lunedì 24 gennaio 2022

Abusi nel clero: tutti i punti oscuri nelle quattro accuse a Ratzinger





Accuse infamanti, che però infamano più l'accusatore che l'accusato. 

Colpisce vedere il Pontefice più attivo nella lotta alla piaga dei ministri indegni lasciato solo a difendersi su atti risalenti agli anni Settanta. In uno dei dossier gli stessi esperti dicono che il teologo «deve essere scagionato». Negli altri i colpevoli vengono allontanati o condannati.
Il rapporto tedesco che chiama in causa il Papa emerito quando era arcivescovo di Monaco di Baviera (1978-1981) non presenta nessuna chiara prova di negligenza. Ma si limita al «non poteva non sapere». Anche nei casi in cui egli punì i sacerdoti pedofili.




di Lorenzo Bertocchi

Lo zeitgeist, lo spirito del tem­po, come dicono i tedeschi. È que­sto forse il miste­ro di iniquità che spinge l'accanirsi contro Be­nedetto XVI? Oppure anche Joseph Ratzinger è veramente colpevole di non aver agito «in modo appropriato» di fronte a casi di abuso? Le accu­se contenute nel rapporto del­lo studio legale Westpfahl SpilkerWastl di Monaco di Baviera contro Benedetto XVI ri­guardano quattro casi che ri­salgono agli anni in cui Ratzin­ger era appunto arcivescovo di Monaco e Frisinga, dal 1977 al 1981. Chi ha letto il rapporto, e non si è limitato ad ascoltare la conferenza stampa dell'altro ieri, comincia a sollevare qual­che dubbio sul senso di tutto questo.

Il Papa emerito viene accu­sato per quattro casi, il primo è il «n. 22» di quelli presi in esame e riguarda un prete che era stato condannato al carcere negli anni Sessanta per pedofilia omosessuale. Una volta rilasciato, il prede­cessore di Ratzinger, il cardinale Julius Dopfner, lo aveva trasferito all'estero ma poi, durante il mandato di Ratzin­ger, questo prete aveva chiesto di rientrare a Monaco per po­tersi ritirare lì. Secondo il rap­porto, il Papa emerito non po­teva non conoscere il soggetto perché ha trascorso vacanze nella sua ex parrocchia, inol­tre al pensionamento gli aveva dato «il titolo onorario di par­roco».


Come riporta lo scritto­re e giornalista tedesco Michael Hesemann nella sua disamina del caso pubblicata su Kath.net, qui cominciano le as­surdità. Ogni sacerdote in pensione che è stato parroco è un «parroco in pensione», senza bisogno di dare nessun titolo onorifico che, infatti, non gli è stato dato, ma al mo­mento del pensionamento a fianco del suo nome, il vicario generale della diocesi ha scrit­to ciò che era. Altra strana vi­cenda è quella della vacanza, perché, sempre nella ricostruzione di Hesemann, risulta che Ratzinger abbia passato il periodo in questione nell'ago­sto del 1982, ossia quando si era già dimesso da vescovo di Monaco per trasferirsi a Ro­ma. Ora, se anche Ratzinger in quell'occasione avesse appreso qualcosa dei fatti riguar­danti la vita precedente del colpevole, di certo non avrebbe potuto influenzare le sue decisioni di anni prima, inol­tre è quantomeno discutibile che Ratzinger, negli anni pre­cedenti, avesse saputo perché il sacerdote era stato mandato all'estero (peraltro lui stesso lo nega). Anche gli esperti, su questi fatti, hanno dovuto scri­vere che il Papa emerito deve essere «scagionato sotto que­sto aspetto nel suo insieme».

Il secondo caso è il «n. 37». Si tratta di un prete condannato per «tentata fornicazione con bambini e reato (sessuale)» durante il periodo del prede­cessore di Ratzinger, il già ci­tato cardinale Dopfner, nei primi anni settanta. Benedet­to XVI dice di non essere stato pienamente informato del caso, e durante il periodo di man­dato di Ratzinger lo stesso sacerdote viene condannato per atti osceni. Il prete resta al suo posto e viene messo in tratta­mento psichiatrico a Monaco, ma dopo circa un anno ricade sempre in atti esibizionistici, a quel punto viene allontanato dal ministero pastorale. Successivamente è diventato inse­gnante in una scuola, dove, se­condo la testimonianza del preside, il soggetto sì è comportato in modo irrepren­sibile. Anche in questo caso, è difficile sostenere che l'allora .arcivescovo abbia compiuto il­leciti o sia stato negligente (ne­gli anni Settanta si credeva che l'esibizionismo e la pedofilia fossero curabili con tratta­mento psichiatrico).

Il terzo caso «n. 40» riguarda un sacerdote di una diocesi non tedesca condannato nel suo paese di origine con la condizionale per abusi su minori. Lo zio vescovo di questo prete decide di allontanarlo dal pae­se di origine chiedendo di po­terlo mandare a Monaco per continuare gli studi, richiesta che viene accolta dalla diocesi retta da Ratzinger. Quando fu osservato in atteggiamenti compromettenti cercando di insinuare dei chierichetti, senza che fossero compiuti abusi in senso stretto, fu allon­tanato dalla parrocchia in cui si trovava. Il rapporto insinua, senza indicare una prova, che il Papa emerito non poteva non sapere del passato di que­sto sacerdote, ma si deve rico­noscere che la diocesi retta da Ratzinger ha agito tempesti­vamente alla prima prova.

Il quarto caso, denominato «n. 42», riguarda un prete con­dannato per aver scattato «fo­tografie oscene» a ragazze sot­to i 14 anni. Una volta informa­to, Ratzinger decise di asse­gnare il soggetto a una casa di riposo e a un ospedale, anche se il parroco che lo accettò nel­la parrocchia lo lasciò anche celebrare. Il trasferimento non può di certo essere consi­derato come atteggiamento di «indifferenza» da parte di Rat­zinger sui fatti, anche perché qui non vi sono atti sessuali o abusi in questione.


Sulla base dì questi elemen­ti quindi si consuma il proces­so a Ratzinger, un uomo di 94 anni che da cardinale e da Pa­pa è stato tra l'altro il più deci­so avversario della mala pianta degli abusi nella Chiesa. E sempre tenendo fermo anche il criterio fondamentale, cioè che non si può misurare un tempo passato con i criteri della realtà attuale, le accuse a Joseph Ratzinger sembrano sgonfiarsi e assomigliare sem­pre di più a un attacco diretto al Papa emerito. Il quale è sta­to sempre considerato come il nemico del progresso, «il rottweiler di Dio», ma in real­tà è stato la spina nel fianco delle teologie à la page, delle filosofie vuote e delle politi­che senza criterio. È questo che non piace allo zeitgeist? Sarà per questo che a Joseph Ratzinger viene chiesto di camminare sull'orlo di un du­plice abisso, da una parte quello ripugnante della piaga degli abusi del clero e, dall'altra il mistero di iniquità che ih qualche modo scuote i tem­pi nostri e la Chiesa.






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