mercoledì 17 settembre 2025

Il Quebec verso il divieto di preghiera nei luoghi pubblici





17 set 2025

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by Aldo Maria Valli



di Pierre-Alain Depauw

Il governo del Quebec, guidato dalla Coalition Avenir Québec, ha annunciato un disegno di legge per vietare le preghiere negli spazi pubblici, nell’ambito di una nuova offensiva volta a imporre la laicità come pilastro fondamentale della provincia francofona del Canada.

Laicità sfrenata dettata dalla massoneria

Il ministro dell’Istruzione e della Laicità del Quebec, Jean-François Roberge, ha confermato che il disegno di legge sarà presentato durante la prossima sessione parlamentare autunnale, con l’obiettivo di affrontare quella che il governo descrive come una “proliferazione di preghiere di strada” in atto dal 2024. Il pretesto è quello di respingere le preghiere di strada organizzate dalle associazioni islamiche, ma il risultato finale serve a rafforzare un laicismo massonico che ovviamente colpisce anche i cattolici.

Questa iniziativa rientra nella rigorosa politica di laicità promossa dal Québec negli ultimi anni, evidenziata dal disegno di legge 21 del 2019 che vieta ai funzionari pubblici in posizioni di autorità – come giudici, agenti di polizia e insegnanti – di indossare simboli religiosi visibili.

Secondo Roberge, la nuova legislazione mira a garantire la neutralità degli spazi pubblici vietando la preghiera collettiva o visibile in luoghi come strade, parchi, piazze ed edifici pubblici. Sebbene non siano stati specificati tutti i dettagli, il governo ha indicato che la misura non riguarderà le pratiche religiose private nelle case o nei luoghi di culto, ma prenderà di mira le manifestazioni che, secondo le autorità, potrebbero turbare l’ordine pubblico o la percezione della neutralità dello Stato.

Questo annuncio ha tratto spunto da eventi recenti che hanno acceso il dibattito pubblico, come le preghiere islamiche su larga scala nelle strade di Montreal e di altre città. Il governo sostiene che queste manifestazioni rappresentino una minaccia alla coesione sociale e ai valori laici della provincia, un’argomentazione che ha trovato riscontro in una parte significativa della popolazione che semplicemente rifiuta l’islamizzazione del Paese.

Preoccupazione tra i cattolici


L’arcivescovo di Montréal, Christian Lépine, ha espresso la sua “profonda preoccupazione” per le conseguenze di questa misura, che considera incompatibile con la Carta canadese dei diritti e delle libertà, la Carta dei diritti e delle libertà del Québec e la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. A suo avviso, tali iniziative potrebbero minacciare tradizioni religiose profondamente radicate nella provincia.

La Conferenza episcopale del Québec si è espressa attraverso il suo presidente, il vescovo Martin Laliberté, che si è dichiarato “scioccato” e ha avvertito che la misura colpirà anche i cattolici. In una lettera aperta, i vescovi sostengono che la proposta è discriminatoria e inapplicabile e potrà essere utilizzata per vietare le processioni cattoliche.

Un attacco alla libertà religiosa

La Canadian Constitutional Foundation ha affermato che la legge violerebbe il diritto alla libertà di religione, tutelato dalla Costituzione. La responsabile del contenzioso, Christine Van Geyn, ha dichiarato: “Questo disegno di legge costituisce un attacco al diritto alla libertà religiosa, tutelato dalla Costituzione. Riteniamo che si tratti di un eccesso che colpirà le comunità religiose di tutto il Québec e che meriti un esame approfondito. La laicità non deve essere ostilità verso i credenti. Il governo dovrebbe far rispettare le leggi esistenti e multare chi blocca il traffico o viola le ordinanze contro il rumore, non prendere di mira tutti i credenti”.

Gli esperti costituzionali hanno messo in dubbio la fattibilità giuridica della proposta, suggerendo che potrebbe richiedere l’uso della clausola di non conformità della Carta canadese, uno strumento che il Québec ha già utilizzato per altre misure controverse. Questa clausola consente alle province di sospendere temporaneamente alcune tutele costituzionali, ma il suo uso ripetuto ha suscitato critiche per l’indebolimento dei diritti fondamentali. Alcuni analisti avvertono che il divieto potrebbe essere soggetto a lunghi procedimenti legali, simili a quelli che hanno contestato leggi precedenti.

medias-presse.info



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