Dal blog di Sabino Paciolla
di Wanda Massa
Propongo una breve meditazione sul valore redentivo della sofferenza, che può aiutarci a vivere più intensamente il tempo della Quaresima e la prossima Pasqua di Resurrezione.
Nell’Imitazione di Cristo, capolavoro della letteratura ascetica medievale, è ben descritto come la via della Croce sia così poco apprezzata dai cristiani.
Gesù conta molti innamorati del suo Regno celeste, ma pochi disposti a portare la sua Croce. Molti ne desiderano le consolazioni, pochi le tribolazioni. Egli trova molti compagni di mensa, ma pochi di astinenza: tutti sono disposti a godere con Lui, ma pochi sono disposti a sopportare qualche privazione per Lui. Molti seguono Gesù fino allo spezzare del pane, pochi fino al momento di bere il calice della Passione. Molti guardano con venerazione ai suoi miracoli, ma pochi seguono l’ignominia della Croce. Molti amano Gesù fin tanto che non sono colpiti dalle avversità. Molti lo lodano e lo benedicono fin quando ricevono da Lui qualche consolazione; ma non appena Gesù si nasconde e per poco li lascia soli, si abbandonano alla prostrazione e all’abbattimento.
Invece coloro che amano Gesù per Gesù, non già per una qualche lor particolare dolcezza, lo benedicono nella tribolazione e nell’angustia del cuore, come nella pienezza delle consolazioni.
E quand’anche ne fossero privati per sempre, non cesserebbero di lodarlo e rendergli grazie (dall’Imitazione di Cristo, capitolo XI).
Via maestra per raggiungere la santità è la serena accettazione della sofferenza in unione ai patimenti di Cristo per la salvezza delle anime; via, che ci rende partecipi al disegno divino di redenzione dell’umanità.
È mettere in pratica nella propria vita le parole di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua” (Lc 9, 23).
La sofferenza, che naturalmente ripugna la natura umana, viene essa stessa redenta nella Croce di Nostro Signore (rif. Salvifici Doloris), viene illuminata di un profondo significato che, se accolto e compreso, consente di completare nella nostra carne, ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24).
Nessuno può sfuggire al dolore, che è dimensione ineludibile e connaturata all’esistenza umana, quando però lo si accoglie nella prospettiva della fede cristiana, si attua il miracolo di riuscire ad affrontarlo con serenità, talvolta persino con gioia.
La serva di Dio Rossella Petrellese, morta giovanissima dopo un’esistenza consumata tra enormi sofferenze fisiche, morali e spirituali, negli ultimi due anni di vita ricevette la grazia di comprenderne l’immenso valore redentivo nel piano della salvezza e le accettò con amore e per amore.
Dom Mariano Grosso, nell’agile biografia della giovane per la casa editrice Velar, ricorda come il sacramento della Confermazione, in un’anima tanto conformata a Cristo, le donò la luce e la forza necessarie a maturare il desiderio di offrirsi vittima all’Amore Misericordioso, per il sollievo dei sofferenti nel corpo e nell’anima (rif. La serva di Dio Rossella Petrellese – Quando la sofferenza è via alla santità).
Con l’aiuto della Grazia divina comprese infatti che, affinché i suoi sacrifici fossero graditi al Signore, era necessario offrirli con amore e con gioia. Leggiamo nel diario di Rossella Petrellese: ”Signore, tu mi colmi di gioia in tutto ciò che fai. Esiste una gioia più grande che soffrire per il Signore? Attraverso il mio dolore e grazie alle mie sofferenze, ho potuto conoscere, Signore, la grandezza del tuo amore e capire quanto è bello amarti”.
E in un altro passaggio: “È meraviglioso fare l’esperienza del dolore. Quanto è meraviglioso, Signore, fare l’esperienza del dolore, conoscere la sofferenza e viverla con gioia e con serenità, offrendola a Te con amore. Nessun male al mondo sarà mai più grande di tutto il bene che Tu mi hai donato. Nessuna croce, Signore, sarà più pesante e dolorosa di quella che Tu portasti per amor mio… Desidero offrirmi a Te, totalmente. Fa’ che io possa servirTi: qualunque cosa sia necessaria voglio viverla fino in fondo per amor tuo, anche a costo delle più grandi sofferenze…”
Attraverso i secoli e le generazioni è stato possibile constatare come nella sofferenza si nasconda una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti Santi. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto che l’uomo ne scopre il senso salvifico, ma soprattutto che nella sofferenza si rinnova spiritualmente, si radica ancor di più nella fede, confermata e vissuta nella propria carne.
Questa scoperta è la dimostrazione della grandezza spirituale che nell’uomo trascende il corpo in modo del tutto incomparabile e, mettendone in evidenza l’interiore maturità e grandezza spirituale, costituisce una preziosa e commovente lezione di vita per tutti noi.
Propongo una breve meditazione sul valore redentivo della sofferenza, che può aiutarci a vivere più intensamente il tempo della Quaresima e la prossima Pasqua di Resurrezione.
Nell’Imitazione di Cristo, capolavoro della letteratura ascetica medievale, è ben descritto come la via della Croce sia così poco apprezzata dai cristiani.
Gesù conta molti innamorati del suo Regno celeste, ma pochi disposti a portare la sua Croce. Molti ne desiderano le consolazioni, pochi le tribolazioni. Egli trova molti compagni di mensa, ma pochi di astinenza: tutti sono disposti a godere con Lui, ma pochi sono disposti a sopportare qualche privazione per Lui. Molti seguono Gesù fino allo spezzare del pane, pochi fino al momento di bere il calice della Passione. Molti guardano con venerazione ai suoi miracoli, ma pochi seguono l’ignominia della Croce. Molti amano Gesù fin tanto che non sono colpiti dalle avversità. Molti lo lodano e lo benedicono fin quando ricevono da Lui qualche consolazione; ma non appena Gesù si nasconde e per poco li lascia soli, si abbandonano alla prostrazione e all’abbattimento.
Invece coloro che amano Gesù per Gesù, non già per una qualche lor particolare dolcezza, lo benedicono nella tribolazione e nell’angustia del cuore, come nella pienezza delle consolazioni.
E quand’anche ne fossero privati per sempre, non cesserebbero di lodarlo e rendergli grazie (dall’Imitazione di Cristo, capitolo XI).
Via maestra per raggiungere la santità è la serena accettazione della sofferenza in unione ai patimenti di Cristo per la salvezza delle anime; via, che ci rende partecipi al disegno divino di redenzione dell’umanità.
È mettere in pratica nella propria vita le parole di Gesù: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua” (Lc 9, 23).
La sofferenza, che naturalmente ripugna la natura umana, viene essa stessa redenta nella Croce di Nostro Signore (rif. Salvifici Doloris), viene illuminata di un profondo significato che, se accolto e compreso, consente di completare nella nostra carne, ciò che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24).
Nessuno può sfuggire al dolore, che è dimensione ineludibile e connaturata all’esistenza umana, quando però lo si accoglie nella prospettiva della fede cristiana, si attua il miracolo di riuscire ad affrontarlo con serenità, talvolta persino con gioia.
La serva di Dio Rossella Petrellese, morta giovanissima dopo un’esistenza consumata tra enormi sofferenze fisiche, morali e spirituali, negli ultimi due anni di vita ricevette la grazia di comprenderne l’immenso valore redentivo nel piano della salvezza e le accettò con amore e per amore.
Dom Mariano Grosso, nell’agile biografia della giovane per la casa editrice Velar, ricorda come il sacramento della Confermazione, in un’anima tanto conformata a Cristo, le donò la luce e la forza necessarie a maturare il desiderio di offrirsi vittima all’Amore Misericordioso, per il sollievo dei sofferenti nel corpo e nell’anima (rif. La serva di Dio Rossella Petrellese – Quando la sofferenza è via alla santità).
Con l’aiuto della Grazia divina comprese infatti che, affinché i suoi sacrifici fossero graditi al Signore, era necessario offrirli con amore e con gioia. Leggiamo nel diario di Rossella Petrellese: ”Signore, tu mi colmi di gioia in tutto ciò che fai. Esiste una gioia più grande che soffrire per il Signore? Attraverso il mio dolore e grazie alle mie sofferenze, ho potuto conoscere, Signore, la grandezza del tuo amore e capire quanto è bello amarti”.
E in un altro passaggio: “È meraviglioso fare l’esperienza del dolore. Quanto è meraviglioso, Signore, fare l’esperienza del dolore, conoscere la sofferenza e viverla con gioia e con serenità, offrendola a Te con amore. Nessun male al mondo sarà mai più grande di tutto il bene che Tu mi hai donato. Nessuna croce, Signore, sarà più pesante e dolorosa di quella che Tu portasti per amor mio… Desidero offrirmi a Te, totalmente. Fa’ che io possa servirTi: qualunque cosa sia necessaria voglio viverla fino in fondo per amor tuo, anche a costo delle più grandi sofferenze…”
Attraverso i secoli e le generazioni è stato possibile constatare come nella sofferenza si nasconda una particolare forza che avvicina interiormente l’uomo a Cristo, una particolare grazia. Ad essa debbono la loro profonda conversione molti Santi. Frutto di una tale conversione non è solo il fatto che l’uomo ne scopre il senso salvifico, ma soprattutto che nella sofferenza si rinnova spiritualmente, si radica ancor di più nella fede, confermata e vissuta nella propria carne.
Questa scoperta è la dimostrazione della grandezza spirituale che nell’uomo trascende il corpo in modo del tutto incomparabile e, mettendone in evidenza l’interiore maturità e grandezza spirituale, costituisce una preziosa e commovente lezione di vita per tutti noi.
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