mercoledì 10 settembre 2025

Il ddl sul suicidio assistito e i cattolici secolarizzati






Di Lucia Comelli, 10 set 2025

La proposta di legge sul fine vita promossa dal centrodestra, con il dichiarato intento di arginare la ‘deriva eutanasica’ imposta dai giudici e dall’attivismo radicale, ha suscitato un’accesa discussione tra cattolici. I fautori dell’iniziativa sottolineano l’importanza dei ‘paletti’ che essa pone al suicidio assistito, limitando i danni del più permissivo del Ddl Bazoli promosso dalla sinistra, e sull’obbligatorietà delle cure palliative previste. Chi si oppone, cioè associazioni pro-vita e vescovi come il cardinale Camillo Ruini, avvertono che è meglio nessuna legge a una cattiva: è infatti prevedibile che i limiti posti dalla legge verranno tolti uno dopo l’altro dai giudici – come successo in Italia con la legge 40 e con le norme sull’eutanasia ed il suicidio assistito in altri Stati quali Belgio, Olanda e Canada: sarebbe invece doveroso combattere in aula e nel Paese il suddetto Ddl, senza creare ulteriori crepe nella difesa della vita, in nome di una scelta del minor male illecita, quando sono in gioco principi fondamentali.

In realtà, quando lo Stato regola la morte la rende un’opzione socialmente legittima e i più fragili finiscono per sentire l’angoscia di ‘essere un peso’ per i familiari e la collettività, o addirittura, come accade in Olanda, è lo stesso personale sanitario a decidere di porre fine all’esistenza del paziente a sua insaputa (1).

In questo contesto mi è molto dispiaciuto che il disegno di legge presentato dal centrodestra sia stato scritto da un gruppetto di cattolici, senza un preventivo confronto con gli amici con cui, già in passato, si erano mobilitati in altre battaglie cruciali, come quelle contro le Dat e il Ddl Zan. Una lotta, quest’ultima, che poteva sembrar persa in partenza (allora l’avanzata dell’ideologia gender pareva inarrestabile) fu invece vinta grazie al coraggio di chi si spese strenuamente perché il buon senso prevalesse sull’ideologia. Dopo un aspro confronto politico e culturale, una parte della sinistra (allora al governo) si unì con i cattolici – che da anni contrastavano l’indottrinamento gender dei minori- nel respingere il concetto di identità di genere (ambiguo e penalizzante per le donne, di cui dissolve la specificità) e la minaccia per la libertà di espressione rappresentata da un nuovo tipo di reato penale, non adeguatamente definito. Il disegno di legge contro l’omofobia venne così affossato definitivamente il 25 ottobre 2021 al Senato (2).

In tale circostanza si mobilitò una parte non piccola del laicato cattolico e quell’impegno comune fu l’occasione per approfondire la ragionevolezza della propria fede, l’amicizia tra cristiani e la stima con persone che, pur se apparentemente lontane, non avevano perso la capacità di un giudizio critico!

Al contrario, l’esito del mancato confronto – sul principio fondamentale della difesa della vita umana sino alla sua naturale conclusione – ha provocato l’aprirsi di una penosa frattura tra i cristiani che rimangono fedeli al magistero tradizionale della Chiesa e quanti si appellano al criterio del male minore, in questo sostenuti (pur senza dichiarazioni ufficiali), secondo La Bussola quotidiana dalla CEI e dai responsabili dell’Accademia per la Vita (3).

Ma è lecito, secondo la fede cristiana, per evitare mali peggiori, trasgredire i Comandamenti divini (che si riflettono negli stessi principi della morale naturale): ad esempio uccidere un innocente o addirittura proporre/sostenere una legge che ‘in certi casi’ lo permette?

Il magistero della Chiesa, fedele all’insegnamento di Cristo (4), respinge fin dall’inizio tale criterio:

“Non è mai lecito fare il male a scopo di bene!” (San Paolo, Rm.3,8).

Quando ci si trova davanti a due mali inevitabili, si può tollerare il minore se non è possibile evitare entrambi. Si tratta però di una tolleranza passiva, non di una cooperazione attiva con il male. La Chiesa non ha mai insegnato che si possa scegliere attivamente un male morale per evitarne uno più grande. Non si può mai volere direttamente il male, anche se è il ‘minore’.

Il Catechismo è chiaro al §1756: “Non è lecito compiere un male perché ne derivi un bene. Un fine buono non giustifica mezzi cattivi” (5)

Dunque, per la Dottrina cristiana gli atti che violano i comandamenti, quindi intrinsecamente cattivi, non sono mai leciti, neppure per perseguire un fine buono e stretti dalla necessità,tanto che compierli o promuoverli politicamente esclude automaticamente un fedele che non si penta dalla comunione ecclesiale, precludendogli l’accesso all’eucaristia.

Finalmente, dopo alcune settimane di confronto tra laici, nel silenzio ‘assordante’ della gerarchia, Papa Leone XIV ha colto l’occasione, incontrando il 28 agosto una delegazione di politici francesi, di riaffermare il valore anche in ambito pubblico degli immutabili insegnamenti della fede cristiana, in particolare dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa, radicati nella natura umana e quindi imprescindibili per edificare una società prospera e pacifica, e il doveredi opporsi a pressioni sociali e direttive di partito quando è in gioco la verità.

Nell’udienza il pontefice ha ricordato ai politici presenti che, in ogni ambito in cui sono chiamati ad operare nel mondo, devono testimoniare la fede, frutto del loro rapporto con Cristo,e affrontare le grandi questioni sociali con spirito di carità, che è un dono di Dio. Ogni azione che fosse sganciata da questa verità, che è Cristo stesso, dal rapporto personale con Lui, sarebbe vana. Per questo ha consigliato ai presenti diunirsi “sempre più a Gesù e di testimoniarlo”. Non c’è infatti separazione nella personalità di un personaggio pubblico tra l’uomo politico e il cristiano: “Siete dunque chiamati […] ad approfondire la dottrina – in particolare la dottrina sociale che Gesù ha insegnato al mondo e a metterla in pratica nell’esercizio delle vostre funzioni e nella stesura delle leggi. I suoi fondamenti sono sostanzialmente in sintonia con la natura umana, la legge naturale che tutti possono riconoscere, anche i non cristiani, persino i non credenti. Non bisogna quindi temere di proporla e difenderla con convinzione: è una dottrina di salvezza che mira al bene di ogni essere umano, all’edificazione di società pacifiche e armoniose […] Sono ben consapevole che l’impegno apertamente cristiano di un responsabile pubblico non è facile, specie in certe società occidentali in cui Cristo e la sua Chiesa sono emarginati […] Non ignoro neppure le pressioni, le direttive di partito, le “colonizzazioni ideologiche” […] a cui gli uomini politici sono sottoposti. Devono avere coraggio: il coraggio di dire a volte “no, non posso!” quando è in gioco la verità (6).

Sorge spontanea, a questo punto, una domanda: com’è possibile, oggi come in altri casi del passato, conciliare la proclamata fede cattolica con una scelta che la contraddice nettamente?

All’interrogativo ha risposto indirettamente San Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Veritatis splendor (1993) indirizzata a tutti i vescovi cattolici: una riflessione approfondita sull’insegnamento morale della Chiesa, con lo scopo di richiamare alcune verità fondamentali messe sistematicamente in discussione, entro la stessa comunità cristiana, da alcune posizioni teologiche, diffuse anche nei Seminari, circa questioni di grandissima importanza per la vita di fede, nonché per la stessa convivenza umana.

“Alla loro radice l’influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità. Così si respinge la dottrina tradizionale sulla legge naturale, sull’universalità e sulla permanente validità dei suoi precetti; si considerano semplicemente inaccettabili alcuni insegnamenti morali della Chiesa; si ritiene che lo stesso Magistero possa intervenire in materia morale solo per ‘esortare le coscienze’ e ‘proporre i valori’ ai quali ciascuno ispirerà poi autonomamente le decisioni e le scelte della vita”(Introduzione, 4)

Influenzate da una concezione, di matrice filosofica, radicalmente soggettivistica della coscienza e del giudizio morale, tali teorie etiche, denominate ‘teleologiche’ [dal greco telos = fine], qualificano come morale l’agire umano a partire dall’intenzione, cioè dal fine del soggetto agente, dalle circostanze e dalle conseguenze del suo agire, in vista del più grande bene o del minor male possibili in una determinata situazione:
“Tali teorie, pur riconoscendo che i valori morali sono indicati dalla ragione e dalla Rivelazione, ritengono che non si possa mai formulare una proibizione assoluta di determinati comportamenti contrastanti con quei valori […] Tali concezioni non sono però fedeli alla dottrina della Chiesa, allorché giustificano, come moralmente buona, la scelta di comportamenti contrari ai comandamenti della legge divina e naturale […] La moralità dell’atto umano dipende anzitutto e fondamentalmente dal suo oggetto […] se questo è ordinabile o meno al fine ultimo, che è Dio [… Secondo l’etica cristiana] il vero bene della persona viene realmente perseguito solo quando si rispettano gli elementi essenziali della natura umana”. (§ 75)
In numerosi paragrafi (71-83) dedicati ad analizzare L’ Atto morale Giovanni Paolo II ribadisce il carattere gravemente illecito del criterio del ‘male minore’, se utilizzato per violare i Comandamenti (7). Questa ampia trattazione smentisce il ricorso dei proponenti la nuova legge al passo 73 dell’Evangelium vitae, per giustificare la propria scelta: in esso Papa Wojtyla fa riferimento alla possibilità di modificare in senso restrittivo – se manca ogni altra possibilità di combatterla – una legge ingiusta già in vigore, non di inaugurare una prima legge “meno cattiva”. Anche perché praticare un foro in una diga, per evitare che altri la facciano saltare, significa di fatto dare inizio alla sua demolizione.

Pochi anni dopo, nel 2002, Papa Giovanni Paolo II sottoscrisse la Nota (8) in cui il cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, sottolineava il carattere centrale nella dialettica democratica dei cosiddetti principi non negoziabili: valori – come la tutela della vita, dal concepimento fino alla morte naturale – che, radicati nel diritto naturale, rappresentano le coordinate essenziali dell’azione di un cattolico o di una persona di buona volontà nella vita politica. Essi non possono essere oggetto di contrattazione o compromesso, né su essi è lecito tacere, a chi voglia tutelare e promuovere la dignità della persona. Il Card. Ratzinger, divenuto Papa con il nome di Benedetto XVI, ha fatto riferimento in seguito più volte nei suoi insegnamenti a tali principi, così come, durante il suo pontificato hanno fatto la Cei e le altre conferenze episcopali nel mondo, pur essendo la Nota ampiamente contestata negli ambienti progressisti. (9).

Per capire la profonda preoccupazione dei due pontefici per il propagarsi in teologia di concezioni filosofiche incompatibili con la fede cristiana, ricordo che – mentre la filosofia classica e medievale professavano il realismo metafisico – cioè, spalancavano la mente umana alla conoscenza della realtà, la filosofia moderna e quella contemporanea si fondano sul principio dell’immanenza di ogni cosa nel pensiero. Per Cartesio, infatti, come per Kant o Hegel, fino e oltre Heidegger, l’oggetto della conoscenza non sono le cose, cioè la realtà, ma le idee partorite dalla nostra mente, la qual cosa esclude una conoscenza diretta e oggettiva dell’essere. Dio stesso è conoscibile solo come un’idea umana, espressione di un particolare contesto culturale.

Permeati da questa impostazione, anche se soggettivamente si professa la fede in un Dio soprasensibile, come fece lo stesso Cartesio, si è intellettualmente atei, cioè, impossibilitati a pensare/rielaborare l’esperienza a partire dalla fede cristiana, perché privi delle categorie razionali per concepire la trascendenza e l’assolutezza dei valori morali (10).

Il processo di secolarizzazione della cultura moderna, iniziata con Lutero (soggettivismo protestante) e Cartesio (razionalismo francese) svolgendosi gradualmente nei secoli successivi, si è imposto a partire dagli anni Sessanta del Novecento negli ambienti cattolici progressisti, che sono la maggior parte, ispirati al pensiero di Karl Rahner. Gesuita tedesco, di gran lunga il pensatore più prolifico e influente degli anni post-conciliari, lo studioso ha interpretato in senso storicista i testi del Concilio Vaticano II, realizzando quella ‘svolta antropologica’ che ha portato il soggettivismo filosofico in ambito teologico, cioè in gran parte dei seminari, del clero e degli ordini religiosi, determinando un crollo delle vocazioni (11).

La stessa dottrina dei principi non negoziabili con il pontificato di Papa Francesco, che – in un’intervista al Corriere della Sera (5.03.2014) – ha sostenuto di non aver mai capito tale espressione, è stata ufficialmente abbandonata da gran parte della gerarchia cattolica, formatasi nel contesto teologico sopracitato, pur essendo in continuità con l’intera tradizione (12).

Questo atteggiamento di acquiescenza al mondo non ha offerto grandi antidoti alla cultura nichilista (trans/post-umana) che, negli ultimi decenni, ha intaccato la consueta concezione giudaico-cristiana dell’uomo descritta all’inizio della Genesi (“Dio creò l’uomo a propria immagine e somiglianza: maschio e femmina li creò) – peraltro condivisa trasversalmente da tutte le altre culture e in ogni epoca, in quanto radicata nella stessa natura umana – e quanto di meglio la cultura classica ci ha tramandato, come l’assoluto divieto per un medico di uccidere un essere umano, che aveva resistito per oltre due millenni (si veda il Giuramento di Ippocrate: “non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale … similmente a nessuna donna darò un farmaco abortivo”).

Per una cultura come la nostra che ha rinnegato i fondamenti razionali del sapere classico e medievale, pur ripresi da diversi studiosi cattolici contemporanei (come Augusto Del Noce o Cornelio Fabro), non è possibile conoscere Dio, né riconoscere l’ordine gerarchico che Egli ha impresso nell’universo e l’oggettività della stessa natura umana, ‘fluidificata’ e ridotta alla sola dimensione materiale.

Purtroppo, se non si è formati in modo abbastanza solido da essere in grado di contrastare, anzitutto in noi stessi, l’impostazione immanentistica della cultura in cui siamo immersi, i principi della morale cristiana (o anche solo naturale) – pur proclamati in buona fede – vengono compresi in un quadro più generale che, essendo antitetico ad essi, li dissolve. Lo mostra la stessa proposta di legge in questione: dopo aver intitolato il primo articolo Inviolabilità e indisponibilità del diritto alla vita, nel secondo introduce ‘a determinate condizioni’ un’eccezione alla punibilità prevista dal Codice penale per chi aiuta una persona a morire.

Questa dissociazione logica – come disse San Giovanni Paolo II (discorso al Meic del 16.01 1982) – impedisce di vivere integralmente la fede, che rimane separata dalla vita, poiché:
“una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”.
Se l’utilizzo da parte di studiosi e politici cattolici, oggi come ieri, del criterio del male minore è anzitutto l’esito del disastroso cedimento culturale cui ho accennato, anche sul piano operativo si è rivelato storicamente fallimentare: infatti, non è possibile ponderare tutte le possibili conseguenze di una scelta per bilanciarne adeguatamente vantaggi e svantaggi, così come escludere nei nostri progetti l’esistenza della Provvidenza di Dio li immiserisce in partenza.

Pensiamo alla Legge 40: approvata definitivamente il 10 febbraio 2004 con voto segreto alla Camera dei Deputati, la legge sulla Procreazione assistita – accettata anche da molti cattolici come una normativa che bloccava il ‘Far West’ procreativo – da argine è diventata rapidamente il primo, poderoso, colpo di piccone alla diga e, con le sue pratiche (crioconservazione di gameti ed embrioni, fecondazione extracorporea) e l’intervento della Corte costituzionale, che nel 2014 ha legalizzato la fecondazione eterologa, ha rappresentato un passo da gigante nella mercificazione dell’essere umano (13).

In conclusione: preghiamo per Papa Leone XIV perché, con l’aiuto di Cristo, possa riportarLo al centro della vita della Chiesa e della nostra umanità ferita!



(Foto di Arnaud Jaegers su Unsplash)





NOTE

(1)“Quando nel 2002 l’Olanda legalizzò l’eutanasia la promessa era chiara: solo per casi estremi, solo con consenso esplicito, solo quando la sofferenza era insopportabile e senza rimedio. Oggi i numeri raccontano un’altra storia. Lo studio quinquennale commissionato dal governo olandese – basato su questionari anonimi ai medici – ha fotografato nel 2021 un totale di 9.799 decessi medicalmente assistiti, di cui 517 (5.3%) senza alcuna richiesta del paziente”. Cfr. Valentina Nespolo, Olanda fuori controllo: 517 persone uccise senza consenso in un solo anno, in http://www.ilnuovoterraglio.it

(2) Cfr. Il voto segreto affossa il Ddl Zan. Renzi: ‘Sono 40 i franchi tiratori’, http://www.ansa.it, 26.10.2021

(3) Cfr. Diritto all’eutanasia: un dibattito bioetico, due risposte ecclesiali, wwwinfovaticana.com, 26.08.2025. Non a caso il Presidente emerito dell’Accademia, Mons. Vincenzo Paglia, è intervenuto per sostenere la proposta del centrodestra, ‘correggendo’ in tal modo il Cardinale Ruini che in una intervista a ‘La Stampa’ aveva dichiarato: “Fine vita? Meglio nessuna legge che una cattiva”. Cfr. Niccolò Magnani, Fine vita, Paglia ‘contro’ Ruini “la legge serve”, in Il Sussidiario.net, 12.08.2025.

(4) Cfr. Politica cattolica? Perché votare per il ‘male minore’ può essere peccato secondo il Catechismo, in www.catholicus.eu, 1.05.2025.

(5) Cfr. “Se vuoi entrare nella vita – risponde Gesù al ‘giovane ricco – osserva i comandamenti … Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt. 19, 18-19).

(6) Discorso del Santo Padre Leone XIV alla delegazione di rappresentanti politici e personalità civili della Val De Marne, nella diocesi di Créteil, in Francia, in http://www.vatican.va, 28.08.2025.

(7) L. Comelli, Fine vita: quei cattolici del ‘male minore’ dimentichi dell’insegnamento di San Giovanni Paolo II nella Veritatis Splendor, in http://www.sabinopaciolla.com, 10.08.2025.

(8) Trattasi della Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica,emanata dalla suddetta Congregazione il 24 novembre 2002.

(9) Comelli, Che ne è stato dei principi non negoziabili, nella Chiesa? in http://www.sabinopaciolla.com, 25. 04.2023.

(10) Cfr. Stefano Fontana, Ateismo cattolico? Quando le idee sono fuorvianti per la fede, Fede§Cultura 2022. Il testo mostra chiaramente come l’assunzione da parte della teologia postconciliare di categorie filosofiche incompatibili con la fede rappresenta una causa fondamentale della presente crisi ecclesiale. L’autore del libro è direttore dell’Osservatorio internazionale Card. Van Thuan sulla DSC, di cui il dott. Samuele Cecotti è vicepresidente (cfr. nota 12).

(11) Nel tentativo di conciliare Heidegger con San Tommaso (un tentativo considerato fallimentare dallo stesso Heidegger), Rahner ha ridotto la comprensione della realtà alla sola immanenza storica: così Dio viene espulso dal mondo e la Chiesa, abbandonato il compito di evangelizzarlo, adotta il mondo stesso come criterio di giudizio. In questa prospettiva, la teologia deve mantenersi al passo con i tempi, assimilando l’interpretazione della verità storica, propria del genere umano in un determinato periodo storico: quindi, se la coscienza dell’umanità su alcuni punti cambia, anche la dottrina deve cambiare. In una teologia ‘dell’immanenza’, cioè per un pensiero del tutto ripiegato su se stesso, la realtà non ha strutture ontologiche, non rivela un ordine finalistico cui attingere per avere delle indicazioni di ordine morale. I concetti di natura e trascendenza sono obsoleti, molti dei racconti biblici (relativi, ad esempio, ai miracoli) vanno demitizzati. del Cfr. Comelli, Che ne è stato dei principi non negoziabili …, op.cit. Il 20.06.1972, festa dei SS. Pietro e Paolo, Papa Paolo VI espresse nell’omelia la sua angoscia per il processo di apostasia, in atto nella Chiesa postconciliare, parlando dell’ingresso del fumo di Satana nel tempio di Dio. Cfr. Michelangelo Nasca, La ‘profezia’ di Paolo VI sul maligno presente nei sacri palazzi, http://www.lastampa.it, 20.06.2012.

(12) La subalternità al ‘mondo’ di tanta parte del clero occidentale, soprattutto nell’Europa centro – occidentale (negli Stati Uniti i giovani sacerdoti sono mediamente ‘più conservatori’ delle generazioni che li precedono) è anche il frutto dell’abbandono nei nostri seminari dello studio della storia della filosofia classica, a partiredalla metafisica, che è il frutto più alto raggiunto autonomamente dalla ragione umana, e della filosofia medievale, che integra le conquiste della Ragione operate dalla filosofia greca con le verità della Rivelazione (un incontro provvidenziale secondo Benedetto XVI, che ha invitato l’umanità del nostro tempo ad allargare i confini di una ragione ridotta alla sola dimensione tecnico-scientifica) per formarsi alla luce soprattutto del pensiero moderno e contemporaneo, incapace di concepire la trascendenza e l’ordine del reale.

(13) Sono debitrice, per alcune osservazioni finali dell’articolo, agli interventi dei due relatori al 51° convegno annuale promosso il 21 agosto dal periodico Instaurare a Fanna (Pordenone), in cui il dott. don Samuele Cecotti e il prof. Danilo Castellano hanno trattato il seguente tema: La circolarità della secolarizzazione: questioni religiose, sociali e politiche.

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