lunedì 8 settembre 2025

Attenti a zio cane



Cuccioli più dei bambini, cucce più delle culle. Secondo gli esperti dall'Europa agli Usa la risposta alla denatalità è la “famiglia multispecie”: un mercato da 200 miliardi, selfie perfetto dell’Occidente che preferisce il guinzaglio alla genealogia.

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Di Caterina Giojelli, 08 Settembre 2025

«Stiamo senz’altro assistendo a un fenomeno senza precedenti che denota un cambiamento profondo nel rapporto tra umani e animali: i cani sono diventati veri e propri componenti della famiglia e in alcuni casi sono percepiti, e trattati, come dei figli». Scrive El País, con l’enfasi che di solito riserva al Clásico Barça-Real, che siamo entrati nell’era della «famiglia multispecie». Non più mamma, papà, pargolo ma mamma, papà, fido.

I numeri dell’articolo rilanciato da Internazionale attestano il sorpasso antropologico. Nel 2023, in Spagna, i bambini tra 0 e 14 anni erano 6,4 milioni, i cani registrati ufficialmente dieci milioni. Nell’Unione europea, secondo Eurostat, la natalità è scesa da 5,2 milioni di nascite nel 2014 a 3,67 milioni nel 2023. Nello stesso periodo i cani sono triplicati: da 24,5 milioni a quasi 73 milioni. Negli Stati Uniti ci sono più di 90 milioni di cani. In America Latina dal 40 al 60 per cento delle famiglie ne possiede uno. Aggiunge il Financial Times che in Cina, Goldman Sachs prevede che entro il 2030 ci saranno più pet che bimbi sotto i 4 anni nelle città – oltre 70 milioni di animali contro meno di 40 milioni di bambini.

In altre parole: meno culle, più cucce. «Sono stata spesso definita egoista per aver scelto di non avere figli, ma per me sarebbe ancora più egoista avere un figlio che non voglio, sapendo che non sarei in grado di dargli ciò di cui ha bisogno, sia finanziariamente che emotivamente»: è il refrain delle donne americane che assicurano di sentirsi perfettamente “madri” anche senza figli. Bau-Bau settete.

«Il cane, a differenza delle persone, ama incondizionatamente»

Come mai? Laura Gillet, ricercatrice e coautrice di uno studio apparso su European Psychologist (“Redefining parenting and family: the child-like role of dogs in western societies”), la chiama “evoluzione culturale”: «Gli esseri umani hanno un bisogno innato di prendersi cura degli altri e di ricevere assistenza emozionale e sociale, ovvero quello che chiamiamo amore incondizionato». Solo che l’oggetto di questo bisogno non è più il figlio, ma il cane. Troppo costosi, troppo impegnativi, troppo incompatibili con l’urbanizzazione, la solitudine metropolitana e l’inflazione i cuccioli d’uomo, al contrario il cane «riempie il vuoto», sviluppa il senso di responsabilità e supporto morale. E senza andare all’asilo, pretendere l’iPhone, iscriversi a Giurisprudenza fuori sede.

Isabella Vidal, 31 anni, porta al parco la sua chihuahua Olivia di sei anni e dichiara: «Non amo i bambini e so che averne è molto costoso. Certo, anche un cane comporta spese e responsabilità, ma avere un figlio significa impegnarsi per tutta la vita. Con Olivia mi sento sempre in compagnia. Mi aiuta nei momenti difficili, quando sono ansiosa. I cani, a differenza delle persone, amano incondizionatamente».

Cane batte bebè, «è in corso un sorpasso sulla natalità»

I cani convivono con gli esseri umani da circa 35mila anni, ma in passato non è mai accaduto nulla di simile. Secondo il sociologo Eduardo Bericat, professore all’Università di Siviglia, «è in corso un sorpasso rispetto alla natalità», oggi «non prendiamo un cane per essere amati, ma per amare. Per questo vogliamo offrirgli il meglio: il miglior parco, il miglior cibo, le migliori pensioni. I legami con gli animali domestici sono come un rifugio: sicuri, solidi e stabili. E offrono un modello di relazione facile e soddisfacente in una società molto individualizzata».

Sembra un inno al matrimonio, invece è la sua ode funebre. Il cane è passato dall’essere storicamente usato come guardiano o cacciatore a soggetto sociale e oggetto di amore nelle case. Questa umanizzazione, secondo Gillet ha creato il concetto di «famiglia multispecie», assegnando agli animali domestici un ruolo intermedio di «umanizzati ma non umani», sic!.

Buon cane non mente

Secondo i ricercatori dell’Università Eötvös Loránd in Ungheria la giustificazione “troppe spese, troppi costi, non posso permettermi un bambino” racconta solo una faccia della medaglia: al contrario, non è la situazione personale ma il declino del sostegno sociale e la scomparsa del “villaggio” a influenzare realmente le persone sulla genitorialità. «Il ruolo mutevole dei proprietari di cani – spiega il professor Eniko Kubinyi – suggerisce che le persone nelle società occidentali sperimentano una significativa mancanza di cure e di sostegno sociale all’interno delle loro famiglie e cercano di compensare questo, almeno in parte, con cani e probabilmente anche gatti».

E intanto il mercato ingrassa. Secondo le analisi della Grand View Research l’industria globale degli animali domestici nel 2024 valeva 200 miliardi di dollari: non solo croccantini e veterinari ma cibo gourmet, pensioni a cinque stelle e assicurazioni. La famiglia Morales è composta da sette persone, spiega il capofamiglia al País: lui, lei, due figli, due cani, Cachambo ed Héctor, e una gatta, Tina Turner. «I nostri animali fanno parte della famiglia e li teniamo in considerazione se decidiamo di viaggiare». Poca roba rispetto a quanto abbiamo scoperto nel nostro viaggio nel dorato mondo degli accessori e corsi yoga per i nostri amici pelosi, tutto ozonoterapia, ossi glassati per il Canpleanno, Canettoni, guinzagli in pelle di struzzo e Catmatrimoni per gatti o vegatti da 25 mila dollari. Dove i padroni sono “papà umani” e i bambini “cuccioli di uomo”. Mancava solo lo zio cane.

Secondo gli esperti all’umanizzazione del quadrupede non hanno contribuito solo industria dei pet e i media che promuovono l’idea secondo cui i cani sono componenti della famiglia o addirittura sostituti dei figli. L’alterazione nei rapporti con i cani che «ha ampliato la definizione corrente di famiglia oltrepassando i legami umani tradizionali» è stata suggellata dal diritto: «Quando la società comincia a considerare gli animali parte della famiglia, le leggi si adeguano per proteggere questo legame». E così a New York un tribunale ha riconosciuto i cani come «componenti della famiglia» in una causa per un cane investito. Nei divorzi si litiga sull’affidamento dei cuccioli come se fossero minori: anche Vidal ha pattuito la custodia condivisa di Olivia con l’ex partner. E cresce anche il business intorno ai nostri cari estinti “non umani”.

Occidente senza figli e col guinzaglio al collo

Gli esperti mettono qualche avvertenza. «Il rischio sta nell’eccesso», dice Bericat. Gillet precisa che «non esistono prove del fatto che i cani siano un rimedio universale», «includere altre specie nella nostra vita è una buona idea, sempre che questo non significhi rinunciare alla complessità dei legami umani». L’eccesso è esattamente ciò che si vede: il cane come specchio delle nostre solitudini, dei nostri amori falliti, delle nostre città sterili. Ma dagli eccessi non si salva nessuno se è vero che nelle molto progressivamente aggiornate scuole del Regno Unito si parla di “disforia di specie”, “wolf child”, “catself pronouns”, ragazze che fanno le fusa in classe, mamme che portano il figlio-gatto dal veterinario, genitori che non ricordano ai figli un po’ furry «bambini, voi siete umani».

Attenzione: nessuno ce l’ha col cane: chiunque ne abbia uno sa che il cane è davvero “uno di noi”, plebeo, fedele, scodinzolante. Qui non si tratta di cani quanto di adulti che vogliono il feticcio della cura e dell’amore incondizionato senza la fatica della generazione. Non più genitori, ma proprietari sentimentali. Ed è ben poca cosa se è così che si consola l’Europa senza figli, se la Spagna registra più cani che bambini, gli Stati Uniti più cani che elettori. La demografia crolla, la sociologia applaude, il mercato ringrazia e la famiglia multispecie pare il miglior selfie della nostra epoca: madre, padre e cane, l’unico che ti ama e resta fedele “incondizionatamente”. La chiamano evoluzione, ma sembra la sua caricatura. Il necrologio della civiltà occidentale senza figli e con il guinzaglio al collo.






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