lunedì 29 aprile 2024

Dio infligge castighi alle nazioni colpevoli?





29 APRILE 2024


Dal “Catechismo dei diritti divini nell’Ordine Sociale” di A.Philippe



Dio infligge dei castighi, in questo mondo, alle nazioni colpevoli?


E’ alquanto difficile rispondere a questa domanda in modo chiaro e completo. Tra i cattolici intrisi di liberalismo non si accetta la teoria del castigo inflitto ai paesi colpevoli.


Su quale tesi si appoggiano i cattolici che affermano che l’espiazione, per le società, si compie in questo mondo?

La teoria sulla quale ci si basa è la seguente: gli individui che hanno commesso dei peccati, possono espiarli in questo mondo. Se non li espiano quaggiù, li espieranno nell’eternità. Gli individui saranno dunque castigati in proporzione ai peccati commessi, in Purgatorio, riparando a essi, sia all’Inferno, subendovi in tormenti esterni. Le Società, come tali, non entrano nell’eternità. Se si sono rese colpevoli, non possono che essere castigate in questo mondo. Ora, il loro peccato è un peccato contro la giustizia, che necessita riparazione. Per questo, i Paesi che hanno abbandonato il Signore devono espiare e riparare quaggiù e compete alla saggezza di Dio infliggere ai Popoli dei castighi conformi ai suoi progetti terni.


Cosa intendete per castighi conformi ai suoi progetti eterni?

Con ciò intendo dire che i Paesi, i popoli e ogni Società devono a Dio, per rigorosa giustizia, se sono colpevoli, una riparazione e una espiazione. L’entità di questa espiazione, soprattutto quando essa deve compiersi attraverso i castighi divini, è lasciata alla saggezza e alla decisione divina: dio non è obbligato ad infliggere un castigo sociale solo perché tale castigo è meritato. Spesso, potremmo dire sempre, Dio si comporta nei riguardi dei popoli secondo i disegni della Sua misericordia e del suo amore, guidati dal suo desiderio di salvare le anime. In un castigo sociale, preparato, voluto e compiuto da Lui, troviamo sempre la volontà salvifica di Dio. Attraverso il castigo sociale, Dio vuole raggiungere le anime e riportarle a Sé. Questo è il motivo per cui non è facile sondare i disegni eterni nel castigo con cui Egli colpisce i Paesi. Ciò che dobbiamo considerare è che Dio può castigare, che castiga effettivamente e che, per evitare i suoi castighi, bisogna che l’intero Ordine Sociale si sottometta a Lui.






Aosta, fake sull'aborto ostacolato. Sconcertante Roccella



Le femministe accusano volontari pro-vita di obbligare le donne che vogliono abortire ad ascoltare il battito del cuore. Pronta smentita dell'Ausl locale, ma il ministro per la Famiglia ne approfitta per affossare la proposta di legge "Un cuore che batte".



DIRITTO ALLA VITA

VITA E BIOETICA 



Le femministe del Centro donne contro la violenza di Aosta hanno denunciato sabato 27 aprile che alcune donne, che si sarebbero recate in presidi ospedalieri pubblici, sarebbero state costrette ad ascoltare il battito cardiaco da alcuni volontari pro-life, per dissuaderle dal procedere con l’aborto. Immediate e scontate le polemiche lanciate da sinistra, che non si sono placate neanche dopo la pronta smentita dell’Ausl di Aosta che ha dichiarato che «non risultano volontari di associazioni provita nei consultori o in ospedale e nessuna segnalazione in tal senso è arrivata all’Azienda e al Dipartimento politiche sociali né da parte di cittadini né da parte di associazioni».

Sul caso è intervenuto anche il Ministro per la Famiglia Eugenia Roccella, nel corso del dibattito “Obiettivo natalità” tenutosi in seno alla conferenza programmatica di FdI, “L’Italia cambia l’Europa”, che si sta svolgendo a Pescara. «Far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili. È una cosa che non bisogna fare, però non è stato certamente un volontario a fare questo perché per far sentire il battito c'è bisogno di un'ecografia e di un ginecologo, quindi si tratta di una prassi che evidentemente è stata di qualche ginecologo e quindi è giusto che casomai sulla stampa emerga questa cattiva prassi medica».

Bene ha fatto la Roccella ad evidenziare l’impossibilità che un volontario sia riuscito a far ascoltare il battito cardiaco alla madre. La segnalazione delle femministe peraltro ha tutta l’apparenza di una grossa bufala: guarda caso, infatti, prende di mira contemporaneamente la proposta di legge Un cuore che batte e il possibile inserimento di associazioni pro-life nei consultori proposto di recente dal governo.
In tal senso la Roccella ha fatto male a dare per vero questo fatto, imputando la scelta di far ascoltare il battito ad un ginecologo. C’è da ipotizzare che nessun ginecologo abbia compiuto quest’azione soprattutto perché i medici obiettori sono estromessi da tutto l’iter abortivo, procedure di diagnosi comprese.

Sul resto il Ministro ha confermato la sua posizione liberal in tema di aborto e più in generale sui temi eticamente sensibili. Appare chiarissimo il suo tentativo di affossare la proposta di legge Un cuore che batte. Ma entriamo più nel merito.

Innanzitutto viene da chiedersi perché dovrebbe essere una cattiva prassi medica quella di far ascoltare il battito cardiaco del feto. Si parla tanto di consenso informato e di libertà di scelta della donna e dunque, assumendo questa prospettiva che nei suoi termini radicali è erronea, perché non far prendere consapevolezza alla donna che nel suo ventre c’è suo figlio? Perché dissuaderla dal tenere il bambino non facendole ascoltare il suo battito? Non è violentare la sua libertà privandola di un’opzione? Dunque anche usando la grammatica erronea dei pro-choice arriveremmo alle medesime conclusioni dei pro-life, che però come premessa partono dalla intangibilità del nascituro: bene far ascoltare il battito cardiaco del feto.
Ed usando invece una grammatica propria di una sana antropologia si potrebbe aggiungere: stornare la donna da un figlicidio tramite l’ascolto del suo battito è atto che rende la persona libera; di contro, permetterle di compierlo, privandola di questo stimolo uditivo, la renderà schiava per sempre dei sensi di colpa.

In secondo luogo questa pratica potrebbe rientrare benissimo, senza il bisogno di una proposta di legge ad hoc, in quegli esami diagnostici che un medico, in scienza e coscienza, potrebbe prescrivere in vista di un aborto. Di converso, dove sarebbe finita la libertà della professione medica? Questa scelta potrebbe rientrare pianamente nel comma 2 dell’art. 5 della 194: «Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa […] anche sulla base dell'esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l'interruzione della gravidanza». Primo punto: chi decide della necessità di alcuni accertamenti? Il medico.

Secondo punto: far ascoltare il battito cardiaco lede la dignità della donna e la sua libertà? Sulla libertà ci siamo già espressi in precedenza. Sulla dignità è facile argomentare: solo le azioni buone sono consone all’intima preziosità della persona. Far ascoltare il battito per dissuadere una donna dall’aborto è atto consono alla dignità della persona. Consigliare l’aborto è invece contrario a tale dignità.

Terzo punto: il comma 2 poi ci dice che il medico può valutare insieme alla donna ed eventualmente al padre i motivi per cui vuole abortire. Ovviamente ciò sottintende l’intenzione di stornarla dall’aborto, altrimenti perché valutarli se ho di fronte una donna che vuole abortire? Quarto punto: sempre nel comma 2 si aggiunge che tale valutazione tesa a far nascere il bambino si può avvalere anche degli accertamenti clinici, tra cui quindi anche l’ascolto del battito cardiaco. In soldoni, l’ascolto del battito può far cambiare idea alla donna ed è quanto indicato dal comma 2.

D’altronde il fine dissuasivo è presente – seppure pro forma – nella stessa 194. Solo per citare il passaggio più esplicito: «I consultori familiari istituiti […] assistono la donna in stato di gravidanza: […] d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza». E far ascoltare il battito non può essere un modo per superare le cause che inducono ad una scelta abortiva?

Si potrebbe obiettare che il medico può anche ascoltare solo lui il battito cardiaco, senza necessità di farlo ascoltare alla madre. Si risponde che in genere il paziente è sempre interessato a prendere conoscenza degli esiti degli esami diagnostici, altrimenti perché farli? E poi sarebbe una proposta, non una imposizione. Una possibilità, non un dovere. Ciò detto, però ricordiamo che già oggi chi chiede un aborto deve procedere a certi esami diagnostici. Non vuoi farli? Non puoi abortire, ex lege 194.

Eppure di fronte a tutte queste argomentazioni, la Roccella ha avuto il coraggio di affermare: «Far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili È una cosa che non bisogna fare».








Allarmi Antifascisti Obsoleti e il Comunismo (Reale) delle Elites






27 Aprile 2024 Pubblicato da Marco Tosatti 

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Osservatore Marziano, sempre molto attento ai fatti di quaggiù, offre alla vostra attenzione queste riflessioni sul tema del giorno. Buona lettura e condivisione.




Osservatore Marziano

Caro Tosatti, sono turbato. Ma non perché il Papa va a parlare di IA in Puglia, patria del suo adorato don Tonino Bello. Neppure perché il Ministro Crosetto non vuole che venga candidato il Generale Vannacci. Neppure perché si è denunciato l’ospedale di Aosta perché si osa far ascoltare il battito del cuore della creatura prima di abortire. Ma son turbato per alcuni articoli che ho trovato oggi sul maggior quotidiano al mondo “antifascista” per vocazione, missione e intelligenza. Questo quotidiano (indovinello? chi sarà?) rappresenta anche l’unico caso conosciuto al mondo dove i suoi giornalisti hanno, di fatto, sfiduciato il Direttore e pure l’Editore, facendo un “buy-out” della direzione del giornale .

Oggi dicevo, due articoli scritti dalla cupola di potere culturale del quotidiano, mi hanno eccitato. Uno parla di “Storia manomessa con menzogne e omissioni. Così la -nuova destra-cancella l’antifascismo” .

Il secondo (di firma molto, molto autorevole… anche se da almeno un decennio piuttosto obsoleta..) spiega invece “L’opportunismo degli intolleranti..Perché il fascismo non è di altri tempi”!

Allarmi!

Segnalo invece, anche un articolo intelligente, scritto sul suo sito, dal direttore della Fondazione Van Thuan (Stefano Fontana), il quale riprendendo i pensieri e gli scritti in proposito del grande filosofo Augusto del Noce, scrive che “la sinistra ha bisogno del fascismo per esistere”. Come un cancro per svilupparsi ha bisogno di ossigeno e sostanze nutritive, così il comunismo ha bisogno del fascismo quale male assoluto, arrivando a demonizzarlo quale “surrogato del diavolo” persino. Perciò il fascismo non deve mai morire affinché il comunismo viva. Non dimentichiamo che il fascismo è stato anzitutto socialismo e, se leggiamo Renzo de Felice intenderemo che a fondare il fascismo furono dirigenti socialisti. Ma anche questa è “storia manomessa” secondo il maggior quotidiano italiano antifascista che è stato controllato dalla redazione con un “colpo di stato”?

Il lettore di SC è invitato a riflettere perché è il sogno del neocapitalismo a sostenere il comunismo.

Detto sogno consiste nel controllare ricavi e profitti, per farlo deve controllare ed escludere la competizione dei concorrenti, per farlo deve arrivare ad una forma di monopolio. Per arrivare al monopolio deve arrivare al modello dirigistico comunista dell’ex Unione Sovietica.

Perciò le élites hipercapitalistiche vogliono “centralizzare” tutto, vogliono “centralizzare” ogni centro di decisione. Perciò noi dovremmo, in accordo con le grandi Encicliche sociali dei grandi passati Pontefici: “decentralizzare” il più possibile, affinché il controllo sui “propri affari” torni a chi ne è responsabile (per esempio la Famiglia …) . Si chiamava SUSSIDIARIETA’. Oggi è invece la famiglia ad esser sussidiaria agli Stati i quali sono sussidiari al super governo . E se per caso chi (ancora può votare alle elezioni ) sceglie candidati che non sono (nel pensiero e nell’anima…) comunisti, è un fascista… Sorbole!

Sono turbato dalla crescente stoltezza di voi umani , caro Tosatti. Ora vediamo cosa dirà in Puglia la massima autorità morale di Intelligenza Artificiale, che ha sostituito da tempo l’Intelligenza Umana. Noi su Marte, l’Intelligenza Marziana la proteggiamo a tutti i costi, perciò da noi l’Intelligenza Artificiale funziona ancora dopo qualche secolo che la utilizziamo…

suo OM






domenica 28 aprile 2024

Quarta Domenica dopo Pasqua




domenica 28 aprile 2024

L'istituzione dei Sacramenti.

Salve festa dies 

Abbiamo veduto Gesù costituire la sua Chiesa, affidare nelle mani degli Apostoli il deposito delle verità che formeranno l'oggetto della nostra fede. Ma vi è un'altra opera, non meno importante per il mondo, alla quale egli dedicherà le sue cure durante quest'ultimo periodo di soggiorno sulla terra. È l'istituzione dei Sacramenti. Non è sufficiente il credere: bisogna anche che noi diveniamo giusti, ossia conformi alla santità di Dio: bisogna che la grazia, frutto della redenzione, discenda in noi, si incorpori a noi, onde, divenuti membra viventi del nostro divin Capo, possiamo anche essere coeredi del suo Regno. Ora, è per mezzo dei Sacramenti che Gesù deve operare in noi questa meraviglia della giustificazione, applicandoci i meriti della sua Incarnazione e del suo Sacrificio, mediante i mezzi decretati dalla sua potenza e dalla sua sapienza.


Sorgenti e canali della grazia.


Sovrano padrone della grazia, egli è libero di determinare le sorgenti dalle quali la farà discendere in noi; a noi spetta di conformarci alla sua volontà.
Ognuno dei Sacramenti sarà, dunque, una legge della sua religione, di sorta che l'uomo non potrà pretendere gli effetti che il Sacramento stesso è destinato a produrre, se sdegna o trascura di compiere le condizioni secondo le quali esso opererà. Ammirabile economia che concilia, in un medesimo atto, l'umile sottomissione dell'uomo con la più prodiga larghezza della munificenza divina. Abbiamo dimostrato qualche giorno fa come la Chiesa, società spirituale, è nello stesso tempo una società visibile ed esteriore perché l'uomo, al quale era destinata, è composto di un corpo e di un'anima. Gesù, istituendo i Sacramenti, ha assegnato a ciascuno di essi un rito essenziale; e questo rito è esteriore e sensibile. Il Verbo, prendendo carne, ne ha fatto l'istrumento della nostra salvezza nella sua passione sulla croce: è per mezzo del sangue delle sue vene che egli ci ha riscattati; e, proseguendo nel suo piano divino, egli prende gli elementi della natura fisica come ausiliari, nell'opera della nostra giustificazione. Li eleva allo stato soprannaturale e ne fa, fino nel più profondo delle anime nostre, i conduttori fedeli e potentissimi della sua grazia. Così verrà applicato sino alle sue ultime conseguenze il mistero dell'incarnazione, che ha avuto per scopo di elevarci alla conoscenza e al possesso delle cose invisibili per mezzo di quelle visibili. Così pure si spezza l'orgoglio di Satana, che disprezzava la creatura umana, perché l'elemento materiale si unisce in essa alla dignità spirituale, e che rifiutò, per sua disgrazia eterna, di piegare il ginocchio davanti al Verbo fatto carne.

Allo stesso tempo, essendo i Sacramenti segni sensibili, formeranno un nuovo vincolo nei membri della Chiesa, già uniti per la sottomissione a Pietro e ai pastori che egli manda, e per la professione della medesima fede. Lo spirito Santo ci dice nella sacra scrittura che "lo spago a tre fili non si strappa così presto" (Eccl 4,12). Ora, questo è ciò che ci lega nella gloriosa unità della Chiesa; Gerarchia, Dogma e Sacramenti, che contribuiscono a fare di noi un sol corpo. Dal settentrione al mezzogiorno, dall'oriente all'occidente, i Sacramenti proclamano la fraternità tra i cristiani; in qualunque luogo sono il loro segno di riconoscimento, e quello che li distingue agli occhi degli infedeli. È a questo scopo che i Sacramenti sono identici per tutte le razze dei battezzati, qualunque sia la varietà delle formule liturgiche che ne accompagnano l'amministrazione: ovunque, la base è la stessa, e la medesima grazia si produce mediante i medesimi segni essenziali.


Il sacro settenario.

Gesù risorto sceglie il settenario come numero dei suoi sacramenti. Sapienza eterna del Padre, egli ci rivela fin dall'Antico Testamento, che si costruirà una casa, che è la santa Chiesa, e aggiunge che la farà riposare su sette colonne (Prov 9,1; questa Chiesa la raffigura in anticipo nel tabernacolo di Mosè, e ordina che un candelabro a sette bracci, ornato di fiori e di frutti, illumini giorno e notte il santuario (Es 25,37). Quando, in un'estasi, egli trasporta in cielo il suo discepolo prediletto, è per mostrarsi circondato da sette candelieri e tenendo sette stelle nella mano (Ap 1,12.16). Quando si manifesta sotto le sembianze dell'agnello vittorioso, questo ha sette corna, simbolo della forza, e sette occhi che significano l'estensione infinita della sua scienza (ivi 5,6). Presso di lui vi è il libro che contiene i destini del genere umano, e questo libro è suggellato con sette sigilli che solo l'Agnello può togliere (ivi 5). Davanti al trono della Maestà divina, il discepolo scorge sette Spiriti beati che ardono come sette lampade (ivi 4,5), attenti ai minimi ordini di Dio, e pronti a portare la sua parola fino agli ultimi limiti della creazione.


I sette peccati capitali.


Se adesso volgiamo lo sguardo verso l'impero delle tenebre, vedremo lo spirito del male occupato a contraffare l'opera divina, usurpando il settenario, per lordarlo consacrandolo al male. Sette peccati capitali sono lo strumento della sua vittoria sull'uomo; e il Signore ci avverte che, quando nel suo furore, Satana si slancia su un'anima, prende con sé i sette spiriti più cattivi che ha nell'abisso. Noi sappiamo che Maddalena, fortunata peccatrice, non ricuperò la vita dell'anima che dopo che il Salvatore ebbe espulso da lei sette demoni. Questa provocazione dello spirito dell'orgoglio forzerà la collera divina, quando cadrà sul mondo del peccato, a imprimere il settenario fino nella sua giustizia. San Giovanni c'insegna che sette trombe, suonate da sette Angeli, annunceranno le successive convulsioni della razza umana, (ivi 7,2) e che sette altri Angeli verseranno, di volta in volta, sulla terra colpevole, sette coppe riempite dalla collera di Dio (ivi 15,1).

Noi dunque che vogliamo essere salvati e gioire della grazia, in questo mondo, e del nostro Maestro risorto, nell'altro, accogliamo con rispetto e riconoscenza il Settenario misericordioso dei suoi Sacramenti.
Sotto questo numero sacro egli ha saputo racchiudere tutte le forme della grazia. Sia che, nella sua bontà, voglia farci passare dalla morte alla vita, per mezzo del Battesimo e della Penitenza; sia che cerchi di sostenere in noi la vita soprannaturale, e di consolarci nelle nostre prove, per mezzo della Confermazione, dell'Eucaristia e dell'Estrema Unzione; sia infine che provveda al ministero della sua Chiesa e alla sua propagazione, per mezzo dell'Ordine e del Matrimonio: non sarebbe possibile di trovare un bisogno dell'anima, una necessità della società cristiana, senza che egli ne abbia provveduto per mezzo delle sette fonti di rigenerazione e di vita che ha aperto per noi, e che non cessa di far scendere sulle nostre anime.
I sette Sacramenti sono sufficienti per tutto; uno solo di meno, e l'armonia sarebbe spezzata. Le Chiese dell'Oriente, separate dall'unità cattolica da tanti secoli, confessano con noi il settenario sacramentale; e il protestantesimo, portando, su tale numero, la sua mano profana, ha dimostrato, in questa come in tutte le sue altre pretese riforme, che il senso cristiano gli faceva difetto. Non ce ne meravigliamo; la teoria dei Sacramenti s'impone tutta intera alla fede; l'umile sottomissione dei fedeli deve accoglierla, prima di tutto, come venuta dal sommo Maestro: è quando si applica all'anima, che la sua magnificenza e la sua efficacia divina si rivelano; allora noi comprendiamo, perché abbiamo creduto. Credite et intelligetis.


Il Battesimo.

Oggi consacriamo la nostra ammirazione e la nostra riconoscenza al primo dei Sacramenti: al Battesimo. Il Tempo pasquale ce lo mostra in tutta la sua gloria. Noi l'abbiamo visto, il Sabato santo, compiere i voti dei fortunati catecumeni, e dare a popoli interi la vita della patria celeste. Ma questo mistero aveva avuto la sua preparazione. Nella festa dell'Epifania avevamo adorato l'Emmanuele, disceso nei flutti del Giordano, comunicare all'elemento dell'acqua, per mezzo del contatto della sua carne, la virtù di purificare tutte le macchia dell'anima. Lo Spirito Santo venne a posarsi sulla testa dell'Uomo-Dio, ed a fecondare, con il suo divino influsso, l'elemento rigeneratore, mentre la voce del Padre celeste risuonava nella nube annunciando l'adozione che, nel suo Figliolo Gesù, si sarebbe degnato di fare dei battezzati, oggetto della sua eterna compiacenza.

Già durante la vita mortale, il Redentore spiegò, di fronte ad un dottore della legge, le sue misteriose intenzioni. Egli disse: "Nessuno, se non nasce per acqua e Spirito, può entrare nel regno di Dio" (Gv 3,5). Secondo la sua abitudine, quasi costante, egli annuncia ciò che dovrà fare un giorno, senza compierlo ancora; noi sappiamo solamente che, non essendo stati puri nella nostra prima nascita, ce ne prepara una seconda che sarà santa, e che l'acqua ne sarà lo strumento.

Ma in questi giorni è venuto il momento per dichiarare la potenza che ha dato alle acque di produrre l'adozione progettata dal Padre. Indirizzandosi ai suoi Apostoli, dice loro, con la maestà di un re che promulga la legge fondamentale del suo impero: "Andate e ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo" (Mt 28,19). Ecco il beneficio principale che annunzia al mondo: la salvezza per mezzo dell'acqua, con l'invocazione della Santissima Trinità, poiché, dice egli ancora: "Chi crede e sarà battezzato, sarà salvo" (Mc 16,16). Rivelazione piena di misericordia per il genere umano; inaugurazione dei sacramenti, per mezzo della dichiarazione del primo, di quello che, secondo il linguaggio dei Padri, è la porta di tutti gli altri! Noi che gli dobbiamo la vita delle anime nostre col suggello eterno e misterioso che ci fa membri di Gesù, salutiamo con amore questo augusto mistero. San Luigi, battezzato nell'umile fonte di Poissy, si compiaceva di firmarsi: "Louis de Poissy"; considerando il fonte battesimale come una madre che l'aveva dato alla vita celeste, dimenticava la sua origine regale per non ricordare che quella di figlio di Dio. I nostri sentimenti devono essere gli stessi del santo re.

Ma ammiriamo la condiscendenza di Gesù risorto, quando istituì il più indispensabile dei suoi sacramenti. La materia che scelse era la più comune, la più facile ad incontrarsi. Il pane, il vino, l'olio d'ulivo, non stanno dappertutto sulla terra; l'acqua scorre in ogni luogo; la provvidenza di Dio l'ha moltiplicata sotto tutte le forme, affinché, nel giorno segnato, la fontana di rigenerazione fosse ovunque accessibile all'uomo peccatore. Il Salvatore ha affidato gli altri Sacramenti al sacerdozio che, solo, ha il potere di amministrarli; per il battesimo non sarà così. Qualunque fedele potrà esserne il ministro, senza distinzione di sesso, né di condizione. E vi è di più: qualunque uomo, anche se non è membro della Chiesa cristiana, potrà conferire al suo simile, per mezzo dell'acqua e dell'invocazione della santissima Trinità, la grazia battesimale che non è in lui, alla sola condizione di voler compiere seriamente, con questo atto, ciò che fa la Chiesa quando amministra il sacramento del Battesimo. E c'è ancora dell'altro: questo ministro del sacramento può mancare all'uomo che sta per morire; l'eternità si aprirà per lui senza che una mano altrui si alzi per versare sulla sua testa l'acqua purificatrice; il divin fondatore della rigenerazione delle anime, non l'abbandona in questo momento supremo. Che esso renda omaggio al santo Battesimo, che lo desideri con tutto l'ardore dell'anima sua, che abbia sentimenti di compunzione sincera e di vero amore; dopo questo, se egli muore, la porta del cielo sarà aperta a lui per mezzo del Battesimo di desiderio.
Ma il bambino che non ha ancora l'uso di ragione, e che la morte falcerà tra qualche ora, sarà dunque stato dimenticato in questa munificenza generale? Gesù ha detto che colui che crederà e sarà battezzato sarà salvo: come dunque otterrà la salvezza, questo essere debole che si spegnerà con la macchia del peccato originale e che è incapace di avere la fede? Rassicuratevi. La potenza del Battesimo si estenderà fino a lui. La fede della Chiesa che lo vuole per figlio, gli sarà imputata; che si versi l'acqua sulla sua testa in nome delle tre divine Persone, ed ecco, egli sarà cristiano per sempre. Battezzato nella fede della Chiesa, questa fede è adesso in lui personalmente, insieme con la Speranza e con la Carità; l'acqua sacramentale ha prodotto questa meraviglia. Ora può spirare; il regno del cielo è suo.

Tali sono, o Redentore, i prodigi che tu operi nel primo dei sacramenti, per effetto di quella tua volontà sincera della salvezza di tutti (1Tm 2,4); di maniera che coloro nei quali non si compie questa volontà, sfuggono alla grazia della rigenerazione soltanto in conseguenza del peccato commesso precedentemente, peccato che la tua eterna giustizia non sempre ti permette di prevenire in se stesso, o di riparare nelle sue conseguenze. Ma la tua misericordia è venuta in soccorso: ella ha teso le sue reti, ed innumerevoli eletti vi sono caduti. L'acqua santa è scesa fino sulla fronte del bambino che si spegneva tra le braccia di una madre pagana, e gli Angeli hanno aperto i loro ranghi per riceverlo. Alla vista di tante meraviglie, cosa ci resta da fare, se non esclamare con il Salmista: "Noi che possediamo la vita, benediciamo il Signore"?
La quarta domenica dopo Pasqua, nella Chiesa greca, viene chiamata Domenica della Samaritana, perché vi si legge il brano del Vangelo in cui è riportata la conversione di questa donna.

La Chiesa Romana oggi, nell'ufficio notturno, comincia la lettura delle Epistole dette Canoniche, lettura che essa continua fino alla festa della Pentecoste.

Messa

EPISTOLA (Gc 1,16-21). - Carissimi: Ogni ottima cosa ricevuta, ogni dono perfetto viene dall'alto, e scende dal Padre dei lumi, nel quale non c'è variazione né ombra di mutamento. Egli ci ha di sua volontà generati con la parola di verità, affinché noi siamo quali primizie delle sue creature. Voi lo sapete, o fratelli miei dilettissimi: ogni uomo deve essere pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira, perché l'ira dell'uomo non fa adempiere la giustizia di Dio. Sbarazzandovi quindi di ogni immondezza e di ogni resto di malizia, abbracciate con mansuetudine la parola innestata in voi, la quale può salvare le anime vostre.Imitare il Padre.

Le grazie elargite al popolo cristiano vengono dalla grande e serena bontà del Padre celeste, principio di tutto, nell'ordine della natura; e se, nell'ordine della grazia, noi siamo divenuti suoi figli, è perché lui stesso ci ha mandato il suo Verbo consustanziale, che è la Parola di verità, per mezzo della quale noi siamo diventati, nel Battesimo, figli di Dio. Ne segue che dobbiamo imitare, per quanto è possibile alla nostra debolezza, la calma del nostro Padre, che è nei cieli, e garantirci da quelle agitazioni passionali che sono il carattere di una vita esclusivamente terrestre, mentre, la nostra, deve svolgersi per il cielo dove Dio ci attira. Il santo Apostolo ci avverte di ricevere con dolcezza questa Parola, che ci fa ciò che noi siamo. Essa è, secondo la sua dottrina, un innesto di salvezza, trapiantato nelle anime nostre. Che esso possa svilupparvisi, che il suo buon esito non venga impedito da noi, e saremo salvi.

VANGELO (Gv 16,6-14). - In quel tempo: disse Gesù ai suoi discepoli: Vo da colui che mi ha mandato: e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? invece, perché vi ho detto queste cose, la tristezza vi ha riempito il cuore. Ma io vi dico il vero: è meglio per voi che me ne vada; perché, se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; e se me ne vado, lo manderò a voi. E, venendo, egli convincerà il mondo riguardo al peccato, alla giustizia, ed al giudizio. Al peccato, per non aver creduto in me; alla giustizia, perché io vo al Padre e non mi vedrete più; al giudizio, perché il principe di questo mondo è già giudicato. Molte cose avrei ancora da dirvi; ma per ora non ne siete capaci. Quando invece sarà venuto quello Spirito di verità, egli vi ammaestrerà in tutte le verità, perché non vi parlerà da se stesso; ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà l'avvenire. Egli mi glorificherà, perché riceverà del mio e lo annunzierà a voi.


L'annuncio dello Spirito Santo.

Quando Gesù disse agli Apostoli: "me ne vado", questi ne furono rattristati. Non lo siamo anche noi che, dalla sua nascita a Betlemme l'abbiamo costantemente seguito, grazie alla Liturgia che ci univa a lui ad ogni passo? Ancora qualche giorno, ed egli ascenderà al cielo, e l'anno perderà quell'incanto che gli veniva, di giorno in giorno, dalle sue azioni e dai suoi discorsi. Non vuole però che noi ci lasciamo andare ad una tristezza troppo grande. Ci annunzia che, in sua vece, il Consolatore, il Paraclito, scenderà sulla terra e resterà con noi, per illuminarci e fortificarci, sino alla fine dei secoli. Profittiamo delle ultime ore di Gesù: presto verrà l'ora di prepararci a ricevere l'ospite celeste, che dovrà venire a sostituirlo.
Gesù, che pronunciava queste parole la vigilia della sua Passione, non si limita a mostrarci la venuta dello Spirito Santo, quale consolazione dei suoi fedeli; ma, nel medesimo tempo, ci fa vedere come sia temibile, per coloro che non avranno voluto riconoscere il Salvatore. Le parole di Gesù sono tanto misteriose quanto terribili; prendiamo la spiegazione che ce ne da sant'Agostino, il Dottore dei dottori. "Quando lo Spirito Santo sarà venuto, dice il Salvatore, convincerà il mondo di ciò che riguarda il peccato". Perché? "Perché gli uomini non hanno creduto in Gesù". Quanto grande sarà, effettivamente, la responsabilità di coloro che, essendo stati testimoni delle meraviglie operate dal Redentore, non si saranno piegati alla sua parola! Gerusalemme sentirà dire che lo Spirito è disceso sui discepoli di Gesù, e ne resterà così indifferente, quanto lo fu per i prodigi che le additavano il Messia.

La venuta dello Spirito Santo sarà come il preludio della rovina della città deicida. Gesù aggiunge che il Paraclito convincerà il mondo in quanto alla giustizia; perché, egli dice, "io vado al Padre, e voi non mi vedrete più". Gli Apostoli, e quelli che crederanno alla loro parola, saranno santi e giusti per mezzo della fede. Crederanno in colui che se n'è andato al Padre, in colui che i loro occhi non vedranno più in questo mondo. Gerusalemme, al contrario, non ne conserverà i ricordi che per bestemmiarlo; la giustizia, la santità, la fede di quelli che avranno creduto saranno la sua condanna, e lo Spirito Santo l'abbandonerà alla sua sorte. Gesù disse ancora: "Il Paraclito convincerà il mondo in quanto al giudizio". Perché? "Perché il principe di questo mondo è già giudicato". Quelli che non seguono Gesù Cristo, seguono, tuttavia, un altro padrone: questo padrone è Satana. Ora, il giudizio di Satana è già stato pronunciato. Lo Spirito Santo avverte dunque i discepoli del mondo che il loro principe è sprofondato per sempre nella reprobazione.
Vi riflettano dunque, poiché, aggiunge sant'Agostino, "l'orgoglio dell'uomo avrebbe torto di contare sull'indulgenza; vale la pena per lui contemplare il supplizio al quale sono abbandonati gli angeli superbi" [1].


Preghiamo

O Dio, che unisci le anime dei fedeli in una sola volontà, da' ai tuoi popoli di amare ciò che comandi e di desiderare ciò che prometti; affinché i nostri cuori, anche in mezzo alla vicende terrene, sian fissi ove sono le vere gioie.


_______________________________
[1] Tratt. XCV su san Giovanni.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 167-175)





Si può ascoltare il rumore del Big Bang… e quindi la presenza di Dio




28 APRILE 2024


Rubrica a cura di Corrado Gnerre

Il 29 aprile del 2001 un gruppo di ricercatori internazionali, guidato da Paolo De Bernardis e Andrew Lange del California Institute of Technology, comunica la scoperta del “suono” del Big Bang.

Cari pellegrini, ricordatevi sempre le parole del famoso chimico Louis Pasteur (1822-1895): “Poca scienza può allontanare da Dio, ma molta scienza avvicina a Lui”. Il che vuol dire -in soldoni- che più progrediscono le conoscenze, più aumenta il progresso, e più le certezze religiose vengono confermate e non affatto smentite come pensano certi scientisti da strapazzo.

A questo proposito, è bene ricordare che lo scientismo non è una valorizzazione della scienza, è piuttosto la sua morte, perché si fonda su uno spirito tutt’altro che scientifico, su uno spirito “dogmatico” secondo cui le intuizioni scientifiche, indipendentemente dalle conferme, sarebbero sempre da preferire ad altre evidenze. Insomma lo scientismo è la scienza ridotta ad ideologia.

Ma torniamo a ciò che avvenne il 29 aprile del 2001. Alcuni scienziati, fra cui l’italiano Paolo De Bernardis, ebbero conferma delle cosiddette radiazioni cosmiche di fondo, cioè del fatto che che all’inizio ci sia stato un grande scoppio (Big Bang) captandone il “suono”.

Ora -vi starete chiedendo- che c’entra questo con la religione? C’entra eccome perché anche la scienza ci dice che l’universo non è eterno, ma ha avuto un inizio. E, se ha avuto un inizio, ha avuto bisogno di qualcuno che facesse scaturire quell’inizio. La scienza in sé deve interessarsi solo di ciò che è accaduto dall’ora zero in poi (cioè dalla comparsa della materia), ma la ragione filosofica non può non porsi il problema: che cosa c’è stato immediatamente prima l’ora zero? Non ci può essere un effetto senza una causa che lo produca.

Se qualcuno ipotizzasse: lo scoppio primordiale è stato determinato da particelle altrettanto primordiali che casualmente avrebbero generato ciò che hanno generato… ebbene: le particelle primordiali sono comunque materia e dunque chi avrebbe posto in essere quella materia? Dal nulla può venir fuori qualcosa? Se in tasca non si hanno soldi, si può sperare che si materializzino? Sarebbe da sciocchi o da folli pensarlo. Proprio Paolo De Bernardiaffermò in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera: “La Fede ha bisogno della Scienza così come la Scienza della Fede”.

Un ultima chicca: tenete presente che il primo a parlare del Big Bang, con un lavoro scientifico chiamato Ipotesi dell’atomo primigenio, fu l’astronomo belga Georges Lemaitre (1894-1966). Sapete che faceva oltre ad essere professore di astronomia? Il prete. Era un sacerdote cattolico.






sabato 27 aprile 2024

Schizofrenia Europea. Il Fumo Fa Male al Feto, ma l’Aborto è un Diritto. Sul Serio?



27 Aprile 2024 Pubblicato da Marco Tosatti 

Carissimi StilumCuriali, offriamo alla vostra attenzione questa lettera di Luca Del Pozzo pubblicata su Tempi, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e condivisione.




 Luca Del Pozzo

Non è commovente che un paese abbia così tanto a cuore la salute dei suoi cittadini da spingersi fino a proibire il fumo a chi sia nato dopo il 2008?

Ma di che vanno parlando quelli che hanno tacciato di neo-proibizionismo un provvedimento che non fa che tutelare la salute delle persone?

La legge approvata dal parlamento britannico si inserisce a pieno titolo nel solco delle sacrosante e benemerite politiche di prevenzione.

O ce la siamo dimenticata la direttiva Ue sul tabacco che impone che sui pacchetti di sigarette vengano usati claim pubblicitari per mettere in guardia sui pericoli legati al fumo?

Alcuni sono davvero tosti, anzi diciamo pure scioccanti.

Come quello che mostra un papà e una mamma in lacrime davanti a una piccola bara bianca, con sotto la scritta: “Il fumo può uccidere il bambino nel grembo materno”.

Ma, ripeto, non vedo quale sia il problema di simili iniziative, visto che c’è di mezzo la salute.

Perché la vita è importante e va tutelata e protetta, no?

Con le buone e pure con le cattive, se serve, vero?

Perché è ben giusto che la società ponga dei limiti alla libertà se poi – oggi con le sigarette domani con l’alcol dopodomani con la droga (ah no quella no, che una canna ogni tanto fa pure bene su), e poi con il gioco d’azzardo on line e ancora con la pornografia (ce la mettiamo la pornografia tra le cose che fanno male, si?) e vuoi mettere gli smartphone ai quali i giovani stanno incollati h24 che il cervello gli va in pappa e i social dove vivono sempre h24 diventando sempre più a-social ? – se poi dicevamo la libertà la usi per il male e non per il bene, o no?

Ecco.

Dunque, un plauso al parlamento inglese, e avanti così.

Ora la possiamo aggiungere una cosa?

Sì? Bene. Ciò che rende oltremodo grottesca questa vicenda, anzi diciamo pure che fa incazzare di brutto fa incazzare di brutto è l’insopportabile ipocrisia di questo nostro mondo così premuroso, così attento, così lungimirante, così inclusivo, che mentre si preoccupa della salute dei giovani e dei feti esposti al fumo dei genitori, non si fa scrupolo alcuno ed anzi lo promuove come una battaglia di civiltà quella cosa che il feto, al contrario del fumo, lo uccide di sicuro: l’aborto.

Un crimine contro l’umanità senza eguali nella storia, che adesso la stessa Ue così preoccupata degli effetti nocivi del fumo nel grembo materno, vorrebbe venisse riconosciuto nientemeno tra i diritti fondamentali dell’Unione europea.

La stessa Unione europea che di recente, per non farci mancare nulla, ha pure bacchettato il governo italiano per aver approvato un emendamento – peraltro perfettamente coerente con quanto prevede la stessa legge 194/78 i cui volenterosi difensori evidentemente non conoscono o fanno finta di non conoscere – che non c’entrerebbe nulla con Pnrr (echissenefrega non ce lo metti?).

“Mi è sempre sembrato strano – diceva il grande Fulton Sheen – che si debba perdonare ad una moglie, sulla base di una «temporanea infermità mentale», per aver messo un limite alla sua vita coniugale sparando al marito, e nel medesimo tempo si dia somma lode alla stessa moglie e la si definisca una «donna libera e progressista» per aver messo un limite al numero dei suoi figli soffocando la vita sul nascere. Tutto ciò dimostra che non abbiamo bisogno di nuove leggi, ma di ampliare le norme già esistenti, e specialmente della legge sull’omicidio”.

Miei cari burocrati, ma un po’ di vergogna, no?





Neonato da Bristol a Roma per operazione salvavita, s'apre una breccia nel sistema inglese




Ha già superato il primo intervento chirurgico D.M., il bambino di un mese affetto da una grave patologia cardiaca trasferito il 24 aprile da un ospedale britannico - che non intendeva operarlo - al Bambin Gesù di Roma, grazie anche all'intervento del governo italiano.


FINE VITA



Il bambino di un mese con una grave malformazione cardiaca, trasportato con un volo militare in Italia per un intervento chirurgico salvavita dopo che i medici del NHS Bristol Royal Hospital for Children avevano detto che non era “adatto” a subire un'operazione, «sta bene», dice il papà. Il bambino, figlio di un cittadino italiano e di una madre di origine nigeriana, è arrivato all'ospedale pediatrico vaticano Bambin Gesù di Roma nella tarda serata di martedì 24 aprile e il giorno successivo è stato sottoposto con successo alla prima delle due operazioni programmate per una patologia cardiaca congenita. Dopo l'operazione, i medici italiani hanno detto che «sta lottando» e «vuole vivere».

Una settimana fa, i medici dell’ospedale di Bristol avevano comunicato alla famiglia, cattolica, che secondo i protocolli medici britannici il figlio era troppo malato per essere operato. Questo ha spinto il padre a scrivere all'ospedale vaticano chiedendo di farsi carico delle sue cure. Una richiesta separata è stata fatta tramite l'avvocato italiano della famiglia, Simone Pillon, al governo italiano, chiedendo assistenza per il suo trasferimento. Il Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, ha riferito Pillon, è stata direttamente coinvolta nella trattativa per far volare il bambino su un aereo cargo militare appositamente attrezzato con un'équipe medica completa.
La notizia e la foto dell'ambulanza appositamente attrezzata che viene caricata nella stiva dell'aereo militare italiano prima del decollo per Roma hanno fatto il giro del mondo.



Certamente, il trasferimento coronato da successo di D.M. (come viene chiamato il bambino su richiesta dei genitori che desiderano rimanere anonimi) è una vittoria per la vita e quindi motivo di grande festa. Soprattutto perché, come ormai tutti sanno, non è questo l'esito tipico dei casi di fine vita nel Regno Unito, che anzi si concludono quasi sempre in tragedia. Non possiamo dimenticare che solo cinque mesi fa i giudici britannici hanno rifiutato a Indi Gregory, affetta da una rara malattia mitocondriale, il permesso di lasciare l'Inghilterra per ricevere cure salvavita presso lo stesso ospedale vaticano di Roma. Anche nel suo caso, il governo italiano e il suo Presidente del Consiglio si erano direttamente coinvolti e i medici del Bambin Gesù avevano accettato di curare la piccola Indi senza spese per il Regno Unito. La bambina è invece stata fatta morire per soffocamento in un hospice dopo che le sono stati tolti i sostegni vitali.

Ed è difficile pensare che il caso di D.M. segni una vera inversione di rotta nell’atteggiamento di medici e giudici britannici. Infatti proprio in questi giorni, a Londra, un altro caso di fine vita che riguarda un bambino di quattro anni è finito davanti a un tribunale. Il piccolo, nato sordo e cieco, è tenuto in vita al King's College Hospital dall'anno scorso dopo aver subito due attacchi cardiaci causati da una grave infezione cerebrale. Il 24 aprile, il giudice Poole ha stabilito che i medici possono togliere al bambino i supporti vitali.

Nella sua sentenza, il giudice ha affermato che «non dovrebbe essere costretto a vivere», anche se, ironicamente, stava costringendo il bambino a morire. La sua famiglia, cattolica praticante, ha detto al giudice Poole che il loro «figlio era un dono di Dio». E anche loro avevano fatto richiesta all'ospedale vaticano per prendere in carico D.M., ma come era già successo per Indi il trasferimento è stato negato dai tribunali.

Abbiamo chiesto a Simone Pillon, che ha contribuito al trasferimento a Roma di D.M. ed era stato coinvolto anche nel tentativo fallito di trasferire Indi Gregory, un giudizio su questo modo apparentemente arbitrario con cui vengono gestiti questi casi di fine vita. Secondo Pillon, l'esito positivo del caso di D.M. è dipeso soprattutto dal tempismo: «Essenzialmente, le trattative per il trasferimento del bambino hanno avuto luogo prima che il caso finisse in tribunale - ha detto -. Questo ha facilitato un dialogo costruttivo che ha permesso di sviluppare un protocollo consensuale per il trasferimento e la convalescenza del bambino in Italia». E certamente per l’esito positivo è stata fondamentale la rapidità con cui entrambe le parti hanno accettato le modalità di trasferimento. Infatti per lunedì 29 aprile era già programmata la prima udienza in tribunale, che avrebbe probabilmente aperto la strada a un esito diverso. «Siamo riusciti a evitarlo», ha detto Pillon. Egli spera che questa vicenda diventi un precedente per eventuali casi futuri: «Il Regno Unito ha visto il livello di competenza medica di cui è capace il servizio sanitario italiano», ha aggiunto. Ma ha anche ammesso che i casi sono determinati anche dalle convinzioni individuali dei medici ospedalieri e, in ultima analisi, dei giudici.

Ma c'è un altro fattore che va considerato e che costituisce il filo rosso di tutti questi casi di fine vita: il modo in cui nel Regno Unito viene valutata la vita a seconda delle circostanze e il potere di vita e di morte che lo Stato pretende di esercitare sui suoi cittadini se sono disabili. I genitori di D.M. hanno confidato di essere stati invitati ad abortire il loro figlio a ogni visita ospedaliera fino a tre giorni prima della sua nascita, dopo che i medici avevano diagnosticato i suoi problemi cardiaci. Dean Gregory ha raccontato che lui e Claire, la madre di Indi, hanno ricevuto pressioni per abortire Indi fino alla nascita perché la bambina era disabile. Hollie Dance è stata invitata a donare gli organi di Archie Battersbee fin dal secondo giorno in cui è stato portato in ospedale. E un protocollo per il trasferimento di Alfie Evans era stato redatto ancor prima che il suo caso finisse in tribunale, ma è stato rifiutato dalle autorità britanniche. La prossima settimana in tribunale la famiglia di Sudiksha, la 19enne affetta da una grave malattia genetica e messa a morte malgrado lei fosse contraria, si batterà per dimostrare che il disaccordo con il giudizio dei medici non dipendeva da una incapacità di comprendere la sua situazione, ma dalla volontà di vivere con una disabilità. Tutte queste famiglie hanno chiesto un'unica cosa, la possibilità di far vivere i loro cari fino alla loro fine naturale. Opportunità che è stata loro negata.

In questi anni la Nuova Bussola Quotidiana ha seguito da vicino questi casi di fine vita, incontrando anche le famiglie. È difficile descrivere l'angoscia causata dalle lunghe battaglie legali, l'insopprimibile speranza di salvare il proprio figlio che spinge le famiglie ad andare avanti, e la devastazione quando la morte ha l'ultima parola. È difficile non pensare che forse il vero miracolo non è tanto la guarigione quanto poter uscire dal Regno Unito per avere la possibilità di vivere fino alla fine naturale della vita.






venerdì 26 aprile 2024

Liberaci dal flagello dei cardinali e i vescovi da bar





di John Horvat

Tragicamente, i fedeli sono abituati a politici cattolici che scelgono i temi a cui aderire nell'insegnamento della Chiesa. Il caso più noto è quello dell'attuale presidente americano, che usa tutti i poteri del governo per promuovere l'agenda LGBTQ e una politica di aborto fino alla nascita di tipo nordcoreano, pur affermando di essere un "devoto cattolico" e ricevendo la Santa Comunione.

Il cardinale Wilton Gregory, arcivescovo di Washington, ha recentemente definito il presidente "molto sincero nella sua fede". Tuttavia, l’ha anche definito un "cattolico da bar" che va a “scegliere” solo quelle parti del cattolicesimo che si adattano alla sua agenda politica.

Sebbene il cardinale abbia ragione riguardo alla deplorevole selettività di questi cattivi politici cattolici, dovrebbe ampliare la sua analisi. La crescita massiccia di politici cattolici da bar è dovuta interamente alla presenza di cardinali e vescovi da bar che dovrebbero pascolare il gregge di Cristo.

Questi politici "scelgono" impunemente perché sanno che nulla, assolutamente nulla, accadrà loro in questa vita, che poi è l'unica vita che per loro conta. Questi uomini pubblici possono guardare indietro con fiducia e vedere che questa immunità dura da decenni. Che si tratti dell'aborto fino alla nascita o di designare la domenica di Pasqua come ‘Giornata della visibilità transgender’, non c'è assolutamente nulla che possa metterli in imbarazzo. Nessun possibile oltraggio a Dio e alla Sua Legge li farà mai essere scomunicati dai cardinali e vescovi da bar. Tutto è permesso. Nulla è proibito.

Questi cattivi politici cattolici capiscono che la loro impunità è dovuta al fatto che anche i cardinali e i vescovi da bar vanno a “scegliere”, in modo del tutto prevedibile, quali parti della fede difendere. Eppure, i vescovi sono responsabili dell'integrità e della pratica della fede nelle aree sotto la loro giurisdizione. Il vescovo è responsabile davanti a Dio delle anime affidate alle sue cure.

Poiché è in gioco la salvezza delle anime, il vescovo non ha il diritto di “scegliere” quali insegnamenti e fede e quali parti della morale cattolica difendere e quali no, quali dei Dieci Comandamenti possono essere ignorati, quali bestemmie pubbliche e scandali morali non verranno denunciati e puniti.

Questa difesa selettiva della Fede porta a una visione distorta del magistero della Chiesa. La Chiesa si è sempre contraddistinta presentando senza paura la verità e affrontando gli errori del tempo, anche a costo di subire persecuzioni.

Un buon esempio di quest’atteggiamento coraggioso è la condanna del nazismo da parte della Chiesa, nonostante le pressioni degli addetti al bancone del bar dell'epoca per fare il contrario. Pio XI richiese il sostegno di tutto il clero nel proclamare la verità nella sua enciclica in lingua tedesca Mit Brennender Sorge (1937), prendendo di mira il regime nazista di Hitler allora al potere. Egli disse: "Il primo e il più ovvio dono di amore del sacerdote al mondo è di servire la verità, tutta intera la verità, smascherare e confutare l’errore, qualunque sia la sua forma o il suo travestimento. La rinunzia a ciò sarebbe non solo un tradimento verso Dio e la vostra santa vocazione, ma un delitto nei riguardi del vero benessere del vostro popolo e della vostra patria”.

Il supremo mandato di Gesù di diffondere il Vangelo indirizza la Chiesa a insegnare una dottrina rivelata che costituisce un insieme indivisibile. La predicazione della verità deve includere la condanna dell'errore e richiede di disciplinare con la censura e la scomunica coloro che negano con pertinacia l'insegnamento della Chiesa e feriscono il bene comune spirituale.

Accettare o tollerare che gli insegnamenti della Chiesa siano parzialmente ignorati, messi a tacere o soppressi per motivi di opportunità politica è un totale tradimento della missione di un vescovo.

Così, i cattolici da bar sono il frutto naturale di cardinali e vescovi da bar che insegnano in modo eloquente, attraverso le loro azioni e omissioni nel corso del tempo, che la Chiesa è un grande bancone da bar in cui tutti (anche cardinali e vescovi) possono “scegliere” ciò che vogliono credere. Quest’atteggiamento diffonde una visione distorta della Fede che ha portato alla massiccia decadenza e all'apostasia di oggi.

Tuttavia, qui si tratta di uno strano bar che infrange tutte le regole. Normalmente i bar offrono un'ampia varietà di cibi sani che soddisfano i gusti dei clienti. Non sono ammesse selezioni dannose.

Per la sinistra cattolica questo bar offre invece grandi quantità di superficiale spiritualità, giustizia sociale socialista, retorica della teologia della liberazione, eresie LGBT alla padre James Martin avvolte in un'apparenza di orpelli cattolici.

Non si tratta di un bancone da bar pieno di scelte allettanti, ma un posto che offre errori dottrinali tossici che allontanano le anime da Cristo e dalla Sua Legge.

Va molto bene denunciare i politici cattolici da bar, ma fanno peggio quei cardinali e i vescovi da bar che da molto tempo rendono possibile una prevedibile scelta di errori liberali e che si rifiutano di sanzionarli e di sostenere la Verità.

Questa negligenza ha conseguenze drastiche ed eterne, tra cui la dannazione eterna di milioni di anime. Sarebbe ora di chiudere questo bar che mai avrebbe dovuto essere aperto.



Fonte: Tfp.org, 15 Aprile 2024. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

© La riproduzione è autorizzata a condizione che venga citata la fonte.






FaceBook Banna Pro Vita & Famiglia. Ora e Sempre Resistenza. Rilanciamo i Suoi Post.




25 Aprile 2024 Pubblicato da Marco Tosatti 

Carissimi StilumCuriali, riceviamo dagli amici di Pro Vita & Famiglia questo messaggio allarmante. Ma oggi è il 25 aprile, no? Celebriamo – oltre e soprattutto San Marco – anche la festa della Liberazione? Ed ecco che il totalitarismo si ripresenta, sotto un’altra faccia, come si è presentato negli anni scorsi in veste medico-pandemica…Non posso che esortare a seguire il consiglio di Pro Vita & Famiglia, e aggiungerei: riproponete sul social di Zucky tutto quello che Pro Vita & Famiglia pubblica…Buona lettura e condivisione.




Marco, ci risiamo…

La nostra libertà di espressione è sotto attacco!

Qualche settimana fa, provando ad aprire la pagina Facebook di Pro Vita & Famiglia, è comparso questo assurdo messaggio:




Il nostro account Facebook è stato BLOCCATO.

Attivisti pro-aborto e LGBTQ hanno preso di mira i nostri canali di comunicazione, segnalando in massa i nostri post per farli oscurare al fine di far sospendere la nostra pagina, limitando così la nostra libertà di espressione.

La ragione di questo attacco è semplice Marco: siamo la prima voce critica ed efficace contro la loro propaganda ideologica.

Questi gruppi non tollerano la presenza di Pro Vita & Famiglia sulle piattaforme social perché siamo capaci di ribaltare con validi argomenti le loro bufale.

Milioni di giovani sono costantemente bombardati da messaggi ingannevoli su temi sensibili come l’aborto, l’eutanasia, l’utero in affitto e la propaganda gender LGBTQ.

Ecco perché LA NOSTRA PRESENZA SUI SOCIAL È VITALE.

Nell’era digitale, i social sono un campo di battaglia cruciale dove dobbiamo continuare a fare la differenza e a dare testimonianza della Verità.

Con determinazione, dopo diverse settimane di sollecitazioni, abbiamo finalmente ottenuto la riattivazione della nostra pagina.

Ora ho bisogno del tuo urgente aiuto per amplificare la nostra voce.

Come? Eccoti alcuni semplici passi che puoi eseguire per aiutarci a contrastare la censura sui social:SEGUICI SUI SOCIAL: la tua partecipazione è fondamentale per far crescere la nostra comunità online e contrastare gli effetti della propaganda abortista e LGBTQ sui giovani. Clicca sulle icone qui sotto e seguici su tutte le piattaforme:






















INTERAGISCI CON I NOSTRI CONTENUTI: metti like, commenta e condividi i nostri post. Ogni interazione aumenta la visibilità e la portata del nostro messaggio.
INVITA ALTRI A SEGUIRCI: più siamo, più forte sarà la nostra voce. Invita amici, familiari e colleghi a seguire i nostri social.

MI RACCOMANDO: una volta cliccato sulle icone, accedendo alle nostre pagine social, assicurati di cliccare sui riquadri ISCRIVITI o SEGUI.

Marco, conto sul tuo aiuto.

In alto i cuori,










Jacopo Coghe
Portavoce
Pro Vita & Famiglia Onlus








giovedì 25 aprile 2024

25 aprile, la Sinistra ha bisogno del Fascismo per esistere







Di Stefano Fontana, 25 APR 2024

Perché la sinistra italiana non può fare a meno del fascismo? Perché senza di esso si sente nuda? Molti si porranno questa domanda dato che ogni 25 aprile, ma non solo, lo spettro del fascismo viene nuovamente evocato. Succede anche in questi giorni con la fantasmagorica polemica sul monologo di Antonio Scurati e la richiesta a Giorgia Meloni di dichiararsi antifascista. Il tutto fa pensare che senza il fascismo da combattere il ruolo storico della sinistra cessi e la sua presenza politica venga delegittimata. Questo suo impegno è tanto forte che non si accorge di finire per proporsi come una forza politica che non ha un senso in sé, ma solo come sentinella di qualcos’altro, come antidoto di un veleno e non come medicina, come esorcismo di un fantasma.

Un primo motivo di questa fascio-dipendenza ci rimanda alle origini della nostra Repubblica e spiega perché, come diceva Augusto Del Noce, la sinistra ha avuto bisogno di intendere e imporre il fascismo come «male assoluto». La sua era una visione «demonologica del fascismo», inteso come la negatività pura. Il fascismo non era solo la «reazione» ma la negazione dell’esito finale dell’evoluzione della storia, che il marxismo supponeva di conoscere bene.
Con questo «male puro» non ci può essere storia, esso va solo eliminato. Con acutezza Del Noce osservava che il fascismo per la sinistra è il «surrogato del diavolo» e aggiungeva: «Quando si pensa di essersi liberati del mito del diavolo, si satanizza una determinata realtà storica».

Tra il ‘43 e il ‘45 la sinistra italiana, e in particolare il partito comunista, aveva bisogno di legittimare la sua «scelta democratica» per la nuova Repubblica, data l’importanza di questo passaggio secondo la strategia di Gramsci e Togliatti. Il partito comunista non era democratico, la sua ideologia non lo permetteva. Però, come la Russia di Stalin aveva combattuto contro il nazismo, così i partigiani comunisti e l’intero CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) aveva combattuto contro il fascismo: questo poteva dare alla sinistra italiana una patente democratica, anche se il motivo della sua lotta contro Mussolini non era stata la democrazia e nemmeno la libertà come noi oggi la intendiamo e come non la intendeva Giancarlo Pajetta.

L’opposizione al fascismo come “male puro” era quindi necessaria, sia per depotenziare e nascondere il male rappresentato dal comunismo, che a quel punto diventava un male non puro, sia per trovare accoglienza nella democrazia repubblicana, dentro la quale continuare la rivoluzione con altre armi. Nel 50mo anniversario della fondazione del PCI, agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, i comunisti lanciarono ”l’unità antifascista”. Capitava così che il no all’unità antifascista venisse automaticamente inteso come un sì al fascismo. La stessa cosa capita oggi, con la richiesta a Giorgia Meloni di aderire alla nuova unità antifascista voluta dalla sinistra dopo il caso Scurati.

Questa visione richiedeva che il fascismo non morisse mai, perché in questo caso sarebbe venuta a mancare quella legittimazione, e che fosse inteso come assoluto, per essere appunto immortale e capace di trasformarsi in mille fogge. Inutile far notare che oggi il fascismo non c’è più, che è finito nel ’45, che non si capisce contro chi esattamente si vuol muovere organizzando le varie “unità antifasciste”, perché la sinistra pensa che il fascismo sia misteriosamente sopravvissuto al 25 aprile 1945 e continuamente riaffiori, non essendo mai morto. Per questo, pur non essendoci più il fascismo, comunque Giorgia Meloni e tanti altri nemici della sinistra, possono essere fascisti.

La sinistra ha creato il mito della resistenza ad un fascismo così inteso come matrice della nuova Repubblica. In questo modo ha fatto partecipe del concetto di fascismo come “male puro” l’intero quadro costituzionale e l’idea fu ufficializzata dalla retorica delle istituzioni repubblicane. Questo ha comportato un ingessamento delle celebrazioni del 25 aprile, tutte inserite nel medesimo quadro interpretativo, con l’esclusione – anzi con la demonizzazione – di chi fosse interessato ad una celebrazione più aderente alla storia. La prova principale di questo fenomeno è che ad ogni celebrazione del 25 aprile si fa a gara per individuare nell’attualità le nuove forme del fascismo eterno, e così l’accusa rimbalza da un personaggio all’altro a seconda delle convenienze del momento, addirittura senza che sia necessario che gli accusati ne siano consapevoli.

La storiografia ha chiarito molte cose a proposito del fascismo storico, ma il mito le ha oscurate. Per esempio, la vulgata di sinistra presenta il fascismo come un fenomeno “conservatore” che vorrebbe far tornare indietro la storia, mentre invece esso è stato un ampio processo di modernizzazione. Una visione delle cose in termini di guerra civile europea (Ernst Nolte) e Italiana (Claudio Pavone) poteva essere utile a impostare convenientemente anche la celebrazione del 25 aprile in modo più inclusivo. Nemmeno i libri di Renzo De Felice o di Giampaolo Pansa sono serviti più di tanto a correggere quella costruzione culturale.

Un ultimo aspetto rimane da spiegare. Dopo che il partito comunista ha abbandonato l’idea della rivoluzione come mai la sinistra non ha abbandonato anche questa idea del fascismo come “male puro” che alla rivoluzione era funzionale? Il motivo è che l’idea della rivoluzione non è stata abbandonata, ma è stata suicidata e trasfigurata. È diventata la dissoluzione di quanto è naturale, per cui anche la giornalista Cora Boccia, che afferma essere l’aborto un delitto, può benissimo essere considerata fascista.

Stefano Fontana

(Foto: Flickr, CAU Napoli)




Bergoglio, “l’amore omosessuale è un dono”?




giovedì 25 aprile 2024






Nella traduzione di Chiesa e post-concilio da The Catholic Thing.



Eduardo J. Echeverria*

Nel suo recente libro, LIFE: My Story Through History (Life: la mia storia attraverso la storia), Papa Francesco auspica il sostegno legale alle unioni civili tra persone dello stesso sesso “che sperimentano il dono dell’amore”. In che senso, se esiste, l’amore omosessuale è un dono?

Il pensiero della Chiesa è che certamente non può essere un dono di Dio, né naturale (creaturale) né soprannaturale (sacramentale). Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, la fonte ultima dell’amore è Dio stesso. Citando l’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II del 1981, Familiaris Consortio, il Catechismo della Chiesa cattolica afferma:

Dio è amore e in se stesso vive un mistero di comunione e d’amore [eternamente unito nell’essere, nella relazione e nell’amore]. Creando il genere umano a sua immagine e somiglianza… Dio ha iscritto nell’umanità dell’uomo e della donna [Genesi 1, 27] la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità, dell’amore e della comunione.

L’osservazione di Francesco, a prima vista, non sembra considerare l'”amore” omosessuale come una forma d’amore intrinsecamente disordinata. Pensa forse che chi ha attrazione per lo stesso sesso sia in grado di vivere la vocazione alla castità, e quindi all’amore, in una relazione omosessuale? Come potrebbe l’omosessuale farlo? La vocazione alla castità implica la differenziazione sessuale tra un uomo e una donna, che secondo l’antropologia cristiana significa “la riuscita integrazione della sessualità nella persona e quindi l’unità interiore dell’uomo nel suo essere corporeo e spirituale”.

Il Catechismo spiega: “La sessualità, nella quale si manifesta l'appartenenza dell'uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell'uomo e della donna.”.

La castità, quindi, presuppone la differenziazione sessuale di maschio e femmina, in modo tale che solo l’unione sessuale di persone di sesso maschile e femminile rende i corpi realmente “una sola carne” (Gen 2,24), con quest’ultima unione corporea materiale come condizione necessaria per l’esistenza di un autentico amore coniugale.

L’amore omosessuale non è un dono, anzi è un falso amore, perché è incapace di realizzare la vocazione alla castità, di perfezionare l’essere della persona e di sviluppare la sua esistenza; e quindi di essere ordinato alla legge naturale, all’ordine della Creazione, e in definitiva a Dio. In quanto forma disordinata di amore, essa non solo manca di integrazione, ma è una contro-integrazione in quanto offesa alla vocazione alla castità, rendendola incapace di realizzare l’integrità della persona e lla completezza del dono di sé.

L’antropologia cristiana deve considerare la realtà della persona umana, dell’uomo e della donna, nell’ordine dell’amore. Perché? Perché, come afferma giustamente Karol Wojtyla nella sua opera magna filosofica, Amore e responsabilità, “la persona trova nell’amore la massima pienezza del suo essere, della sua esistenza oggettiva. L’amore è quell’azione, quell’atto, che sviluppa con maggior pienezza l’esistenza della persona. Naturalmente, questo deve essere vero amore. Che cosa significa amore vero?”. 

L’amore è un concetto analogico, il che significa che ci sono diversi tipi di amore: l’amore paterno, l’amore tra fratelli e sorelle, l’amicizia e, infine, l’amore tra un uomo e una donna (“L’amore tra un uomo e una donna è una relazione reciproca tra persone e possiede un carattere personale”).

In breve, l’amore comporta l’attrazione per i valori sensoriali-sessuali e per quelli spirituali o morali dell’altra persona, per esempio, dice Wojtyla, “per la sua intelligenza o per le sue virtù di carattere”. Esistono anche l'”amore di bisogno”, o amore come desiderio, e la “benevolenza”. L'”amore di bisogno” desidera “la persona come un bene per se stessi”. L’amore come benevolenza consiste nel desiderare il bene dell’altro. “La benevolenza è semplicemente il disinteresse nell’amore: ‘Non desidero te come bene’, ma ‘desidero il tuo bene’, ‘desidero ciò che è bene per te'”.

Wojtyla passa poi al problema della reciprocità, che porta alla sintesi “dell’amore di desiderio e dell’amore benevolo”. La reciprocità implica la relazione tra “io” e “noi”. E qui si forma una comunione interpersonale:

L’amore trova la sua pienezza non solo in un soggetto individuale, ma in una relazione intersoggettiva, interpersonale... Il passaggio dall’io al noi è per l’amore non meno essenziale del trascendere il proprio io espresso attraverso l’attrazione, l’amore di desiderio e l’amore di benevolenza.Essendo intrinsecamente disordinato, l’amore omosessuale non è in grado di formare una comunione interpersonale dove l’unità si manifesta nel “noi” maturo. Infine, Wojtyla vede la pienezza dell’amore come l’amore di dono, o quello che chiama amore sponsale, che è il donarsi all’altro, che implica la reciproca donazione delle persone. E aggiunge: “Il concetto di amore sponsale [dono] ha un significato chiave per stabilire la norma di tutta la morale sessuale”.

Poiché l’uomo – maschio e femmina – è creato nell’amore e per l’amore, di conseguenza l’etica sessuale non è comprensibile senza l’amore. Questo punto cruciale di trovare nell’amore la massima pienezza del proprio essere deve essere applicato all’amore tra un uomo e una donna.

“L’amore è un’unione di persone”, dice Wojtyla, un’unione oggettiva in cui l’uomo e la donna costituiscono “un solo soggetto d’azione”, in un certo senso “una sola carne”. (Questa unione non può essere separata dal suo fondamento biologico nelle differenze organiche tra i sessi). Questa unione oggettiva nasce da “un bene comune”, un “bene oggettivo”, cioè il bene delle persone umane, e da un “fine comune”, che le lega.

Questo fine è la procreazione, la progenie, la famiglia, e allo stesso tempo l’intera maturazione in costante crescita della relazione tra le due persone in tutti gli ambiti che la stessa relazione coniugale implica.Di conseguenza, quando il Catechismo afferma che gli atti sessuali omosessuali sono chiusi al dono della vita, è perché tali atti non hanno un’unione oggettiva nella differenziazione sessuale di un uomo e una donna. “In nessun caso possono essere approvati”. Tali atti sono “peccato gravemente contrario alla castità”. Quindi, l’amore omosessuale non è un dono.




*Eduardo J. Echeverria è professore di filosofia e teologia sistematica presso il Seminario Maggiore del Sacro Cuore di Detroit. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Papa Francesco: The Legacy of Vatican II Revised and Expanded Second Edition (Lectio Publishing, Hobe Sound, FL, 2019) e Revelation, History, and Truth: A Hermeneutics of Dogma. (2018). Il suo nuovo libro è Are We Together? Un cattolico romano analizza i protestanti evangelici.


[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]




Crisi della Chiesa, crisi di Santi, crisi di santi preti. Ettore Gotti Tedeschi.




22 Aprile 2024

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni del prof. Ettore Gotti Tedeschi, che ringraziamo di cuore. Buona lettura e condivisione.





Caro Tosatti, mi vuole concedere una riflessione di carattere morale, che come conseguenza ha tutti quei grandi problemi che lei,molto opportunamente, descrive ininterrottamente nel suo blog?
La crisi che stiamo vivendo è una crisi di santi, di santi preti anzitutto. Pertanto le chiedo di ospitare una riflessione (non mia, ma da me adattata) che spero sia utile a chi vorrà leggerla.

Domenico Giuliotti (1877-1956), uno dei maggiori intellettuali cattolici del ‘900, è poco conosciuto, come lo sono spesso le menti eccelse che pretendono però di contribuire con i loro scritti alla evangelizzazione, proponendo di riflettere sulle Verità assolute. Nel 1937 pubblicò un libretto “Pensieri di un malpensante” (Vallecchi ed. Firenze). Il capitolo titolato “Splendori e miserie della chiesa militante” dovrebbe oggi essere letto, nei momenti di pausa, nei Seminari (e perché no, anche in famiglia davanti al “focolare” domestico).

Riprendo (arbitrariamente adattandole per renderle più dirette e, secondo me, più facili da intendere) alcune considerazioni che sono preziose.

Ohimè, considerate “sorpassate”, come direbbe don Camillo di Guareschi: “chissà mai perché..?”.

Scrive Giuliotti che la Chiesa (quella con la “C “ maiuscola), nonostante tutto, è la grande sconosciuta. Ohimè, oggi sconosciuta ancor di più direi, confondendola con una organizzazione sociale. La gran parte dei suoi figli infatti non sa che la Chiesa è stata voluta per amarli, assisterli, nutrirli, perché (anche questo i suoi figli l’hanno dimenticato) i suoi figli nascono in Lei e fuori da Lei muoiono.

Non ci sono, dice Giuliotti, molte chiese, ma solo due: quella di Cristo e quella dell’Anticristo.

Così come non ci sono varie guerre, ma una vera: tra Cristo e l’Anticristo. Il grande conflitto non è infatti sociale o culturale, bensì spirituale.

Pertanto, rivolgendosi ai santi sacerdoti, raccomanda due cose: transustanziare e confessare. E, aggirandoli con una domanda spirituale, chiede loro: giovane prete, a chi misticamente assomigli tu? A Cristo, rispondi. Si certo, ma prima che a Cristo devi somigliare a Maria, perché come Lei, porti in te Cristo, devi sentirlo crescere e devi partorirlo, custodirlo, donarlo alle anime. Tu, essendo prete, stai in alto, ma sei congiunto alle anime sottostanti che devi sollevare alla gloria. Se non lo fai, sei, essendo prete, deicida, omicida e suicida.

Pensaci !Dal giorno della tua ordinazione alla morte, resti immerso nel soprannaturale. Ma te ne accorgi? Potevi essere padre secondo la carne, lo sei invece senza generare figli, lo sei in modo più puro, più nobile, più fecondo. Sei padre, maestro, fratello e servo di una comunità di famiglie, hai le chiavi della porta della salvezza. Solo che tu pronunzi parole misteriose, in una lingua morta (così scrive Giuliotti nel libro), schiere di angeli si inginocchiano invisibilmente intorno a te e Dio stesso si da prigioniero nelle tue mani. Questo uomo, caro prete, è il prete cattolico. Sei la fiaccola sul candelabro che vince il buio, tuttavia la tua miseria umana è quasi uguale alla tua sovrumana grandezza. Cancelli i peccati, ma pecchi tu stesso.

Diffondi la vita ma non vivi secondo i doveri del tuo ministero. Ma proprio per questo dobbiamo amarti ed aiutarti perché il peso che porti è grandissimo e la tua forza è spesso inadeguata. E’ difficile per noi cattolici comuni separare il sacerdote dall’uomo, venerando quello e compatendo questo. Eppure il prete è per la investitura ricevuta la più grande luce di questo mondo. Se si spegne, si spegne la stessa Civiltà cristiana.




Nel nome dell'arte in chiesa entrano anche le mutande



Biancheria intima (di marmo) tra le navate di San Fantin a Venezia. Simbolo della spoliazione e dell'umiliazione dei prigionieri, spiegano i curatori. Ma davvero tutto è concesso in un luogo di culto?


DA SPAZIO SACRO A CONTENITORE

EDITORIALI 




207 mutande sparse sul pavimento della chiesa veneziana di San Fantin in occasione della 60° Biennale di Venezia: non le ha dimenticate lì qualche visitatore distratto, ma è l’ultima frontiera del dialogo tra gerarchie ecclesiastiche e una certa arte contemporanea che, se mira a provocare, di sicuro coglie nel segno. E non di rado lascia perplessi.

Le mutande candidissime, non di bucato fresco bensì di marmo, sono il “pezzo forte” della mostra NUMBER 207 dell’artista iraniano Reza Aramesh, dedicata al tema della prigionia e della tortura, che fa da filo conduttore a tre diverse serie di sculture e si riflette anche nello spazio espositivo, la chiesa di San Fantin, dove aveva sede una confraternita dedita all’accompagnamento spirituale dei condannati. «Questo dettaglio storico sulla Compagnia di San Fantin – spiega il curatore Serubiri Moses – si collega direttamente all'interesse dell'artista Reza Aramesh per le immagini di tortura e punizione dei prigionieri attuali», che nel catalogo si alternano a quelle della mostra.

La prima serie si compone di varie teste umane, dalla perfezione michelangiolesca e il volto in tutto o in parte bendato; la seconda rappresenta delle figure maschili in differenti fasi di spoliazione, le cui pose ricordano per certi versi i Prigioni o Schiavi di Michelangelo; quindi i 207 pezzi di biancheria intima maschile, simbolo per eccellenza della spoliazione (fisica e non solo) del prigioniero che viene privato di tutto. Quest’ultima serie era già stata esposta lo scorso anno a Vienna, presso la Galerie Kandlhofer, ma di sicuro con minore impatto rispetto a un luogo di culto.

Collocazione tutt'altro che casuale, e non solo per il dettaglio storico sopra citato. «Un’esperienza che va oltre la pre-comprensione che ciascuno può avere di ciò che è lo spazio della chiesa e di quali emozioni vi si possono sperimentare», scrive in apertura del catalogo, don Gianmatteo Caputo, architetto e delegato del Patriarcato di Venezia per i beni culturali, sottolineando l’«inattesa possibilità di costringere a riflettere sul sistema di punizione, giudizio e violenza» ed esaltando la caratteristica di «site-specific project» della mostra, cioè pensata appositamente per quel luogo. Per esempio le colonne dell’edificio sacro «nascondono e rivelano le opere in un confronto reale con il tema dell’oppressione e della violenza, ma sublimato dal classicismo e dall’estetica del marmo». Ma l’altro aspetto che rende il progetto «site-specific» è la Crocifissione dipinta intorno al 1590 da Leonardo Corona (o Leonardo da Murano) che “dialoga” con le mutande di Aramesh: «L’orrore dell’umiliazione è sublimato, ma rimane ancora la perdita dell’umanità, simboleggiata – scrive ancora don Caputo – dai resti di biancheria usata che si ricollegano al perizoma di Cristo sulla croce. È un riferimento diretto al dipinto di Corona che colpì l’artista nella sua prima visita alla chiesa».

Come tutte le chiese, anche San Fantin è «destinata al culto divino» (can. 1205), stando almeno al diritto canonico. Non risulta che sia stata sconsacrata, tant’è che un anno fa il Patriarcato ne annunciava la riapertura ai fedeli «come luogo di preghiera», accanto a «proposte di musica sacra» perfettamente compatibili con la specificità del luogo («la cantata di Bach “Am Abend aber desselbigen Sabbats” per soli coro e orchestra e il Magnificat di Antonio Vivaldi»). Accanto alla preghiera e ai sacramenti, nelle chiese è «consentito solo quanto serve all'esercizio e alla promozione del culto, della pietà, della religione, e vietata qualunque cosa sia aliena dalla santità del luogo. L'Ordinario, però, per modo d'atto può permettere altri usi, purché non contrari alla santità del luogo» (can. 1210).

Lasciamo che sia il lettore a chiedersi se le mutande marmoree rientrino in questi «altri usi ... non contrari alla santità del luogo», ma ci sentiamo in buona compagnia leggendo un commento in margine a un articolo di Artslife: «Bisognava mettere come simbolo delle mutande? – chiede una lettrice – Di indumenti l’uomo ne indossa anche altri. Perché non una canottiera, sarebbe stato più dignitoso in una chiesa». Pur esplorando il "perché" e il "percome" dell'iniziativa, le dotte e profonde spiegazioni non mettono a tacere la domanda sull'opportunità di esporre biancheria intima in un luogo sacro, tra i tanti modi possibili di riflettere su questo o quel dramma.

Poiché amiamo la ripetitività più che la provocazione, ci chiediamo ancora una volta: perché ci si prende tanta libertà sempre con le chiese cattoliche e mai con i luoghi di culto di altre religioni? Domanda apparentemente banale, che si potrebbe rovesciare così: perché le altre religioni sembrano tenerci più di noi alla sacralità dei propri luoghi di culto? E aggiungiamo pure: perché non impariamo da loro? Non solo le religioni, ma persino le istituzioni mantengono una propria “intangibilità”: difficile immaginare le 207 mutande marmoree di Reza Aramesh in bella mostra tra i banchi del Senato (nessuno le attribuisca ai senatori, che in tutto sono “solo” 205, e dal conto andrebbero peraltro tolte le senatrici trattandosi di biancheria maschile).

E invece ogni esperimento sembra concesso «tra il vestibolo e l’altare» (Gl 2,17). Per non parlare della facciata. Quella, per esempio, della basilica di San Pietro, dove l’8 dicembre 2015 in pieno fervore eco-cattolico si proiettavano tigri, leoni, pesci, e ogni specie che sia stata a bordo dell’arca di Noè. Un enorme schermo per diapositive, immagine paradigmatica di quanto avviene quando lo spazio «sacro», deputato all’incontro dell’uomo con Dio, viene trasformato in spazio neutro, mero contenitore di qualsiasi istanza, che può far sentire forse “impegnati” nell’“emergenza” del momento, ma rischiando di dimenticare che la risposta è in quella Presenza che è l'unico vero motivo per cui da duemila anni si costruiscono chiese.





mercoledì 24 aprile 2024

Una lezione per l’oggi. Apertura alla vita e buona morte: la via degli Asburgo




23 APR 2024


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by Aldo Maria Valli



di Eduard Pentin

Furono la fede cattolica e le tradizioni ad aiutare le monarchie asburgiche a godere di matrimoni per lo più stabili e di famiglie numerose e felici, fondamentali per governare i loro regni per più di otto secoli.

Ora, alcuni dei principi in base ai quali vissero e morirono quelle dinastie sono riportati in un libro di Eduard Habsburg-Lothringen, arciduca d’Austria e attuale ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, discendente diretto dell’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria (1830-1916).

In questa intervista rilasciata nel giorno in cui è stata presentata l’edizione italiana del suo libro The Habsburg Way.Seven Rules for Turbulent Times (Vivere da Asburgo. Sette regole per tempi difficili), Eduard Habsburg parla di questi e altri principi che ritiene possano essere di insegnamento a tutti in questa nostra epoca travagliata in cui il matrimonio e la famiglia sono particolarmente sotto attacco.

Nel farlo, l’autore ricorda fra l’altro una storia toccante sull’esecuzione della regina asburgica di Francia Maria Antonietta durante la Rivoluzione francese; il contributo dell’imperatore asburgico Carlo V durante la Riforma e l’esempio dell’ultimo principe ereditario dell’Austria-Ungheria, Otto von Habsburg, che resistette ai nazisti. Chiude con le parole di Henry Kissinger sulla dinastia asburgica, pronunciate appena sei settimane prima della sua morte.

Ambasciatore Habsburg, che cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?


Quando la casa editrice Sophia Institute Press mi ha chiesto di scrivere un libro sugli Asburgo, ho pensato: “Preferisco non scrivere un altro libro di storia su questo tema, perché ce ne sono già centinaia, e quindi farò qualcosa di diverso”. Circa un anno prima, in occasione di una mia conferenza sui principi asburgici in un club di Boston, l’organizzatore mi chiese di non limitarmi a parlare della fede cattolica, perché molti degli ascoltatori non sarebbero stati cattolici. Così dovetti dire quali altri aspetti caratterizzano gli Asburgo, e le prime che mi vennero in mente furono, oltre alla fede cattolica, la famiglia e la presenza di molti bambini. Poi, in vista del discorso, feci una lista di dieci caratteristiche, che nel libro ho condensato in sette.


Immaginava che ci sarebbero stati punti in comune con gli Stati Uniti?


In effetti, ciò che mi ha sorpreso molto durante la stesura del libro è stato scoprire che c’erano molti punti in comune tra gli Stati Uniti e alcune idee asburgiche. Ho scoperto, per esempio, che il sistema americano è costruito dal basso verso l’alto, una caratteristica che lo avvicina all’idea di sussidiarietà nell’Impero asburgico e nel Sacro Romano Impero, tema al centro di un capitolo del mio libro.

Ho anche notato che questi sette principi sono scomparsi non solo in gran parte dell’Europa, ma anche in molte parti degli Stati Uniti, quindi ciò che scrivo potrebbe essere utile per fare memoria. Ci sono anche forti legami tra singoli Stati degli Usa e gli Asburgo. Per esempio, il primo governatore del Texas fu messo lì dagli Asburgo spagnoli, quindi mi piace sempre scherzare con i miei amici americani sul fatto che la California, la Florida e il Texas sono antichi territori asburgici.


Potrebbe fare qualche esempio, tratto dal libro, sulla stabilità del matrimonio e una felice vita familiare negli Asburgo?


Rispetto ad altre dinastie che regnarono del XVI secolo, gli Asburgo ebbero molti più figli: in media dai dodici ai sedici, ma in modo assai consapevole, perché non erano il frutto di relazioni adulterine. Non andavano a letto con altre donne, per essere chiari. Sapevano bene che il matrimonio è un sacramento. Erano consapevoli di dover produrre eredi per il trono e, come si diceva una volta, anche delle riserve. L’ultimo imperatore, il beato Carlo, che amò molto la moglie, ebbe otto figli in undici anni di un matrimonio molto cattolico. E ancora oggi noi Asburgo abbiamo famiglie numerose. Non più sedici figli, però alcuni arrivano a cinque, sei, sette figli, e alcuni miei cugini a otto.


Pensa che in definitiva ciò che differenzia gli Asburgo dalle altre monarchie sia la profondità della loro fede?


Sì, gli Asburgo sono stati cattolici dal primo all’ultimo, alcuni un po’ meno, altri un po’ di più, ma costantemente. Nel corso di ben 850 anni le loro famiglie sono state pienamente cattoliche. Se sei cattolico, credi che la relazione coniugale tra un uomo e una donna debba essere aperta alla vita. Credi che avere relazioni extraconiugali o non volere figli vada contro il piano di Dio e sia un peccato. Infine credi che se nel tuo matrimonio qualcosa va storto bisogna andare dritti alla confessione. Tutti questi elementi concorrono a creare matrimoni lunghi e stabili in un’atmosfera di forte apertura alla vita.


A quali altre “vie asburgiche” potremmo attingere oggi per aiutare la società a superare questi tempi confusi?

Suggerisco di sposarsi e di avere molti figli. Penso che questa sia una ricetta valida non solo per la felicità personale di entrambi i coniugi, ma anche per la felicità dei figli: il contributo migliore che si possa dare allo Stato e alla società in cui si vive. Io poi, ovviamente, sostengo la fede cattolica. Credo che essa renda felici, perché è la vera fede. Sì, lo credo.


Pensa anche che avere la vera fede metta tutto nella giusta prospettiva, soprattutto l’essere genitore, perché ti porta a capire che il tuo scopo principale nella vita è aiutare a condurre i tuoi figli in paradiso?

Sì. Certo, non puoi garantire che i tuoi figli vivano la fede come te, ma credo che vivere pienamente la fede cattolica darà ai tuoi figli una buona possibilità. Mio padre diceva sempre che i bambini non fanno quello che tu gli dici, ma quello che tu fai. Se ti vedono pregare e alzarti presto per andare a Messa, anche durante la settimana, lo faranno anche loro. Quindi, vivete una vita cattolica e i vostri figli vivranno così. Volete portarli in paradiso? Sono assolutamente d’accordo. Gli Asburgo sono stati e sono molto, molto seri su questo punto.


Un capitolo del libro, l’ultimo, riguarda il morire bene.


Sì, cerco di far sì che tutti ne siano sempre consapevoli: il momento e il modo in cui moriamo decidono il nostro destino eterno, e dobbiamo prepararci. Tutta la vita è una preparazione alla morte. Gli Asburgo vissero così. Erano perfettamente consapevoli che il modo in cui sarebbero morti sarebbe stato decisivo per la loro eternità, quindi vi si prepararono per tutta la vita. Volevano che quel momento fosse così come dovrebbe essere per un cattolico: con la confessione e i sacramenti, idealmente circondati dalla propria famiglia.


Può raccontare qualche storia di Asburgo che sono morti secondo questi principi?

La storia che vorrei citare, perché la maggior parte delle persone non la conosce, è quella della morte di Maria Antonietta. Molti la conoscono come la regina che diceva alla povera gente di mangiare brioches, cosa che in realtà non fece mai. Il modo in cui morì fu raccontato da una fonte insospettabile: non un fan degli Asburgo, ma il boia di Parigi, Charles-Henri Sanson. Egli riferì che la regina era terribilmente nervosa e ansiosa, e che durante il percorso verso il luogo dell’esecuzione si guardava intorno e osservava le case a destra e a sinistra. Poi passarono davanti a una casa e lei fu totalmente in pace, e si avviò serena verso Place de la Concorde. Ebbene, anni dopo la rivoluzione, questa storia fu spiegata a Sanson da cattolici clandestini. Gli dissero che Maria Antonietta soffriva terribilmente perché il comitato rivoluzionario non voleva permetterle di confessarsi. Le proposero di confessarsi da un prete della rivoluzione, ma se lo avesse fatto sarebbe stata scomunicata, perché quei preti erano a loro volta scomunicati. Lei soffrì terribilmente per questo. Bisogna sapere che in quel tempo se eri un sacerdote, un vero sacerdote fedele a Roma o addirittura un vescovo, e venivi catturato in Francia, subito venivi ucciso. I fedeli cattolici fecero dunque entrare di nascosto il vescovo a Parigi, lo portarono a una finestra che si affacciava lungo la strada del percorso della regina verso l’esecuzione e le fecero sapere di guardare da quella parte: “Il vescovo starà alla finestra e ti darà l’assoluzione in extremis”. Ecco perché lei guardava ansiosa le facciate delle case, e solo quando scorse il vescovo si calmò. Questo vi dà un’idea di quanto fossero importanti per gli Asburgo la fede, i sacramenti, la salvezza eterna e il morire bene.


Passando all’imperatore asburgico Carlo V e alla sua resistenza contro la Riforma, cosa possiamo imparare da lui in termini di lotta al secolarismo oggi, anche all’interno della Chiesa?


Devo dire che sono molto orgoglioso di Carlo V. Era stato appena eletto quando l’intera faccenda di Martin Lutero si abbatté sul Sacro Romano Impero. Era in atto una vera e propria rivoluzione, e uno dei compiti dell’imperatore era quello di mantenere la pace e l’unità all’interno dell’impero. Quindi, come affrontare la questione? Alla Dieta di Worms, la risposta che Carlo V diede direttamente a Lutero fu, fondamentalmente, un appello alla tradizione. Gli disse: “Ascolta, amico, quello che dici è molto bello, ma i miei antenati si sono sempre schierati con la santa Chiesa cattolica romana, con tutti i santi, con gli insegnamenti dei papi e dei concili. Se da un lato ho ciò che la Chiesa ha insegnato per 1500 anni, e so che tutti i miei antenati si sono schierati a favore di questo, e dall’altro ho ciò che dice un monaco tedesco, io so da che parte stare”.

Carlo fu in grado di essere un imperatore cattolico molto chiaro in un periodo estremamente difficile.


Allora, è necessaria una monarchia per combattere le tendenze secolariste?


Credo che dovremmo essere grati per l’esistenza delle monarchie e che, sì, sia la migliore forma di governo. Il motivo è spiegato al meglio dal famoso episodio che vide protagonisti Francesco Giuseppe e Roosevelt e di cui parlo nel libro. Nel 1910, Theodore Roosevelt si recò a Vienna e incontrò il vecchio imperatore Francesco Giuseppe, allora ottantenne. Roosevelt, volendo provocare un po’ l’imperatore, disse: “Mi dica, Vostra Maestà, dato che ci sono le elezioni, la democrazia, i ministri, i primi ministri e i partiti, in che cosa cinsiste il vostro lavoro?”. E Francesco Giuseppe pare abbia risposto: “Il mio compito è proteggere il mio popolo dai suoi politici”. Un monarca costituisce un potere al di sopra e al di fuori della politica di partito, al di sopra e al di fuori del sistema. Non ha l’assillo di dover essere rieletto in quattro anni, e quindi è in grado di vedere oltre, di non prendere decisioni a breve termine.


Pensa che una monarchia, e in particolare una monarchia cattolica, abbia anche un certo ruolo di stabilizzazione spirituale e temporale, che non si ottiene con un presidente?

Sono assolutamente d’accordo. Ed è stato molto bello vedere, nel funerale della regina Elisabetta e nell’incoronazione di re Carlo, gli elementi spirituali essere presenti ovunque e quelli cattolici risplendere.


L’ultimo principe ereditario dell’Austria-Ungheria, Otto von Habsburg (1912-2011), divenne famoso per la sua resistenza al nazismo. Cosa possiamo imparare dal suo esempio?

Beh, il primo esempio che si deve imparare è che bisogna studiare il proprio nemico. Otto era una delle poche persone che avevano comprato e letto il Mein Kampf quando uscì il librò. La maggior parte delle persone lo comprava e lo metteva sugli scaffali, ma nessuno lo leggeva. Lui invece lo lesse davvero. Sapeva quali terribili idee assassine fossero nella testa di quell’uomo che era contro tutto ciò che la famiglia Asburgo rappresentava. Infatti, l’Anschluss dell’Austria, nel 1938, fu chiamata Unternehmen Otto (“Operazione Otto”), perché Hitler lo vedeva come un vero pericolo. Ciò che gli Asburgo fanno sempre è cercare di applicare i loro principi, quelli che espongo nel libro, nel mondo in cui vivono.


Può parlarci del “rituale del bussare” che si svolge al funerale di un sovrano asburgico?

Gli Asburgo prestavano molta attenzione ai funerali perché sapevano che, per dirla in termini cattolici moderni, possono essere un’occasione di evangelizzazione. Volevano dare ai loro sudditi una lezione di umiltà, trasmettendo la consapevolezza che anche l’imperatore è un essere umano peccatore e bisognoso di grazia. Così, quando gli Asburgo morivano, nel corso del funerale erano condotti per le strade di Vienna fino alle porte del Kapuzinergruft, un monastero cappuccino nel centro della città, nella cui cripta gli Asburgo sono stati sepolti dal XVI o XVII secolo. Qui il maestro delle cerimonie bussava alla porta che conduce alla cripta e un monaco dall’interno chiedeva: “Chi è?”. Il maestro leggeva tutti i titoli del defunto, per esempio “Zita, imperatrice d’Austria, regina d’Ungheria, regina di Boemia, regina di Croazia” e via così. E il monaco: “Non la conosciamo”. Il maestro allora bussava una seconda volta, e il monaco: “Chi va là?”. In risposta, il cerimoniere leggeva tutte le conquiste di quel sovrano, tutto ciò che aveva fatto, le guerre combattute, i matrimoni, i figli avuti. E di nuovo la voce dall’interno rispondeva: “Non lo conosciamo”. Allora il cerimoniere bussava per la terza volta e alla solita richiesta, “Chi è?”, rispondeva: “Zita, una povera donna peccatrice”. E a quel punto, la porta finalmente si apriva. È un messaggio che tutti capiscono. Quel morto avrà anche portato una corona, ma alla fine era un peccatore come me e come te, e tutti dobbiamo prepararci alla morte.


Pensa che la monarchia asburgica debba tornare in auge, visto lo stato dell’Occidente e soprattutto dell’Europa?


Possiamo concludere con una citazione di Henry Kissinger. Quando andai a trovarlo, sei settimane prima che morisse, e gli portai il mio libro, mi disse: “Sa, sono molto contento che mi abbia dato il libro sulla sua famiglia, perché credo che gli Asburgo siano la cosa migliore che sia mai accaduta all’Europa, almeno all’Europa centrale”. E aggiunse: “Pur tenendo conto delle debolezze personali di ogni imperatore, si può comunque dire che, nel corso dei secoli, gli Asburgo siano stati la cosa migliore capitata all’Europa. Nel momento in cui sono stati eliminati dall’equazione, sono iniziati tutti i problemi dell’Europa centrale, e non si sono più fermati”.

Fonte: ncregister.com

Nella foto di Edward Pentin, l’ambasciatore Eduard d’Asburgo