giovedì 4 settembre 2025

L’ecclesiologia del Vaticano II confutata prima del Vaticano II. Il dramma di chi vide il falso imporsi sul vero


Nella foto, monsignor Fenton e una pagina del suo diario sul Concilio Vaticano II


04 set 2025


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by Aldo Maria Valli



Una delle deviazioni più evidenti dalla dottrina precedente al Concilio Vaticano II è visibile nella teologia della Chiesa (ecclesiologia), cioè nella comprensione che la Chiesa cattolica ha della propria natura, funzione e necessità. Il Vaticano II (1962-1965), i cui documenti furono solennemente ratificati da Paolo VI (1963-1978), abbracciò una nuova dottrina per consentire l’ecumenismo, lo sforzo di perseguire “l’unità cristiana” con le sette ortodosse e protestanti in modo diverso dall’obbligo di convertirsi al cattolicesimo.

Poiché l’insegnamento cattolico perenne sulla Chiesa non consentiva un simile sforzo, come chiarito dai papi Pio IX, Leone XIII, Pio XI e Pio XII, il Vaticano II sostituì il “vecchio” insegnamento con i suoi “nuovi elementi” ecclesiologici che rivoluzionarono il modo in cui la Chiesa vede sé stessa e le altre religioni.

Mentre per 1900 anni la Chiesa cattolica si era considerata l’unica vera Chiesa fondata da Gesù Cristo, e vedeva in tutte le altre religioni “cristiane” niente altro che sette eretiche e scismatiche fondamentalmente estranee ad essa, la dottrina “nuova e migliorata” del Vaticano II presentò una Chiesa fondata da Gesù Cristo come esistente pienamente (“sussistente”) nella Chiesa cattolica e parzialmente (in alcuni “elementi”) nelle sette ortodosse e protestanti (le cosiddette “altre chiese cristiane e comunità ecclesiali”). E ciò aprì appunto la porta all’ecumenismo, che da allora ha causato danni incalcolabili alle anime.

Abbiamo già dimostrato più volte l’incompatibilità tra l’insegnamento pre-Vaticano II e la dottrina del magistero conciliare e post-conciliare. Qui ci concentreremo su come la nuova dottrina (in forme rudimentali) fosse già stata proposta nella Chiesa negli anni precedenti il ​​Concilio Vaticano II e fosse stata confutata da monsignor Joseph Clifford Fenton (1906-1969). Nella sua imponente opera “The Catholic Church and Salvation”, “La Chiesa cattolica e la salvezza” (1958), monsignor Fenton descrive e confuta quella che, in sostanza, solo pochi anni dopo sarebbe diventata la dottrina del Vaticano II. La definisce una “aberrazione dottrinale” e la identifica semplicemente come un’altra variante dell’indifferentismo, ovvero l’idea secondo cui, per quanto riguarda la salvezza, non importi a quale religione o a quale chiesa si appartenga.

Nel capitolo dedicato all’insegnamento di Pio IX contenuto nell’allocuzione Singulari Quadam del 9 dicembre 1854, Fenton spiega quali errori vi si oppongono.

Fenton ricorda che nella Singulari quadam (9 dicembre 1854), papa Pio IX esortava i vescovi della Chiesa cattolica a usare tutte le energie per sradicare dalle menti degli uomini il mortale errore secondo cui la via della salvezza può essere trovata in qualsiasi religione. L’errore ha una sua peculiare e individuale malignità. Si basa infatti sulla falsa implicazione che le false religioni, diverse da quella cattolica, siano in qualche misura un approccio parziale alla pienezza della verità che si trova nel cattolicesimo. Secondo questa aberrazione dottrinale, la religione cattolica si distinguerebbe dalle altre non come il vero si distingue dal falso, ma solo come la pienezza si distingue dalle rappresentazioni incomplete.

Comunione parziale, comunione imperfetta, elementi ecclesiali, verità parziale contro pienezza della verità: tutte queste idee erano respinte dalla Chiesa prima del Vaticano II.

Scriveva Pio IX: “Lungi da Noi, Venerabili Fratelli, la pretesa di porre limiti alla divina misericordia, che è infinita! Lungi da Noi lo scrutare i consigli e i misteriosi giudizi di Dio, profondità insondabile dove il pensiero umano non può penetrare! Ma appartiene al dovere del Nostro ufficio apostolico eccitare la vostra sollecitudine e vigilanza episcopale a fare tutti gli sforzi possibili per rimuovere dalle menti degli uomini l’opinione, tanto empia quanto funesta, secondo cui gli uomini possono trovare in qualsiasi religione la via dell’eterna salvezza. Impiegate tutte le risorse del vostro ingegno e della vostra dottrina per dimostrare al popolo affidato alle vostre cure che i dogmi della fede cattolica non sono in alcun modo contrari alla misericordia e alla giustizia divina. La fede ci ordina di sostenere che fuori dalla Chiesa Apostolica Romana nessuno può essere salvato, che essa è l’unica arca di salvezza e che chiunque non vi entrerà perirà nelle acque del diluvio… Quando saremo liberati dai vincoli del corpo vedremo Dio quale Egli è, comprenderemo perfettamente da quale ammirevole e indissolubile legame siano unite la divina misericordia e la divina giustizia; ma finché saremo sulla terra, curvi sotto il peso di questa massa mortale che sovraccarica l’anima, teniamo fermo ciò che la dottrina cattolica ci insegna, che c’è un solo Dio, una sola fede, un solo battesimo; cercare di penetrare oltre non è permesso. Come esige la carità, effondiamo davanti a Dio preghiere incessanti, affinché, da ogni parte, tutte le nazioni si convertano a Cristo; lavoriamo, per quanto è in noi, per la comune salvezza degli uomini. Le braccia del Signore non si accorciano, e i doni della grazia celeste non mancano mai a coloro che sinceramente li desiderano e che implorano l’assistenza di quella luce. Queste verità dovrebbero essere profondamente incise nelle menti dei fedeli, affinché non si lascino corrompere da false dottrine, il cui scopo è propagare l’indifferenza in materia di religione, un’indifferenza che vediamo crescere e diffondersi da ogni parte, a danno delle anime”.

Siamo seri: c’è qualcuno nella “Chiesa del Vaticano II” che aderisce a questo insegnamento di papa Pio IX? Porre la domanda equivale già a rispondere: ovviamente no!

Fenton era noto (e odiato) da molti per la sua ferrea ortodossia, che non si piegava né ai progressisti del suo tempo né al rigorista Leonard Feeney. Come professore di teologia dogmatica e fondamentale presso la Catholic University of America e direttore dell’”American Ecclesiastical Review” (1944-1963), Fenton ebbe una notevole influenza teologica sul clero e sui seminaristi americani di quel periodo, e nel marzo 1954 fu premiato da papa Pio XII per i suoi contributi teologici e insignito della medaglia Pro Ecclesia et Pontifice.

Durante il Concilio Vaticano II, Fenton fu consulente teologico del cardinale Alfredo Ottaviani. I suoi diari del Concilio forniscono spunti affascinanti e terrificanti sul massacro teologico che si stava verificando.

Meno di tre settimane dopo l’apertura del cosiddetto Concilio ecumenico, Fenton scrisse: “Questo segnerà la fine della religione cattolica come l’abbiamo conosciuta finora. Ci saranno messe in lingua volgare e, peggio ancora, ci sarà una teologia miserabile nelle costituzioni” (31 ottobre 1962). E meno di un mese dopo osservava: “Se non credessi in Dio, sarei convinto che la Chiesa cattolica stia per finire”.

Qualcuno potrebbe obiettare che Fenton comunque accettò l’insegnamento ecclesiologico del Vaticano II quando fu promulgato nel 1964 (in “Lumen gentium”) e nel 1965 (in “Unitatis redintegratio”), ma la sua testimonianza ci fa capire chiaramente come la consapevolezza delle drammatiche conseguenze del Vaticano II fosse già ben presente in alcuni.

Fenton credeva che Paolo VI fosse il papa legittimo e quindi, data la sua ferma adesione all’insegnamento cattolico tradizionale sul papato, accettò la dottrina conciliare come necessariamente cattolica. Dobbiamo ricordare che nei pochi anni in cui egli visse dopo il Concilio – morì il 7 luglio 1969 – era ancora possibile, in buona coscienza, dare ai testi ambigui del Concilio un’interpretazione ortodossa, nella misura in cui un’interpretazione ufficiale di alcuni punti controversi del Concilio non era ancora stata diffusa.

Ai nostri fini, il punto è che la dottrina ecclesiologica del Vaticano II è nuova e incompatibile con la dottrina perenne conosciuta, insegnata e creduta prima del Concilio. Non si può difenderla con la pretestuosa motivazione che si tratti semplicemente di un “approccio diverso” all’unità della Chiesa, un approccio che pone l’accento su aspetti diversi rispetto a quelli trattati in precedenza; né si tratta semplicemente di una riaffermazione più conciliante delle verità dottrinali senza tempo.

La relazione tra le due ecclesiologie è tale che se l’una è vera l’altra deve necessariamente essere falsa. In altre parole, si tratta di una questione di vero contro falso e non semplicemente di buono contro migliore, tradizionale contro contemporaneo, parziale contro completo, o negativo contro positivo.

Bisogna quindi scegliere. La Chiesa cattolica ha sbagliato per 1900 anni? Oppure è forse la “Chiesa del Concilio Vaticano II” a essere in errore?

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