
Di Don Marco Begato, 7 Apr 2025
Riprendo in queste righe quanto ho esposto alcuni giorni fa durante l’Editoriale del venerdì pubblicato sul canale You Tube del nostro Osservatorio. Si tratta della presentazione di una associazione cattolica nata in Italia parecchi decenni fa, con sede a Novara, la cui missione reputo sia molto istruttiva e utile, soprattutto in questo tempo.
L’associazione si chiama “Difendere la Vita con Maria” (https://www.advm.org/). Di che cosa si occupa? Come dice il nome, questa associazione si occupa della difesa della vita. In che modo lo fa? Lo fa promuovendo varie iniziative, due delle quali mi sembrano molto specifiche. E, confessando la mia ignoranza rispetto al mondo pro-life, non posso dire se siano un unicum in Italia, ma posso dire che, in tanti anni di contatto, di lettura, di video, di incontri con il mondo pro-life, non avevo mai trovato altrove, appunto, questo tipo di iniziative.
Le più specifiche sono:L’offerta di un call center, sostanzialmente destinato a tutti i genitori che hanno affrontato un aborto volontario o involontario.
E qua già emerge un aspetto importante dell’associazione: che non si colloca, come altre associazioni, sul piano più apologetico, militante dell’annuncio in difesa della vita, bensì si colloca più sul piano terapeutico, spirituale, dell’accoglienza dei genitori feriti dall’esperienza di un aborto.
Un aborto naturale: e allora le implicanze morali non sono in nessun modo accusanti.
Un aborto procurato e volontario: allora ci saranno anche delle implicanze dal punto di vista morale, ma l’Associazione non parte da lì, bensì parte dall’ascolto di un dolore, di un trauma.
E in questo ascolto poi si creano occasioni per il conforto, il confronto e nuovi annunci.
Una seconda iniziativa promossa dall’Associazione Difendere la Vita con Maria riguarda invece la sepoltura dei bambini: appunto, aborti procurati, aborti spontanei, oppure bambini morti in occorrenza del parto.
Noi sappiamo che quello che succede generalmente negli ospedali è che i cadaveri di questi feti vengono smaltiti a mo’ di rifiuti. Rifiuti magari particolari, distinti da altri – voglio sperare, non ho approfondito, non ho avuto il coraggio di approfondire – ma, di fatto, rifiuti. Vengono gettati. Sappiamo che nelle prime 24 ore i genitori possono esprimere il desiderio di avere questi cadaveri per offrire ad essi degna sepoltura. Ma quando ciò non avviene, appunto, la sepoltura non è concessa.
Ecco, l’Associazione Difendere la Vita con Maria si occupa anche di questo aspetto.
Per cui gli associati, nelle singole sedi, avanzano trattative con gli ospedali o i centri in cui si sa vengano praticati aborti, stipulano convenzioni con le direzioni di questi ospedali, nonché ovviamente coi comuni, con le pompe funebri, con la parrocchia locale.
E insomma, si occupano di recuperare i resti o i cadaveri di questi bambini mai nati, di questi feti, di queste persone abortite, volontariamente o naturalmente, e di dare loro una degna sepoltura.
Mi sono stupito che un’iniziativa di questo tipo non sia diffusa automaticamente in tutti gli ospedali, quantomeno negli ospedali ove è presente una cappellania cattolica.
E allora ritengo che sia opportuno lanciare un messaggio e usare anche la finestra dell’Osservatorio per esortare a questa ulteriore attenzione, che non esclude altri interventi in ambito pro-life o, appunto, in qualsiasi altro ambito della dottrina sociale, ma che mi sembra opportuno.
Permettetemi di dare esplicitare anche un riferimento culturale, che aiuti ad allargare lo sguardo al problema nella sua interezza, andando al di là di quella che altrimenti sarebbe una semplice promozione di una tra le tante lodevoli associazioni che ci circondano.
Qual è il senso preziosissimo di lanciare simili iniziative proprio oggi?
Gian Battista Vico, il nostro grande filosofo partenopeo, ricordava che la sepoltura dei defunti è uno degli elementi, insieme ai matrimoni e ai sacrifici religiosi, che identificano e qualificano una civiltà: “osserviamo tutte le nazioni così barbare come umane, quantunque, per immensi spazi di luoghi e tempi tra loro lontane, divisamente fondate, custodire questi tre umani costumi: che tutte hanno qualche religione, tutte contraggono matrimoni solenni, tutte seppelliscono i loro morti” (Scienza Nuova, libro I, III).
Ho già avuto modo di ripetere questa frase in occasioni e articoli proprio per l’Osservatorio.
È un’osservazione semplice, a cui sono molto caro, ma soprattutto è un criterio di analisi della nostra civiltà estremamente vivo, efficace, attuale, utile.
La nostra è una società dove il degrado avanza, e effettivamente sintomo di questo degrado è il profondo disprezzo che abbiamo per i cadaveri e i defunti.
Anche la spettacolarizzazione delle famose bare di Bergamo, dentro quei lugubri camion militari, non esce da un concetto di degrado.
Tant’è che va a braccetto con l’aver lasciato morire da soli, dietro un vetro, gli anziani, gli ammalati.
Di averli trattati senza neanche la grazia sacramentale, il più delle volte.
Le stesse Conferenze episcopali ha chiesto di astenersi da questa missione salvifica, preferendo il protocollo sanitario.
Ma questo disprezzo della vita diviene minaccia culturale anche attraverso altri fattori.
Per esempio la guerra. Le numerose guerre, sempre più fatte contro i civili, sempre più rivolte ai civili, con stragi di bambini. Diventano notizia comune. Sono accolte con freddezza. Non ci sono iniziative significative contro di esse. La propaganda, anzi, ci spinge a guardare con favore la guerra se è contro Putin o se è in difesa di Israele.
E noi, che in fondo siamo parte di questa massa, rischiamo noi stessi, e il nostro popolo, di assuefarci. Allora un’iniziativa come quella di Difendere la Vita con Maria è un modo concreto, puntuale, che scuote la coscienza.
Vaclav Havel ci ha insegnato numerose volte che contro i totalitarismi non serve la forza: serve smuovere la coscienza.
Un discorso simile ha ripetuto Calin Georgescu – piaccia o dispiaccia, ma su questo mi pareva attuale – quando l’11 marzo scorso ha proprio salutato i suoi ex elettori, essendo ormai impedito di ricandidarsi, ricordando che lui aveva smosso le coscienze.
Ora stava alla coscienza del popolo rumeno scegliere verso chi dirigersi.
Impegnarsi per costituire attività che promuovono la sepoltura dei cadaveri delle persone abortite è un modo per scuotere la coscienza, salvaguardare la nostra e smuovere un pochino quella altrui, riportando l’attenzione sulla difesa della vita morente e anche dei cadaveri delle persone morte.
Grande segno di civilizzazione e, pure, di evangelizzazione. Quanto mai opportuno da riscoprire questo tema, avvicinandoci nelle prossime giornate anche al mistero della morte e sepoltura del Signore Gesù.
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