di Roberto de Mattei,16 Aprile 2025
Simone di Cirene e la Veronica sono due personaggi che la tradizione della Chiesa ha reso cari ai fedeli che, nella Via Crucis, si uniscono alla Passione di Nostra Signore.
Di Simone il Vangelo dice: «Allora costrinsero un tale che passava, Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, che veniva dalla campagna, a portare la croce» (Mc 15, 21).
Simone, proveniente da Cirene, una città della Libia nordafricana, che all’epoca ospitava una fiorente comunità ebraica, si trovava a passare per caso e fu obbligato a portare la Croce, perché a Gesù mancavano le forze e i Giudei volevano invece che arrivasse fino al Calvario, per vederlo lì crocifisso. Ma l’imposizione che Simone subì fu per lui uno straordinario privilegio, ed è perciò lecito immaginare che la Divina Provvidenza lo prescelse perché la sua anima era stata mossa a profonda compassione, davanti all’infame spettacolo.
La Veronica agì invece di sua iniziativa, con quello slancio che rende spesso le donne più generose e pronte al sacrificio degli uomini. La ricompensa per lei fu straordinaria. Secondo la tradizione, l’immagine del Sacro Volto di Gesù rimase impressa sul velo di lino che aveva offerto al Salvatore, per asciugare il sangue e il sudore del suo viso.
Poco sappiamo di entrambi, ma il fatto che il Vangelo di Marco (15, 21) nomini i figli di Simone, fa pensare che la sua famiglia possa aver svolto un ruolo attivo della Chiesa primitiva e che Rufo, citato da san Marco, sia lo stesso menzionato da san Paolo nella Lettera ai Romani, quando dice: «Salutate Rufo, l’eletto nel Signore, e sua madre, che è anche madre mia» (Rm 16, 13).
Veronica, non compare nei Vangeli canonici, ma a differenza di Simone, è venerata come santa dalla Chiesa cattolica, il che ne fa un indiscusso personaggio storico, che ha avuto una grande importanza nella devozione della Chiesa, proprio grazie al suo Velo che è divenuto una delle reliquie più preziose della Cristianità.
Il velo della Veronica è conservato nella Basilica di San Pietro almeno dagli inizi dell’VIII secolo, quando papa Giovanni VII fece erigere una cappella a San Pietro dedicata alla reliquia, forse giunta, come molte altre, da Costantinopoli. Il riconoscimento della sua autenticità è dimostrato anche dal fatto che nel XIII secolo, Papa Innocenzo III autorizzò la sua esposizione pubblica e da allora, in occasioni speciali, venne mostrato ai pellegrini dalla loggia di San Pietro, con grande afflusso di fedeli. Ce lo attesta Dante Alighieri che, in un celebre passo della Divina Commedia, paragona sé stesso ad uno dei tanti pellegrini venuto «forse di Croazia» a venerare l’icona del volto di Cristo nel primo Giubileo dell’anno 1300:
[…] colui che forse di Croazia
viene a veder la Veronica nostra,
che per l’antica fame non sen sazia,
ma dice nel pensier, fin che si mostra:
‘Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,
or fu sì fatta la sembianza vostra?’
[Paradiso, XXXI 103-108]
Espressione di questa devozione è anche la grande statua della Veronica, realizzata dallo scultore Francesco Mocchi nel 1640, che si trova in una nicchia dei quattro piloni che sorreggono la Basilica di San Pietro.
Il gesuita Heinrich Pfeiffer (1939-1921), professore di Storia dell’arte nella Pontificia Università Gregoriana, nel suo libro Il Volto Santo di Manoppello (Carsa Edizioni, Pescara 2000) ha sostenuto, supportando la sua tesi con indagini storiche e iconografiche, che la preziosa reliquia, custodita per secoli nella Basilica di San Pietro, sarebbe stata trafugata e trasportata in segreto nella piccola città dell’Abruzzo di Manopello, tra il 1608 e il 1618.
Veronika Maria Seifert, docente di Storia della Chiesa all’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, che ha condotto a sua volta una meticolosa ricerca, in un libro dedicato a Il sudario della Veronica e il Volto Santo. Storia e devozione (Velar, Bergamo 2024), afferma invece che la reliquia sottratta nel XVII secolo dalla Basilica di San Pietro, non è il sudario della Veronica, bensì quello del Volto Santo ovvero il piccolo sudario testimoniato da Giovanni nella tomba vuota (Gv 20, 7). La Madre di Dio, gli apostoli e i discepoli dell’epoca avevano raccolto con cura tutti gli oggetti che erano venuti a contatto con Gesù, spiega l’autrice di questo studio, e le due reliquie, custodite con devozione nella Chiesa di generazione in generazione, erano giunte entrambe a Roma. Il sudario della Veronica si trova ancora in Vaticano, mentre il Volto Santo fu trasferito nel XVII secolo nel Convento dei Cappuccini di Manoppello. Tra le due reliquie intercorrono incredibili punti di contatto, ma anche profonde divergenze: dagli occhi, chiusi o aperti, al “disegno” impresso sulla stoffa in modo più o meno leggibile.
La Basilica di San Pietro rivendica il possesso del Velo della Veronica, visto che il 6 aprile del 2025 lo ha pubblicamente esposto, come ogni quinta domenica della Quaresima, dalla Loggia della Veronica. Le sacre reliquie, considerate “acheropite”, ovvero immagini non dipinte da mano d’uomo, che restituiscono ai fedeli l’effige del Cristo sofferente, morto e risorto, sono dunque tre: il velo della Veronica, il Sacro Volto di Manoppello e la Sacra Sindone di Torino.
Quale che sia numero di queste reliquie e il luogo dove sono conservate, esiste da tempo immemorabile un profondo culto al Sacro Volto di Gesù. Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, che ne è stata una fervente devota, contemplava con immenso amore il volto di Gesù, che malgrado i segni di tutte le ferite, le percosse e le umiliazioni subite, esprimeva una impressionante misericordia, mitezza e nobiltà di tratti.
La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo e sta davanti a noi come Cristo davanti alla Veronica. Nel sacro volto che la Veronica ci ha tramandato, oggi contempliamo le sofferenze della Chiesa, che soffre il suo Venerdì Santo, ma che conserva la straordinaria dignità che illuminava il Volto di Cristo nella Sua Passione. I santi nel corso dei secoli hanno pianto sulla Passione di Cristo. Che la Madonna inumidisca almeno i nostri occhi e scuota il nostro cuore torpido, unendoci intimamente, nel Sacro Triduo, alla sua compassione redentrice.
Simone di Cirene e la Veronica sono due personaggi che la tradizione della Chiesa ha reso cari ai fedeli che, nella Via Crucis, si uniscono alla Passione di Nostra Signore.
Di Simone il Vangelo dice: «Allora costrinsero un tale che passava, Simone di Cirene, padre di Alessandro e di Rufo, che veniva dalla campagna, a portare la croce» (Mc 15, 21).
Simone, proveniente da Cirene, una città della Libia nordafricana, che all’epoca ospitava una fiorente comunità ebraica, si trovava a passare per caso e fu obbligato a portare la Croce, perché a Gesù mancavano le forze e i Giudei volevano invece che arrivasse fino al Calvario, per vederlo lì crocifisso. Ma l’imposizione che Simone subì fu per lui uno straordinario privilegio, ed è perciò lecito immaginare che la Divina Provvidenza lo prescelse perché la sua anima era stata mossa a profonda compassione, davanti all’infame spettacolo.
La Veronica agì invece di sua iniziativa, con quello slancio che rende spesso le donne più generose e pronte al sacrificio degli uomini. La ricompensa per lei fu straordinaria. Secondo la tradizione, l’immagine del Sacro Volto di Gesù rimase impressa sul velo di lino che aveva offerto al Salvatore, per asciugare il sangue e il sudore del suo viso.
Poco sappiamo di entrambi, ma il fatto che il Vangelo di Marco (15, 21) nomini i figli di Simone, fa pensare che la sua famiglia possa aver svolto un ruolo attivo della Chiesa primitiva e che Rufo, citato da san Marco, sia lo stesso menzionato da san Paolo nella Lettera ai Romani, quando dice: «Salutate Rufo, l’eletto nel Signore, e sua madre, che è anche madre mia» (Rm 16, 13).
Veronica, non compare nei Vangeli canonici, ma a differenza di Simone, è venerata come santa dalla Chiesa cattolica, il che ne fa un indiscusso personaggio storico, che ha avuto una grande importanza nella devozione della Chiesa, proprio grazie al suo Velo che è divenuto una delle reliquie più preziose della Cristianità.
Il velo della Veronica è conservato nella Basilica di San Pietro almeno dagli inizi dell’VIII secolo, quando papa Giovanni VII fece erigere una cappella a San Pietro dedicata alla reliquia, forse giunta, come molte altre, da Costantinopoli. Il riconoscimento della sua autenticità è dimostrato anche dal fatto che nel XIII secolo, Papa Innocenzo III autorizzò la sua esposizione pubblica e da allora, in occasioni speciali, venne mostrato ai pellegrini dalla loggia di San Pietro, con grande afflusso di fedeli. Ce lo attesta Dante Alighieri che, in un celebre passo della Divina Commedia, paragona sé stesso ad uno dei tanti pellegrini venuto «forse di Croazia» a venerare l’icona del volto di Cristo nel primo Giubileo dell’anno 1300:
[…] colui che forse di Croazia
viene a veder la Veronica nostra,
che per l’antica fame non sen sazia,
ma dice nel pensier, fin che si mostra:
‘Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,
or fu sì fatta la sembianza vostra?’
[Paradiso, XXXI 103-108]
Espressione di questa devozione è anche la grande statua della Veronica, realizzata dallo scultore Francesco Mocchi nel 1640, che si trova in una nicchia dei quattro piloni che sorreggono la Basilica di San Pietro.
Il gesuita Heinrich Pfeiffer (1939-1921), professore di Storia dell’arte nella Pontificia Università Gregoriana, nel suo libro Il Volto Santo di Manoppello (Carsa Edizioni, Pescara 2000) ha sostenuto, supportando la sua tesi con indagini storiche e iconografiche, che la preziosa reliquia, custodita per secoli nella Basilica di San Pietro, sarebbe stata trafugata e trasportata in segreto nella piccola città dell’Abruzzo di Manopello, tra il 1608 e il 1618.
Veronika Maria Seifert, docente di Storia della Chiesa all’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant’Apollinare, che ha condotto a sua volta una meticolosa ricerca, in un libro dedicato a Il sudario della Veronica e il Volto Santo. Storia e devozione (Velar, Bergamo 2024), afferma invece che la reliquia sottratta nel XVII secolo dalla Basilica di San Pietro, non è il sudario della Veronica, bensì quello del Volto Santo ovvero il piccolo sudario testimoniato da Giovanni nella tomba vuota (Gv 20, 7). La Madre di Dio, gli apostoli e i discepoli dell’epoca avevano raccolto con cura tutti gli oggetti che erano venuti a contatto con Gesù, spiega l’autrice di questo studio, e le due reliquie, custodite con devozione nella Chiesa di generazione in generazione, erano giunte entrambe a Roma. Il sudario della Veronica si trova ancora in Vaticano, mentre il Volto Santo fu trasferito nel XVII secolo nel Convento dei Cappuccini di Manoppello. Tra le due reliquie intercorrono incredibili punti di contatto, ma anche profonde divergenze: dagli occhi, chiusi o aperti, al “disegno” impresso sulla stoffa in modo più o meno leggibile.
La Basilica di San Pietro rivendica il possesso del Velo della Veronica, visto che il 6 aprile del 2025 lo ha pubblicamente esposto, come ogni quinta domenica della Quaresima, dalla Loggia della Veronica. Le sacre reliquie, considerate “acheropite”, ovvero immagini non dipinte da mano d’uomo, che restituiscono ai fedeli l’effige del Cristo sofferente, morto e risorto, sono dunque tre: il velo della Veronica, il Sacro Volto di Manoppello e la Sacra Sindone di Torino.
Quale che sia numero di queste reliquie e il luogo dove sono conservate, esiste da tempo immemorabile un profondo culto al Sacro Volto di Gesù. Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, che ne è stata una fervente devota, contemplava con immenso amore il volto di Gesù, che malgrado i segni di tutte le ferite, le percosse e le umiliazioni subite, esprimeva una impressionante misericordia, mitezza e nobiltà di tratti.
La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo e sta davanti a noi come Cristo davanti alla Veronica. Nel sacro volto che la Veronica ci ha tramandato, oggi contempliamo le sofferenze della Chiesa, che soffre il suo Venerdì Santo, ma che conserva la straordinaria dignità che illuminava il Volto di Cristo nella Sua Passione. I santi nel corso dei secoli hanno pianto sulla Passione di Cristo. Che la Madonna inumidisca almeno i nostri occhi e scuota il nostro cuore torpido, unendoci intimamente, nel Sacro Triduo, alla sua compassione redentrice.
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