martedì 22 aprile 2025

Preghiamo per l’anima di Papa Francesco






Di Stefano Fontana, 22 Apr 2025

Papa Francesco è morto il Lunedì dell’Angelo, 21 aprile 2025, alle ore 7:35.

Alla notizia della sua morte invitiamo tutti gli amici del nostro Osservatorio e quanti a qualsiasi titolo seguono la nostra attività a pregare per la sua anima, che Dio onnipotente e misericordioso lo ammetta a vedere il suo Volto.

Preghiamo per il Pontificato, una istituzione divina così fondamentale per la vita della Chiesa, affinché si possano superare incertezze e difficoltà a questo proposito e nella Chiesa si mantenga sempre, con il sostegno dello Spirito Santo, la consapevolezza della sua grande dignità per la salvezza delle anime.

Preghiamo inoltre per la Chiesa, che in questo momento non solo sta transitando da un Pontefice ad un altro, ma sta anche vivendo una difficoltosa crisi di fede senza precedenti.

Il tempo della morte e delle esequie è il tempo della pietas christiana, non è il momento della retorica, né il momento dell’analisi storica.



(Foto: Pave Frans. Av Bogdan Solomenco. CC BY SA 4.0)


lunedì 21 aprile 2025

Effetto figliol prodigo, in Francia è boom di battesimi adulti


 

Sempre meno bambini battezzati, ma sempre più francesi al fonte battesimale ci vanno da grandi, a Pasqua. Spesso provengono da famiglie cristiane che non hanno trasmesso loro la fede e la riscoprono da soli dopo aver sperimentato il vuoto.


SEGNI DEI TEMPI

Editoriali 


Luisella Scrosati, 17-04-2025

Europe1, CNews, Franceinfo, fino a Le Figaro e Le Monde: la grande stampa non può tacere il boom di battesimi che verranno conferiti in Francia a uomini e donne nella prossima Veglia di Pasqua. 10.384 adulti, a cui si sommano oltre 7.400 adolescenti, per un totale di quasi 18.000 catecumeni che stanno per ricevere il Battesimo, è un numero imponente, che non può essere ignorato. I risultati dell’Enquête “Catéchuménat 2025” sur les Baptisés de Pâques mostrano un miglioramento ulteriore del trend positivo dello scorso anno (+45%), che già mostrava un significativo aumento rispetto al 2023, anno della svolta.

La media dei battesimi di adulti negli ultimi dieci anni era di circa 4000 unità ogni anno. Nel 2015 se ne contavano circa 3900, mentre dieci anni dopo oltre 10 mila, con un incremento di oltre il 160%. Tra gli adulti, quest’anno la fascia d’età compresa tra il 18 e i 25 anni (42%) ha superato quella tra i 26 e i 40 (39%). Netta la prevalenza femminile, con il 63% dei battezzandi, così come la loro area professionale di provenienza: il 27% proviene dal mondo degli studenti universitari, che nel 2020 rappresentava appena il 17% del totale, mentre il 36% esercita la professione di impiegato, operaio o tecnico, ed il 13% quello di insegnante.

La maggior parte di questi catecumeni (52%) proviene da famiglie cristiane, ossia da genitori battezzati che tuttavia hanno scelto di non trasmettere la fede ai propri figli; una parte consistente, circa il 18%, afferma di aver vissuto senza una religione. Interessante anche il dato delle conversioni dall’Islam, il 4%, che significa circa 400 persone che lasceranno la religione di Maometto per abbracciare il dolce giogo di Cristo, non di rado entrando in conflitto con i propri familiari.
Tra le Province ecclesiastiche che registrano un incremento di oltre il 50% di catecumeni, rispetto allo scorso anno, troviamo Toulouse, Montpellier, Clermont, Lyon, Dijon, Tours, Besançon e Metz.

Sul versante degli adolescenti (11-17 anni), i numeri risultano un po’ più incerti, poiché non tutte le diocesi francesi hanno inviato i dati relativi. Inequivocabile è però l’aumento rispetto allo scorso anno (+33%) degli adolescenti che riceveranno il battesimo la notte o il giorno di Pasqua, confermando una crescita costante a partire dal 2023. Anche tra gli adolescenti è netta la prevalenza femminile (65%).

Il dato estremamente positivo dei catecumeni non deve però far dimenticare che in Francia, ogni anno, il numero dei bambini che vengono battezzati è drammaticamente in calo. Secondo Le Monde, «nel 1974, tre quarti dei bambini con meno di 7 anni erano battezzati, la metà nel 1996 e non più di un quarto nel 2024». VaticanNews ricorda che il numero assoluto di battezzati in vent’anni, dal 2000 al 2020, si è drasticamente dimezzato. E tuttavia l’incremento che si registra da circa tre anni fa riflettere, oltre che ben sperare.

Da qualcuna delle testimonianze emerse, sembra che il fattore “figliol prodigo” sia stato determinante, non necessariamente per essersi volontariamente allontanati dalla casa paterna, ma per aver sperimentato quella tremenda fame che contorce le viscere dell’anima. Anaë, 20 anni, della diocesi di Nantes, si è ritrovata a vivere una profonda depressione già a 12 anni, probabilmente provocata da alcune dipendenze della madre. Poi gli sforzi di riempire il vuoto che la divorava, con nottate passate a consumare alcool, droghe, relazioni mordi e fuggi. Nel gennaio 2022, racconta, «non riuscivo ad alzarmi dal letto, non avevo nulla da fare, passavo le giornate a rimuginare. Poi ho sentito parlare della Quaresima. Senza capire perché, in quel preciso momento, ho sentito come una forza nel mio cuore che mi spingeva a scoprire di cosa si trattava. Volevo assolutamente sapere tutto. In seguito ho capito che il mio cuore cercava davvero di conoscere Dio. Due mesi dopo, il 2 marzo 2022, ho iniziato il mio primo periodo di Quaresima. Da quel giorno, non ho più lasciato il Signore». La frequentazione delle sante Messe, senza comprendere né capire più di tanto e quindi l’incontro con la comunità cristiana a Nantes: «Dio è venuto a cercarmi quando avevo toccato il fondo, e nemmeno avevo idea di chi fosse». Il buon Samaritano non riposa mai, ma percorre instancabile la strada che va da Gerusalemme, la città di Dio, a Gerico, la città maledetta, nonché la più bassa del globo terrestre (-250m s.l.m.), per soccorrere i viandanti che incappano nei briganti.

Lautalyne, 22 anni, studentessa a Lione: «Stavo attraversando un periodo difficile della mia vita, avevo problemi di salute e aspettavo le visite mediche con due o tre anni di ritardo. Un giorno, molto semplicemente, ho pregato e la mattina dopo ho avuto le mie visite mediche entro una settimana». La fede cristiana, non a caso, si fonda sulla prova storica che Dio mostra la potenza del suo braccio proprio quando umanamente non c’è più speranza. Lo ha fatto nell’attraversamento del Mar Rosso, evento storico (checché ne dicano certi biblisti) paradigmatico, dove Jahvé interviene quando il popolo aveva davanti a sé il mare e dietro i carri del faraone; lo ha fatto nella risurrezione di Cristo, quando la pietra aveva già chiuso il sepolcro.

Non vi sono dati che permettono di avere contezza su quanti di questi catecumeni provengano da “cammini” ecclesiali particolari, e quanti invece siano stati “pescati” direttamente dal Signore, per quanti di loro sia stata decisiva un’amicizia oppure la partecipazione, forse casuale, alla liturgia della Chiesa. Il contesto universitario appare però un terreno fertile. P. Jean-Baptiste Siboulet, cappellano universitario a Nantes, spiega che quasi tutte le settimane gli provengono richieste di giovani studenti che vogliono conoscere di più il cattolicesimo: «i giovani vogliono comprendere, conoscere ed acquisire delle basi teologiche solide».

Sembra chiaro che è l’incontro con il Dio vivo, principio di luce e di vita, con la sua potente misericordia, a convertire i cuori, non il cristianesimo dei valori; cuori che poi cercano appunto solidità, perché di mode entusiasmanti ma peregrine ne hanno abbastanza. È il buon Samaritano a caricare su di sé le anime, lasciate mezze morte sulla via, e portarle alla locanda, dove chiede alla sua Chiesa di prendersi cura di loro, promettendo di ricompensare ogni spesa al suo ritorno.

I numeri molto dicono, ma molto di più nascondono; quello che mai emergerà da ricerche, sondaggi e statistiche è quella parte invisibile, ma sostanziale e determinante, che accompagna ogni conversione. Dietro ad ogni errante che si avvicina o riavvicina a Dio, ci sono la preghiera, il sacrificio, l’offerta di tante persone, i cui gemiti sono conosciuti solo dal Signore; una rete nascosta di intercessori che si estende per tutto l’orbe terrestre, e lo valica per congiungersi con le preghiere dei santi e degli angeli. E la Francia cattolica, che da secoli soffre la persecuzione di una delle peggiori forme di laicismo, e non di rado deve soffrire anche a causa dei suoi pastori, non manca di queste anime. Non c’è male che Dio non sappia volgere ad un bene.






domenica 20 aprile 2025

Gli insegnamenti della risurrezione secondo San Tommaso




EDITORIALI 20/04/2025



di Matteo Castagna

SAN TOMMASO D’AQUINO CI INSEGNA MOLTE COSE, IN QUESTA PASQUA

È necessario che gli uomini conoscano due cose: la gloria di Dio e la pena dell’inferno, perché essi, allettati dalla gloria e spaventati dalla pena, possano star lontani dal peccato ed evitarlo. Ma sono cose molto difficili da conoscere. Il Libro della Sapienza pone sulla bocca degli stolti queste parole: “Non si è trovato alcuno che sia tornato dagli inferi” (Sap 2,1). Ma ora non si può più dire così, perché Cristo, com’è disceso dal cielo per insegnarci le cose celesti, così è risorto dai morti per insegnarci le cose degli inferi. È perciò necessario che noi crediamo non solo che egli si è fatto uomo ed è morto, ma anche che risuscitò dai morti. Perciò nel Simbolo viene detto: “il terzo giorno risuscitò dai morti“.

Cristo risuscitò per virtù propria, perché egli non era soltanto uomo ma anche Dio e la divinità non fu mai separata né dalla sua anima né dal suo corpo. Perciò, quando egli volle, il suo corpo riassunse l’anima e l’anima il corpo. Lo affermò lui stesso: “Io ho il potere di offrirla (la mia vita) e il potere di riprenderla di nuovo” (Gv 10,18).

E, pur avendo subita la morte, questa non avvenne per infermità o per necessità, ma per propria volontà, spontaneamente. Tale è l’Olocausto perfetto. Egli può dire di sé quanto dice il salmista: “Io mi corico e mi addormento, mi sveglio (perché il Signore mi sostiene)” (Sal 3,6). Né questo è in contraddizione con quanto si legge negli Atti: “Questo Gesù Dio l’ha risuscitato” (At 2,32), perché il Padre lo risuscitò e il Figlio risuscitò se stesso, essendo unica la potenza del Padre e del Figlio.

Cristo risuscitò a una vita gloriosa e incorruttibile. Lo afferma l’Apostolo quando dice: “Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre” (Rm 6,4), mentre gli altri tornano alla medesima vita di prima, come sappiamo di Lazzaro e degli altri risorti.

Tutti gli altri risorgono in virtù della risurrezione di Cristo. Infatti, dice il Vangelo che, alla risurrezione di lui, “molti corpi di santi morti risuscitarono” (Mt 27,52) e S. Paolo afferma che “Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1 Cor 15,20). Non sfugga, però, che Cristo giunse alla gloria attraverso la passione, come egli stesso dichiarò ai suoi discepoli: “Non bisognava che Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26).
Così ci insegnò come anche noi potessimo giungere alla gloria, perché, come afferma S. Paolo, “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At 14,22).

Cristo risuscitò il terzo giorno. La ragione è che la nascita, la morte e la risurrezione di lui erano ordinate alla nostra salvezza, e pertanto egli volle risorgere appena la nostra salvezza fu compiuta. Ma se fosse risorto subito dopo la morte, non si sarebbe creduto che egli fosse veramente morto; e se l’avesse differita di molto tempo, i suoi discepoli non avrebbero perseverato nella fede e di conseguenza la sua passione non sarebbe stata di alcuna utilità, come dice il salmo: “Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa nella tomba?” (Sal 30,10). Risuscitò perciò il terzo giorno affinché fosse creduto morto e i suoi discepoli non perdessero la fede.

Per il Dottore della Chiesa, San Tommaso d’Aquino, da quanto si è detto della risurrezione di Cristo possiamo ricavare quattro insegnamenti.

1 – Dobbiamo impegnarci per risorgere spiritualmente dalla morte dell’anima, in cui incorre l’uomo col peccato, alla vita di grazia che si riacquista mediante la penitenza. Dice infatti l’Apostolo: “Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà” (Ef 5,14). È questa quella prima risurrezione cui allude l’Apocalisse quando dice: “Beati e santi coloro che prendono parte alla prima risurrezione” (Ap 20,6).

2 – Non dobbiamo differire questa nostra risurrezione al momento della morte, ma dobbiamo attuarla subito, perché Cristo è risorto al terzo giorno. A tanto ci invita anche il Siracide: “Non aspettare a convertirti al Signore, e non rimandare di giorno in giorno” (Sir 5,8). Come potresti, infatti, pensare alla salvezza dell’anima quando sarai oppresso dalla malattia? Inoltre, perché perseverando nel peccato, vorresti privarti della partecipazione di tanti beni che si fanno nella Chiesa e incorrere in tanti mali? Il diavolo, inoltre, come dice Beda quanto più a lungo possiede un’anima, tanto più difficilmente la lascia.

3 – Dobbiamo risorgere a una vita incorruttibile, per non morire di nuovo, cioè col proposito di non peccare più, come Cristo che “risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rm 6,9). Perciò, “Anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù. Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri; non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti” (Rm 6,11-13).

4 – Sforziamoci di risorgere a una vita nuova e gloriosa, tale cioè da evitare tutte quelle cose che prima ci erano state occasione e causa di morte e di peccato. “Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4), e questa vita nuova è una vita di grazia che rinnova l’anima e porta alla vita di gloria. Alla quale dobbiamo tutti aspirare.






Nella Sindone tutto parla di Gesù di Nazaret


 

La Sindone ci parla in modo eloquente di fatti avvenuti duemila anni fa. Eppure si perpetuano bugie per negare la sua autenticità. E ciò nonostante oltre cent’anni di ricerche e pubblicazioni che avvalorano il legame tra quel lenzuolo e la Passione, Morte e Risurrezione di Gesù.

Segno di Risurrezione

Ecclesia 


Emanuela Marinelli, 19-04-2025

L’avvicinarsi della Pasqua riporta alla ribalta la Sindone, la venerata reliquia conservata a Torino da più di quattro secoli. San Giovanni Paolo II la definì così: «Singolarissimo testimone della Pasqua, della Passione, della Morte e della Risurrezione. Testimone muto, ma nello stesso tempo sorprendentemente eloquente». In effetti la Sindone parla, come ha affermato Benedetto XVI: «Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio».

In questi giorni si sono moltiplicate le conferenze, le mostre, i libri, gli articoli sulla Sindone. Una grande mostra, organizzata dall’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, è in corso presso la Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Roma. In tutta Italia e in alcuni Paesi esteri è presente l’Ostensione diffusa, iniziativa per esporre copie della Sindone nelle chiese. È da poco uscito Contemplare la Sindone, il nuovo libro che ho scritto con don Domenico Repice (Ares 2025).

In questo fermento di iniziative, capita però di ascoltare anche qualcosa che lascia molto perplessi. L’affermazione più clamorosa che ho sentito riguarda la reazione del mondo scientifico alla datazione medievale della Sindone del 1988: «Tutto tace per 22 anni, fino al congresso dell’ENEA del 2010 dove parla Marco Riani». Non è così, perché immediatamente si sollevò un coro di proteste per motivi scientifici. Furono convocati numerosi congressi: Bologna 1989, Parigi 1989, Cagliari 1990, Roma 1993, Nizza 1997, Torino 1998, Richmond 1999, Rio de Janeiro 1999, Orvieto 2000, Dallas 2001, Parigi 2002, Rio de Janeiro 2002, Dallas 2005. In tutti furono presentati lavori che invalidavano il test radiocarbonico.

Nel 1990 uscì il primo libro che contestava la datazione medievale: La Sindone, un enigma alla prova della scienza, che scrissi per la Rizzoli con Orazio Petrosillo e prefazione di Vittorio Messori. Seguirono altri libri e soprattutto articoli scientifici su prestigiose riviste referenziate, come quello di H. Gove et al. del 1997: A problematic source of organic contamination of linen, o quello di R. Rogers del 2005: Studies on the radiocarbon sample from the Shroud of Turin, tanto per menzionarne due.

Chi sostiene che, prima del 2010, tutto tace, inoltre, non parla mai della smentita definitiva della datazione radiocarbonica pubblicata su Archaeometry nel 2019 da T. Casabianca, E. Marinelli, B. Torrisi, G. Pernagallo. Si evita di parlarne per far credere che tutto tace anche dopo.

La bugia colossale del “tutto tace” in merito alla datazione radiocarbonica fa il paio con l’altra menzogna: “Non sappiamo quasi nulla sulla Sindone, è più quello che non conosciamo di quello che conosciamo, sappiamo quello che non è ma non sappiamo che è”. Si nega così con disinvoltura tutto quello che è stato trovato e pubblicato in oltre cent’anni di ricerche: la manifattura della stoffa, molto pregiata, che contiene tracce di DNA di persone dell’India, ad avvalorare la possibilità che Giuseppe d’Arimatea l’abbia comprata al Tempio; cospicue tracce anche di DNA mediorientale; la presenza di aloe e mirra e l’abbondanza di pollini di piante della Terra Santa; la presenza di aragonite simile a quella trovata nelle grotte di Gerusalemme; una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del I secolo d.C.

Il cadavere che è stato nel lenzuolo è quello di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso con chiodi e trapassato da una lancia al fianco. Tutto coincide con la descrizione della Passione di Cristo che si trova nei Vangeli. Il tempo di contatto fra corpo e lenzuolo è stato valutato attorno alle 36-40 ore, dopo le quali sul lenzuolo si è formata l’immagine del corpo. Il telo ha ricevuto una radiazione ortogonale che si può spiegare – come dimostrato dagli esperimenti condotti con il laser presso l’ENEA di Frascati – con una potente emissione di luce.

Alcuni tentano di svalutare le analisi condotte da Pierluigi Baima Bollone, che è stato direttore dell’Istituto di Medicina Legale di Torino, il quale ha dimostrato che il sangue è umano e di gruppo AB, lo stesso del Sudario di Oviedo e di alcuni miracoli eucaristici. I reagenti usati non sarebbero stati adeguati e il sangue potrebbe essere quello di un coniglio. Questi attacchi non sono giustificati, in quanto già all’epoca delle analisi, negli anni Ottanta, Baima Bollone aveva risposto alle contestazioni sulla rivista Sindon, la stessa che aveva pubblicato i suoi lavori. Ma i negatori scatenati sono giunti perfino a contestare il sudore di sangue di Gesù al Getsemani, fenomeno noto in medicina in caso di grande stress, con argomenti del tipo che Luca non era presente o che alla luce incerta delle torce il sudore di sangue non si vede.

Lo stuolo dei demolitori alla fine dice che se la Sindone è vera o è falsa non cambia nulla, tanto quello che importa è l’immagine che rimanda a Gesù. Non si rendono conto del fatto che se non fosse il lenzuolo funebre di Gesù, sarebbe il risultato di un orrendo delitto perpetrato per realizzare una falsa reliquia, dunque non un rimando a Gesù in una icona fatta per meditare. Della Sindone, comunque, hanno detto che “ci sono icone più belle”.

Un’altra affermazione ambigua, che vuole essere poetica, è questa: “La Sindone non dà risposte, pone domande. Può essere una prova della Resurrezione? La risposta a una domanda di fede non si trova nella Sindone ma piuttosto negli occhi e nel cuore di chi guarda”. Chi dice questo non considera tutti i risultati degli esami scientifici, che – come già detto – hanno dato moltissime risposte ai nostri quesiti. I fisici che hanno condotto gli esperimenti con il laser presso l’ENEA hanno ammesso che dai loro risultati si può pensare alla formazione dell’immagine con una luce come quella che Gesù sprigionò durante la Trasfigurazione. La risposta dunque non può essere negli occhi e nel cuore di chi guarda semplicemente la Sindone senza sapere nulla e può trarre conclusioni sbagliate, ma nella mente di chi si è documentato e conosce le risposte che la Sindone ha dato agli scienziati.

Il fastidio per l’autenticità della Sindone, definita da alcuni persino una “ossessione”, arriva al punto di affermare che se fosse autentica e segno della Resurrezione sarebbe un danno per la fede, che sarebbe annientata da una verità impositiva. Meno male che il custode della Sindone, il cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, con semplicità ha detto: «La Sindone è anche il calco della Resurrezione, che dice che Dio può intervenire». Con gratitudine verso il card. Repole, ci avviciniamo alla gioia della Santa Pasqua, annuncio della Sindone vuota e di Cristo risorto!





sabato 19 aprile 2025

Il mistero del Sabato Santo. La meditazione di Benedetto XVI davanti alla Sindone




19 Apr 2025

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by Aldo Maria Valli



di Benedetto XVI

Cari amici, questo è per me un momento molto atteso. In diverse altre occasioni mi sono trovato davanti alla sacra Sindone, ma questa volta vivo questo pellegrinaggio e questa sosta con particolare intensità: forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria Icona; forse, e direi soprattutto, perché sono qui come Successore di Pietro, e porto nel mio cuore tutta la Chiesa, anzi, tutta l’umanità. Ringrazio Dio per il dono di questo pellegrinaggio, e anche per l’opportunità di condividere con voi una breve meditazione, che mi è stata suggerita dal sottotitolo di questa solenne Ostensione: “Il mistero del Sabato Santo”.

Si può dire che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo. Infatti essa è un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù, il quale, crocifisso verso mezzogiorno, spirò verso le tre del pomeriggio. Venuta la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato solenne di Pasqua, Giuseppe d’Arimatea, un ricco e autorevole membro del Sinedrio, chiese coraggiosamente a Ponzio Pilato di poter seppellire Gesù nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia a poca distanza dal Golgota. Ottenuto il permesso, comprò un lenzuolo e, deposto il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse con quel lenzuolo e lo mise in quella tomba (cfr Mc 15,42-46). Così riferisce il Vangelo di san Marco, e con lui concordano gli altri Evangelisti. Da quel momento, Gesù rimase nel sepolcro fino all’alba del giorno dopo il sabato, e la Sindone di Torino ci offre l’immagine di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato.

Il Sabato Santo è il giorno del nascondimento di Dio, come si legge in un’antica Omelia: “Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme … Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi” (Omelia sul Sabato Santo, PG 43, 439). Nel Credo, noi professiamo che Gesù Cristo “fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, discese agli inferi, e il terzo giorno risuscitò da morte”.

Cari fratelli e sorelle, nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più. Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità.

E tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini. Il Sabato Santo è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra di nessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo: “Passio Christi. Passio hominis”. E la Sindone ci parla esattamente di quel momento, sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale.

In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significa questa espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio. E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”.

Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione. Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati – “Passio Christi. Passio hominis” -, da questo volto promana una solenne maestà, una signoria paradossale. Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio. Come parla la Sindone? Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. È come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.

Cari amici, lodiamo sempre il Signore per il suo amore fedele e misericordioso. Partendo da questo luogo santo, portiamo negli occhi l’immagine della Sindone, portiamo nel cuore questa parola d’amore, e lodiamo Dio con una vita piena di fede, di speranza e di carità. Grazie.

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Visita pastorale di Benedetto XVI a Torino, Venerazione della Santa Sindone, 2 maggio 2010

Fonte: vatican.va




L’Agnello immolato ci strappò dalla morte





Di Osservatorio Card. Van Thuan, 19 Apr 2025

Con questa meditazione di Melitone di Sardi, vescovo apologeta del II secolo, inviamo a tutta la grande famiglia dell’Osservatorio i nostri auguri per una Santa Pasqua nel Signore Risorto.



“Molte cose sono state predette dai profeti riguardanti il mistero della Pasqua, che è Cristo, “al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen (Gal 1,5). Egli scese dai cieli sulla terra per l’umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell’uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo spirito immortale distrusse la morte omicida.

Egli infatti fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall’Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo Sangue.

Egli è colui che coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosé il Faraone. Egli è colui che percosse l’iniquità e l’ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l’Egitto.

Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra Salvezza.

Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosé, e nell’agnello fu sgozzato.

Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato.

Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli è l’agnello che non apre bocca, egli è l’agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnello senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all’uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sottoterra non fu soggetto alla decomposizione.

Egli resuscitò dai morti e fece risorgere l’umanità dal profondo del sepolcro”.

(Foto: Resurrezione di Cristo, Di Raffaello Sanzio – http://www.masp.art.br, Pubblico dominio )



venerdì 18 aprile 2025

Se nella Sindone i chiodi sono nei polsi, perché nei crocifissi i chiodi sono nelle mani?



Posted By: admin 18 Aprile 2025


1.L’apologetica è fatta di grandi, ma anche di piccole domande. Spesso ci soffermiamo sulle grandi questioni, eppure -alle volte- possono essere le piccole domande quelle più decisive e sui cui non ci soffermiamo a riflettere.

2.Vi è una “piccola” domanda che tutti ci possono porre: se nella Sindone i chiodi sono nei polsi, perché nelle rappresentazioni dei crocifissi i chiodi sono nelle mani? Ecco la risposta. Prima di tutto va detto che che nella Sindone non è acclarato il fatto che il Crocifisso abbia i chiodi nei polsi, vi sono infatti studi che aprono alla possibilità secondo cui i chiodi in quei tempi venissero conficcati nelle palme delle mani ma in maniera trasversale, facendo in modo che fuoriuscissero in corrispondenza dei polsi.

3.Tralasciando però questa questione che potrebbe non essere immediatamente risolta, il problema in realtà non si pone, e vi diciamo subito perché. Le stigmatizzazioni vogliono essere dei segni “manifesti”. La Provvidenza, pertanto, tende ad adattarsi all’iconografia tradizionale. Se la gran parte delle rappresentazione dei crocifissi è con i chiodi nelle mani, la Provvidenza, per essere capita, si adatta a questo. Qualche esempio famoso che non riguarda i crocifissi: la Vergine è apparsa a Lourdes con la carnagione chiara, a La Salette vestita con abiti locali e con l’acconciatura dei capelli secondo le usanze del posto, a Guadalupe è apparsa con la pelle scura come quelle degli indios…e si potrebbero fare anche altri esempi. Insomma, la Provvidenza con i suoi segni straordinari vuole insegnare; e ogni bravo insegnante si adatta alle possibilità di comprensione degli studenti.