Corrado Gnerre, 12 GENNAIO 2022
Cari pellegrini, leggiamo cosa scrive sant’Alfonso a proposito della devozione che dovrebbe animare ogni sacerdote nella celebrazione della Messa. Cosa scriverebbe oggi?
[…] nel celebrare la Messa è necessaria la riverenza e la devozione.È noto che l’uso del manipolo fu introdotto per comodo di asciugare le lacrime poiché anticamente i preti, celebrando, per la devozione non facevano altro che piangere.Già si è detto che il sacerdote all’altare rappresenta la stessa persona di Gesù Cristo […].Ma […], parlando del modo nel quale dicono la Messa la maggior parte dei sacerdoti, bisognerebbe piangere, ma piangere a lacrime di sangue!È una compassione, diciamo così, vedere lo strapazzo che fanno di Gesù Cristo molti preti e religiosi e anche taluni di ordini religiosi riformati.Si osservi con quale attenzione ordinariamente dai sacerdoti si celebra la Messa.A costoro bene starebbe detto quel che rimproverava Clemente alessandrino ai sacerdoti gentili, cioè ch’essi facevano diventare scena il cielo, e Dio il soggetto della commedia: O impietatem! scenam coelum fecistis, et Deus factus est actus.Ma no, che dico, commedia? Oh che attenzione ci metterebbero questi tali, se dovessero recitare una parte in commedia! E per la Messa che attenzione vi pongono?Parole mutilate, genuflessioni che sembrano piuttosto atti di disprezzo che di riverenza, benedizioni che non si sa che cosa siano, si muovono per l’altare e si voltano in modo che quasi muovono a ridere, complicano le parole colle cerimonie, anticipandole prima del tempo prescritto dalle rubriche; […].Tutto avviene per la fretta di finire presto la Messa.Come dicono alcuni la Messa? come se la chiesa stesse per crollare o stessero per venire i corsari e non ci fosse tempo di fuggire.Sarà stato due ore a ciarlare inutilmente o a trattare faccende di mondo, e poi tutta la fretta dove la mette? a dir la Messa.E nel modo poi con cui questi tali la cominciano così procedono a consacrare e a prendere tra le mani Gesù Cristo e a comunicarsi con tanta irriverenza come se fosse in realtà un pezzo di pane.
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Vuoi sapere perché la liturgia deve essere piena di bellezza e splendore? Leggi la vita di Carlo Magno!Nel suo La santa liturgia, don Gérard Calvet riporta questo episodio:
Un giorno Carlo Magno domandò ad Alcuino, suo ministro e consigliere: “Che cos’è la liturgia?”.
Alcuino rispose come se fosse stata la domanda più semplice: “La liturgia è la gioia di Dio!”
Infatti è così: la liturgia è la gioia di Dio, perché è con essa che il Signore viene pienamente glorificato.
E poi Calvet aggiunge: “Questa gioia, che sia un’eco o che sia un’anticipazione del soggiorno beato, si esprime liricamente, soprattutto attraverso il canto, la luce, i paramenti bianchi, la processione.”
Da qui -aggiungiamo noi- l’obbligo di rendere la liturgia bella e piena di splendore.
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