La DePaul University, il più grande ateneo cattolico degli Stati Uniti, ora offre agli iscritti la possibilità di scegliere tra ben nove «opzioni di genere». È l’ennesimo cedimento alla cultura dominante, rifiutando la morale naturale.
AGENDA LGBT
Giuliano Guzzo, 14-01-2022
Una certa rassegnazione alla cultura dominante, anche in casa cattolica, si respira purtroppo da anni. Anzi, appare sempre più netta. Del resto, battersi contro l’agenda Lgbt non è affatto semplice: implica il doversi preparare a critiche pesantissime, talvolta perfino alla gogna. Se non giustificabile, appare quanto meno comprensibile, dunque, l’atteggiamento di chi non se la sente di metterci la faccia, non più almeno, su battaglie che spesso sembrano perse in partenza. Tuttavia, ben altra cosa, rispetto a questo, è passare armi e bagagli dall’altra parte, decidendo di favorire la diffusione dei dogmi arcobaleno. Ed è purtroppo ciò che inizia a vedersi anche negli atenei cristiani.
Emblematica, al riguardo, è la decisione della DePaul University - che, beninteso, non è un ateneo cristiano tra tanti, essendo la più grande università cattolica degli Stati Uniti (forma migliaia di studenti, prevenienti da 49 Stati Usa e da 136 Paesi del globo) - di sposare appieno un’antropologia gender fluid. Sì, perché una delle novità che questo ateneo ha da poco introdotto è esattamente la previsione della possibilità di riconoscersi tra «più generi». La clamorosa svolta è avvenuta nell’ambito della piattaforma online universitaria Campus Connect, che ora offre agli iscritti la possibilità di scegliere tra ben nove «opzioni di genere». Attenzione a non sottovalutare questo fatto.
Il sistema Campus Connect è infatti il portale web che ospita informazioni su e per studenti, docenti e personale, per lo scambio di comunicazioni. E ad oggi, appunto, consente nove identificazioni di genere, essendo possibile scegliere tra maschio, femmina, intersessuale, non binario, transgender maschio, transgender femmina, cisgender, «non specificato» e «non desidero identificarmi». Il che sarebbe quasi ritenuto normale, ormai, in un’università statale, ma in un ateneo cattolico, ecco, ha quanto meno del surreale.
C’è da dire che questa novità arcobaleno, alla DePaul University, è una novità fino ad un certo punto. Basti in tal proposito dire che, in quell’ateneo, il misgendering - ovvero l’appellare la persona trans con articolo, desinenza o pronome errati - è ormai considerato «un atto di violenza». E se alcuni studenti considerano tutto questo andazzo con preoccupazione, la tendenza generale è di preoccupante accettazione di questo trend.
Da parte loro, i responsabili dell’ateneo, contattati dal giornale online College Fix - che ha dato notizia di questa incredibile svolta gender - non si sono fatti trovare, né hanno voluto fornire alcuna spiegazione della singolare previsione della loro piattaforma online. Si rafforza così, inevitabilmente, il sospetto di una scelta deliberata, del tutto consapevole pur trattandosi un drammatico allontanamento dalla morale cattolica. Il punto è che non si tratta di un caso isolato.
La confusione regna sovrana in larga parte delle realtà cristiane universitarie, incluse quelle che si trovano ad operare negli atenei più esclusivi. Lo scorso settembre, su queste pagine, si era a tal proposito dato notizia dell’incredibile supporto dell’Harvard Catholic Center alla fresca nomina, quale nuovo presidente dei cappellani dell’Università di Harvard, di Greg Epstein, persona senza dubbio rispettabile ma di fede... atea. Allora, in effetti, la cosa aveva fatto notizia. Ma di questo passo non ci vorrà molto prima che si arrivi direttamente ad un cappellano transgender, che sarà puntualmente difeso - se non proposto - da un ateneo cattolico, almeno di fama.
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