
02 set 2025
di El Wanderer
La scorsa settimana monsignor Sergio Buenanueva, vescovo di San Francisco in Argentina, sempre molto attivo sui social media, ha giustamente ricordato sul suo account X un testo di Leone XIV in cui il papa avvertiva che la mancanza di sacerdoti in Francia (ma il vescovo ha detto che la stessa cosa è per l’Argentina) è una grande disgrazia. Il vescovo, da buon pastore, ha ragione di preoccuparsi: la sua diocesi, che conta 250 mila fedeli, ha un solo seminarista, e ci vorranno anni o decenni prima che la cattedrale veda un’ordinazione sacerdotale. È confortante che un vescovo argentino sia allarmato da una situazione che drammatica non solo in quella diocesi ma in tutto il Paese. Il problema è in che in larga misura i responsabili della catastrofe sono proprio i vescovi argentini.
Molti diranno che non è giusto accusare i vescovi, perché il calo delle vocazioni è un fenomeno che si è verificato in tutta la Chiesa a partire almeno dagli anni Settanta. Tuttavia è anche vero che essi, a partire dagli anni Ottanta, si sono dedicati a sopprimere sistematicamente e a sterminare tutti i seminari che avevano numerose vocazioni e che, curiosamente, erano tutti di natura conservatrice. Al contrario, i seminari progressisti, nel frattempo, si sono svuotati. Infatti, negando l’evidenza della realtà, o peccando contro lo Spirito Santo, i vescovi hanno preferito lasciare che i seminari argentini si svuotassero piuttosto che permettere che quelli conservatori prosperassero. Hanno preferito portare il Paese al punto di non ritorno. Si sono rifiutati di accettare il fatto incontrovertibile che i giovani sono devoti a ideali “rigidi”, mentre non sono interessati, e tanto meno disposti a dedicare la propria vita, alla religione del “tutti, tutti, tutti”, della “Chiesa in uscita” e dell'”ospedale da campo”.
Diamo un’occhiata alla catastrofe in atto provocata dai vescovi argentini riguardo alle vocazioni sacerdotali.
Seminario arcidiocesano di Buenos Aires
È uno dei più antichi e importanti del Paese e nel 1930 contava 370 seminaristi. Gli abbandoni iniziarono nel 1955. Nel 1960 c’erano 156 seminaristi maggiori, 116 seminaristi minori e 44 in pre seminario. In quel decennio, a causa di alcuni correnti ideologiche, in particolare del Movimento sacerdotale per il Terzo Mondo, si verificarono numerose diserzioni e il seminario fu praticamente svuotato. Il pre-seminario e il seminario minore furono chiusi.
Attualmente solo trenta seminaristi vivono nell’edificio, che si estende su quattro isolati (nell’arcidiocesi, che ha una popolazione di 3.120.612 abitanti, il rapporto è di un seminarista ogni 104 mila abitanti). Gran parte dell’edificio storico è stata trasformata in un museo e sono disponibili visite guidate. Nel 2024 la biblioteca, una delle più prestigiose del Paese, è stata venduta in perdita.
Seminario conciliare di Córdoba
È il seminario più prestigioso dell’Argentina, fondato nel 1719. Come gli altri del Paese, entrò in crisi negli anni Sessanta, quando elementi sovversivi della teologia della liberazione e dei Sacerdoti per il Terzo Mondo fecero di Córdoba uno dei loro centri operativi, organizzando una rivolta di sacerdoti e laici che nel 1965 costrinse l’arcivescovo Castellano a dimettersi. Molti preti rimasero strettamente legati all’organizzazione armata peronista dei Montoneros.
Nel 1975, sotto la guida di padre Luis Alesio, iniziò un ripristino dell’ordine mediante un piano di studi, una formazione e una disciplina in linea con i desideri della Chiesa. Il seminario raggiunse così i duecento seminaristi, tra membri secolari dell’arcidiocesi e delle diocesi suffraganee e seminaristi di vari ordini religiosi. La tendenza continuò fino al 1983 circa, quando iniziò il declino, accentuatosi dal 1994 con il cambio dei professori e dei piani di formazione in senso progressista. Se nel 1997 rimanevano solo settanta seminaristi, riforme liberali e radicali del piano di formazione portarono praticamente allo svuotamento del seminario e attualmente, sotto la guida del cardinale gesuita Ángel Rossi, ci sono solo cinque seminaristi, provenienti da Córdoba, San Francisco e dalla prelatura del decano Funes, e altri cinque dalla diocesi di La Rioja. Un rapporto, per la regione, di un seminarista ogni mezzo milione di abitanti.
Seminario metropolitano dell’arcidiocesi di Santa Fe de la Vera Cruz
Ha operato dal 1865 al 1986, quando dovette chiudere a causa delle infiltrazioni marxiste e guerrigliere (avevano armi e fabbricavano molotov) causate dal Movimento sacerdotale per il Terzo Mondo. Ha riaperto nel 1978 e ha iniziato a crescere gradualmente fino ad avere circa cinquanta seminaristi, tutti provenienti dall’arcidiocesi, con una buona disciplina di vita e una solida formazione filosofica. A partire dal 2005, però, i piani di formazione sono stati modificati e la disciplina è stata liberalizzata, politica ulteriormente intensificata nel 2018. Attualmente ci sono solo dodici seminaristi di Santa Fe e due di Rafaela, e molti sono i seminaristi e i giovani sacerdoti che abbandonano.
Studiando le statistiche si osserva che all’inizio degli anni Ottanta il numero di seminaristi è aumentato rapidamente, per poi diminuire bruscamente. Cosa è successo nel frattempo? Semplice: c’è stata la liberalizzazione dei curricula e della disciplina di vita promossa da vescovi progressisti che avevano gradualmente sostituito quelli precedenti. E, parallelamente, è iniziata la persecuzione di quei (pochi) vescovi che decidevano di mantenere o fondare seminari con insegnamento classico. Diamo un’occhiata a questi casi.
Seminario arcidiocesano di Paraná
Nel 1972 l’arcivescovo Adolfo Tortolo di Paraná iniziò a riformare il suo seminario, che era stato invaso da sacerdoti di teologia della liberazione alleati con movimenti terroristici. Affidò la direzione a validi educatori conservatori e iniziò a organizzare il seminario secondo i documenti della Chiesa. Nel 1986 il seminario fu guidato dal vescovo coadiutore, il cardinale Estanislao Karlic, recentemente scomparso. A quel tempo contava centoventi seminaristi maggiori e altrettanti minori, ma Karlic dichiarò esplicitamente che la sua intenzione era quella di distruggere quel modello di formazione sacerdotale, e ci riuscì. I formatori di matrice tradizionale furono espulsi e sostituiti da altri docili alle nuove correnti teologiche promosse dal cardinale Karlic. In particolare, si iniziò a insegnare la teologia di Karl Rahner al posto di quella di san Tommaso. Così più di sessanta seminaristi lasciarono il seminario e altri furono espulsi. Attualmente, ci sono solo diciassette seminaristi, provenienti da due diocesi, e il seminario minore è stato chiuso a causa di scandali di abusi sessuali che hanno coinvolto il formatore, nominato dal cardinale Karlic.
Seminario arcidiocesano di La Plata
Nel 2012 il Seminario San José dell’arcidiocesi di La Plata contava novantasette seminaristi, ma nel 2015 iniziarono a essere esercitate pressioni sull’arcivescovo Héctor Aguer affinché sostituisse i formatori, ritenuti troppo tradizionali. Nel 2018, quando l’arcivescovo Aguer divenne emerito per raggiunti limiti di età e l’attuale cardinale Tucho Fernández assunse la carica di arcivescovo, il seminario fu completamente ristrutturato. In virtù delle politiche del nuovo ordinario, il numero dei seminaristi scese a quaranta e le diserzioni aumentarono. Attualmente, i seminaristi provenienti da La Plata (arcidiocesi che conta ben quattro vescovi) sono solo tre, che diventano sette con i quattro della diocesi di Mar del Plata.
Seminario diocesano di San Rafael
Fondato nel 1983 dal vescovo León Kruk in una delle diocesi più trascurate del Paese, fino al 2020 ha mantenuto una media di 30-40 seminaristi, con un ottimo livello accademico. Grazie a ciò, la diocesi, che conta poco più di trecentomila abitanti e 31 parrocchie, dispone di 106 sacerdoti (uno ogni 2.841 abitanti). Ma nel 2020, senza alcun motivo, il seminario è stato chiuso dal vescovo Eduardo Taussig, che si è giustificato dicendo di “eseguire gli ordini”. All’epoca, i seminaristi erano trentacinque, scesi poi a meno della metà. A causa della forte indignazione che la chiusura del seminario aveva suscitato tra i laici della diocesi, al vescovo Taussig fu chiesto di dimettersi, e il suo successore, il vescovo Domínguez, è stato costretto a dimettersi a sua volta, all’inizio di quest’anno, dopo essere stato accusato di grave disonestà. Attualmente i seminaristi sono nove.
I seminaristi della diocesi di Gregorio de Laferrere
Nel 2013, alla fine del mandato di monsignor Juan Horacio Suárez, presso il seminario San José di La Plata studiavano quindici seminaristi. Il nuovo vescovo, monsignor Gabriel Barba (attualmente vescovo di San Luis), li allontanò da La Plata, il cui seminario era da lui considerato troppo conservatore, e li inviò al seminario dell’arcidiocesi di Buenos Aires. Attualmente, ne rimane solo uno.
Diocesi di Santa Rosa a La Pampa
Nel 2008, quando il vescovo Rinaldo Fidel Brédice divenne emerito, nella diocesi (340 mila abitanti) erano sette i seminaristi diocesani che studiavano a San Luis. Con il cambio di vescovo, l’attuale cardinale Poli, furono rimossi e trasferiti altrove. Da quando gli ultimi sacerdoti formati a San Luis furono ordinati nel 2011, ci sono state solo tre ordinazioni. Attualmente, rimangono solo due seminaristi.
Questa è la situazione attuale delle vocazioni sacerdotali tra il clero diocesano in Argentina. La catastrofe non può essere giustificata solo affermando che il fenomeno è globale. Come si è visto, in larga misura i colpevoli sono stati i vescovi argentini, che per ideologia, invidia o cattiveria si sono sistematicamente dedicati a distruggere iniziative di successo. D’altra parte, due anni fa loro stessi si sono detti preoccupati per il fatto che ormai solo le realtà più tradizionali hanno ancora vocazioni.
elwanderer
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