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by Aldo Maria Valli
di The Wanderer
In diverse occasioni in questo blog abbiamo affrontato un tema urgente: i nostri sacerdoti. Noi cattolici sappiamo che senza sacerdoti la religione finisce. Peggio ancora, se i sacerdoti si spacciano per cattolici ma non lo sono, la religione si estingue senza che noi ce ne rendiamo conto. Pensiamo di essere ancora cattolici e di ricevere i sacramenti quando, in realtà, abbiamo iniziato ad appartenere a una setta più o meno cristiana che non dispone di veri sacramenti.
Se scomponiamo il problema, ci troviamo ad affrontare innanzitutto la questione della formazione sacerdotale, laddove questa è ancora possibile. La verità è che i seminari diocesani sono vuoti oppure, quando c’è qualcuno, nella maggior parte dei casi si tratta di individui per i quali la vita sacerdotale è l’opzione più comoda, o l’unica rimasta. Non dico che questo sia sempre sbagliato, ma il più delle volte è molto pericoloso e di solito finisce male: gli esempi abbondano.
D’altra parte, in presenza di un episcopato che in gran parte ha perso la fede cattolica, la vita nei seminari e le condizioni di accesso sono state subappaltate a specialisti delle risorse umane o del casting.
Vediamo due esempi recenti.
Sul sito web di una diocesi tedesca, come ha scritto Duc in altum, è apparso questo annuncio: “Sei un uomo, hai almeno vent’anni e cerchi una formazione che ti garantisca un contratto di lavoro a tempo indeterminato? Allora l’attuale annuncio di lavoro della diocesi di Dresda-Meissen potrebbe interessarti”. Oppure, nell’arcidiocesi di Madrid, sotto il nuovo arcivescovo Cobo, i candidati al seminario devono sottoporsi a un accurato esame psicologico durante il quale una professionista, non necessariamente cattolica, li interroga sulle loro abitudini sessuali presenti e passate e persino sulla vita sessuale dei loro genitori. Non so quale rilevanza possano avere queste informazioni per il vescovo.
La situazione negli ordini e nelle congregazioni religiose è, se possibile, peggiore. Non credo di sbagliare se dico che molte di esse sono già senza speranza. Facciamo un esempio. In Spagna, l’ordine di Sant’Agostino conta quattrocento frati. Certo, un numero impressionante. Tuttavia, indagando un po’, si scopre che la stragrande maggioranza di loro è anziano o molto anziano. In altre parole, qualsiasi giovane che creda di avere la vocazione di entrare in questo ordine benemerito deve sapere che nel migliore dei casi farà da badante agli anziani e nel peggiore dovrà dedicarsi all’amministrazione di un’enorme quantità di scuole e proprietà. Una vita religiosa senza senso: si può essere un ottimo infermiere o un ottimo contabile senza diventare frate.
La situazione attuale dei sacerdoti, se passiamo al secondo livello di considerazioni, è molto complessa. Una buona parte dei giovani sacerdoti (mi riferisco a quelli di età inferiore ai quarant’anni) è di orientamento conservatore o tradizionale. Uno studio recente negli Stati Uniti (anche in questo caso ne ha parlato Duc in altum) ha rilevato che il 52% dei sacerdoti appena ordinati si considera “conservatore” o “molto conservatore” e il 44% “moderato”, mentre solo il 4% si considera “progressista”. Le percentuali negli Usa sono probabilmente un po’ più alte che nel resto del mondo, ma è logico che un giovane sacerdote normale sia conservatore o tradizionalista, poiché nessun giovane ha intenzione di offrire la sua vita a Dio per benedire e incoraggiare le stesse situazioni di peccato e mondanità da cui proviene.
Il problema, molto serio, si pone in presenza di vescovi non necessariamente progressisti, ma ignoranti e incapaci di governare anche solo una parrocchia. Qualche settimana fa, con un’onesta ammissione sicuramente frutto della sua incapacità, un cardinale membro del Dicastero dei vescovi – cioè dell’organismo vaticano che decide le nomine dei vescovi in tutto il mondo – in un incontro pubblico ha ammesso che l’attuale direttiva è di non scegliere i vescovi tra i sacerdoti che sono professori universitari o hanno titoli accademici. I vescovi devono essere “pastori” e avere “l’odore delle pecore”. Ecco lo stato della Chiesa. Il problema non è la loro mancanza di qualifiche, non è la loro fragranza più o meno ovina, ma la stupefacente mediocrità di comprensione che spesso li caratterizza. Sono incapaci non solo di recitare il Padre nostro in latino (molti di noi ricordano il pietoso video di un primate che si sforzava a fatica di leggere il latino: non di recitarlo, ma di leggerlo!) ma anche di tenere una discussione moderatamente seria su questioni che li riguardano. Con questo voglio dire che per un giovane sacerdote conservatore o tradizionalista perseguitato dal suo vescovo semplicemente è impossibile difendere la sua posizione in un dialogo “franco e paterno”: il suo vescovo infatti non conosce i rudimenti della teologia e non ha letto con cognizione di causa i documenti del Vaticano II, ma procede unicamente a slogan, soprattutto per obbedienza servile a colui a cui deve tutto, cioè Francesco. Pertanto, di fronte a una situazione minimamente complicata nei confronti di un bravo sacerdote di idee tradizionali, non farà altro che correre a Roma per ricevere istruzioni. Un vescovo oggi è incapace di prendere una decisione, ma non per timidezza: per ignoranza.
La situazione di molti ottimi sacerdoti cattolici che vengono perseguitati sempre più crudelmente dai loro vescovi è davvero preoccupante, ovunque nel mondo. Doloroso è vedere vescovi che giocano con la vita di giovani che si sono donati completamente e generosamente alla Chiesa, proprio quella Chiesa che attraverso i vescovi li colpisce in modo permanente. Mi chiedo come sia possibile che questi sacerdoti rimangano indenni di fronte alle occasioni e alle tentazioni che costantemente il mondo offre loro.
Ciò che i vescovi stanno facendo, incoraggiati da Roma, è criminale. Approfondiremo il tema in un prossimo articolo, ma intanto notiamo che, se guardiamo la cosa dal punto di vista dei laici, il dramma è che a un certo punto i buoni sacerdoti non ci saranno più o, nella migliore delle ipotesi, non ce ne saranno più in una situazione regolare.
Se passiamo all’ultimo livello di analisi, relativo al futuro, il quadro è assolutamente desolante. Riprendiamo il caso degli Stati Uniti per il semplice fatto che lì disponiamo di statistiche aggiornate. Ebbene, se nel 1970 c’erano 59.200 sacerdoti e 53 milioni di cattolici, oggi abbiamo 34.300 sacerdoti e 65 milioni di cattolici. È chiaro che è solo questione di tempo: presto la Chiesa si ritroverà con un numero troppo esiguo di sacerdoti, del tutto insufficiente per servire i fedeli.
Di fronte a ciò, ci sono due fattori da considerare. In primo luogo, la questione di cui stiamo parlando costituisce una preoccupazione per noi e per una buona parte dei membri della Chiesa, ma non per tutta la Chiesa. La verità è che non so fino a che punto, per esempio, i vescovi tedeschi o il cardinale pornografo Tucho Fernández o la maggior parte del clero si preoccupino veramente del fatto che i fedeli sono lasciati senza sacramenti e, soprattutto, senza Messa. Come abbiamo detto altre volte, questo clero ha perso la fede cattolica e, di conseguenza, considera i sacramenti nient’altro che costruzioni rituali nate da alcuni gruppi sociali e utili per preservare l’identità del gruppo e per il conforto emotivo dei suoi membri. Siamo brutalmente onesti: questi cardinali, questi vescovi e questi sacerdoti credono davvero nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia? Credono davvero che l’assoluzione rimetta i peccati? Com’è possibile, visto che non credono nemmeno nel peccato! Per loro – e quando dico “loro” mi riferisco a quelli che ora hanno l’autorità in tutta la Chiesa – la mancanza di sacerdoti non è un problema. Essi ritengono che i laici possono facilmente assumere il ruolo di coordinatori e animatori delle comunità, e i sacramenti possono essere sostituiti da qualche altro tipo di costruzione rituale più adatta ai tempi.
Esagero? Guardate cosa è successo qualche giorno fa in Uruguay, a Maldonado e nell’eremo madrileno di El Campillo.
Dal punto di vista di chi, come noi, ama la tradizione, sembrano esserci due possibilità. La prima: importare sacerdoti da aree con ricchezza di vocazioni, ovvero dall’Africa.
Già è frequente vedere sacerdoti africani che prestano servizio nelle chiese europee. E non se la cavano male. È noto che a Parigi, per esempio, gli africani del santuario di Nostra Signora della Medaglia Miracolosa sono buoni confessori, migliori anche di molti sacerdoti parigini, che non sono i peggiori in Francia. La questione è se e quanto a lungo i sacerdoti africani manterranno la fede. Il male dell’eresia modernista si sta diffondendo come una marea nera e prima o poi arriverà ovunque.
La seconda possibilità è l’ordinazione di uomini sposati, soluzione che, sebbene susciti ripugnanza in molti di noi, è preferibile all’empia ordinazione di donne. Ma, a mio avviso, non è altro che una fantasia. Ci saranno, sicuramente, giovani uomini che sceglieranno il sacerdozio purché sia loro permesso di sposarsi. Il problema è vedere se ci saranno ragazze disposte a sposare qualcuno il cui sostentamento sarà il sacerdozio. Questo è ciò che sta accadendo attualmente in diversi seminari cattolici delle Chiese orientali: ci sono seminaristi che hanno terminato gli studi e non possono essere ordinati perché non riescono a trovare una sposa. Devono prima sposarsi e poi essere ordinati al sacerdozio. Il mondo è cambiato, e anche le donne. Non ci sono più molte giovani che vogliono diventare matushka.
Si potrebbe, naturalmente, scegliere di ordinare “laici impegnati”, come oggi vengono ordinati i diaconi permanenti. Il problema è che il sacerdozio richiederebbe una dedizione a tempo pieno, e in pochissimi Paesi le entrate parrocchiali permetterebbero loro di vivere e di mantenere la famiglia, che sarebbe necessariamente numerosa (o il matrimonio sacerdotale praticherebbe la contraccezione?). Si potrebbe forse scegliere di ordinare uomini più anziani, in pensione, non vincolati da problemi economici. Ma non vedo come l’impegno per l’animazione comunitaria, i campeggi per i giovani e i pellegrinaggi possano essere sostenuti da uomini che hanno già parecchi decenni di vita alle spalle.
Il quadro, lo ripeto, è desolante. La speranza, ancora una volta, risiede nei piccoli gruppi che, intorno alla messa celebrata dai pochi sacerdoti fedeli e bastonati, resistono e mantengono la fede. Finché il Signore non si manifesterà.
by Aldo Maria Valli
di The Wanderer
In diverse occasioni in questo blog abbiamo affrontato un tema urgente: i nostri sacerdoti. Noi cattolici sappiamo che senza sacerdoti la religione finisce. Peggio ancora, se i sacerdoti si spacciano per cattolici ma non lo sono, la religione si estingue senza che noi ce ne rendiamo conto. Pensiamo di essere ancora cattolici e di ricevere i sacramenti quando, in realtà, abbiamo iniziato ad appartenere a una setta più o meno cristiana che non dispone di veri sacramenti.
Se scomponiamo il problema, ci troviamo ad affrontare innanzitutto la questione della formazione sacerdotale, laddove questa è ancora possibile. La verità è che i seminari diocesani sono vuoti oppure, quando c’è qualcuno, nella maggior parte dei casi si tratta di individui per i quali la vita sacerdotale è l’opzione più comoda, o l’unica rimasta. Non dico che questo sia sempre sbagliato, ma il più delle volte è molto pericoloso e di solito finisce male: gli esempi abbondano.
D’altra parte, in presenza di un episcopato che in gran parte ha perso la fede cattolica, la vita nei seminari e le condizioni di accesso sono state subappaltate a specialisti delle risorse umane o del casting.
Vediamo due esempi recenti.
Sul sito web di una diocesi tedesca, come ha scritto Duc in altum, è apparso questo annuncio: “Sei un uomo, hai almeno vent’anni e cerchi una formazione che ti garantisca un contratto di lavoro a tempo indeterminato? Allora l’attuale annuncio di lavoro della diocesi di Dresda-Meissen potrebbe interessarti”. Oppure, nell’arcidiocesi di Madrid, sotto il nuovo arcivescovo Cobo, i candidati al seminario devono sottoporsi a un accurato esame psicologico durante il quale una professionista, non necessariamente cattolica, li interroga sulle loro abitudini sessuali presenti e passate e persino sulla vita sessuale dei loro genitori. Non so quale rilevanza possano avere queste informazioni per il vescovo.
La situazione negli ordini e nelle congregazioni religiose è, se possibile, peggiore. Non credo di sbagliare se dico che molte di esse sono già senza speranza. Facciamo un esempio. In Spagna, l’ordine di Sant’Agostino conta quattrocento frati. Certo, un numero impressionante. Tuttavia, indagando un po’, si scopre che la stragrande maggioranza di loro è anziano o molto anziano. In altre parole, qualsiasi giovane che creda di avere la vocazione di entrare in questo ordine benemerito deve sapere che nel migliore dei casi farà da badante agli anziani e nel peggiore dovrà dedicarsi all’amministrazione di un’enorme quantità di scuole e proprietà. Una vita religiosa senza senso: si può essere un ottimo infermiere o un ottimo contabile senza diventare frate.
La situazione attuale dei sacerdoti, se passiamo al secondo livello di considerazioni, è molto complessa. Una buona parte dei giovani sacerdoti (mi riferisco a quelli di età inferiore ai quarant’anni) è di orientamento conservatore o tradizionale. Uno studio recente negli Stati Uniti (anche in questo caso ne ha parlato Duc in altum) ha rilevato che il 52% dei sacerdoti appena ordinati si considera “conservatore” o “molto conservatore” e il 44% “moderato”, mentre solo il 4% si considera “progressista”. Le percentuali negli Usa sono probabilmente un po’ più alte che nel resto del mondo, ma è logico che un giovane sacerdote normale sia conservatore o tradizionalista, poiché nessun giovane ha intenzione di offrire la sua vita a Dio per benedire e incoraggiare le stesse situazioni di peccato e mondanità da cui proviene.
Il problema, molto serio, si pone in presenza di vescovi non necessariamente progressisti, ma ignoranti e incapaci di governare anche solo una parrocchia. Qualche settimana fa, con un’onesta ammissione sicuramente frutto della sua incapacità, un cardinale membro del Dicastero dei vescovi – cioè dell’organismo vaticano che decide le nomine dei vescovi in tutto il mondo – in un incontro pubblico ha ammesso che l’attuale direttiva è di non scegliere i vescovi tra i sacerdoti che sono professori universitari o hanno titoli accademici. I vescovi devono essere “pastori” e avere “l’odore delle pecore”. Ecco lo stato della Chiesa. Il problema non è la loro mancanza di qualifiche, non è la loro fragranza più o meno ovina, ma la stupefacente mediocrità di comprensione che spesso li caratterizza. Sono incapaci non solo di recitare il Padre nostro in latino (molti di noi ricordano il pietoso video di un primate che si sforzava a fatica di leggere il latino: non di recitarlo, ma di leggerlo!) ma anche di tenere una discussione moderatamente seria su questioni che li riguardano. Con questo voglio dire che per un giovane sacerdote conservatore o tradizionalista perseguitato dal suo vescovo semplicemente è impossibile difendere la sua posizione in un dialogo “franco e paterno”: il suo vescovo infatti non conosce i rudimenti della teologia e non ha letto con cognizione di causa i documenti del Vaticano II, ma procede unicamente a slogan, soprattutto per obbedienza servile a colui a cui deve tutto, cioè Francesco. Pertanto, di fronte a una situazione minimamente complicata nei confronti di un bravo sacerdote di idee tradizionali, non farà altro che correre a Roma per ricevere istruzioni. Un vescovo oggi è incapace di prendere una decisione, ma non per timidezza: per ignoranza.
La situazione di molti ottimi sacerdoti cattolici che vengono perseguitati sempre più crudelmente dai loro vescovi è davvero preoccupante, ovunque nel mondo. Doloroso è vedere vescovi che giocano con la vita di giovani che si sono donati completamente e generosamente alla Chiesa, proprio quella Chiesa che attraverso i vescovi li colpisce in modo permanente. Mi chiedo come sia possibile che questi sacerdoti rimangano indenni di fronte alle occasioni e alle tentazioni che costantemente il mondo offre loro.
Ciò che i vescovi stanno facendo, incoraggiati da Roma, è criminale. Approfondiremo il tema in un prossimo articolo, ma intanto notiamo che, se guardiamo la cosa dal punto di vista dei laici, il dramma è che a un certo punto i buoni sacerdoti non ci saranno più o, nella migliore delle ipotesi, non ce ne saranno più in una situazione regolare.
Se passiamo all’ultimo livello di analisi, relativo al futuro, il quadro è assolutamente desolante. Riprendiamo il caso degli Stati Uniti per il semplice fatto che lì disponiamo di statistiche aggiornate. Ebbene, se nel 1970 c’erano 59.200 sacerdoti e 53 milioni di cattolici, oggi abbiamo 34.300 sacerdoti e 65 milioni di cattolici. È chiaro che è solo questione di tempo: presto la Chiesa si ritroverà con un numero troppo esiguo di sacerdoti, del tutto insufficiente per servire i fedeli.
Di fronte a ciò, ci sono due fattori da considerare. In primo luogo, la questione di cui stiamo parlando costituisce una preoccupazione per noi e per una buona parte dei membri della Chiesa, ma non per tutta la Chiesa. La verità è che non so fino a che punto, per esempio, i vescovi tedeschi o il cardinale pornografo Tucho Fernández o la maggior parte del clero si preoccupino veramente del fatto che i fedeli sono lasciati senza sacramenti e, soprattutto, senza Messa. Come abbiamo detto altre volte, questo clero ha perso la fede cattolica e, di conseguenza, considera i sacramenti nient’altro che costruzioni rituali nate da alcuni gruppi sociali e utili per preservare l’identità del gruppo e per il conforto emotivo dei suoi membri. Siamo brutalmente onesti: questi cardinali, questi vescovi e questi sacerdoti credono davvero nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia? Credono davvero che l’assoluzione rimetta i peccati? Com’è possibile, visto che non credono nemmeno nel peccato! Per loro – e quando dico “loro” mi riferisco a quelli che ora hanno l’autorità in tutta la Chiesa – la mancanza di sacerdoti non è un problema. Essi ritengono che i laici possono facilmente assumere il ruolo di coordinatori e animatori delle comunità, e i sacramenti possono essere sostituiti da qualche altro tipo di costruzione rituale più adatta ai tempi.
Esagero? Guardate cosa è successo qualche giorno fa in Uruguay, a Maldonado e nell’eremo madrileno di El Campillo.
Dal punto di vista di chi, come noi, ama la tradizione, sembrano esserci due possibilità. La prima: importare sacerdoti da aree con ricchezza di vocazioni, ovvero dall’Africa.
Già è frequente vedere sacerdoti africani che prestano servizio nelle chiese europee. E non se la cavano male. È noto che a Parigi, per esempio, gli africani del santuario di Nostra Signora della Medaglia Miracolosa sono buoni confessori, migliori anche di molti sacerdoti parigini, che non sono i peggiori in Francia. La questione è se e quanto a lungo i sacerdoti africani manterranno la fede. Il male dell’eresia modernista si sta diffondendo come una marea nera e prima o poi arriverà ovunque.
La seconda possibilità è l’ordinazione di uomini sposati, soluzione che, sebbene susciti ripugnanza in molti di noi, è preferibile all’empia ordinazione di donne. Ma, a mio avviso, non è altro che una fantasia. Ci saranno, sicuramente, giovani uomini che sceglieranno il sacerdozio purché sia loro permesso di sposarsi. Il problema è vedere se ci saranno ragazze disposte a sposare qualcuno il cui sostentamento sarà il sacerdozio. Questo è ciò che sta accadendo attualmente in diversi seminari cattolici delle Chiese orientali: ci sono seminaristi che hanno terminato gli studi e non possono essere ordinati perché non riescono a trovare una sposa. Devono prima sposarsi e poi essere ordinati al sacerdozio. Il mondo è cambiato, e anche le donne. Non ci sono più molte giovani che vogliono diventare matushka.
Si potrebbe, naturalmente, scegliere di ordinare “laici impegnati”, come oggi vengono ordinati i diaconi permanenti. Il problema è che il sacerdozio richiederebbe una dedizione a tempo pieno, e in pochissimi Paesi le entrate parrocchiali permetterebbero loro di vivere e di mantenere la famiglia, che sarebbe necessariamente numerosa (o il matrimonio sacerdotale praticherebbe la contraccezione?). Si potrebbe forse scegliere di ordinare uomini più anziani, in pensione, non vincolati da problemi economici. Ma non vedo come l’impegno per l’animazione comunitaria, i campeggi per i giovani e i pellegrinaggi possano essere sostenuti da uomini che hanno già parecchi decenni di vita alle spalle.
Il quadro, lo ripeto, è desolante. La speranza, ancora una volta, risiede nei piccoli gruppi che, intorno alla messa celebrata dai pochi sacerdoti fedeli e bastonati, resistono e mantengono la fede. Finché il Signore non si manifesterà.
Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com
Titolo originale: El drama de los buenos sacerdotes
Traduzione di Valentina Lazzari
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