martedì 9 settembre 2025

Vivere da cristiani in un mondo non cristiano. Sul libro di Leonardo Lugaresi





Di Stefano Fontana, 9 set 2025

Molti sostengono che il cristiano si trovi oggi davanti ad un sistema di potere politico menzognero, inaccettabile moralmente e religiosamente, che non ammetta spazi di manovra se non a chi si comprometta con esso. Davanti ad un caso così estremo, molti hanno proposto di “smettere di combatterlo” e di “prendere la via del bosco” (Jünger), di creare una “società parallela” (Benda), o “comunità, istituzioni e reti di resistenza” (Dreher), “nuove forme di comunità” (McIntyre), di “salvare il seme” fino a che, “quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l’asciugherà” (Guareschi).

L’esempio storico ricorrente in alcuni di questi interventi è quello di San Benedetto che nella “alluvione” delle invasioni barbariche e nel crollo dell’ordine sociale dell’Impero, ha “cessato di impilare sacchi di sabbia” per frenare l’impeto delle acque e si è tirato da parte a preparare la ricostruzione. Questa situazione è bene descritta da Jünger: “Quando tutte le istituzioni divengono equivoche o addirittura sospette, e persino nelle chiese si sente pregare ad alta voce non per i perseguitati ma per i persecutori, la responsabilità morale passa nelle mani del singolo, o meglio del singolo che ancora non si è piegato”[1]. È possibile sostenere che oggi la situazione per i cattolici sia, in molti casi, almeno vicina a questa tipologia.

Il bel libro di Leonardo Lugaresi “Vivere da cristiani in un mondo non cristiano”[2] sostiene che, nella sostanza, già i primi cristiani si erano trovati in questa situazione, ossia dentro un mondo avverso, per cui è possibile imparare da loro. Egli segnala, in particolare, due loro atteggiamenti che dovrebbero diventare anche nostri. Il primo è la krisis, ossia il giudizio che mette in crisi il mondo in cui si vive, lo coglie in contraddizione e lo destruttura, fa emergere l’errore e ciò che è inadeguato o sbagliato. Ciò va fatto entrando nella vita del mondo che viene giudicato, non tirandosene fuori e, soprattutto, coinvolgendosi nell’operazione. La chresis è il retto uso secondo verità di quanto emerso dal giudizio critico[3].

Il libro, però, non chiarisce fino in fondo la principale diversità tra quel “mondo non cristiano” e l’attuale “mondo non cristiano”. Quel mondo era pre-cristiano, il nostro è post-cristiano. Il paganesimo di allora non è paragonabile al neo-paganesimo di oggi[4]. Il paganesimo antico era comunque “teista” e l’ateismo era solo di filosofi isolati, mentre il nostro è post-teista, ha eliminato qualsiasi possibilità di concepire o riferirsi al teismo, lo ha dimenticato e ha dimenticato di averlo dimenticato. Il paganesimo romano aveva comunque prodotto il concetto di legge naturale e di famiglia naturale fondata sul matrimonio indissolubile. Oggi avviene “la condanna per legge del cristianesimo mediante la condanna per legge della natura”” e “quando la post-naturalità diventa diritto, la naturalità diventa reato”[5]. Anche Lugaresi mette in evidenza queste nuove forme radicali di persecuzione come il “rischio concreto di finire in tribunale perché semplicemente ci si comporta da cristiani” e l’abolizione perfino del principio dell’obiezione di coscienza[6], però oggi il neo-paganesimo agisce molto più in profondità. Oggi, nell’Occidente cristiano, i bambini non vengono battezzati, i matrimoni non vengono celebrati, i defunti non vengono sepolti[7].

Lugaresi analizza in profondità alcuni ambiti di azione dei primi cristiani: il tribunale, la scuola, l’economia e lo spettacolo[8], traendone in sintesi la seguente lezione: i cristiani hanno adoperato il sistema vigente fino a quanto era compatibile con la verità, lo hanno invece giudicato e messo in crisi nei suoi elementi incompatibili con la verità e, infine, hanno sviluppato quanto di positivo emerso dal giudizio critico. In questo modo il nostro Autore sembra sostenere che un simile atteggiamento richiede di non isolarsi in società parallele fuori dal sistema, ma di agire standovi dentro. Non è una esclusione della società parallela, è piuttosto l’idea che questa deve essere fatta fermentare dentro la società di tutti.

Esaminando, tuttavia, la situazione di questi quattro ambiti nell’epoca romana e nel mondo attuale, si coglie la diversità radicale tra le due. Oggi le quattro realtà sono strettamente combinate tra loro ad impedire in modo pressoché totale la verità delle cose, mentre ai tempi dei primi cristiani manifestavano ancora molti elementi collegati con una saggezza naturale. La sinergia tra la distruzione del diritto naturale, la devastazione della cultura woke, la finanziarizzazione dell’economia e il nichilismo negli spettacoli lo dimostrano. Non si tratta di un acutizzarsi del negativo per motivi quantitativi ma qualitativi. All’esercizio del giudizio si è costretti a sostituire quello della condanna perché un buono da far emergere e sviluppare non c’è, e se c’è, è un residuo del passato destinato – nel proseguimento della presente logica dell’insieme – ad affievolirsi sempre di più.

Per accettare la differenza sostanziale tra il mondo non cristiano premoderno e quello moderno e postmoderno bisogna avere consapevolezza del carattere originariamente ateo della modernità filosofica e teologica[9]. Qui nasce qualcosa di mai visto, ossia un modo di pensare che assume se stesso come incapace di pensare adeguatamente Dio. Questo spiega perché quello moderno non sia solo un mondo senza Dio, ma contro Dio e perché, di conseguenza, le analogie tra i due mondi, che esistono certamente, non sono completamente esaustive. 

La filosofia precristiana conservava eminenti tratti naturali al punto da poter essere assunta – in parte, e purificata – dal cristianesimo nascente nella definizione dei propri dogmi. Contrariamente alle dottrine della de-ellenizzazione, il cristianesimo non fu ellenizzato, ma cristianizzò il pensiero ellenico. Il concilio di Nicea condannò Ario e, così facendo, condannò anche Plotino a cui Ario si ispirava. 

Tra il mondo precristiano e il cristianesimo non c’era una contrapposizione aggressiva, come invece c’è con i principi della filosofia moderna. Questa ha, in più di quella, una dimensione “religiosa” di tipo gnostico. Possiede una spinta distruttiva antirealista e anticristiana interna non correggibile, anche se attenuabile in certe fasi. Perfino Paolo VI lo dichiarò nel famoso discorso conclusivo del Vaticano II, quando parlò del dialogo tra il Dio che si fa uomo e l’uomo che si fa Dio, subito precisando: “perché anche questa è una religione”. Il principio di immanenza del pensiero moderno è conseguenza di questa logica di una religiosità rovesciata. Leonardo Lugaresi propone ai cristiani che vogliono vivere da cristiani in un mondo non cristiano di adoperare la krisis e la chresis, ma i due atteggiamenti non sono pienamente possibili senza questo giudizio sulla modernità. I molteplici tentativi di combinare tra loro quanto è in opposizione ha prodotto una incertezza nel giudizio e una confusione nel distinguere quanto oggi è compatibile con il cristianesimo e quanto no.




(Immagine:The Rossano Gospels (Cathedral of Rossano, Calabria, Italy, Archepiscopal Treasury, s.n.) is a 6th century Byzantine Gospel Book and is believed to be the oldest surviving illustrated New Testament manuscript, wikicommons)


[1] E. Jünger, Trattato del ribelle, 1951, Adelphi, Milano 1990, p. 114.

[2] L. Lugaresi, Vivere da cristiani in un mondo non cristiano. L’esempio dei primi secoli, Lindau, Torino 2024.

[3] Ivi, pp. 92-100.

[4] Su questo tema Chantal Delsol ha scritto il libro La fine della cristianità e il ritorno al paganesimo (Cantagalli, Siena 2022). Come si vede già dal titolo, l’autrice perla di un “ritorno” al paganesimo precristiano, mentre non si tratta solo di questo, ma di un neopaganesimo nuovo.

[5] G. Crepaldi, La Chiesa italiana e il futuro della pastorale sociale, Cantagalli, Siena 2017, p. 107.

[6] Ivi, p. 122.

[7] E. Todd, La sconfitta dell’Occidente, Fazi Editore, Roma 2024, pp. 161-165.

[8] Rispettivamente alle seguenti pagine: 121-158; 159-204; 205-244; 245-286.

[9] S. Fontana, Ateismo cattolico? Quando le idee sono fuorvianti per la fede, Fede & Cultura, Verona 2022.





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