Chi manca di rispetto alla dignità del proprio status o missione, compie un atto disonorevole.
di Roberto de Mattei (14-04-2025)
“Reparto d’onore, preṡentat’arm a Sua Maestà il Re del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord!” L’ordine è risuonato alto e forte, l’8 aprile, nel grande cortile interno del Quirinale, mentre veniva issata la bandiera britannica. I reparti dei Lancieri di Montebello, della Marina e dell’Aeronautica, hanno reso l’onore delle armi a Re Carlo III, giunto in visita di Stato, nel Palazzo che fu dei Papi, scortato da un drappello di 32 corazzieri in alta uniforme del reggimento corazzieri a cavallo. Poi, il sovrano inglese e il capo dello Stato italiano Sergio Mattarella hanno passato in rassegna i reparti schierati.
La solenne cerimonia non ha inteso rendere onore a un privato cittadino inglese, ma all’autorità che egli rappresenta, quella di sovrano di una monarchia, la più importante d’Occidente, che, malgrado la svolta scismatica del XVI secolo, affonda le sue radici nella Cristianità medioevale. Gli onori militari resi ai capi di Stato hanno in sé una certa sacralità. Queste cerimonie simboleggiano sia pure inconsapevolmente, la dottrina dell’origine divina dell’autorità. Dio infatti ha creato l’uomo come un essere sociale e ha voluto che egli potesse esprimere pubblicamente, attraverso cerimoniali precisi, l’alto concetto che egli ha della propria dignità, come figlio di Dio. La sciabola sguainata davanti al Re dall’ufficiale che comandava i reparti è anche un simbolo delle virtù militari, e sottolinea l’importanza dell’ordine, dell’obbedienza, della disciplina. La lama rivolta verso l’esterno e non verso la persona che riceve gli onori, simboleggia il vero atto di onorare l’autorità. Una sciabola non ostile, che esprime la vocazione del militare che non è quella di aggredire, ma di servire e di proteggere l’autorità e il corpo sociale, fino all’effusione del sangue. Un gesto, in ultima analisi, che esprime il concetto di sacrificio cristiano.
Il giorno successivo, il 9 aprile, un episodio di segno totalmente opposto è avvenuto a Roma, in un luogo ancora più simbolico del Quirinale, e più strettamente legato alla tradizione cattolica: la Basilica di San Pietro.
Quel giorno, papa Francesco è comparso improvvisamente nella Basilica, senza che nulla potesse indicare in lui né un Papa, né un vescovo, né un semplice sacerdote: era sulla sua sedia a rotelle, accompagnato da due uomini in camicia senza giacca: indossava i pantaloni neri e una maglietta di cotone bianca, su cui era appoggiata una coperta a righe simile a un poncho, senza croce pettorale, senza zucchetto senza alcun segno della sua dignità pontificia. E’ stato un segno di umiltà? No, il suo gesto appare come una mancanza di rispetto verso la carica suprema che egli ricopre.
Non sempre il Sommo Pontefice deve essere rivestito di abiti sontuosi, ma anche quando si veste con semplicità, deve sempre mantenere la sua dignità. Non c’è autorità più alta della terra del Papa. Il Papa è un uomo, ma l’istituzione che egli rappresenta è divina. Il Papa è il Vicario di Cristo sulla terra e Gesù Cristo è il “Re dei re e Signore dei dominanti” (Apoc. 19, 16).
Gesù, Re universale, ha voluto nascondere la sua gloria tra le umiliazioni più inaudite, dalla nascita in un’umile stalla, alla morte in Croce, come un ladrone; ma Gesù stesso si attribuì il nome di Re (Matt., 25, 31-40) e sulla Croce venne appeso il titolo della sua regalità (Gv, 19, 20). Al divino bambino nella culla resero omaggio i sovrani venuti dall’Oriente e la sua gloria, che gli Angeli e i santi gli rendono ogni giorno in Cielo, deve essergli resa sulla terra dagli uomini che Egli ha redento.
Per questo i massimi onori vanno resi sulla terra a Cristo, dovunque egli è presente, nel Santissimo Sacramento esposto all’altare, nelle cerimonie liturgiche e anche nella persona del Suo Vicario, che va onorato per ciò che egli rappresenta.
Ricorre quest’anno l’anniversario dell’enciclica Quas primas, promulgata l’11 dicembre 1925, con la quale il Papa Pio XI espose la dottrina della Regalità di Cristo e istituì la festa di Cristo Re. Il “laicismo” che Pio XI definiva “la peste dell’età nostra” consiste nello scoronare Cristo, nel negargli il suo titolo di Re, il suo diritto a regnare sulla società intera. E’ questo propriamente il processo di secolarizzazione del nostro tempo.
Il 25 marzo 2024 il Dicastero per la Dottrina della Fede ha promulgato la Dichiarazione Dignitas infinita circa la dignità di ogni uomo, presentata come una dignità universale. Nel documento si dice che “La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù” (n. 1).
“Ogni creatura umana, per modesta che sia, ha una dignità propria, naturale e inalienabile” –afferma il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, “ E maggiore, incommensurabilmente maggiore, è la dignità dell’ultimo, del più oscuro figlio della Chiesa, in quanto cristiano, ossia come battezzato, come membro del Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo”. In questo senso “la persona che, giorno e notte, è consapevole della propria dignità vive alla presenza di Dio. E se per caso rinuncia alla propria dignità, fa a meno anche di Dio”.
Il rispetto che dobbiamo a noi e agli altri nasce dalla dignità del nostro status, che è quello di battezzati e di uomini creati a immagine e somiglianza di Dio, e quindi dalla nostra vocazione, Il rispetto della dignità di ognuno è perciò legato alla consapevolezza del suo ruolo e della sua missione. Il Papa è il primo che deve essere consapevole della sua suprema dignità, e come ogni uomo, è la Dignitas infinita ad affermarlo, “deve anche cercare di vivere all’altezza della propria dignità” (n. 22), perché tutto ciò che riguarda la figura del Papa si ripercuote inevitabilmente sul Papato e sulla Chiesa.
La dignità è il segno distintivo del cattolico e corrisponde al suo onore. Chi manca di rispetto alla dignità del proprio status o missione, compie un atto disonorevole. Purtroppo il Santo Padre Francesco lo ha compiuto.
(Fonte: RadioRomaLibera.org)
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