lì per lui.

E poi, il Signore ha risposto alla nostra incessante inondazione di preghiere, messe, ore sante, novene, rosari e lacrime. Ha concesso il dono della guarigione a quest'uomo, nostro caro amico, che avevamo calato attraverso il tetto ai piedi di Cristo nei nostri cuori.

È stato liberato dalla presa del virus insidioso. Nostro Signore ha soffiato il Suo Spirito nei polmoni, nel cuore e nel flusso sanguigno del Cardinale. E il cardinale Burke è stato in grado di alzarsi, lentamente, con cautela, per rialzarsi e riprendersi.

E ora, preghiamo per la sua completa guarigione. La lenta, estenuante guarigione di chi ha affrontato la morte, ed è tornato a portarci speranza.

Durante quei giorni oscuri e dolorosi di preghiera, ho ricevuto un messaggio che mi ha permesso di continuare a chiedere un miracolo. Un amico mi ha inviato le parole semplici e piene di fede della piccola Santa Teresa di Lisieux: "Come può la mia fiducia avere dei limiti?"

Come può la nostra fiducia avere dei limiti? Dobbiamo rimuovere i limiti alla nostra fiducia perché il Signore non è vincolato da alcun limite.

Se il tetto impedisce il miracolo, togli il tetto! S. Agostino ci ispira: “Quando i suoi portatori non poterono portarlo al Signore, aprirono il tetto e lo calarono ai piedi di Cristo. Forse lo vuoi fare in spirito: aprire il tetto e abbassare al Signore un'anima paralitica” (Sermone Sui pastori, sant'Agostino).

La paralisi può essere anche interiore. Può essere nei nostri cuori, o nella mente, o nello spirito. Non possiamo muoverci da soli, indifesi e paralizzati. Ma la guarigione è possibile. “Forse il medico stesso è nascosto all'interno. . . Rivela dunque ciò che è nascosto e così aprirai il tetto e fari scendere il paralitico ai piedi di Cristo».

Possiamo farlo nella preghiera. Possiamo farlo l'uno per l'altro. Possiamo portare le nostre anime bisognose a Cristo. Attraverso il tetto potrebbe essere l'unico modo. E l'anima ferita sarà posta davanti al Cuore guaritore, consolatore, di Cristo, consolazione «che sanerà ciò che è rotto».


Abbiamo visto la potente mano guaritrice di Dio. Abbiamo chiesto il miracolo. Nella Sua grande misericordia, Nostro Signore lo ha concesso. Ti ringraziamo, Signore, con cuore colmo di gratitudine. Togliamo il tetto e abbassiamo a Cristo i nostri cuori. Possiamo esser certi, senza ombra di dubbio, che la nostra fiducia in Lui non è mai troppa.


[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]







martedì 21 settembre 2021

Ordinazioni diaconali e suddiaconali a Firenze: intervista al mons. Wach dell'Istituto Cristo Re







martedì 21 settembre 2021


Nella nostra traduzione da L'Homme nouveau una recente intervista a mons. Gilles Wach dell'Istituto Cristo Re. Sull'abolizione degli ordini minori da parte di Paolo VI e sulla loro peculiarità per il servizio all'altare vedi. E anche qui - qui.




Martedì 14 settembre, festa dell'Esaltazione della Santa Croce, Monsignor Giovannetti, Vescovo emerito di Fiesole (Italia), ha proceduto a Firenze all'ordinazione di quattro diaconi (tre francesi e uno portoghese) e quattro suddiaconi (due inglesi e due americani) per l'Istituto di Cristo Re Sovrano Sacerdote (ICRSP). Mons. Gilles Wach, fondatore e priore generale dell'istituto, è stato così gentile da rispondere alle nostre domande su questo evento e sul significato liturgico di questa bella cerimonia.

Monsignore, si sono appena svolte diverse ordinazioni diaconali e suddiaconali per l'Istituto Cristo Re di Firenze. Cosa ne pensa dell'impegno di questi giovani?



Ringrazio anzitutto la divina Provvidenza per averci inviato tante vocazioni al servizio di Dio e della sua Chiesa. Sono anche colpito e grato per la risposta di questi giovani leviti e per gli impegni seri e seri che prendono davanti a Dio e alla sua Chiesa. Il nostro mondo è così materialista e così anticristiano che ci vuole coraggio per rispondere oggi alla chiamata del Signore e, inoltre, anche la Chiesa è invasa da un naturalismo che sembra dominare la spiritualità e la pastorale. L'opera teologica del cardinale Siri Getsemani (Téqui) è un antidoto contro tutti questi negatori della grazia, la stiamo studiando a Gricigliano. [Il blog pubblica molti documenti del card. Siri rintracciabili col motore di ricerca interno -ndT]

Chi ha celebrato queste ordinazioni in assenza del cardinale Burke in via di guarigione?


Ha celebrato le ordinazioni Sua Eccellenza Monsignor Giovannetti, Vescovo emerito di Fiesole. Ci conosce ormai da trent'anni, e recentemente è venuto a Gricigliano per la Messa pontificale e l'omelia in occasione del nostro Capitolo Generale. La sua predicazione è sempre di grande autorevolezza e spiritualità. Egli rappresenta ai miei occhi l'Episcopato italiano dei decenni precedenti che è stato di grande qualità e anche di grande santità, come il Cardinale Elia Dalla Costa, Arcivescovo di Firenze, il cui processo di beatificazione è in corso. Monsignor Giovannetti conosceva bene, e riceveva nella sua sede vescovile, il vescovo della mia formazione sacerdotale e dei miei primi anni di sacerdozio: il cardinale Siri. Ringrazio il Cielo per aver conosciuto questi grandi servitori della Chiesa, questi autentici successori degli apostoli, e sono lieto di vedere che le nuove generazioni possono beneficiare della loro saggezza. La maggior parte di loro, infatti, si è formata alla scuola romana di cui San Tommaso d'Aquino era maestro, della cui formazione l'ultimo Concilio Vaticano ha ricordato l'importanza. È bello anche vedere la loro grande bontà, la loro grande semplicità nei rapporti umani e la loro dignità necessaria per il carattere episcopale di cui sono depositari.

Sulla stessa scia di questi grandi, vi dò notizie del cardinale Burke. La sua salute migliora, sta riposando, e così prepara il suo ritorno a Roma. Continuiamo a pregare per lui.


Cosa significano esattamente il diaconato e il suddiaconato nel rituale tradizionale?



Nel rituale tradizionale, gli ordini minori (ostiariato, lettore, esorcistato e accolitato) e gli ordini maggiori sono fasi, gradi preparatori al sacerdozio. Ciascuno di questi ordini configura ulteriormente il candidato al sacerdozio a Cristo Sommo Sacerdote e conferisce un potere sacerdotale, essenzialmente religioso, riguardo al santo mistero della Messa. Per prendere un'immagine, ogni ordine minore o maggiore è un gradino da salire per raggiungere il sacerdozio.

Nel rituale tradizionale vi sono dunque sei gradi preparatori al sacerdozio, che è una grandissima ricchezza. Queste varie tappe sottolineano la grandezza e la dignità del sacerdozio, poiché ciascuna di esse deve essere superata per raggiungere il sacerdozio. Inoltre, permettono di dare tempo, sia alla Chiesa che ai chierici, per discernere seriamente se c'è o meno una chiamata del Signore, o meno, alle vocazioni più belle, ma più impegnative.

Il rito dell'ordinazione, così come le funzioni liturgiche dei diaconi e dei suddiaconi, ci informano sul significato di questi ordini sacri.

Il suddiacono incarna, mi sembra, il servo. La parola diacono, infatti, deriva dal greco "διά Κονος, diákonos" che significa "servo". Servo di Dio certo, ma anche servo della Chiesa e delle anime. Durante la messa, il suddiacono assiste il diacono e simboleggia l'Antico Testamento, mentre il diacono simboleggia il Nuovo Testamento. È per questo che il suddiacono si vela il volto dall'offertorio, per mostrare che l'antica Legge era solo la prefigurazione della Legge evangelica, e che quindi non godeva ancora della piena luce della Rivelazione.

Fu infine nel suddiaconato che, secondo l'antica disciplina della Chiesa, si assumeva l'impegno alla recita dell'Ufficio divino e al celibato.

Il diaconato è l'ultimo grado prima del sacerdozio. Il diacono all'altare assiste direttamente il sacerdote. Inoltre, può distribuire la Santa Comunione, predicare, battezzare e ricevere lo scambio dei consensi al matrimonio. [vedi anche documenti di cui ai link nell'incipit -ndT]


Questi nuovi diaconi e suddiaconi stanno ora partendo per l'apostolato?



Questi nuovi ordinati, tranne uno, rimarranno in seminario per continuare la loro formazione. Di solito uno dei loro anni formativi, spesso quello che separa la filosofia dalla teologia, è dedicato all'apostolato per aiutare i nostri canonici, che sono davvero molto contenti quando un seminarista o un diacono può assisterli nel loro ministero. I diaconi possono predicare, portare la Comunione ai malati, e soprattutto esercitare la loro funzione liturgica durante le cerimonie solenni. Alcuni seminaristi aiutano anche nelle nostre numerose scuole e nelle nostre missioni in Africa.


Infine, come è andato il ritorno al seminario di Gricigliano? (quanti seminaristi?)



Ho appena finito di predicare gli esercizi spirituali ai nostri ventisei nuovi seminaristi. So anche che molti candidati, cioè futuri seminaristi, si sono uniti ai nostri apostolati anche negli Stati Uniti, in Inghilterra o in Germania per preparare l'inizio dell'anno scolastico nel settembre 2022.
I superiori del seminario e della facoltà sono felici di iniziare questo nuovo anno per formare, sostenere e aiutare questi giovani leviti che provengono da tutti i ceti sociali, sia geograficamente che socialmente. Li ho ricevuti tutti personalmente e sono commosso nel vedere che il Signore, anche in questi tempi difficili, riserva per sé anime belle per servire la Chiesa.




[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]







domenica 19 settembre 2021

E' meglio pregare molto o pregare poco e bene?

 





"E' meglio pregare molto che pregare poco e bene! A volte troviamo delle persone che - specialmente nel Rosario - ci dicono: "Ma cosa stai a dire a fare cinquanta Ave Maria? Meglio dirne una detta bene che cinquanta dette male!". 

Non sono d'accordo su questo. Gesù ha forse detto è meglio pregare poco? C'è quel passo in cui dice "Non sprecate parole come i pagani..." ma non è l'esortazione a pregare poco, anzi, il vangelo dice: "Insegnò una parabola sulla necessità di pregare SEMPRE!". 

E' meglio pregare poco e bene ma pregare poco è sbagliato; meglio pregare bene, ma chi può dire "Io prego bene"? 

Io posso sapere se prego molto, questo sì posso saperlo. 

Allora io mi ripeto continuamente, non cinquanta ma cento, Ave Maria, Padre Nostro, Gloria al Padre... ripetizione! 

Perchè mentre io prego a ripetizione a un certo punto lo Spirito Santo - se vive in me, se sono umile - prende queste preghiere e le porta a Dio. 

Noi infatti non sappiamo pregare. Non sappiamo nemmeno cosa è conveniente domandare, dice S. Paolo. Lo Spirito Santo è Colui che intercede presso Dio con gemiti inesprimibili". 

(Padre Serafino Tognetti)



















Una Chiesa in ritirata anziché in uscita


Ecco cosa manca alla Chiesa in uscita




sabato 18 settembre 2021


È singolare constatare come, nel corso della sua storia bimillenaria, l’atteggiamento della Chiesa cattolica di fronte a epidemie e pandemie sia sempre stato improntato dal coraggio e alla carità. Al di là dell’episodio arcinoto di san Francesco che bacia il lebbroso, sono decine i santi che hanno rischiato e anche dato la vita durante pestilenze, epidemie e guerre, per soccorre i poveri, gli ultimi, i più colpiti.

È paradossale, al contrario, che proprio nell’era della retorica bergogliana della “Chiesa in uscita”, e della “Chiesa ospedale da campo”, questo “ospedale” aperto a tutti da millenni sia stato improvvisamente chiuso.

Chiuso per profilassi igienico-sanitaria. La sospensione delle Messe, voluto dai vari governi e accettato senza esitazione dai vari episcopati, è un fatto che non si era mai verificato, nemmeno durante le due Guerre mondiali, nemmeno nelle ore più terribili della storia, in occasione di disastri, inondazioni, terremoti.

La “Chiesa in uscita” è divenuta infine la “Chiesa in ritirata”, anzi in “fuga precipitosa”. Una Chiesa che sembra non aver fiducia nella preghiera, che preferisce l’amuchina all’acqua benedetta, accondiscendente e rispettosa verso tutte le regole della burocrazia sanitaria, ma con poca fiducia nella potenza salvifica della Grazia, che accoglie un Vaccino sperimentale di dubbia utilità e discretamente pericoloso come un Messia ma che non sa più dire una parola sull’anima e il suo destino.

Una Chiesa che, nel bel mezzo del terrore panico, è riuscita a chiudere persino le piscine di Lourdes: quella Lourdes che da 150 anni è stata una sfida continua alle norme igienico-profilattiche senza mai divenire un ricettacolo di infezioni, anzi, manifestando eventi straordinari che persino medici atei hanno dovuto riconoscere. 

(Gianluca Marletta)







venerdì 10 settembre 2021

I consigli di don Gabriele Amorth su come pregare








Di Rita Sberna -10 Settembre 2021

Il sacerdote esorcista nato al cielo nel 2016, ci ha lasciato dei consigli su come potere pregare quotidianamente.

Sappiamo bene che don Gabriele Amorth è stato un grande sostenitore delle apparizioni di Medjugorje, ha anche approfondito il contenuto dei messaggi della Madonna attraverso la sua conoscenza teologica e mettendoli sempre a confronto con il Vangelo. La Madonna ci chiede di pregare tutti i mesi, ciò significa che per Maria, la “preghiera” ha un grandissimo valore.

Ma qual’è la preghiera raccomandata dalla Vergine? Come dobbiamo pregare affinché la nostra preghiera sia efficace e gradita a Dio?


I consigli di Padre Amorth


Don Gabriele Amorth, commentando i messaggi della Regina della Pace in un’assemblea romana, ci aiuta a trovare la risposta ai nostri interrogativi.

Ecco cosa diceva il prete esorcista: “Molti intendono la preghiera così: “dammi, dammi, dammi…” e poi, se non ricevono quello che chiedono, dicono: “Dio non mi ha esaudito!”. La Bibbia ci dice che è lo Spirito Santo che prega per noi con gemiti inenarrabili, per chiedere le grazie di cui abbiamo bisogno. La preghiera non è il mezzo per piegare la volontà di Dio alla nostra. E’ legittimo che noi preghiamo per quelle cose che a noi sembrano utili, che vediamo necessarie per noi, però ricordiamoci sempre che la nostra preghiera deve essere subordinata alla volontà di Dio.

Il modello di preghiera resta sempre la preghiera di Gesù nell’orto: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice, ma avvenga come vuoi tu, non come voglio io”. Tante volte la preghiera non ci dà quello che noi chiediamo: ci dà molto di più, perché spesso quello che noi chiediamo non è il meglio per noi. Allora la preghiera diventa il grande mezzo che piega la nostra volontà alla volontà di Dio e fa sì che noi ci uniformiamo ad essa. Molte volte sembra quasi che noi diciamo: “Signore, io ti chiedo questa grazia, spero che sia conforme alla tua volontà, ma dammi questa grazia”. Più o meno implicitamente è questo il ragionamento, come se noi conoscessimo ciò che è meglio per noi. Tornando all’esempio di preghiera di Gesù nell’orto, a noi sembra che questa preghiera non sia stata esaudita, perché il Padre non ha passato quel calice: Gesù ha bevuto fino in fondo; eppure nella lettera agli Ebrei noi leggiamo: “Questa preghiera è stata esaudita”. Vuol dire che Dio molte volte esaudisce a modo suo; infatti non esaudito la prima parte della preghiera: “Se è possibile passi da me questo calice”, ha esaudito la seconda parte: “…ma si faccia come vuoi tu, non come voglio io”, e siccome il Padre sapeva che era meglio per Gesù, per la sua umanità, e per noi che lui patisse, gli ha dato la forza di patire.

Inoltre il sacerdote ricorda: “La Madonna ci esorta anche a pregare in gruppo, in famiglia… In questo modo la preghiera diventerà fonte di unione, di comunione. Anche in questo caso dobbiamo pregare per avere la forza di uniformare la nostra volontà alla volontà di Dio; perché quando siamo in comunione con Dio entriamo in comunione anche con gli altri; ma se non c’è comunione con Dio, non c’è neppure tra noi”.

Fonte. Gaudium Press di Rita Sberna

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giovedì 9 settembre 2021

Il metodo del modernista







di Aurelio Porfiri - Settembre 9th, 2021


Sto godendo della lettura di un libro di Roger Trudeau-LeBlanc chiamato Feeding the Lord’s flock. A contemporary understanding of Pascendi and the errors of modernism. È un libro che completamente si ispira a quella grande Enciclica di san Pio X del 1907, che condannò il movimento di riformismo cattolico conosciuto sotto il nome di modernismo come “la sintesi di tutte le eresie”. In effetti il modernismo compendia tutto ciò che è necessario per distruggere non solo la religione cattolica, ma tutte le religioni.

In un certo punto del libro, ispirato da papa Sarto, l’autore delinea il metodo del modernista. Il modernista fa capo a tre principi: agnosticismo, trasfigurazione e sfiguramento. Come funzionano questi principi? 

“I modernisti ci dicono che nella Persona di Cristo non trovano nulla del divino nella sua vita da una prospettiva storica. Poiché rifiutano il divino in Cristo, non resta che il Gesù umano di cui misurano la vita secondo la scienza e i dati storici. 

E qui vediamo all’opera i loro “tre principi”: In virtù del loro principio fondante che è l’“agnosticismo”, tutto ciò che nella storia è indicativo del divino nella persona di Gesù Cristo deve essere rifiutato.

Allora, secondo il loro secondo principio, la Persona storica di Cristo è stata indebitamente “trasfigurata” nel tempo dalla fede di coloro che lo volevano divino, quindi, tutto ciò che lo eleva al di sopra della condizione umana storica deve essere rimosso. 

E, ultimo ma non meno importante, il loro terzo principio, che afferma che la Persona di Cristo è stata “sfigurata” dalla fede dei credenti in Lui, richiede che tutto ciò che di Lui non è conforme al carattere, alle circostanze e all’educazione secondo il tempo in cui ha vissuto deve essere scartato, e ciò include ciò che si dice delle sue opere e parole. 

Questo è il ragionamento assurdo di un Modernista, ma nondimeno è il suo approccio alla Critica Storica” (Modernists tell us that in the Person of Christ they find nothing of the divine in his life from a historical perspective. Since they reject the divine in Christ, they are left only with the human Jesus whose life they measure according to science and historical data. And here we see their “three principles” at work: In virtue of their foundational principle which is “agnosticism”, anything in history that is suggestive of the divine in the person of Jesus Christ must be rejected. Then, according to their second principle, the historical Person of Christ was unduly “transfigured” over time by the faith of those who wanted him to be divine, so therefore, everything that raises Him above the historical human condition must be removed. And last but not least, their third principle which claims that the Person of Christ has been “disfigured” by the faith of believers in Him requires that everything about Him that is not in keeping with the character, circumstances, and education according to the time in which He lived must be discarded, and that includes what is said of His deeds and Words. This is the absurd reasoning of a Modernist, but nonetheless, it is his approach to Historical Criticism).

Ora, è ben inteso che seguendo questi principi che ben rappresentano il pensiero tipico del modernista, nulla è accettabile del pensiero tradizionale della Chiesa, la dottrina Cattolica verrebbe totalmente stravolta. 

Interpretando attraverso questi principi la fede nulla rimane in piedi. Ma, penso, non sorprenderà nessuno apprendere che in realtà sono proprio questi principi, questo metodo, che in un modo o nell’altro hanno guidato il pensiero teologico negli ultimi decenni. 

Se fate il giochetto di applicare questo metodo vi renderete conto che è stata la chiave di lettura con cui praticamente in tempi recenti ci è stata presentata la nostra fede.








Ascolto, ma di chi? Le parole bolla di sapone del Sinodo




Pubblicati due documenti fondamentali della prossima fase sinodale sulla sinodalità. Dalle parole-chiave che si trovano disseminate in tutto il vademecum (ascolto, inclusione, partecipazione, sogno, speranza, novità, cambiamento, stereotipi, pregiudizi, dialogo, riconciliazione, condivisione, periferie, discernimento, accessibilità, equità, corresponsabilità) si può parlare di parole-bolla di sapone tanto sono vuote di senso specifico e quanto, per lo stesso motivo, sono riempibili di qualunque senso. L’inclusione e il dialogo riguardano anche le eresie? La condivisione è un valore in sé indipendentemente dai contenuti condivisi? Stereotipi e pregiudizi riguardano anche aspetti della dottrina?





DOTTRINA O NARRAZIONE?
EDITORIALI
Stefano Fontana, 09-09-2021

La Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, guidata dal Cardinale maltese Mario Grech, ha pubblicato i due documenti fondamentali della prossima fase sinodale che interesserà nei prossimi anni la Chiesa universale e le Chiese locali. Il primo è il Documento preparatorio (vedi qui) dal titolo “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione” e il secondo è il Vademecum (vedi qui) ossia un insieme di indicazioni operative e strumenti da utilizzarsi soprattutto nelle Chiese locali. Come si sa il tema del sinodo sarà la sinodalità. Sta per partire la fase che viene chiamata di consultazione che verrà aperta a Roma il 9 e 10 ottobre e poi il 17 ottobre nelle Chiese locali. Per un anno le Chiese locali continueranno questo lavoro di consultazione secondo le indicazioni del vademecum e, finalmente, nell’ottobre 2023 ci sarà la XVI assemblea di tutti i vescovi del mondo a Roma.

Si tratta evidentemente di un percorso lungo, complesso e molto macchinoso – si pensi che il Comitato centrale del Sinodo dovrà stendere addirittura due Instrumenta Laboris – e viene facile pensare quanto ne guadagnerebbe l’evangelizzazione se tutte queste energie fossero ad essa direttamente dedicate, sottraendole alle riunioni e ai documenti. Nonostante il vademecum dica che strumento del Sinodo non è “produrre documenti” e che la Chiesa sinodale non deve essere “autoreferenziale”.

Ad una prima lettura dei due lunghi testi e, soprattutto, interrogandosi sulla stranezza e la reale portata di un sinodo che parla di se stesso – un sinodo, appunto, sulla sinodalità – vien subito da pensare che dobbiamo prepararci ad un lungo periodo rischioso. La preoccupazione per il percorso che sta per iniziare si basa sulle due interpretazioni che si possono dare di esso, entrambe poco rassicuranti. Il fatto spiacevole è che non se ne intravede una terza. Da un lato il percorso sinodale si presenta come fluido o addirittura liquido, aperto al nuovo da qualunque parte arrivi, disposto a qualche avventura. Dall’altro lato esso potrebbe essere invece già predefinito nei suoi esiti e il lungo cammino sinodale essere solo l’occasione per far emergere aspetti di una nuova Chiesa già decisi. Un periodo sinodale molle e plastico, dai contorni indefiniti che potrebbe produrre novità dirompenti (e laceranti) oppure rigidamente contornato nei suoi esiti. Non si pensi, però, che le due possibilità siano necessariamente antitetiche.

Tra i due documenti il più importante si dimostrerà essere il vademecum perché dice come si deve pensare e cosa si deve fare mentre il Documento preparatorio verrà probabilmente trascurato in quanto prevalentemente dottrinale.

Ora, ecco un breve elenco delle parole-chiave che si trovano disseminate in tutto il vademecum: ascolto, inclusione, partecipazione, sogno, speranza, novità, cambiamento, stereotipi (da abbandonare), pregiudizi (pure da abbandonare), dialogo, riconciliazione, condivisione, periferie, discernimento, accessibilità, equità, corresponsabilità. Credo che si possa parlare di parole-bolla di sapone tanto sono vuote di senso specifico e quanto, per lo stesso motivo, sono riempibili di qualunque senso. L’inclusione e il dialogo riguardano anche le eresie? La condivisione è un valore in sé indipendentemente dai contenuti condivisi? Stereotipi e pregiudizi riguardano anche aspetti della dottrina? Sogno, novità, cambiamento si qualificano in quanto tali o dipendono da cosa si sogna, da quale sia la novità che si affronta e da che tipo di cambiamento andiamo incontro?

Le espressioni più ambigue dei due documenti – può sembrare strano a dirsi – sono quelle più centrali: la sinodalità è un “camminare insieme”, bisogna porsi “in ascolto dello Spirito”. Dovrebbero essere espressioni-guida di tutte le altre, ed invece si dimostrano confuse. Il camminare in quanto tale è privo di senso e il fatto di farlo insieme non lo arricchisce minimamente. Lo Spirito va certamene ascoltato e parla sicuramente anche oggi ma non possiamo pensare che dica cose contrarie a quelle dette nei duemila anni precedenti. Che lo Spirito spiri dove vuole è ugualmente certo, ma ciò non vuol dire che spiri ugualmente dappertutto e che per ascoltarlo meglio sia doveroso accettare tutto quanto il mondo produce.

Da queste cosiderazioni emerge il pericolo della possibile deriva nei cambiamenti privi di verità. Ma si tratta di una fase consultiva, si dirà. Certamente, però una Chiesa che ascolta prima di dire la propria è molto più pericolosa di una che dice la propria e poi ascolta. Se badiamo alle recenti esperienze, l’ascoltare è stato un mezzo per far dire cose che non si sarebbero altrimenti potute dire. E così si torna alla seconda interpretazione. La situazione la si vuole liquida, aperta, disponibile alla novità, poco perimetrata perché si desidera che da questa fase sinodale emergano novità pirotecniche non solo e non tanto nei documenti finali, che in fondo rimarranno sempre documenti che nessuno legge, ma negli input al nuovo che la prassi sinodale, o meglio la “conversione sinodale” produrrà. Novità che sono già progettate e incubate oggi.






mercoledì 8 settembre 2021

Festa della Natività di Maria

 



08 Settembre 2021

Così san Pier Damiani ricorda la Festa della Natività di Maria che la Chiesa celebra l’8 settembre:


«Oggi è il giorno in cui Dio comincia a mettere in pratica il suo piano eterno, poiché era necessario che si costruisse la casa, prima che il Re scendesse ad abitarla. 

Casa bella, poiché, se la Sapienza si costruì una casa con sette colonne lavorate, questo palazzo di Maria poggia sui sette doni dello Spirito Santo.

Salomone celebrò in modo solennissimo l’inaugurazione di un tempio di pietra. Come celebreremo la nascita di Maria, tempio del Verbo incarnato? 

In quel giorno la gloria di Dio scese sul tempio di Gerusalemme sotto forma di nube, che lo oscurò. 

Il Signore che fa brillare il sole nei cieli, per la sua dimora tra noi ha scelto l’oscurità (1 Re 8,10-12), disse Salomone nella sua orazione a Dio. 

Questo nuovo tempio si vedrà riempito dallo stesso Dio, che viene per essere la luce delle genti. 

Alle tenebre dei Gentili e alla mancanza di fede dei Giudei, rappresentate dal tempio di Salomone, succede il giorno luminoso nel tempio di Maria. 

E’ giusto, dunque, cantare questo giorno e Colei che nasce in esso» 

(San Pier Damiani, Sermone sulla Natività di Maria)







martedì 7 settembre 2021

CORONAVIRUS E ALTRI MALI CON L’AIUTO DI CHESTERTON






Di Fabio Trevisan, 6 settembre 2021


“È pura anarchia dire che un medico può sequestrare e segregare chi gli pare. Alcuni grandi igienisti potrebbero recintare o limitare la vita di tutta la cittadinanza, la tirannide è attuabile”.

“Trattare tutta la gente in buona salute come se fosse malata”

“La vaccinazione, nei suoi cent’anni di pratica sperimentale, è stata contestata quasi quanto il battesimo nei suoi circa duemila. Ma ai nostri politici sembra perfettamente naturale imporre la vaccinazione e parrebbe loro follia imporre il battesimo”.




Stiamo assistendo, giorno dopo giorno, a uno stillicidio di opinioni mediatiche, scientifiche, politiche sull’opportunità o meno dei vaccini, dei loro effetti collaterali a medio e a lungo termine, sull’obbligatorietà del green pass, sulle manifestazioni “pro e contro i no-vax”, sulla dittatura sanitaria e coercitiva che va sempre più instaurandosi. Non potendo più contare su un Magistero che possa illuminare dall’alto, su un’autorità che sappia impostare il problema sanitario in modo corretto, sono dovuto ricorrere a un testo di un secolo fa di Gilbert Keith Chesterton, “Eugenetica e altri mali”, al quale mi sono ispirato persino nel titolo, poiché tutti quelli altri mali paventati dal grande scrittore cattolico inglese sono ancora quelli che stiamo vivendo.

Innanzitutto Chesterton denunciava la strana mescolanza tra la stupidità corrente, il fanatismo pseudo-scientifico e l’arroganza politica fino all’invettiva esplicita contro “i malfattori straricchi” di allora (Harriman, Carnegie, Rockefeller) che sostenevano la pianificazione familiare, l’evoluzionismo razzistico darwiniano e l’eugenetica. Ora, potremmo sostituire quei “malfattori straricchi” con i filantropi capitalisti odierni (Gates, Soros, Bezos), che hanno finanziato il business dei vaccini, che hanno sorretto organizzazioni internazionali (OMS), ONG, politici, banche e mass media.

Riguardo alla “dittatura sanitaria” che sempre più si sta imponendo, nel 1969 il Dr. Alan Guttmacher, che è stato vice-presidente dell’Associazione eugenetica americana e presidente del Planned Parenthood dal 1962 al 1974, scriveva nella prestigiosa rivista medica Medical World News: “Ogni Paese dovrà decidere la propria forma di coercizione e determinare come essa vada impiegata”. Non dovremmo quindi meravigliarci troppo di trovarci nella forma di coercizione che questi tempi riservano: allora si chiedeva un esame, un patentino per potersi sposare e legittimamente procreare, ora si chiede un green pass per poter andare a teatro, al ristorante, al cinema, a scuola, sui mezzi pubblici. Quel patentino di allora era rilasciato da una Commissione di esperti sanitari, scienziati, sostenuta da filantropi, politici così come adesso. Il principio di discriminazione di allora (abili alla procreazione/deboli di mente inadatti) rimane lo stesso (vaccinati responsabili/non vaccinati irresponsabili).

Chesterton denunciò quelle aberranti ideologie eugenistiche un secolo fa, prima dell’avvento di Mengele e degli orrori del nazismo e del comunismo. Egli ci può aiutare, anche ora, a comprendere l’origine di questi mali, ossia il clima necessario non solo dove può attecchire e propagarsi il virus ma ciò che ancor di più divorava e divora la società: l’anarchia silenziosa e l’abnorme peccato di una società atea e materialista. Ecco cosa scriveva nel 1922: “Un’anarchia silenziosa consuma la nostra società. Devo soffermarmi su questa espressione, perché la vera natura dell’anarchia è perlopiù fraintesa. L’anarchia non è necessariamente violenta né viene necessariamente dal basso. Un governo può diventare anarchico tale e quale un popolo”. Distinguendo tra anarchia e rivoluzione, in quanto la rivoluzione mira a minare un ordine costituito per instaurare un nuovo ordine, mentre l’anarchia richiama all’assenza di ogni ordine e governo, egli chiariva come l’anarchia fosse la condizione d’animo o di comportamento di chi non poteva fermarsi: “È la perdita di quell’autocontrollo che permette di tornare alla normalità…è chiaro che questa sorta di caos può impadronirsi dei poteri che governano una società così come della società governata”.

Questa “anarchia silenziosa” aveva contestato la legittima autorità e si era separata dalla ragione e dal senso comune con tutte le allarmanti conseguenze che Chesterton intravedeva e a cui noi stiamo assistendo: “Non c’è luogo di incontro fuori della ragione”. Fuori della ragione c’era la pazzia di chi negava il reale, il senso comune, il senso profondo di quella sanità che non può prescindere da Dio: “Il medico non ha diritto di somministrare la morte in quanto rimedio a tutti i malanni (pensiamo alla terrificante attualità del dibattito sulla liceità dell’eutanasia), come non ha l’autorità morale per imporre un nuovo concetto di felicità”.

Egli aveva sottoposto a critica quanto, ancor oggi, viene presupposto superficialmente: “Prevenire meglio che curare”. Così si esprimeva in questo coraggioso saggio del 1922: “Meglio prevenire che curare. Commentando questa posizione, io dissi che equivaleva a trattare tutta la gente in buona salute come se fosse malata…qui sta la fondamentale fallacia di tutto il discorso sulla medicina preventiva. La prevenzione non solo è meglio della cura: è peggio perfino della malattia. Prevenzione significa essere invalidi a vita, con l’esasperazione supplementare di godere ottima salute. Chiederò a Dio, ma non certo all’uomo, di prevenirmi in tutte le mie azioni”.

In un quadro sostanzialmente ateo e materialistico, i concetti di “salute” e “felicità” erano indipendenti da ciò che riferiva alla sfera spirituale e interiore, tanto che tutto rimaneva necessariamente orientato al godimento del corpo, alle sue sensazioni ed emozioni. In una visione e fede cristiana la “salute” e la “felicità” assumono contorni completamente diversi poiché la salute è davvero inscritta in Dio e nella Sua grazia. Nella “grammatica eugenista” come in quella da coronavirus, le caratteristiche atee e materialiste dei propugnatori salutisti suggerivano le parole che corrispondevano a una visione senza anima, orizzontale e piatta, che rifletteva quel principio di immanenza contrapposto alla trascendenza di una visione in cui Dio c’è e c’entra con la nostra vita. Ecco così apparire, come aveva con lungimiranza previsto Chesterton, la vera tirannia: “E’ pura anarchia dire che un medico può sequestrare e segregare chi gli pare. Alcuni grandi igienisti potrebbero recintare o limitare la vita di tutta la cittadinanza, la tirannide è attuabile”. Queste considerazioni finali che propongo fanno davvero rabbrividire per la sconcertante attualità e fanno arrabbiare e interrogare sul perché non siano state prese in considerazione. Ecco cosa scriveva: “Chi tenta davvero di tiranneggiare tramite il governo è la scienza. Chi usa davvero il braccio secolare è la scienza. È il credo che davvero estorce decime e si impadronisce delle scuole, il credo che davvero è proclamato non in prediche ma in leggi e diffuso non da pellegrini ma da poliziotti…La nostra vera “Chiesa ufficiale” è il materialismo: perché è il materialismo che gode davvero dell’aiuto del governo nel perseguitare i suoi eretici. La vaccinazione, nei suoi cent’anni di pratica sperimentale, è stata contestata quasi quanto il battesimo nei suoi circa duemila. Ma ai nostri politici sembra perfettamente naturale imporre la vaccinazione e parrebbe loro follia imporre il battesimo”.

Fabio Trevisan









lunedì 6 settembre 2021

La 'messa dei secoli passati', non tollerata in una parrocchia francese, celebrata tra le rovine




6 settembre 2021






Effetto Traditionis custodes. Vedi l'indice degli articoli.
Paix Liturgique riferisce la disavventura di un gruppo di cattolici nel corso di un recente fine-settimana educativo per via del permesso negato di celebrare la Messa tradizionale nella chiesa parrocchiale. 



6 settembre 2021

“Non prestiamo più la chiesa per i riti dei secoli passati!”.

Questa la risposta del diacono permanente Philippe Pinganaud alla richiesta di Jean-Pierre Maugendre - Presidente dell'Associazione Renaissance catholique - di poter celebrare la messa tradizionale nella chiesa del villaggio di Béruges per l'Università d'Estate della stessa Associazione dal 27 al 29 agosto. Della cappella dell'ex Abbazia di Pin, che ospitò quell'Università, restano solo pochi ruderi, non privi di fascino. Era parso quindi naturale ai fedeli chiedere accoglienza alla vicina parrocchia cattolica per il tempo di una Messa. La messa è stata poi celebrata tra le rovine della cappella abbaziale, all'aria aperta. 

Questi, in sintesi, i commenti:

Questa vicenda è rivelatrice della malafede di molti chierici nei confronti di fedeli attaccati alla liturgia tradizionale con cui sperano di scoraggiarli. Inventano regole inesistenti e comunque abusive esenti da qualunque correzione quando viene adita l'autorità legittima.
L'idea è di rendere complicato o addirittura impossibile ciò che non dovrebbe esserlo: celebrare una messa cattolica in una chiesa cattolica da parte di un prete cattolico. Alla fine si tratta di apartheid liturgico: fuori! Non ti vogliamo! La segregazione religiosa ha dunque degli esempi evidenti nella Chiesa di Francia.

Nella parrocchia di Sainte Clotilde a Poitou, ciò che la Chiesa pratica da secoli non è nemmeno più tollerato. Siamo lontani dalle parole di pace di Papa Benedetto XVI nella sua lettera ai vescovi del 7 luglio 2007: “Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso.”

“Non prestiamo più la chiesa per i riti dei secoli passati!”. Se si è deciso di non prestare più la chiesa, è prova che prima c'erano richieste di celebrazioni di messe tradizionali. È con cognizione di causa che i nemici della pace hanno deciso di estirpare una liturgia che sanno apprezzata e praticata da tanti fedeli e sacerdoti. Questa politica della terra bruciata è persa in anticipo. Trascurare la realtà per fini di parte è un bell'esempio di ideologia.

Cosa significa “i riti dei secoli passati”? L'ultima versione del messale tradizionale del 1962 con cui il sacerdote avrebbe celebrato la messa se la parrocchia di Béruges avesse accettato appartiene a un secolo passato diverso dal nuovo messale del 1969? Caso da manuale di ermeneutica della rottura!

La messa è stata infatti celebrata tra le rovine della cappella abbaziale, all'aria aperta. Un magnifico esempio di resistenza pacifica alla tirannia dei nemici della pace liturgica! I nemici del Motu Proprio di Benedetto XVI possono chiudere le chiese e preferirle tristemente vuote piuttosto che vedere la tradizionale liturgia celebrata lì, ma questo non eviterà in alcun modo l'incrollabile attaccamento dei fedeli, che diventano più giovani e più numerosi.

Questo è quanto succede a Saint Germain en Laye dove i fedeli sono stati costretti a partecipare alla celebrazione della Messa ogni domenica per più di un anno... all'aperto, sul piazzale della cappella ospedaliera che le autorità ecclesiastiche preferiscono chiudere...
Ovunque i fedeli attaccati alla massa tradizionale siano respinti dalle autorità, la pacifica e immancabile determinazione prevarrà sull'odio e sull'ideologia dei vecchi uomini del 1968.


Fonte: Paix Liturgique, Lettre 820 ricevuta via mail
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]







domenica 5 settembre 2021

Fratelli ma senza un Padre perché privi del Figlio. Da “cristiani anonimi” a “Fratelli tutti”






Nel testo che segue
padre Serafino Maria Lanzetta collega la nozione di “cristiani anonimi” al centro della riflessione di Karl Rahner (precedente su Rahner qui) all’ultima enciclica di Francesco, Fratelli tutti, nella quale peraltro manca Cristo, il Figlio di Dio, che ci rende figli del Padre e “c’è solo l’uomo che si affratella naturalmente agli altri uomini sulla mera base di istanze sociali o di un amore umano non ben precisato” (vedi) L'editoriale per il numero in uscita di Fides Catholica, sullo stesso argomento, reca il titolo: Fratelli ma senza un Padre perché privi del Figlio. Da “cristiani anonimi” a “Fratelli tutti”




Serafino Maria Lanzetta 05/09/2021

C’è un’affinità di non poco rilievo tra i cosiddetti “cristiani anonimi” di K. Rahner (1904-1984) e l’ultima enciclica di papa Francesco, Fratelli tutti. Ma anche un superamento considerevole della teoria teologica del gesuita tedesco nel discorso di Francesco sulla fratellanza universale. Vediamo perché partendo da un punto focale in entrambi che è l’uomo. Chi è costui?


«L’uomo – al dire di K. Rahner – è l’evento dell’auto-comunicazione assoluta di Dio». Questa è una delle espressioni più originarie del teologo tedesco che si trova nel suo Corso fondamentale sulla fede (or. 1974) e anche una delle più problematiche. Una sintesi della sua visione dell’uomo al centro della Rivelazione, non solo come colui che riceve, ma soprattutto come momento necessario di saldatura di Dio con il tempo e la storia. Per Rahner né si da un Dio che non si auto-comunichi né un uomo che non sia sempre uditore, luogo ed evento della Parola. Di conseguenza, Dio non ci sarebbe senza l’uomo e perciò l’uomo non potrebbe non essere in comunione con Dio. Per questo Dio è già in ogni uomo, che lo sappia o meno, che si ponga il problema o no. Importante è che sia sé stesso, che rimanga evento di Dio nel mondo.

Cosa intende Rahner per “evento”? Che Dio è presente nell’uomo come «termine della trascendenza», intesa quest’ultima come auto-trascendenza dell’uomo, cioè capacità di andare oltre sé stesso e di aprirsi alla totalità dell’essere e quindi a Dio. Ciò significa che noi conosciamo Dio come conosciamo noi stessi, nell’intima esperienza della libertà di scelta. Il termine (la nostra trascendenza) e l’oggetto (l’essere divino) coincidono. Quindi conoscenza, apertura dell’uomo a Dio e Dio stesso in fondo sono la medesima cosa.


Ciò che Rahner intende superare è un falso concetto teologico secondo cui il dono che Dio fa di sé stesso è o un evento storico o un’esperienza trascendentale. No, a suo giudizio il dono è entrambe le cose. Il Vangelo storico ci sollecita a rispondere, mentre la nostra risposta ci consente di trascendere quello che eravamo prima. Nella nostra esperienza intesa come auto-riflessione, auto-conoscenza e auto-trascendenza, riconosciamo Dio come colui che ci chiama, ci assiste e ci viene incontro.

Dio non lo riconosciamo più nella sua Rivelazione storica attraverso signa et verba (segni e parole divini), come vuole un sano approccio teologico al mistero. La Rivelazione diventa invece un’auto-comunicazione storica di Dio all’uomo attraverso la coscienza che l’uomo ha di sé in quanto aperto alla trascendenza; ciò in virtù dell’approccio trascendentale di Kant alla conoscenza, con il suo a-priori nelle dodici categorie conoscitive della ragion pura. Il tomismo rahneriano chiaramente non è quello di San Tommaso ma quello trascendentale del gesuita belga J. Marechal (1878-1944), a cui Rahner si ispira così da cucire insieme l’apriorismo conoscitivo di Kant e l’esistenzialismo di Heiddeger. L’uomo è aperto a tutto l’essere che poi è ciò che si dà come esistente, nel mondo, ma lo coglie in modo a-priori, prima ancora di conoscere le singole cose. Questo essere a cui l’uomo è aperto sarebbe già Dio, colto comunque in modo trascendentale e non ancora categoriale.


L’uomo perciò è aperto alla trascendenza in modo trascendentale, cioè in modo necessario e a-priori in virtù del primato del soggetto nella conoscenza. Tale apertura a Dio è resa possibile dal fatto che essa è sì insita nella conoscenza ma allo stesso tempo è anche una grazia, o meglio, più che grazia, è già presenza di Dio nell’uomo.

Questo legame indissolubile tra la presenza di Dio nell’uomo e l’apertura dell’uomo a Dio è dato dal cosiddetto “esistenziale soprannaturale”: una geniale invenzione di Rahner ma difatti un tertium quid, un’aggiunta superflua. Esso è esistenziale perché è offerto a tutti: ogni persona è ordinata alla comunione con Dio. Ma è anche soprannaturale, perché la comunione con Dio sarebbe impossibile se Dio non ci avesse già dato la capacità di raggiungerla. Addirittura l’esistenziale soprannaturale viene definito da Rahner quale vero essere della persona umana ordinata alla comunione con Dio. L’uomo può protestare contro questa auto-comunicazione divina ma l’offerta e il dono è per tutti e accade quale esistente.


Salta chiaramente il concetto di potenza obbedienziale della natura, cioè la capacità della natura di obbedire a Dio quando la libertà dell’uomo si apre al dono della grazia in virtù della grazia stessa che muove la libertà. E salta anche il concetto di grazia quale partecipazione alla natura divina. Non c’è partecipazione ma auto-comunicazione. Salta la distinzione tra natura e grazia e tra grazia sufficiente e grazia efficace. La grazia, cioè Dio nell’uomo, non può che essere sempre efficace e quindi la salvezza è già in tutti. L’uomo è già in comunione con Dio in modo irriflesso o atematico. Se lo sarà in modo categoriale è bene e più santo certamente, ma non pregiudica il fatto stesso di esserlo. Quindi ciò non toglie che ogni uomo sia già in comunione con Dio.

Di più, l’auto-comunicazione di Dio non è solo un dono gratuito e una grazia. Ma è anche «una condizione necessaria che rende possibile l’accettazione del dono». Con il dono di Sé stesso, Dio renderebbe partecipe l’uomo anche del dono di ricevere il dono medesimo. Il dono e colui che dona sono la medesima persona dice il teologo tedesco. Per cui l’uomo in qualche modo è “obbligato” da Dio in modo libero ad accettare il dono di Sé. Dov’è pertanto la libertà di rifiutare la grazia o la libertà di scegliere un’azione cattiva? Infatti, per Rahner, l’uomo che sceglie in modo trascendentale è sempre rivolto a Dio e quindi fa il bene; in modo categoriale potrebbe invece scostarvisi e scegliere qualcosa di inferiore, che sarà tuttavia un bene “pre-morale”. L’uomo in virtù di una “libertà fondamentale” o “opzione fondamentale”, di cui Rahner è il capostipite, non può che scegliere Dio. De facto il peccato non esiste più e non va più attribuito alle singole azioni morali. Il vero peccato è l’opzione contro Dio, che comunque sarebbe impossibile in virtù dell’apertura trascendentale-esistenziale a Lui. Se sono tutti anonimamente santi e tutti cristiani che ne sarà del peccato? Sarà qualificato come una scelta sbagliata o una reminiscenza del passato e basta, ma non un’offesa (aversio) a Dio. Ci dice qualcosa questo oggi?


Riflettiamo ancora e guardiamo a questo discorso in modo prospettico. Se l’uomo è lui stesso il mezzo necessario dell’auto-comunicazione di Dio, non potrebbe succedere che un domani si dimentichi di Dio, di essere la sua auto-comunicazione e diventi invece solo auto-comunicazione di sé a sé stesso? Se cioè stanco di Dio o dell’essere solo in funzione dell’auto-comunicazione di Dio inizi a interessarsi solo di sé stesso o in ambito cattolico si inizi perfino a giustificare l’ateismo come un’opzione possibile perché umana? Rahner potrebbe essere preso talmente sul serio da superare anche la capacità trascendentale dell’uomo di essere aperto a Dio, finendo in una mera apertura dell’uomo all’uomo. Il rischio però è che l’uomo si accontenti di essere fratello di tutti anche senza saperlo o senza esserlo. E così arriviamo ai nostri giorni.

C’è senza dubbio una continuità ma anche una discontinuità tra Rahner e la Fratelli tutti. La continuità consiste nel fatto che l’uomo è al centro e Dio è un postulato della conoscenza dell’uomo; si dà come termine della trascendenza della conoscenza umana. Cioè un Dio in vista dell’uomo e non l’uomo in vista di Dio. Questo è il cuore della svolta antropologica rahneriana e della Chiesa dei nostri giorni.


La discontinuità consiste invece nel fatto che Rahner ha a cuore il problema dell’ateismo occidentale e vuole trovare una soluzione perché l’uomo sia in qualche modo orientato a Dio. Per il gesuita tedesco il Cristianesimo primeggia tra le religioni perché è accesso a Dio, è poter vedere Dio che rimane invisibile. Per la Fratelli tutti invece Dio non c’è e sembra che non ce ne sia bisogno. Manca vistosamente Cristo, il Figlio di Dio, che ci rende figli del Padre. C’è solo l’uomo che si affratella naturalmente agli altri uomini sulla mera base di istanze sociali o di un amore umano non ben precisato. Amore eros, filos, filantropico, agape: non è dato di sapere. Ciò che si sa è che non si tratta di un amore-caritas, l’amore che Dio ha riversato su di noi nel Figlio e che ci muove. Tutto è volto nell’enciclica di papa Francesco a superare la religione e a trovare un accordo tra gli uomini più duraturo, ma a-religioso o forse super-religioso. Tutti dovrebbero reputarsi fratelli, anche se non lo sanno.

La Fratelli tutti fa a meno di Dio e di Cristo, in un passaggio-chiave quando si spiega la parabola del Buon Samaritano: «In quelli che passano a distanza c’è un particolare che non possiamo ignorare: erano persone religiose. Di più, si dedicavano a dare culto a Dio: un sacerdote e un levita. Questo è degno di speciale nota: indica che il fatto di credere in Dio e di adorarlo non garantisce di vivere come a Dio piace. Una persona di fede può non essere fedele a tutto ciò [che] la fede stessa esige, e tuttavia può sentirsi vicina a Dio e ritenersi più degna degli altri. Ci sono invece dei modi di vivere la fede che favoriscono l’apertura del cuore ai fratelli, e quella sarà la garanzia di un’autentica apertura a Dio» (n. 74).


Sembra che si dica che adorare Dio e non adorarlo sia dopotutto la stessa cosa. Per di più, se l’adorazione porta alla chiusura del cuore è meglio tralasciarla per soccorrere con le nostre forze quell’uomo incappato tra i briganti. In realtà, la vera adorazione, quella che si dà al Padre in Cristo suo Figlio per mezzo dello Spirito Santo, non conduce mai ad ignorare il prossimo, anzi ne è la ragion d’essere e il nutrimento necessario. L’uomo di oggi fa a meno di Dio, ma la soluzione non sta nel dare Dio a tutti indifferentemente. Altrimenti rischiamo di renderlo superfluo e di iniziare a pensare con il mondo, che fa tutto come se Egli non esistesse.


Padre Serafino Maria Lanzetta