Riprendiamo da FSSPX-News.
10 Gennaio 2022
Nei giorni scorsi alcuni Istituti Ecclesia Dei hanno formulato delle reazioni alquanto incisive al motu proprio di papa Francesco, che si è chiaramente posto l’obiettivo di eliminare l’uso del rito tridentino, soprattutto se si considera anche l’istanza fatta da mons. Roche, come anche l’intervista che ha rilasciato a Edward Pentin.
Si punta alla scomparsa del rito sia direttamente, con importanti limitazioni dell’uso precedente consentito dal motu proprio di papa Benedetto XVI, Summorum pontificum, sia indirettamente, sopprimendo l’uso del rituale e del pontificale, come ha spiegato mons. Arthur Roche al sig. Pentin.
Ciò significa in particolare che il sacramento della cresima deve d’ora in poi essere dato nella sua forma riformata, e che le ordinazioni saranno conferite secondo il nuovo pontificale. Questo punto riguarda anche le società cosiddette Ecclesia Dei, che cercano di trincerarsi dietro i loro diritti speciali, per non subire queste trasformazioni. Ma le cose non cambiano, come ha chiarito mons. Roche.
Di fronte a questa intimidazione, alcuni superiori o alcuni sacerdoti hanno cominciato a reagire un po’ più energicamente. Ma queste reazioni rimangono timide.
Così padre Louis-Marie de Blignières afferma che “l’obbedienza ha dei limiti”, ma quando si tratta di sapere quali misure potrebbero essere prese, afferma di basarsi su una doppia fedeltà: “Non uscire mai dalla comunione gerarchica con il Papa e i vescovi. Non abbandonare mai un’eredità sacra che è la nostra gioia e procura la salvezza di tanti fedeli.”
Questa non è una risposta. E se lo è, è una capitolazione anticipata, perché proprio il Papa ha deciso di porre fine all’uso del messale tridentino secondo le linee che abbiamo ricordato. Il primo principio sarà quindi necessariamente decisivo.
Quanto a padre Guillaume de Tanouarn, se afferma risolutamente che è necessario scegliere il Summorum pontificum contro Traditionis custodes, e se mostra l’evidente debolezza di quest’ultimo documento, alla domanda posta: “Pensa che le comunità ex-Ecclesia Dei sono pronte a resistere?” Risponde solo: “In ogni caso, è chiaro che si stanno giocando la loro stessa esistenza.”
Questa è solo una constatazione che non fa ben sperare per questa capacità di reazione, e che tende piuttosto a suggerire che non saranno in grado di reagire come dovrebbero.
Infine, padre Jehan de Belleville, fondatore dei Benedettini dell’Immacolata, riafferma – come d’altronde prima di lui altri istituti – il suo attaccamento alle sue costituzioni che specificano l’uso esclusivo del rito tridentino. E, secondo un’usanza fin dalla fondazione, quella del rituale e del pontificale antichi.
Ma questa affermazione avrà qualche valore quando il vescovo incaricato delle ordinazioni vorrà utilizzare il rito riformato, o quando si procederà all’amministrazione del sacramento della cresima secondo il rito del 1971?
Quindi c’è sicuramente un linguaggio un po’ più forte, un po’ più deciso, ma la domanda preliminare è la seguente: quale principio possono invocare queste società e questi sacerdoti per opporsi a una legge generale, che il Papa è deciso a imporre rimuovendo se necessario le concessioni o le esenzioni specifiche che erano state fatte dai suoi predecessori?
Se è solo una semplice preferenza, come la si può mantenere contro la volontà del Papa? Come giustificare un’opposizione su basi così fragili? I prossimi mesi mostreranno l’entità dei mali che queste società dovranno affrontare. Mostreranno anche fino a che punto sono pronte a difendere la liturgia tradizionale e a denunciare la riforma che Roma sta gradualmente imponendo loro.
(Fonti: Présent/Bénédictins de l’Immaculée/National Catholic Register – FSSPX.Actualités)
10 Gennaio 2022
Nei giorni scorsi alcuni Istituti Ecclesia Dei hanno formulato delle reazioni alquanto incisive al motu proprio di papa Francesco, che si è chiaramente posto l’obiettivo di eliminare l’uso del rito tridentino, soprattutto se si considera anche l’istanza fatta da mons. Roche, come anche l’intervista che ha rilasciato a Edward Pentin.
Si punta alla scomparsa del rito sia direttamente, con importanti limitazioni dell’uso precedente consentito dal motu proprio di papa Benedetto XVI, Summorum pontificum, sia indirettamente, sopprimendo l’uso del rituale e del pontificale, come ha spiegato mons. Arthur Roche al sig. Pentin.
Ciò significa in particolare che il sacramento della cresima deve d’ora in poi essere dato nella sua forma riformata, e che le ordinazioni saranno conferite secondo il nuovo pontificale. Questo punto riguarda anche le società cosiddette Ecclesia Dei, che cercano di trincerarsi dietro i loro diritti speciali, per non subire queste trasformazioni. Ma le cose non cambiano, come ha chiarito mons. Roche.
Di fronte a questa intimidazione, alcuni superiori o alcuni sacerdoti hanno cominciato a reagire un po’ più energicamente. Ma queste reazioni rimangono timide.
Così padre Louis-Marie de Blignières afferma che “l’obbedienza ha dei limiti”, ma quando si tratta di sapere quali misure potrebbero essere prese, afferma di basarsi su una doppia fedeltà: “Non uscire mai dalla comunione gerarchica con il Papa e i vescovi. Non abbandonare mai un’eredità sacra che è la nostra gioia e procura la salvezza di tanti fedeli.”
Questa non è una risposta. E se lo è, è una capitolazione anticipata, perché proprio il Papa ha deciso di porre fine all’uso del messale tridentino secondo le linee che abbiamo ricordato. Il primo principio sarà quindi necessariamente decisivo.
Quanto a padre Guillaume de Tanouarn, se afferma risolutamente che è necessario scegliere il Summorum pontificum contro Traditionis custodes, e se mostra l’evidente debolezza di quest’ultimo documento, alla domanda posta: “Pensa che le comunità ex-Ecclesia Dei sono pronte a resistere?” Risponde solo: “In ogni caso, è chiaro che si stanno giocando la loro stessa esistenza.”
Questa è solo una constatazione che non fa ben sperare per questa capacità di reazione, e che tende piuttosto a suggerire che non saranno in grado di reagire come dovrebbero.
Infine, padre Jehan de Belleville, fondatore dei Benedettini dell’Immacolata, riafferma – come d’altronde prima di lui altri istituti – il suo attaccamento alle sue costituzioni che specificano l’uso esclusivo del rito tridentino. E, secondo un’usanza fin dalla fondazione, quella del rituale e del pontificale antichi.
Ma questa affermazione avrà qualche valore quando il vescovo incaricato delle ordinazioni vorrà utilizzare il rito riformato, o quando si procederà all’amministrazione del sacramento della cresima secondo il rito del 1971?
Quindi c’è sicuramente un linguaggio un po’ più forte, un po’ più deciso, ma la domanda preliminare è la seguente: quale principio possono invocare queste società e questi sacerdoti per opporsi a una legge generale, che il Papa è deciso a imporre rimuovendo se necessario le concessioni o le esenzioni specifiche che erano state fatte dai suoi predecessori?
Se è solo una semplice preferenza, come la si può mantenere contro la volontà del Papa? Come giustificare un’opposizione su basi così fragili? I prossimi mesi mostreranno l’entità dei mali che queste società dovranno affrontare. Mostreranno anche fino a che punto sono pronte a difendere la liturgia tradizionale e a denunciare la riforma che Roma sta gradualmente imponendo loro.
(Fonti: Présent/Bénédictins de l’Immaculée/National Catholic Register – FSSPX.Actualités)
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