domenica 31 dicembre 2023

Benedetto XVI, il Papa che sfidò le ideologie del nostro secolo

Papa Benedetto XVI (foto Ansa)

A un anno dalla scomparsa di Joseph Ratzinger, ripercorriamo la sua figura e i suoi insegnamenti. Il cristianesimo non è in contraddizione con la modernità, ma ne è la risposta


Chiesa


Matteo Forte31/12/2023

La vicenda dell’uomo Joseph Ratzinger, prima ancora che quella del pontefice, porta con sé un significato per la nostra contemporaneità che richiederà ancora molto tempo per essere colto appieno e nel profondo. Se Karol Wojtyla è stato il gigante della fede, che ha dato voce e vittoria alla Chiesa del silenzio in un secolo in cui essa sembrava soffocare sotto un sistema ateo destinato apparentemente a progressive e magnifiche sorti, il professore bavarese è colui il quale ha risposto affermativamente alla domanda posta provocatoriamente da Dostoevskij: «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?».

A un uomo colto, un europeo dei nostri giorni, non rimane che credere alla divinità di Gesù Cristo – ha risposto in parole e atti Joseph Ratzinger. Dopo il culmine dell’Illuminismo, manifestatosi con la Rivoluzione francese nel 1789, e il crollo duecento anni dopo (nel novembre del 1989) delle ideologie totalitarie che avevano la pretesa di svelare e attuare le leggi della storia, l’allora Prefetto per la Dottrina della fede spiegò quanto l’esperienza stessa dell’uomo contemporaneo avrebbe dovuto condurlo all’ipotesi di Dio.

La libertà è esigente


Avrebbe dovuto, perché nella vicenda umana non c’è nulla di meccanico, come invece proprio le ideologie del Novecento avevano inteso. È sempre in gioco la libertà, infatti, come ricordò nel 1991 all’indomani della riunificazione della Germania («La libertà è esigente; essa non si mantiene in salute da sé, […]. Detto altrimenti: il crollo del marxismo non fa nascere di per sé una Stato libero e una società sana», cit. in La vera Europa. Identità e missione, Cantagalli, 2021, p. 128) e come ribadirà Benedetto XVI nella Spe salvi («la libertà dell’uomo è sempre nuova e deve sempre nuovamente prendere le sue decisioni. […]. La libertà presuppone che nelle decisioni fondamentali ogni uomo, ogni generazione sia un nuovo inizio», n. 24).

Tuttavia, proprio la condizione in cui versa l’uomo contemporaneo apre ragionevolmente alla supplica che Qualcuno dall’esterno di questa condizione venga a salvarlo. Del resto, le ideologie del XX secolo avevano riproposto il mito del messianismo secolarizzato e che campi di sterminio e gulag sovietici hanno irrimediabilmente sbugiardato. E la Chiesa dei martiri dei regimi politici, insieme al pontificato di Giovanni Paolo II, non hanno fatto altro che rispondere riaffermando il contenuto stesso del cristianesimo dei primi secoli, ovvero con la smitizzazione delle pretese salvifiche del potere, che non è l’orizzonte ultimo dell’esistenza di ciascuno.

Le tirannie del XX secolo


L’incontro con Cristo sfonda anzi gli stretti confini di una vita così concepita e apre a una dimensione che è metapolitica. Spiega ancora Ratzinger: «Il messianismo è essenzialmente modificato dalla figura di Gesù. Esso rimane politicamente rilevante, in quanto indica il punto, in cui il martirio diventa necessario e così viene precisato il limite dei diritti dello Stato. […] La storia è per così dire il regno della ragione; la politica non instaura il Regno di Dio, ma certamente deve preoccuparsi per il giusto regno dell’uomo» (Europa. I suoi fondamenti oggi e domani, San Paolo, 2004, p. 53).

È così che si aprono nuove strade per la testimonianza di fede cristiana, come quella di un padre Massimiliano Kolbe: «Nel 1933 la fede era stata allontanata con la forza dalla scena della responsabilità politica […]. La perdita del potere le aveva giovato. Era divenuta più pura. La speranza sua propria, che non poteva essere surrogata da alcunché, era fiorita nella sua invincibile grandezza proprio nei luoghi dell’assenza terrena di speranza, nell’orrore dei campi di concentramento e nei tribunali del potere dominante» (cit. in La vera Europa, p. 187).

Eppure, anche la più grande testimonianza di santità può essere accettata riducendola ad eroicità civile, facendola brillare nel firmamento delle svariate forme di Resistenza politica nella notte oscura delle tirannie disumane del XX secolo. È appunto quello che Ratzinger ha registrato nel passaggio di secolo, e per cui il crollo delle ideologie avrebbe potuto aprire all’ipotesi di Dio, ma senza alcun meccanismo che saltasse a piè pari la libertà umana. La diagnosi degli anni ’90 è impietosa: «L’immagine di Gesù – secondo la quale al posto di uno spirito impuro scacciato ne vengono altri sette molto più cattivi, se trovano la casa vuota e ben riassettata (cfr. Mt 12, 43 – 45 par.) – storicamente s’avvera senza posa. Chi rinuncia al marxismo non ha ancora trovato con ciò nuove fondamenta del vivere. La fuoriuscita da un’ideologia, un tempo ragione di vita, può molto facilmente capovolgersi anche in nichilismo, e ciò sarebbe allora veramente il dominio dei setti spiriti più malvagi» (La vera Europa, p. 128).

I “falsi infiniti”

I totalitarismi hanno lasciato nell’uomo colto, nell’occidentale dei nostri giorni, il sospetto e lo scetticismo circa la possibilità di trovare nuove fondamenta del vivere. E così l’Europa stanca, o “sazia e disperata” come il cardinal Biffi negli stessi anni ebbe a descrivere la sua Bologna, si è lasciata andare culturalmente alla dittatura del relativismo ed esistenzialmente alla ricerca spasmodica di piaceri da parte dei suoi abitanti. La società dei consumi non si è mostrata all’altezza delle attese suscitate dal crollo del comunismo e, anzi, il consumo di droga, una sessualità disordinata, gli algoritmi che governano le nuove tecnologie, il successo lavorativo ad ogni costo e un’istruzione performante hanno finito per sottoporre la persona a nuove forme di schiavitù.

«In realtà ora domina il dio-non senso», spiegò all’Università di Eichstätt il 26 novembre 1987. Ma proprio qui subentra la risposta affermativa di Ratzinger alla domanda di Dostoevskij: quello stesso uomo annichilito ha ancora un cuore che cerca un senso, che anela all’Infinito. Nel messaggio al Meeting di Rimini del 2012 Benedetto XVI ricordò quanto «questa tensione è incancellabile nel cuore dell’uomo: anche quando si rifiuta o si nega Dio, non scompare la sete di infinito che abita l’uomo», per cui anche i «“falsi infiniti” che possano soddisfare almeno per un momento» finiscono per lasciare insoddisfatti e aprire così a nuove possibilità di credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo. «E perciò vediamo come, proprio nelle nuove generazioni, questa inquietudine si risveglia di nuovo ed essi si mettono in cammino, e così ci sono nuove scoperte della bellezza del cristianesimo», rispose Benedetto XVI nel 2012 al gesuita padre Germano Marani che lo intervistava per il film “Campane d’Europa”: «Quindi, mi sembra che l’antropologia come tale ci indichi che ci saranno sempre nuovi risvegli del cristianesimo».

Essere lieti nella fede


A due condizioni. La prima la indicò ancora Ratzinger il 16 febbraio del 2000, presentando a Madrid una delle encicliche più felici del papato di Karol Wojtyla (e a cui non fu estranea la sua mano), cioè la Fides et ratio. Lì, l’allora prefetto della Dottrina delle fede precisò che «solo quando la fede cristiana è la verità, riguarda tutti» (Fede, verità e cultura. Riflessioni in relazione all’enciclica Fides et ratio) e quindi può risvegliare quella santa inquietudine per cui il cuore di tutti e di ciascuno riconosce di essere fatto per l’Infinito e che tutto il finito è troppo poco per lui. Se la fede cristiana diventa invece «semplicemente una variante culturale delle esperienze religiose dell’uomo», perderà il suo fascino e la sua capacità attrattiva, a prescindere dal contesto esterno favorevole o meno alla Chiesa.

La seconda condizione è che resista un piccolo gregge, che faccia toccare con mano l’Infinito e renda l’incarnazione di Dio contemporanea. E questa tematica è costante in tutta la produzione di Joseph Ratzinger. Dalla celebre conferenza radiofonica degli anni ‘60 spesso citata («Dalla crisi di oggi sorgerà una Chiesa che avrà perduto molto. Essa diventerà più piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. […]. Sarà una Chiesa interiorizzata, che non si vanta del suo mandato politico e non flirta né con la sinistra né con la destra. […]. Questo cambiamento la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli», in Il tempo e la storia. Il senso del nostro viaggio, Piemme, 2017, p. 156), al dialogo con Marcello Pera, in cui insistette sull’importanza delle “minoranze creative”, cioè «uomini che nell’incontro con Cristo abbiano trovato la perla preziosa che dà valore a tutta la vita» e «attraverso la loro capacità di convincere e la loro gioia, offrono anche ad altri un diverso modo di vedere le cose e raggiungono tutti» (Senza radici, Mondadori, 2004, p. 110).

Fino alle riflessioni più personali dell’ultimo periodo nel monastero Mater Ecclesiae dopo l’epocale rinuncia al ministero attivo: «Vivo in una casa nella quale una piccola comunità di persone scopre di continuo, nella quotidianità, simili testimoni del Dio vivo, indicandoli anche a me con letizia. Vedere e trovare la Chiesa viva è un compito meraviglioso che rafforza noi stessi e che sempre di nuovo ci fa essere lieti nella fede» (Che cos’è il Cristianesimo. Quasi un testamento spirituale, Mondadori, 2023, p. 160).








sabato 30 dicembre 2023

La Chiesa e le genialate dei suoi vertici. Piccola rassegna




30 DIC 2023

Per sorridere un po'....

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by Aldo Maria Valli



Resto sempre colpito dalla coerenza delle attuali alte gerarchie cattoliche.

Farò qualche esempio.

Ricordate papa Francesco? “Ah, come vorrei una chiesa povera e per i poveri!”.

Bene. Dopo alcuni anni senza soluzioni di particolare effetto, ecco la pensata. I vescovi si son messi a finanziare una ong dedita all’immigrazione clandestina e così le offerte destinate all’otto per mille, già in discesa, subiranno certamente un tracollo. Infatti, già sento parecchi che, volendo evidentemente fare la volontà del papa, dicono: “Non darò mai più un soldo alla Chiesa”. Perfetto.


E Francesco non raccomanda sempre di dar voce alle periferie?

Bene, ecco che il Dicastero per la dottrina della fede pubblica la Fiducia supplicans, immaginata apposta per essere subito contestata da intere Conferenze episcopali di Paesi non certo del primo mondo quali Ghana, Zambia, Malawi, Togo, Benin, Camerun, Kenya, Nigeria, Congo, Ruanda, Angola, São Tomé. Una genialata. Quale modo migliore di suscitare la voce delle periferie?

E ancora.

Francesco non dice sempre che la Chiesa deve essere una casa dalle porte aperte?

Bene. Aprire le porte, però, causa correnti d’aria, che fanno male agli anziani. Ed ecco perché Francesco, nella sua infinita misericordia, ha tolto la casa al non più giovane cardinale Burke. Niente casa, niente porte aperte, niente acciacchi. Quale sollecitudine!


E Francesco non dice sempre che la Chiesa non deve essere autoreferenziale?

Ecco perché i vescovi, quando si incontrano, mica si comportano da autoreferenziali (parlando, per esempio, dei seminari vuoti o del fatto che la gente non va più a messa). No. Loro parlano di coppie Lgbtq, riscaldamento globale, foreste amazzoniche. Cose così. Assolutamente niente di autoreferenziale.


E Francesco non è forse un papa attento alle esigenze di tutte le persone?

E quali persone gli possono stare più a cuore dei dipendenti della Curia romana? Ecco perché, volendo sgravarli dell’eccessivo lavoro, procede a colpi di motu proprio, cioè di decisioni prese di sua iniziativa, senza coinvolgere gli organismi della Curia. Che così si possono riposare un po’. Anche in questo caso tutto molto semplice, rapido, efficace.


Che acume! Che ingegnosità! Solo i rigidi indietristi non capiscono.

A.M.V.





10 anni dopo Schumacher corre ancora. Per il Gran Premio della vita





NEWS 30 Dicembre 2023 


di Valerio Pece

Se nel mondo la Ferrari è il mito che è, lo si deve anche a Michael Schumacher, campionissimo avvolto da 10 anni – giorno in cui sfiorò la morte cadendo dagli sci – da due parole-chiave: riserbo e amore. Va detto che il rigoroso silenzio sul suo reale stato di salute si è imposto anche per combattere il triste sciacallaggio che lo ha toccato da vicino: dai paparazzi pizzicati a utilizzare droni pur di spiare dai vetri della sua villa il pilota in coma, al furto delle sue cartelle cliniche con annessa richiesta di denaro ai giornali (finì malissimo: nel 2014 il sospettato del furto si impiccherà in una cella del carcere di Zurigo). Quanto all’amore, non è difficile vedere quanto sia ancora vivo: dagli articoli che accompagnano ogni piccola novità sui suoi progressi, ai tanti tifosi (italiani in primis) che ricordano con somma riconoscenza le sue imprese (dei 7 titoli mondiali conquistati dal pilota tedesco, cinque sono stati vinti con la Ferrari).


«LUI CI HA SEMPRE PROTETTI, ORA STA A NOI FARLO»


Nella dolorosa vicenda, la figura più luminosa è senz’altro quella di Corinna, 54enne moglie di Michael, che da anni protegge e segue il marito in modo commovente. Solitamente parca di dichiarazioni, nel settembre scorso, in occasione dell’uscita su Netflix dell’unico documentario su Schumacher autorizzato dalla famiglia, ha rilasciato parole fortissime: «Ora seguiamo le cure, vogliamo che Michael senta che la famiglia è unita». Per poi aggiungere: «É evidente che mi manca, tutti sentiamo la sua mancanza, ma Michael c’è, è diverso ma c’è. E questo ci dà forza. Non avrei mai pensato che potesse succedergli qualcosa, ma è importante che lui continui ad assaporare la sua vita privata per come possibile. Lui ci ha sempre protetti, ora sta a noi farlo». Una manifestazione d’amore pregna di forza e di gratitudine.


NON É PRIVACY, É AMORE


Dietro i gesti di Corinna Betsch, spesso non compresi fino in fondo, non c’è dunque solo la fredda tutela della privacy ostentata dai giornali e dalle interviste degli addetti ai lavori («Da dieci anni Corinna non va a feste o occasioni pubbliche perché chiunque la incontri vuole sapere delle condizioni del marito e lei ha alzato una barriera a protezione della privacy», così Eddie Jordan, il team manager che lanciò Schumacher in Formula 1, in un’intervista del gennaio scorso). Parlare di privacy, come fa la quasi totalità dei commentatori, oltre che riduttivo è ingiusto e ingeneroso. La volontà di allestire a mo’ di ospedale la villa di famiglia (a Gland, sul lago di Ginevra) al fine di permettere ad uno staff medico di fornire al marito cure quotidiane racconta molto dello smisurato e incrollabile affetto con cui la signora Schumacher circonda il marito, ma soprattutto dice della volontà di continuare a vivere ogni attimo insieme, nella buona come nella cattiva sorte. Poco importa che le cure per il marito costino 10 milioni di euro l’anno (così sono state quantificate le spese mediche): pur di farlo accedere alle terapie più avanzate, come una manager premurosa Corinna ha prima messo in vendita l’aereo privato del marito e poi la villa a Trusil, in Norvegia. In quella Svizzera che la martellante propaganda radicale impone di associare all’eutanasia e alla morte, nulla dev’essere lasciato intentato in termini di cura e di vita.


JEAN TODT (L’UNICO CHE HA CAPITO) GUARDA LA TV CON L’AMICO

L’unico che sembra aver compreso a fondo il nuovo contesto umano suscitato dall’incidente del pilota tedesco, calandosi nell’inedita realtà famigliare con assoluta normalità è Jean Todt, direttore generale della Scuderia Ferrari e amico fraterno di Schumi. «Non posso dire che Michael mi manca perché lui, alla fine, c’è», ha dichiarato Todt al quotidiano francese L’Equipe. Tra i pochissimi a entrare regolarmente a casa del sette volte campione del mondo, Todt ha aggiunto: «Oggi è uno Schumacher diverso ed è magnificamente sostenuto da moglie e figli che lo proteggono. La sua vita è cambiata e io ho il grande privilegio di poter condividere alcuni momenti insieme a lui. Questo è tutto quello che c’è da dire». A proposito di candidi momenti di condivisione, rumors parlano di gare di Formula 1 guardate alla tv dai due amici sul divano di casa Schumacher.


SCHUMI, PIETRA D’INCIAMPO


Ed è proprio in questo “esserci in modo diverso” che si gioca la comprensione che oggi il mondo ha del campione di automobilismo. Costringendo tutti a uno sforzo sul senso profondo della vita, Michael Schumacher, inutile negarlo, oggi è una pietra d’inciampo. Ma è proprio questo tipo di riflessione che non può più chiedersi al dibattito odierno, impoverito e umiliato da un relativismo dilagante. Ecco allora l’imbarazzo dei cronisti. Palpabile. Coglie il punto Mario Donnini con un editoriale su Autosprint. «C’è e non c’è, è vivo ma non interagisce», scrive lo scrittore e giornalista, «non interviene, non può farlo […] se ne ragiona molto spesso a sproposito, giocando a indovinare invece di rispettare, a carpire al posto di capire». Ma è il passaggio successivo quello in cui Donnini tocca il nervo scoperto del nostro tempo: «E così nel mondo iperconnesso h24, in cui chiunque sa e si racconta come vuole, uno tra gli uomini più conosciuti del mondo diventa improvvisamente impercepibile. Svanisce, si decontestualizza, perde domicilio mediatico per scelta dei suoi cari, i quali ritengono di non dover far altro che curarlo, custodirlo e proteggerlo».


«DALLA STESSA PARTE MI TROVERAI»


Si può rimanere vivi (continuando a stupire e a vincere) in molti modi. Oggi Michael, Corinna e i loro due figli sono protagonisti di un secondo tempo della gara che va raccontato, perché è una lezione di vita impagabile, quella della vittoria dell’amore sul dolore. «Forte come la morte è l’amore»: quanto si legge nel Cantico dei Cantici lo vivono ancora oggi due innamorati in una villa di Gland adattata a ospedale. Sempre e per sempre.

(Foto: screenshot, ItaliAuto, YouTube)




Fonte 



venerdì 29 dicembre 2023

Dietro Fiducia supplicans c'è il nuovo paradigma di Francesco



La "guerra civile" provocata dalla dichiarazione sulle benedizioni alle coppie irregolari e omosessuali è frutto di un decennio segnato da due visioni della fede irriducibili tra loro (e irriducibili alla sola "gestione Fernández").


NON SOLO TUCHO

ECCLESIA



Stefano Fontana, 28-12-2023

La “guerra civile ecclesiale” provocata dalla dichiarazione Fiducia supplicans può essere compresa nelle sue dinamiche interne tornando al concetto di “nuovo paradigma” applicato al pontificato di Francesco. Non si contano gli articoli e i libri che adoperano l’espressione. Che si trattasse di un nuovo paradigma era evidente sin dai primi passi del pontificato. Già nelle aggiunte al testo incompiuto della Lumen Fidei o nell’intervista a La Civiltà Cattolica tutti avevamo notato un nuovo paradigma in embrione, che si è poi ampiamente dispiegato in questo decennio e ora, con la Fiducia supplicans, ha definitivamente mostrato il suo volto rivoluzionario, dividendo la Chiesa. Bisogna evitare di attribuire il disastroso effetto alla sola ultima dichiarazione del cardinale Fernández. Essa è stata preparata lungo tutto un decennio ed è da collegarsi direttamente con il capitolo 8 di Amoris laetitia, ma non solo. Ecco perché conviene riprendere in esame la nozione di “nuovo paradigma”.

Questa espressione proviene dalla filosofia della scienza e in particolare dalla scuola popperiana. Thomas Kuhn interpretava lo sviluppo della scienza come un susseguirsi di rivoluzioni sulla base di nuovi paradigmi da intendersi come programmi di ricerca. Il nuovo paradigma doveva essere in grado di spiegare sia quanto spiegato dal precedente sia quanto questo non riusciva a spiegare. La questione ebbe una evoluzione interessante quando Imre Lakatos sostenne che un nuovo paradigma non nasce dopo che si è scoperto un fatto anomalo che falsifica il precedente, ma prima si elabora il nuovo paradigma e poi si possono vedere e spiegare i fatti anomali rispetto al precedente, che altrimenti rimarrebbero al buio o verrebbero adattati a forza dentro il vecchio schema. Il fatto nuovo può essere quindi visto come nuovo solo se prima è già nato il nuovo modo di vedere le cose, e non dopo. Prima si passa ai nuovi criteri e solo poi si affrontano i fatti nuovi, resi ora visibili dalla luce del nuovo paradigma. Un fatto non è nuovo in quanto nuovo, ma perché nuovo è il modo di vederlo.

Questo spunto può aiutarci a capire la nuova situazione nel campo della teologia e della pastorale, per non rimanere intrappolati in questa logica. Secondo la dottrina della successione dei paradigmi, la benedizione delle coppie di fatto eterosessuali e omosessuali è un fatto nuovo che gli “indietristi” non riescono a capire perché sono rimasti dentro il precedente paradigma, ma risulta pienamente chiaro e condivisibile da chi ha acquisito il nuovo. La novità non sta nelle coppie omosessuali, ma nell’inedito colpo d’occhio che ora il nuovo paradigma getta su di esse. La benedizione di queste ultime è una creazione del nuovo paradigma, il quale ha posto la nuova questione dopo aver creato il nuovo modo di affrontarla. Si pone il problema perché si ha già in mente il modo di risolverlo.

Questo spiega due altri aspetti della nuova situazione ecclesiale che stiamo vivendo. Il nuovo paradigma spiega cose nuove, ma anche intende confermare le spiegazioni fornite dal precedente paradigma, altrimenti non c’è nessun passo in avanti. Infatti, Fernández dice che la precedente dottrina esposta da ultimo nel Responsum del 2021 non viene negata ma ampliata da un nuovo paradigma. Le nuove affermazioni risultano così incontestabili: non possono essere criticate alla luce del nuovo paradigma, perché proprio esso le ha prodotte, e non possono nemmeno esserlo alla luce del vecchio, perché era inadeguato e infatti è stato sostituito dal nuovo, il quale, però, non cessa di spiegare quanto spiegava il vecchio. In questo modo il modello del nuovo paradigma pretende di garantire la continuità della tradizione.

Questa visione è debitrice dell’impostazione non realistica ma idealistica del pensiero moderno, che parte dal soggetto e non dall’oggetto. Così tutta la nostra visione del mondo è un “grande paradigma”, a partire dal quale costruiamo la realtà.
Questa appena esposta è l’invenzione, la realtà è diversa. Lo schema ora visto ha un primo enorme difetto: intende la tradizione solo come un “precedente paradigma”, a cui fa riferimento Francesco quando parla di “ripetizione di schemi che generano immobilità”, o come una successione di paradigmi. La tradizione viene così chiamata “viva”, ma in realtà è morta perché un paradigma non è conoscenza del reale, dato che egli stesso lo pone. Al massimo è interpretativo, il che è troppo poco e deforma la definizione di tradizione della Chiesa. Inoltre, non è vero che il nuovo paradigma permetta di spiegare, alla propria luce, quanto spiegava il precedente. Questo perché il porre nuove realtà dopo aver inventato un nuovo paradigma getta a ritroso una luce diversa anche sulle verità precedenti, legate ad una interpretazione ormai superata. Questo è il punto delicato in cui vengono inseriti stratagemmi ingannevoli: in realtà Fiducia supplicans abolisce il Responsum perché i nuovi supposti motivi pastorali non sono solo pastorali ma pienamente teologici. Infatti, appartiene al nuovo paradigma sostenere che la pastorale non è applicativa ma creativa di dottrina.

Nella Chiesa di oggi ci sono due visioni della fede e due codici di pensiero irriducibili tra loro. Il Dicastero per la Dottrina della Fede porta avanti la visione della successione dei paradigmi, mentre i cardinali, i vescovi e i laici che vi si oppongono si attengono alla tradizione, che non è un paradigma destinato ad essere superato da un altro.







Da Abu Dhabi a Tucho: certe "aperture" costano anime



Dopo aver detto che una religione vale l'altra, ora si lascia intendere che una condotta vale l'altra, abbandonando le persone al loro destino. Con conseguenze sempre più gravi e anche eterne.



GRAN PREMIO DELL'ETERODOSSIA




La Dichiarazione Fiducia supplicans è quasi certamente il documento peggiore, sotto il profilo della fede e della morale, prodotto sotto l’attuale pontificato e quindi di tutti i pontificati precedenti. È dunque il pronunciamento peggiore di tutta la storia della Chiesa. Questo perché legittima espressamente e formalmente, scegliendo di avvalersi di una Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, le relazioni omosessuali – e quindi l’omosessualità – e le relazioni sessuali extramatrimoniali – e quindi la fornicazione e l’adulterio.

In lizza per il primo posto c’era anche il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019 sempre firmato da Papa Francesco. In questa dichiarazione firmata anche dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb potevamo leggere: «Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani». Tralasciamo la questione della diversità linguistica (in Genesi 11, 1-9, dove si narra la vicenda della Torre di Babele, è Dio che punisce gli uomini con il pluralismo linguistico e quindi con l’incomunicabilità, dato che fino ad allora la lingua di tutti gli uomini era una sola) e soffermiamoci sulla diversità di religione.

Secondo il Papa è volontà di Dio che esistano diverse religioni. L’affermazione è contraddittoria e non serve essere credenti per capirlo. Facciamo un solo esempio tra i milioni che si potrebbero fare: secondo la dichiarazione Dio vuole che Gesù sia Dio per i cristiani e solo un profeta per i musulmani. Ma qui sta l’inciampo: o l’una di affermazione è vera e l’altra falsa oppure l’inverso, perché entrambe le affermazioni non possono essere vere. Ma nel documento si dice invece che ogni religione è vera dato che viene da Dio: così dicendo si finisce per entrare in contraddizione. E Dio dato che è perfetto non può cadere in contraddizione. Dunque non solo si nega che la religione cattolica sia l’unica ad essere vera, ma si articola un’argomentazione incoerente.

La Dichiarazione Fiducia supplicans ci pare che superi per gravità la dichiarazione di Abu Dhabi. Quest’ultima erra su un aspetto apicale: uno è Dio e una è la vera religione. È un errore teoretico di immensa portata e fondamentale sotto il profilo teologico. Fiducia supplicans erra su un aspetto morale gravissimo. Il primo errore è peggiore sotto l’aspetto veritativo dato che coinvolge Dio, il secondo però e a conti fatti è ancora più grave perché interessa le condotte, la morale e dunque la salvezza eterna. Pochi si danneranno per la prima, molti di più per la seconda. Non solo: la dichiarazione di Abu Dhabi avrà un effetto sociale meno incidente rispetto a Fiducia supplicans.

Infatti il Magistero ordinario ha benedetto, da una parte, i rapporti extramatrimoniali. I vescovi e sacerdoti potranno dunque insegnare che i rapporti sessuali fuori dal matrimonio sono leciti, parimenti l’adulterio. In merito a quest’ultimo aspetto sarà inutile affermare che l’adulterio rimane peccato dato che ferisce la fedeltà. L’obiezione potrà essere superata, seppur in modo fallace, facendo ricorso al consenso del coniuge tradito. Se questi è consenziente, la fedeltà potrà non essere più un problema. Situazione tipica di alcune coppie cosiddette aperte e dei coniugi separati-divorziati. Va da sé che il consenso del coniuge tradito non cancella l’obbligo di fedeltà.

Fiducia supplicans poi permette di dire bene di alcuni mali. Tra questi c’è l’omosessualità. Uno dei soli quattro peccati esistenti che ha il poco invidiabile primato di gridare vendetta al Cielo (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1867). Se la relazione omosessuale è un bene di tale valore da meritarsi una benedizione, ne consegue che cade il divieto di matrimonio omosessuale. Infatti se questa relazione affettiva è moralmente accettabile perché non potrebbe ricevere la grazia sacramentale del matrimonio? Sarebbe irragionevole, perché illogico, vietarlo. Accettata la premessa occorre accettare tutte le sue conclusioni.

Quindi da una parte la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede contribuirà in modo sensibile alla diffusione del peccato di fornicazione, adulterio e omosessualità. Su un altro fronte e per analogia si faranno avanti altre richieste: infatti in Fiducia supplicans si giustifica la benedizione asserendo che per benedire non occorre l’impeccabilità della condotta morale di chi riceve la benedizione (ma qui quello che fa problema sta nel fatto che si benedice una relazione in sé disordinata, non la singola persona sebbene peccatrice).

Per analogia anche la coppia incestuosa potrebbe allora chiedere di essere benedetta. Così anche la coppia adulterina, la coppia pedofila, le relazioni poligamiche, quelle poliamorose e, traslando dalle relazioni connotate da pratiche sessuali contrarie al volere di Dio a quelle connotate da diversi aspetti morali ma sempre contrari alla sua volontà, la coppia malavitosa, la coppia spacciatore-tossicodipendente, la coppia truffatrice e molte altre coppie “irregolari” dato che il criterio dell’irregolarità ha confini infiniti e quindi indefiniti.

Il primato di Fiducia supplicans come peggiore pronunciamento del Magistero – che però insegnando l’errore perde la qualifica sostanziale di Magistero trattenendo di questo solo l’aspetto formale – deriva anche dal fatto che la spinta evangelizzatrice verrà azzoppata, fortemente depotenziata. Provate ora voi a sostenere che l’omosessualità non è condizione consona alla dignità della persona. Vi diranno che siete in errore e non siete cattolici.

Fiducia supplicans
ha squalificato l’ortodossia. Se il nostro capo afferma che le relazioni omosessuali sono da benedire, come potremmo noi ora contraddirlo? Risposta: dovremo purtroppo contraddirlo. Il credente è fedele a quanto dice il Papa solo se il Papa è fedele a quanto dice la Verità. E, dunque, a domanda diretta dovremo rispondere: «Il Papa ha sbagliato».

E non perché lo diciamo noi, ma perché lo dice l’Antico Testamento, il Nuovo Testamento e una tradizione ininterrotta del Magistero che arriva sino al Catechismo e al documento dell’allora Congregazione per la Dottrina della Fede dal titolo Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso, dove, alla domanda «La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?», la Congregazione rispose nemmeno tre anni fa così: «Negativamente».







giovedì 28 dicembre 2023

Lo sfondo gnostico-esoterico di gender e transgender




Continua la serie di interventi di Don Marco Begato in una ricerca a più tappe sulla questione gender e annessi sviluppi LGBT e Woke. Vedi gli articoli precedenti QUI, QUI e QUI 





Di Don Marco Begato, 28 DIC 2023

Proseguiamo la nostra riflessione sul tema LGBTP. Nel frattempo, è stata pubblicata Fiducia Supplicans, ma questo non modifica nulla del nostro percorso, anzi aiuta a focalizzare meglio alcune questioni. La prima e più importante riguarda la disponibilità a mettere in discussione la nostra forma mentis, la nostra Weltanschauung, insomma il nostro modo di guardare la realtà.

Nei primi articoli abbiamo già iniziato a farlo, abbiamo già iniziato a proporre e a richiedere un modo differente di approcciarsi alle questioni in genere e alla questione LGBTP in particolare. Abbiamo dato alcune indicazioni per scrollarsi di dosso certi slogan tanto diffusi, quanto opinabili; abbiamo indicato un approccio, un metodo, una disposizione interiore con cui affrontare i temi contemporanei.

Fiducia Supplicans, per come è stata proposta e per come è stata recepita, fallisce anzitutto rispetto a quanto appena scritto: è un documento che si rivolge a una popolazione media completamente impregnata dal modo di pensare dell’era rivoluzionaria in cui siamo immersi. E quando mettiamo un pensiero indovinato in un contesto sgraziato, il pensiero indovinato è destinato a soccombere. Che poi Fiducia Supplicans esprima un pensiero indovinato, lo lascio definire da altri. Affermo invece che il contesto è sgraziato.

Ordunque proseguiamo nel nostro percorso. Ci interroghiamo sull’influsso gnostico ed esoterico che ha accompagnato l’emersione dei temi prima femministi e poi omosessualisti e transessualisti dall’antichità ad oggi. Questa operazione è fondamentale per poter definire meglio i confini del pensiero contemporaneo, le sue radici, le sue prospettive.

Solo chiariti tali estremi, potremo piano piano intuire una soluzione, che ovviamente consisterà nel riprendere il desiderio di affetto dell’uomo, debitamente purificato, e collocarlo in un contesto esistenziale finalmente libero dagli influssi appunto esoterici, nonché illuministi, moderni e anti-cristiani in generale.

La disamina del retroterra gnostico-esoterico sarà svolta andando a riprendere ampi stralci di un mio precedente articolo pubblicato nel 2016 per Historica Edizioni (“La via esoterica al transgenderismo”, in Campari&deMaistre, “Pensieri controrivoluzionari”), articolo in cui di fatto riassumevo e commentavo l’importante studio di M. A. Iannaccone, “Maria Maddalena e la dea dell’ombra” (Sugarco, Milano 2006).

Il punto di partenza è quello stesso indicato dal giovane Federico Nietzsche all’inizio dei suoi percorsi filosofici, lo scontro tra due modelli culturali antichi – apollineo e dionisiaco –, emblema del più antico scacco tra una cultura dell’ordine e una della liberalità, una della gerarchia e una dello scatenamento. È in tale prospettiva che si colloca e va letta anche la contrapposizione tra concezione patriarcale e matriarcale, che nella storia non si presentano come due poli complementari, ma come due nuclei in lotta, sicché «il modello di azione/reazione fra orgia dionisiaca e restaurazione patriarcale sembra una costante della storia d’Occidente».[1]

Un autore citato da Iannaccone è Jones, e a questi dobbiamo l’analisi della questione, che poniamo in apertura dell’articolo e che ne riassume in fondo la tesi complessiva. Secondo Jones, Nietzsche aveva chiaro il compito di «annullare lo iato inaugurato da Socrate e dal cristianesimo attraverso una vasta e violenta rivoluzione culturale in cui lo spirito di Socrate e quello di Cristo… sarebbero stati annegati nella pura volontà, nell’odio della ragione»,[2] al punto che veramente egli «desiderò la rivoluzione sessuale perché sognava la rivoluzione sociale».[3]

Ecco affacciarsi due grandi certezze che dobbiamo fissare prima di procedere, opponendoci con forza a quanti nel mondo contemporaneo cerchino di minimizzarle o deriderle: la questione sessuale non è un tema neutro e isolato, bensì è profondamente correlato e collegato allo sviluppo delle dinamiche sociali generali; matriarcato e patriarcato non sono due ipotesi che possano convivere, bensì sono due modelli sessuali (e quindi due modelli sociali) che si sopraffanno a vicenda.

Non è un caso che gli LGBTP odino il patriarcato: per loro la dissoluzione del patriarcato è una missione e una condizione di sopravvivenza. Non esiste dialogo tra questi due modelli.

Ora, l’intuizione di Nietzsche – e di tanti altri con lui – è che per arrivare al sovvertimento generale del modello sociale, per imporre la cultura liberal dell’uomo rinnovato, per liberarsi di Socrate e di Cristo, della razionalità e dell’amore, sia necessario usare l’arma della rivoluzione sessuale, sia necessario appoggiare la liberalizzazione dei sessi. Andando però per gradi.

Iannaccone individua una rosa di autori che hanno fatto la fortuna di una ipotesi scientificamente debole, ma strumentalmente essenziale alla ridefinizione dell’immaginario occidentale, quella del matriarcato: «La teoria del matriarcato si diffuse nella controcultura continentale come veicolo di una nuova etica: […] L’idea di un’età dell’oro in cui il genere umano era felice perché gli uomini non si erano ancora accaparrati il potere, […] un’età in cui le donne (o, per essere più precisi, il Principio Femminile) decidevano delle forme di socializzazione e di vita culturale».[4]

Ecco il primo passo della rivoluzione sessuale: rilanciare la donna contro il maschio. Ci è concesso un inciso di cronaca? Quanto è stucchevole la retorica femminista, quanto sa di vecchio, quanto è ideologica e antiscientifica, proprio nelle forme assunte dalla propaganda più recente, proprio nell’esaltazione della Cecchettin luciferiana (Elena e non Giulia è stata nominata italiana dell’anno sull’Espresso, dicembre 2023; la sorella ritratta con look stregonesco, e non la vittima, è stata innalzata sul podio dei rotocalchi nazionali)!

Ma perché questo rilancio della donna? Perché questa esaltazione della femminilità? E si noti bene: propriamente non si esalta la donna, quanto il principio femminino. Non interessa la donna, quanto l’avanzamento di un sistema di valori alternativi. E quali sarebbero dunque i valori della femminilità, qualora sia programmaticamente assunta in alternativa dialettica alla mascolinità? «La natura rende le donne naturalmente streghe, cioè indovine, sensitive. Esse sono in sintonia con la natura a causa del ciclo mestruale e del loro destino di madri, e pertanto la stregoneria andava considerata come la religione originaria dell’umanità». Energie cicliche e irrazionali, che prendono il posto del governo ordinato della ragione. E ancora, la dissoluzione della legge e della verità in favore di una esasperazione della libertà, che curiosamente il mondo esoterico esprime nella forma del «dono di sé ad un Satana da interpretare più come dio della libertà che come Maligno».[5]

Continua a indirizzarci Iannaccone: lo sviluppo di tali simboli trova un punto di arrivo molto denso nella icona moderna della Dea Bianca, descritta come «capricciosa, violenta imprevedibile, lunare, sentimentale, insomma femminile. Ad essa oppone un principio opposto, quello di Apollo, cioè il principio della razionalità, dell’attività diurna e attiva, del maschio, e anche della prevaricazione patriarcale, apollinea e jahvistica che ha imposto i propri dei».[6] Si noti qui come sia Atene che Gerusalemme soccombano alle prevaricazioni lunari della dea, essa detona il futuro del pensiero razionale e della fede rivelata; la razionalità, la trasparenza, il controllo e l’equilibrio subiscono l’attacco dei nuovi principi.

Ritroviamo i medesimi motivi nell’evoluzione di un altro personaggio storico, di tradizione cristiana, ampiamente manipolato dalla sub-cultura esoterica e sessista: Maria Maddalena,[7] simbolo potente per diffondere, anche e soprattutto in un contesto cristiano, visioni egualitarie;[8] sottilissimo cavallo di Troia utile all’avvicendamento di Dioniso in funzione ipso facto anticristica. Credo che ora si sia chiarificato il nodo problematico della rivendicazione di genere, nella sua prima fase (femminista). Dioniso, l’anticristo, Satana, il dio della libertà: mito e leggenda, narrazione e rivelazione si affrontano e ci costringono a schierarci per una delle due inconciliabili visioni, che paiono capaci di riassumere tutte le prospettive della storia umana e che nella maternità trovano uno dei loro campi di attuazione più delicati e decisivi.

Il tutto facilmente ci porta a comprendere come mai la Sempre Vergine sia invece tanto disprezzata. E questo ci aiuta a giudicare con grande lucidità quanto forsennate siano tutte quelle azioni in cui è lo stesso clero cattolico a insultare o marginalizzare il ruolo di Maria Santissima, in favore di qualche mito matriarcale riciclato.

In sintesi, la problematica radicale, delicata e tutta da combattere, concerne due sguardi diversi sulla figura della donna: la dea bianca e la Madre di Dio si contrappongono come la Meretrice e la Donna vestita di sole in Apocalisse. I due modelli rimangono incompatibili e la scelta tra di essi tanto decisiva quanto radicale: il misconoscimento del valore assoluto della donna nel cattolicesimo, purché marianamente connotato, si configura come ignoranza pericolosa o come elogio dell’occulto. La figura di Maria addolorata sotto la croce corrisponde alla rivelazione del Dio Crocifisso, Sacerdote e Vittima, così come la sacerdotessa libidinosa corrisponde al dio gnostico che feconda con le proprie scintille energetiche il creato.

Ma riprendiamo ora la strada delle evoluzioni esoteriche attraverso le loro simboliche sessuali. Abbiamo stabilito che il primo passo è quello dell’esaltazione del femminile, prima nella forma generalmente stregonesca, poi in quella torbidamente luciferiana (la adoratrice di satana, inteso come custode della libertà assoluta e non come principio del male – ovviamente chi scrive non condivide che sia possibile praticamente affermare questa distinzione), poi come Dea, quindi come deturpazione della santità tradizionale (la Maddalena) ed evidentemente come aggressione alla femminilità rivelata (in Maria Santissima).

Quale sarà il passo successivo? Secondo Iannaccone, il grado ulteriore attraverso cui realizzare la bramata rivoluzione sociale, è il superamento del femminismo nel bisessualismo. «È possibile prevedere che i ruoli sessuali siano rimescolati e messi in crisi. L’uomo e la donna dovranno ammettere la propria bisessualità naturale»[9], così, definitivamente demolite le barriere razionali del patriarcato, si potrà finalmente afferrare ed affermare «la ricca coincidenza fra gli opposti, fra bene e male, maschio e femmina, divino e umano».[10]

Tale passo si accompagna storicamente al proliferare di figure bisessuali e omosessuali nei registri artistici ed editoriali più importanti; funzionali al capovolgimento culturale della tradizione saranno gli stessi artisti effeminati (sovente strumenti più che protagonisti).

Il movimento dalla seconda alla terza fase – fasi che in ogni caso non cancellano, ma affiancano il dilagare della prima – è continuativo: al bisessuale segue il transessuale, figura che estenua tutti i temi fin qui presentati, e che sarà «proposto come esponente di un’umanità nuova, superiore perché svincolata dai sessi».[11]

L’epilogo troverà il proprio compimento nella proiezione della figura transessuale-androgina in dio stesso. Ma cosa significa proiettare l’androginia in dio? La comprensione specifica di quale sia la totalità invocata nel culto di un Principio androgino si comprende attingendo alla cultura, dove «la divinità può essere rappresentata sia sotto forma femminile che maschile, poiché la sua manifestazione non è che una maschera di un principio che, pur essendo immanente, sta al di là di ogni nome e di ogni forma».[12]

Non vorrei adesso divagare indicando come attorno a queste tematiche si radunino non solo la moda LGBTP, ma anche il culto dell’Oriente, nonché il nichilismo europeo (penso ad Heidegger e agli altri nichilisti, secondo i quali appunto la domanda filosofica ci porta oltre Dio, oltre l’Essere e oltre il principio, verso un Evento che ‘sta al di là di ogni nome e di ogni forma’).

Torniamo a noi. Il Maschile, dunque, non solo sarebbe insufficiente a esprimere il divino, ma sarebbe pure falso, una maschera; è necessario quindi affiancargli l’altra faccia del mascheramento, il Femminile, e solo così si paleserà l’insufficienza della rivelazione e si farà pressante il dovere di andare oltre la velatura (sono stucchevole se richiamo ancora, per gli appassionati, la verità come dis-velamento in Heidegger e nei suoi epigoni?). Il dio di Gesù Cristo a questo punto diviene solo un tassello nel puzzle della autentica spiritualità, mentre il culto della dea (o della Maddalena) ha funzione di grimaldello che apre a uno spiraglio ulteriore nell’immaginario collettivo per mostrarci che la divinità è anche profanazione e libido.

Ora facciamo il movimento al contrario: anziché salire fino a dio, accusando il cattolicesimo di averci dato una visione parziale del sacro, proviamo a ridiscendere tra gli uomini. Se la divinità cristiana è parziale, e chiede di essere superata da un culto fatto di energie irrazionali e libidinose, sfrenate e libertarie, quale sarà l’equivalente sessuale-sociale che deve essere distrutto nella realtà umana? Ovviamente la famiglia.

E con ciò spieghiamo nitidamente, se non il motivo celato, almeno il senso culturale e cosmico profondo delle politiche anti-familiste contemporanee, che non a caso trovano sostenitori in tutti gli autori di riferimento della modernità, tra i quali Karl Marx[13] (imprescindibile sostrato al pensiero LGBTP).

Se la famiglia va disciolta in favore di forme sessuali promiscue, la divinità cattolica in favore di cosa dovrà disciogliersi? Secondo Iannaccone una buona pista per rispondere è data dal successo di alcune icone occulte, quali il Bafometto (in tal caso i riferimenti andranno a un altro testo di Iannaccone: Templari. Il martirio della memoria, Sugarco Edizioni, Milano 2005).

Il Bafometto, oggetto mitologico che i Cavalieri del Tempio furono accusati di adorare, stava ad indicare con ogni plausibilità un’avvenuta apostasia di tali guerrieri consacrati, in favore di Maometto.[14] Successivamente tale personaggio si tramutò nel corso dei secoli in una maniera assolutamente eloquente ed espressiva dell’immaginario magico-occultista e delle subculture occidentali: Cristoph Friedrich Nicolai identificò il Bafometto con un idolo barbuto segretamente adorato dai Templari; Jospeh Freiherr von Hammer-Purgstall lo collegò a vecchie eresie, ritrovamenti di statuette e riti sessuali, fissandone con successo durevole tratti androgini già echeggiati da tanta letteratura di maniera; Eliphas Lévi lo trasformò «in un caprone dalle fattezze grottesche che, secondo lui, rappresentava la sophia, il lapis philosophalis, la materia prima della grande opera, un’immagine della conciliazione degli opposti»;[15] infine – tra gli altri – Jules Loiseleur lo poneva al centro di una teoria in cui «si glorificava dunque Dio, padre e madre insieme, che fa germinare e fiorire le cose».[16]

In tutto ciò è lampante la carica culturale implicata dal diffondersi di figure bisessuali, si tratti della legittimazione di situazioni psicologiche e sociologiche effettive (la transessualità) o della diffusione di miti, nati nei salotti dell’occulto e ora perfettamente a loro agio nei palinsesti della società di massa.

Se il matriarcato doveva sfondare la barriera dell’ordine apollineo e maschile, per consentirci di immergerci nuovamente nel grembo misterioso e lunare del femminino, il bisessualismo sembra essere la descrizione cangiante di questo grembo, il suo contenuto misterico inesauribile e totalizzante. I caratteri di immanenza e immoralità, di segretezza e di liberalità assoluta ne fanno, per davvero, non il compagno o l’alternativa, bensì l’antagonista irriducibile del pensiero classico occidentale, ben simboleggiato dalla Chiesa cattolica, sempre fedele amica tanto di Atene quanto di Gerusalemme. Trascurare la radicalità di questa opposizione significa sottovalutare una minaccia di gravità inaudita e questo sarebbe ancor più problematico nel contesto culturale vigente, sempre più preda di conciliarismi ugualmente perniciosi e immotivati.

Concludo con brevi osservazioni, che ci aiutino a far tesoro delle istanze culturali esoteriche fin qui esemplificate. Anzitutto, come siamo arrivati a questo successo della dea e del Baphomet? Provocatoriamente Iannaccone non ritiene esserci stato un vero contributo innovativo da parte di geni contemporanei, bensì la riemersione di vecchie latenze, avvenuta nel vuoto di potere e nella crisi di identità dell’Occidente: «Affinché una costruzione culturale di tipo nuovo sia possibile è necessario che si creino delle condizioni che la rendano possibile. La prima condizione, necessaria, era la diminuzione della fede in Gesù Dio incarnato; la seconda, l’accresciuto interesse nel ruolo della donna e del suo ruolo nella società; il terzo, la rivoluzione sessuale e l’inizio del ripensamento dei ruoli sessuali […]. In sintesi, possiamo concludere che il fenomeno della nuova Maddalena è nato da una assenza di fede più che da una irruzione di nuove nozioni storiche».[17]

Il divario si conferma incolmabile e il dialogo, se ingenuo, potrà risultare esiziale. All’origine della scommessa anticattolica e antiapollinea non c’è un gioco, ma l’interrogativo più serio che l’Occidente si sia mai posto: «quanto siamo disposti a pagare per la liberazione sessuale? Vale la morte, individuale o collettiva?».[18]

Che l’itinerario esoterico abbia avuto almeno questo merito, di aprire fortemente le nostre vedute, di farci intuire quali e quanti livelli di significato si accumulano potenzialmente dietro le rivendicazioni LGBTP, e in generale di riportarci al giusto calibro (altissimo calibro) della posta in gioco, di aiutarci a formulare da noi stessi quella domanda: quanto siamo disposti a pagare? Di cosa ne va? Che cosa vale sacrificare o salvare? Cosa vogliamo insomma farne della nostra fede, del nostro sesso, delle nostre famiglie, della nostra vita, della nostra carne?

Don Marco Begato


[1] M. A. Iannaccone, Maria Maddalena e la dea dell’ombra, Sugarco Edizioni, Milano 2006, p. 53.

[2] Ibi, p. 69.

[3] Ibi, 73.

[4] Ibi, p. 121.

[5] Ibi, pp. 77-78.

[6] Ibi, p. 166.

[7] «La modificazione dell’immagine della Maddalena da prostituta pentita a sacerdotessa, filosofa gilanica, leader del cristianesimo gnostico, diventa un elemento importantissimo per cambiare la società, per guidare il fluttuante sistema caotico delle credenze verso un ordine nuovo e rivoluzionario». Ibi, p. 203.

[8] «[La Maddalena] iniziò ad essere rivista come la donna libera, che ha seguito il maestro Gesù ma su un piano paritario; che ha manifestato la ribellione al ruolo imposto dalla società giudaica, patriarcale e maschilista… La società cristiana, ribadendo il proprio maschilismo, avrebbe tradito l’istanza rivoluzionaria di Gesù». Ibi, p. 179.

[9] M. A. Iannaccone, Maria Maddalena e la dea dell’ombra, cit., p. 204.

[10] Ibi, p. 134.

[11] Ibi, p. 135.

[12] Ibi, p. 169.

[13] Ibi, p. 80.

[14] «Nell’antico francese baphomet significava Maometto». Ibi, p. 63.

[15] Ibi, p. 89.

[16] Ibi, p. 91.

[17] M. A. Iannaccone, Maria Maddalena e la dea dell’ombra, cit., p. 191.

[18] M. E. Jones, Il ritorno di Dioniso, cit., p. 54.







Fonte

mercoledì 27 dicembre 2023

L’America Latina è sempre meno cattolica




27 DIC 2023


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by Aldo Maria Valli

L’America Latina è sempre meno cattolica, mentre crescono i protestanti. Lo dice un rapporto di 286 pagine, pubblicato dal Consiglio episcopale dell’America Latina e dei Caraibi (Celam), che fornisce “una panoramica della presenza e della missione della Chiesa cattolica nei Paesi dell’America Latina e ne analizza l’evoluzione nel corso degli ultimi cinquant’anni al fine di identificare i suoi principali punti di forza attuali e le sfide che deve affrontare”.

Lo studio, pubblicato nel 2023, si compone di due parti: la prima propone un’analisi comparativa della situazione attuale nelle regioni in cui è distribuita la Chiesa, ovvero America Centrale e Messico (Camex), Caraibi e Antille, regione Bolivariana o Andina e Cono Meridionale; la seconda descrive l’evoluzione della missione della Chiesa nella regione nel periodo 1970-2020.

I dati provengono dagli Annuari statistici della Chiesa, pubblicati annualmente dal Vaticano, e da Latinobarómetro, che fornisce informazioni sull’autodichiarazione di appartenenza al cattolicesimo da parte della popolazione.

Nel prologo, monsignor Jorge Eduardo Lozano, segretario generale del Celam e arcivescovo di San Juan de Cuyo (Argentina), scrive: “La diminuzione del numero dei battesimi e di altri sacramenti, come cresime e matrimoni, solleva interrogativi sulla sacramentalità nei Paesi latinoamericani”.

Il rapporto afferma che il numero annuale dei battesimi è sceso da 8.197.000 nel 2000 a 5.135.000 nel 2020. Anche le cresime e i matrimoni cattolici sono diminuiti costantemente.

Nella conclusione, gli autori affermano : “È possibile congetturare che il numero dei cattolici nella regione, considerato sulla base del numero di battesimi amministrati ogni anno, diminuirà nel prossimo futuro a causa della concomitanza di due tendenze: il rallentamento della crescita demografica e la diminuzione del numero dei battesimi amministrati annualmente”.

Un indebolimento generalizzato dell’appartenenza cattolica sembra “indicare una perdita di influenza della Chiesa cattolica nella popolazione latinoamericana, un allontanamento dall’istituzione”.

Monsignor Lozano sottolinea che “la diminuzione del numero dei seminaristi pone sfide per il futuro per quanto riguarda il numero dei sacerdoti e la pastorale delle comunità. In passato la vita consacrata, sia maschile sia femminile, è stata un pilastro importante della Chiesa in America Latina, assicurando attraverso le sue opere una costante presenza missionaria e un prezioso servizio sociale. Ora però la vita religiosa, specie femminile, è in declino, sollevando interrogativi sul futuro di queste opere e sulle conseguenze per le comunità più vulnerabili”.

Uno studio del Pew Research Center, Religion in Latin America. Widespread Change in a Historically Catholic Region, pubblicato il 13 novembre 2014, ha rivelato che la Chiesa cattolica in America Latina ha iniziato a diminuire in modo significativo a partire dagli anni Settanta, mentre gli evangelici e coloro che si dichiarano “senza religione” sono andati aumentando.

Già dieci anni fa la Chiesa cattolica registrava perdite nette. Molti latinoamericani hanno aderito alle denominazioni evangeliche protestanti. Quasi un nicaraguense su quattro, un brasiliano su cinque e un venezuelano su sette sono ex cattolici. Gran parte della migrazione dal cattolicesimo al protestantesimo in America Latina è avvenuta nell’arco di una sola generazione.

Gli ex cattolici convertiti al protestantesimo affermano nella maggior parte dei casi di averlo fatto per la necessità di un rapporto più personale con Dio e di uno stile diverso nel culto. Quando si tratta di questioni morali come l’aborto, il sesso extraconiugale, il divorzio e il matrimonio tra persone dello stesso sesso, i cattolici latinoamericani tendono a essere meno conservatori dei protestanti e questo è considerato un altro motivo di conversione del passaggio dal cattolicesimo al protestantesimo: il 60% degli adulti dichiara di aver lasciato la Chiesa cattolica per andare in una chiesa con elevati standard di moralità. L’indagine del Pew Research Center afferma che in quasi tutti i paesi studiati gli evangelici vanno in chiesa più spesso e pregano più frequentemente dei cattolici.

Fonte: fsspx.news




martedì 26 dicembre 2023

Sapevi che la deposizione di Gesù nella mangiatoia ha un senso storico? Non è stata una casualità!





La maggior parte delle persone non sa della mangiatoia in cui Gesù è stato posto. Certo, le mangiatoie sono utilizzate per animali; ma nell'antico Israele erano fatte di pietra, a differenza di quello che riscontiamo in una mangiatoia moderna.
 
* Non è comoda, ma è ideale come protezione.
 
* Ecco perché coloro che erano esperti in questo argomento, cioè i sacerdoti, mettevano i loro agnelli appena nati in quelle mangiatoie per proteggerli.

Ma non si trattava di agnelli qualsiasi, erano gli agnelli perfetti senza macchia, che venivano usati nel sacrificio per i peccati.
 
* E Betlemme, dove è nato Gesù, era FAMOSA per i suoi AGNELLI IMMACOLATI utilizzati per il sacrificio. Questi agnelli dovevano essere perfetti per essere avvolti saldamente nella stoffa e messi nella mangiatoia per tenerli al sicuro.

Questo è esattamente il motivo per cui l'unica volta in cui vengono menzionate le mangiatoie nella storia della nascita di Gesù viene raccontata ai pastori.
 
In Luca 2 è scritto: _"Questo sarà un segno per te, troverai un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia"_. I pastori avrebbero capito questo potente parallelo! SAPEVANO cosa significavano le fasce e la mangiatoia! Questo bambino era L'AGNELLO PERFETTO DI DIO! Il Messia che avrebbe sacrificato la sua vita per i peccati di tutti.

* Non era solo un bambino avvolto in pannolini sdraiato in una mangiatoia, Era il figlio di DIO: perfetto, senza peccato e Santo, umiliatosi per diventare il sacrificio perfetto per riconciliarci in un nuovo patto con lui.!!!!Il sangue dell'agnello è quello che ci purifica da ogni peccato.


Di seguito, ad arricchire ulteriormente, la meditazione in tema del nostro amico Ruggero:




Betlemme: il nome significa la casa del pane.
Gesù (“io sono il pane della vita”) nasce, guarda caso, in una mangiatoia.
Prima della crocifissione Gesù si donerà a noi come ostia-vittima

Il vino nel calice è il suo sangue.
Oggi è Realmente Presente nella Santissima Eucaristia.

Giovanni il battista disse di lui: “ecco l’Agnello di Dio.
Gesù nacque al tempo in cui nascono gli agnelli.

Sono gli agnelli “nati nell’anno” (Es 12,5) e per l’anno ebraico quelli che nascono a kislev/tevet sono nello stesso anno del 14 nisan successivo, i sacrificati per la Pasqua.
Betlemme è la città del Re Davide, della tribù di Giuda.

La stessa di Giuseppe che, forzato dal censimento romano a recarvisi, vi giunge con Maria proprio al tempo del parto, come aveva profetato Michea.
Gesù è re. E i Magi lo riconoscono tale.

E’ re anche per Erode, che per paura della concorrenza farà uccidere i bambini sotto i due anni nati nel territorio di Betlemme.
La notte della nascita di Gesù è sfavillante di luce.

Gesù (“io sono la luce del mondo”) non viene riconosciuto dalle tenebre.
Gesù nasce proprio al tempo della festa caratterizzata dalla luce, memoria della dedicazione del tempio. Il Verbo si fa carne nel grembo di Maria Santissima per ridedicare la creaturalità umana, corrotta dal peccato da cui è esente la Madre, come tempio dello Spirito Santo.

PANE - LUCE - AGNELLO - RE : il Natale echeggia del gloria cantato dagli Angeli in Cielo per riversare pace in terra agli uomini di buona volontà.


Purtroppo quanta sordità, quanta cecità, quanta erodiosa invidia, quanta protervia verso la mitezza dell’Agnello, quanta indifferenza invece dell’adorazione della Presenza Reale del Signore… anche dentro la Chiesa, la sposa di Cristo.




Ci aiutino San Giuseppe e Maria!









lunedì 25 dicembre 2023

Santo Natale 2023

 






“Ricordati… quando verranno quei tempi:

 i Comandamenti di Dio, preghiere del mattino e della sera, 

santo rosario, sacramenti, catechismo, i santi, 

e fate tutto nella fede dei nostri padri! Nella fede dei nostri padri! 

Nella fede dei nostri padri! E non ascoltate più nessuno”. 

(San Pio da Pietrelcina)


Santo Natale 2023!





sabato 23 dicembre 2023

FIDUCIA SUPPLICANS. Avete passato il segno. Ci avete tradito



Avete passato il segno. Siamo esausti e furenti allo stesso tempo. Insofferenti e audaci, ribelli ma, così vorremmo, pur sempre docili alla grazia. Risponderemo alle vostre iniquità semplicemente tentando di essere i padri, le madri e i figli migliori possibili e quindi i migliori credenti possibili.






Ci avete traditi. Avete barattato Gesù con Barabba. La santità del talamo nuziale con l’orrore di un letto macchiato dai piaceri contro natura. Avete benedetto ciò che è maledizione per l’anima. Avete aperto le porte non alla salvezza, ma a quel peccato che serra per sempre le porte del Cielo. Avete reso la colpa un merito, l’offesa a Dio un canto di lode, il peccato una grazia, mutato il sordido nell’incorrotto, lo squallido nell’immacolato, l’infido nell’eccelso.

Ci avete offeso, noi piccoli nella fede. Tanti scandalizzati tra noi, quante macine al collo con impresso il vostro nome. L’affilata lama della misericordia di Dio vi attende. «Chi siete voi per giudicarci?», domandate. È vero, siamo solo pecore che puzzano per i loro peccati, ma il nostro fetore ci permette ancora di sentire il nauseabondo odore dei lupi tra di voi. E quindi tra noi. Certo, tutti i nostri peccati ci stanno davanti e sono tanti e orribili. Ma, davanti a noi, stanno anche i vostri di peccati. Noi i nostri li chiamiamo tali. Voi no. Voi vi gloriate delle vostre nefandezze, vi gonfiate il petto per ogni strappo al sacro manto di Cristo. Avete usato della misericordia per scendere a patti con l’inconciliabile, della pietà per castigare i retti, del perdono per abbandonarci nelle mani di chi sevizia le anime. Avete mutato il vino in acqua e in acqua putrida.

Ci avete ingannati. Avete prostituito la verità, mercificato la bontà, corrotto la santità, distrutto la fede, svenduto la giustizia, imbastardito il Vangelo per piegarlo ai vostri sordidi interessi, vilipeso l’Eucarestia, adulterato la coscienza di un intero popolo cattolico, rinnegato Cristo per ben più di tre volte. E nessuno finora ha pianto amaramente. Ci sentiamo derubati dei gioielli più preziosi che adornavano la nostra madre Chiesa, stuprati nell’intimo, violati da chi doveva difendere la castità della fede e invece ci ha venduto per 30 denari. Siamo frastornati dalla potenza di questa enorme e nera mareggiata del male che avete levato contro le alte torri della Fede, della Speranza e della Carità. Impressionati dalla pertinacia che vi guida, dalla ostinazione della vostra spedita marcia verso l’orrido del nulla, dalla foga che vi acceca forse perché avete fretta di preparare il terreno ai tempi ultimi, ormai prossimi.

Avete passato il segno. Siamo esausti e furenti allo stesso tempo. Insofferenti e audaci, ribelli ma, così vorremmo, pur sempre docili alla grazia. E così abbiamo deciso di dichiararvi guerra. Insorgeremo perché, quando un padre usa violenza contro la sua sposa, i figli devono intervenire, se possono. E dunque scenderemo in campo con le armi della santità per dissodare il terreno della nostra vita e piantarci la vite delle virtù, per estirpare da esso l’erbaccia del peccato e del vizio. Perché non ci preoccupano in fondo i vostri attacchi, ma quelli del peccato sì. Non vi lasceremo in pace con le nostre giornate dedite al lavoro compiuto onestamente e quindi eroicamente, alla preghiera incessante, al Rosario, all’Eucarestia, ai sacramenti, alla formazione secondo la sana dottrina di sempre, alla testimonianza fatta di parole e opere, alla carità operosa, all’offerta di sacrifici. Vi perseguiteremo con la nostra silenziosa esistenza che, così vorremmo, sarà un grido di rivolta contro il nonsenso dilagante, il male ottenebrante, l’errore imperante, il piatto e viscido perbenismo che è solo oziosa pavidità.

Risponderemo alle vostre iniquità semplicemente tentando di essere i padri, le madri e i figli migliori possibili e quindi i migliori credenti possibili. Reagiremo alla crudeltà con cui state torturando la verità, associando a quegli iniqui dolori i nostri, passando nel crogiuolo delle nostre sofferenze quotidiane tutta la nostra esistenza per renderla sempre più gradita a Dio, coscienti che davanti a Lui dovremo rispondere delle nostre colpe, non delle vostre: delle nostre parole, non delle vostre omelie; dei nostri scritti, non delle vostre curiali Dichiarazioni; dei nostri giudizi, non dei vostri processi canonici. 

Se voi siete disertori, noi non lo saremo. Non abbandoneremo Cristo sotto la croce, anche se tutto il quartier generale della Chiesa si ammutinasse. Noi rimarremo in prima fila a difendere il fortino dentro cui sono custoditi la fede, la famiglia, la vita, la libertà, la speranza. Sì, la speranza. L’abbiamo ancora. Non ci arrenderemo, non deporremo a terra le armi, bensì alzeremo in alto gli stendardi del coraggio di annunciare Cristo senza infingimenti e senza compromessi, di cavarci un occhio se ci sarà di scandalo o di scandalo per altri, di piegare le ginocchia davanti a Dio perché siamo coscienti che tutto il nostro essere è più vicino alla terra che al Cielo.

Avete dimostrato che siete nemici di Dio e quindi – dobbiamo ammetterlo con infinito dolore – nostri nemici. Lo diciamo non per superbia, per orgoglio, per ostentata superiorità, per avventata sicumera di crederci gli eletti, i puri, i giusti, ma perché chi striscia nella polvere come noi riesce ad avere la giusta prospettiva delle cose ed è capace immediatamente di individuare i propri simili che differiscono da noi solo per un particolare: non sanno di strisciare. Noi cerchiamo di trarci dalla sporcizia, voi cercate di farci rimanere. E perciò siete nostri nemici. Ma Cristo ci ha comandato di pregare per i nostri nemici. E dunque, obbedendo, preghiamo così a gran voce: «Ripagali secondo la loro opera e la malvagità delle loro azioni. Secondo le opere delle loro mani, rendi loro quanto meritano» (Sal. 28, 4).






venerdì 22 dicembre 2023

Müller: Le benedizioni per le coppie gay sono blasfem




Pubblichiamo in esclusiva per l’Italia il documento con cui il cardinale Gerhard L. Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, prende una posizione netta, di critica radicale, della dichiarazione Fiducia Supplicans con cui il neo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, Victor M. Fernández, ha aperto alla possibilità di benedire le coppie irregolari, comprese quelle composte da persone dello stesso sesso. (Fonte: lanuovabq.it)





L’UNICA BENEDIZIONE DELLA MADRE CHIESA È LA VERITÀ CHE CI FARÀ LIBERI




Di Card. Gerhard Ludwig Müller, 22 DIC 2023

Il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (DDF), con la dichiarazione Fiducia Supplicans (FS) sul significato pastorale delle benedizioni, ha fatto un’affermazione inedita nell’insegnamento della Chiesa cattolica. Questo documento afferma che è possibile per un sacerdote benedire, non liturgicamente ma privatamente, le coppie che vivono la loro sessualità al di fuori del matrimonio, comprese le coppie dello stesso sesso. Le numerose domande di vescovi, sacerdoti e fedeli laici che sono sorte in risposta a queste dichiarazioni meritano una risposta chiara e distinta.

Questa dichiarazione non è in diretta contraddizione con la dottrina cattolica? I fedeli sono obbligati ad accettare questo nuovo insegnamento? Il sacerdote è autorizzato a celebrare queste benedizioni private di nuova invenzione? E il vescovo diocesano può proibirle se dovessero verificarsi nella sua diocesi? Per rispondere a queste domande, vediamo cosa esattamente questo documento vorrebbe farci credere e su quali basi si fonda.

Il documento in questione, che l’assemblea generale dei cardinali e dei vescovi di questo Dicastero non ha né discusso né approvato, riconosce che l’ipotesi (o l’insegnamento?) che propone è completamente nuova, e che si basa soprattutto sul magistero pastorale di Papa Francesco. Secondo la fede cattolica, il Papa e i vescovi possono porre alcuni accenti pastorali e rapportare in modo creativo la verità della rivelazione alle nuove sfide di ogni epoca, ad esempio nel campo della dottrina sociale o della bioetica, rispettando i principi fondamentali dell’antropologia cristiana. Ma queste innovazioni non possono andare oltre ciò che è stato rivelato loro una volta per tutte dagli Apostoli come Parola di Dio (Dei Verbum, 8). Infatti, non ci sono testi biblici o dei Padri o dei Dottori della Chiesa o documenti precedenti del Magistero a sostegno delle conclusioni di FS. Inoltre, si tratta di un salto dottrinale. Si può infatti parlare di sviluppo della dottrina solo se la nuova spiegazione è contenuta, almeno implicitamente, nella rivelazione e, soprattutto, non contraddice le definizioni dogmatiche.

E uno sviluppo dottrinale che raggiunga il significato più profondo di un insegnamento deve essere avvenuto gradualmente, in un lungo periodo di maturazione (cfr. Dei Verbum 8). Ora, l’ultimo pronunciamento magisteriale su questo tema è stato dato dalla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede nel marzo 2021, meno di tre anni fa, negando categoricamente la possibilità di benedire queste unioni. Questo vale sia per le benedizioni pubbliche che per quelle private di persone in condizioni di vita peccaminose.

Come fa FS a giustificare il fatto che, pur proponendo una nuova dottrina, non nega ciò che affermava il precedente documento del 2021?

Innanzitutto, FS riconosce che sia il Responsum che la dottrina tradizionale valida e vincolante sulle benedizioni non permettono di benedire situazioni contrarie alla legge di Dio e al Vangelo di Cristo, come le unioni sessuali fuori dal matrimonio. Questo è chiaro per i sacramenti, ma anche per altre benedizioni che Fiducia supplicans definisce «liturgiche» e che rientrano fra i riti che la Chiesa ha chiamato «sacramentali», come descritto nel Rituale Romano post-Vaticano II. In questi due tipi di benedizione deve esserci consonanza tra la benedizione e l’insegnamento della Chiesa (FS 9-11).

Pertanto, per poter accettare la benedizione di situazioni contrarie al Vangelo, il Dicastero propone una soluzione originale: ampliare il concetto di benedizione (FS 7,12). Questo viene giustificato come segue: «Si deve altresì evitare il rischio di ridurre il senso delle benedizioni soltanto a questo punto di vista [le benedizioni “liturgiche” dei sacramenti e dei sacramentali], perché ci porterebbe a pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti» (FS 12). In altre parole, è necessario un nuovo concetto di benedizione, che vada oltre i sacramenti, per poter accompagnare il cammino di chi vive nel peccato.

Questa estensione al di là dei sacramenti era, in realtà, già in atto nei sacramentali. Per una benedizione la Chiesa non ha mai posto le stesse condizioni morali richieste per ricevere un sacramento. È il caso, ad esempio, di un penitente che non vuole lasciare la sua situazione di peccato, ma che può chiedere umilmente una benedizione personale affinché il Signore gli dia la luce e la forza per comprendere e seguire un giorno gli insegnamenti del Vangelo. Questo non richiederebbe un nuovo tipo di benedizione.

Perché allora è necessario ampliare il significato di benedizione, se la benedizione intesa nel rito romano va già oltre i sacramenti?

Perché la benedizione intesa in modo tradizionale, pur andando oltre i sacramenti, permette di benedire purché «non si tratti di cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo» (FS 10, che cita il Rituale Romano). E questo è il punto che mirano a superare, perché si vogliono benedire circostanze, come una relazione stabile tra persone dello stesso sesso, che invece contraddicono la norma e lo spirito del Vangelo. È vero che la Chiesa può aggiungere «nuovi sacramentali» a quelli esistenti (Vaticano II: Sacrosanctum Concilium 79), ma non cambiarne il significato in modo tale da banalizzare il peccato, soprattutto in un clima culturale ideologicamente saturo che trae in inganno anche i fedeli. E questo cambiamento di significato è proprio quello che avviene nella FS, che inventa una nuova categoria di benedizione oltre a quella legata a un sacramento o ai sacramentali come la Chiesa li aveva intesi finora. La FS dice che si tratta di benedizioni non liturgiche, proprie della pietà popolare.

Avremmo quindi questi tre livelli:

a) Preghiere legate ai sacramenti, che richiedono che la persona sia in stato di grazia per riceverli, o che voglia allontanarsi dal peccato.

b) Benedizioni, come quelle contenute nel Rituale Romano e come la dottrina cattolica le ha sempre intese, che possono essere rivolte alle persone, anche quando vivono nel peccato, purché «non si tratti di cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo» (FS 10, citando il Rituale Romano). Così, ad esempio, si potrebbe benedire una donna che ha abortito, ma non una clinica abortiva.

c) Le nuove benedizioni proposte da FS sarebbero benedizioni pastorali, non liturgiche o rituali. Non avrebbero quindi più la limitazione delle benedizioni descritte nel Rituale Romano (tipo “b”). Potrebbero essere applicate non solo, come nelle benedizioni del Rituale Romano, alle persone in peccato, ma anche a cose, luoghi o circostanze contrarie al Vangelo.

La novità sta in queste benedizioni di tipo “c”, o “pastorali”, che, non essendo liturgiche bensì di “pietà popolare”, non comprometterebbero, secondo FS, la dottrina evangelica e non dovrebbero essere coerenti né con le norme morali né con la dottrina cattolica. Cosa dire di questa nuova categoria di benedizioni?

Una prima osservazione è che non c’è alcuna base per questo nuovo uso nei testi biblici addotti, né in alcuna precedente dichiarazione del Magistero. Neanche i testi offerti da Papa Francesco forniscono una base per questo nuovo tipo di benedizione. Infatti, già le benedizioni secondo il Rituale Romano (tipo “b”) permettono di benedire qualcuno che vive nel peccato. E questo tipo di benedizione può essere applicata senza problemi a chi si trova in prigione o in una comunità di recupero, come dice Francesco (citato in FS 27). Le nuove benedizioni pastorali (tipo “c”) vanno oltre quello che dice Francesco, perché con queste benedizioni si potrebbe benedire anche una realtà contraria alla legge di Dio, come una relazione extraconiugale. Di fatto, secondo il criterio di queste benedizioni pastorali, si giungerebbe all’assurdo di poter benedire, ad esempio, una clinica abortista o un gruppo mafioso.

Una seconda osservazione è che è sempre rischioso inventare nuovi termini contrari all’uso linguistico corrente. Perché questo approccio porta a esercizi di potere arbitrari. Nel nostro caso, la benedizione ha una sua oggettività e non può essere ridefinita per adattarla a un’intenzione soggettiva contraria all’essenza della benedizione, perché sarebbe arbitrario. Mi viene in mente la famosa frase di Humpty Dumpty in Alice nel Paese delle Meraviglie: «Quando uso una parola, essa significa ciò che ho scelto di significare, né più né meno». Alice risponde: «La questione è se si può far sì che le parole significhino così tante cose diverse». E Humpty Dumpty sentenzia: «La questione è chi comanda qui; tutto qui».

La terza osservazione riguarda il concetto stesso di “benedizione non liturgica”, che non pretende di legittimare nulla (FS 34), e che sarebbe la benedizione pastorale (tipo “c”). In che cosa si differenzia dalla benedizione contemplata nel Rituale Romano (tipo “b”)? La differenza non sta nella spontaneità, che è già possibile nelle benedizioni di tipo “b”, poiché non è essenziale che siano regolate o approvate nel Rituale. La differenza non sta nemmeno nella pietà popolare, poiché le benedizioni secondo il Rituale Romano sono già adatte a tale pietà popolare, che richiede la benedizione di vari oggetti, luoghi e persone. Sembra che questa benedizione pastorale (tipo “c”) sia stata creata ad hoc per poter benedire situazioni contrarie alla norma o allo spirito del Vangelo.

Questo ci porta a una quarta osservazione, che riguarda l’oggetto di questa benedizione pastorale, che la differenzia dalla benedizione secondo il Rituale Romano, perché la benedizione pastorale viene impartita a situazioni contrarie al Vangelo. Si noti che qui non vengono benedette solo le persone peccatrici, ma, benedicendo la coppia, viene benedetta la relazione peccaminosa stessa. Ora, Dio non può inviare la sua grazia su una relazione che gli si oppone direttamente e che non può essere ordinata verso di lui. Il rapporto sessuale estraneo al matrimonio, in quanto rapporto sessuale, non può avvicinare l’uomo a Dio e non può quindi essere aperto alla benedizione di Dio. Pertanto, anche se una tale benedizione avesse luogo, il suo unico effetto sarebbe quello di confondere le persone che la ricevono o che assistono alla benedizione, indotte a credere che Dio abbia benedetto ciò che non può benedire. È vero che il cardinale Fernández ha dichiarato a Infovaticana che non è l’unione a essere benedetta, bensì la coppia, ma questo significa giocare con i concetti, poiché la coppia è definita proprio dalla sua unione.

La difficoltà di benedire l’unione è particolarmente evidente nel caso dell’omosessualità. Perché la benedizione, nella Bibbia, ha a che fare con l’ordine creato da Dio, che Egli vide che era cosa buona. Quest’ordine poggia sulla differenza sessuale tra maschio e femmina, chiamati a essere una sola carne. La benedizione di una realtà che si oppone alla creazione non solo non è possibile, ma è blasfema. Perché, ancora una volta, non si tratta di benedire persone «in una unione che in nessun modo può essere paragonata al matrimonio» (FS n. 30), ma di benedire quella stessa unione che non può essere paragonata al matrimonio. Proprio per questo la FS intende dar luogo a un nuovo tipo di benedizione (FS 7; FS 12).

Nella FS compaiono alcuni argomenti per cercare di giustificare queste benedizioni. Innanzitutto, la possibilità di condizioni che esonerino dalla colpa morale. Ma queste condizioni si riferiscono alla persona, non alla relazione in sé. Si dice anche che chiedere una benedizione è il bene possibile che queste persone possono raggiungere nelle loro condizioni, come se chiedere una benedizione costituisse già un’apertura a Dio e alla conversione. Ma questo può essere vero per la persona che chiede una benedizione per sé, ma non per quella che chiede una benedizione per la sua relazione o per il suo partner in modo tale da voler giustificare la relazione stessa davanti a Dio, senza rendersi conto che questa relazione in quanto tale la allontana da Dio. Infine, si sostiene che ci sono elementi positivi nella relazione, e che questi possono essere benedetti; tuttavia questi elementi positivi (ad esempio aiutare l’altra persona durante una malattia) sono accessori alla relazione stessa, fondata sulla condivisione della sessualità, e non cambiano la natura di questa relazione, che in nessun caso può essere diretta verso Dio, come già indicato dal Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2021. Persino in una clinica abortiva ci sono elementi positivi, dagli anestesisti che evitano il dolore fisico della persona, al desiderio dei medici di proteggere il progetto di vita della donna che abortisce.

Una quinta osservazione riguarda la coerenza interna di questa stessa benedizione pastorale (tipo “c”): si può impartire una benedizione non liturgica? O una benedizione che non rappresenta ufficialmente la dottrina di Cristo e della Chiesa? La chiave della risposta non è se i riti siano stati approvati ufficialmente o se siano improvvisati spontaneamente. La questione è che a impartire la benedizione è un sacerdote, in rappresentanza di Cristo e della Chiesa. FS afferma che non c’è alcun problema se il sacerdote si unisce alla preghiera di persone che si trovano in una situazione contraria al Vangelo (FS 30), ma in questa benedizione pastorale il sacerdote non si unisce alla loro preghiera, bensì invoca la discesa dei doni di Dio sulla relazione stessa. Nella misura in cui il sacerdote opera in nome di Cristo e della Chiesa, pretendere di separare questa benedizione dalla dottrina significa postulare un dualismo tra ciò che la Chiesa fa e ciò che la Chiesa dice. Ma la rivelazione, come insegna il Concilio Vaticano II, è data in segni e parole intrinsecamente legati tra loro (Dei Verbum 2), e la predicazione della Chiesa a sua volta non può separare segni e parole. Proprio le persone semplici, che il documento intende favorire incoraggiando la pietà popolare, sono le più vulnerabili a essere ingannate da un segno che contraddice la dottrina, perché colgono intuitivamente il contenuto dottrinale del segno.

Alla luce di ciò, può un fedele cattolico accettare l’insegnamento della FS? Data l’unità di segno e parola nella fede cristiana, l’unico modo in cui si può accettare come positiva la benedizione, in qualsiasi modo, di queste unioni, è perché si pensa che tali unioni non siano oggettivamente contrarie alla Legge di Dio. Ne consegue che finché Papa Francesco continua ad affermare che le unioni omosessuali sono sempre contrarie alla Legge di Dio, sta implicitamente affermando che tali benedizioni non possono essere date. L’insegnamento della FS è quindi in contraddizione con se stesso, il che richiede un ulteriore chiarimento. La Chiesa non può celebrare una cosa e insegnarne un’altra, perché, come scrisse Sant’Ignazio di Antiochia, Cristo era il Maestro «che ha detto e ha fatto» (Efesini XV,1), e la sua carne non può essere separata dalla sua parola.

L’altra domanda che ci siamo posti è se un sacerdote può accettare di benedire queste unioni, alcune delle quali coesistono con il matrimonio legittimo o in cui non è infrequente cambiare partner. Secondo FS, potrebbe farlo con una benedizione pastorale (tipo “c”), non con una benedizione liturgica o ufficiale. Ciò significa che il sacerdote dovrebbe impartire queste benedizioni senza agire in nome di Cristo e della Chiesa. Ma questo implicherebbe non agire come sacerdote. Infatti, dovrebbe compiere queste benedizioni non come sacerdote di Cristo, ma come uno che ha rinnegato Cristo, dal momento che, benedicendo queste unioni, con i suoi gesti il sacerdote le presenta come una via verso il Creatore. Sta quindi commettendo un atto sacrilego e blasfemo contro il progetto del Creatore e contro la morte di Cristo per noi, per portare a compimento il progetto del Creatore. Questo coinvolge anche il vescovo diocesano. Egli, in quanto pastore della sua Chiesa locale, è tenuto a impedire che questi atti sacrileghi abbiano luogo, altrimenti ne diventerebbe partecipe e rinnegherebbe il mandato conferitogli da Cristo di confermare i fratelli nella fede.

I sacerdoti devono annunciare l’amore e la bontà di Dio a tutti gli uomini e sostenere con consigli e preghiere i peccatori e i deboli che hanno difficoltà a convertirsi. Questo è molto diverso dall’indicare loro, con segni e parole di propria invenzione ma fuorvianti, che Dio non è così esigente nei confronti del peccato, nascondendo così il fatto che il peccato nei pensieri, nelle parole e nelle azioni ci allontana da Dio. Non c’è alcuna benedizione, e non solo in pubblico, ma anche in privato, per condizioni di vita peccaminose che contraddicono oggettivamente la santa volontà di Dio. E non è prova di una sana ermeneutica che coraggiosi difensori della dottrina cristiana vengano bollati come rigoristi, più interessati all’applicazione legalistica delle loro norme morali che alla salvezza delle singole persone. Perché è questo che Gesù dice alla gente comune: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11, 28-30). E l’Apostolo lo spiega così: «i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo (…). E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?» (1 Gv 5,4-5).

In un momento in cui una falsa antropologia sta minando l’istituzione divina del matrimonio tra uomo e donna con la famiglia e i suoi figli, la Chiesa dovrebbe ricordare le parole del suo Signore e Capo: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14).

Cardinale Gerhard L. Müller

Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede