martedì 8 aprile 2025

Il cattolicesimo liberale vuole lo Stato laico neutro, ossia lo Stato ateo camuffato






Per andare in fondo alla questione dei Fondatori dell’Unione europea



Di Andrea Mondinelli, 8 Apr 2025

La polemica su Ventotene fa riemergere il serio problema di quali siano i fondamenti dell’Unione Europea. I Padri fondatori che Europa volevano? La volevano nel solco del cattolicesimo liberale? Per comprenderlo facciamo memoria della contrapposizione tra cattolicesimo tout court e cattolicesimo liberale, che segnò la storia del movimento cattolico fino allo scoppio della Prima guerra mondiale. In merito, è essenziale leggersi i libri pubblicati in quel periodo. Uno di essi è stato da poco tradotto in italiano, si tratta de L’illusione liberale di Louis Veuillot (edizioni Radio Spada) scritto nel 1866. Nel commento di Gianni Savoldi, autore della traduzione, riportato nelle pagine dell’Osservatorio Van Thuân (qui) è scritto:


“Il saggio inizia con un ignoto interlocutore, definito dallo stesso autore colto, pio, pieno di buone intenzioni, che senza tanti infingimenti enuncia un vero e proprio manifesto del liberalismo cattolico: il mondo è cambiato, la Chiesa deve adeguarsi ed aggiornarsi se non vuole essere travolta dalla modernità. Quindi basta con gli anatemi e le coercizioni, basta con i privilegi dello stato confessionale, la Chiesa riconosca la libertà come valore fondante anche del suo agire nel mondo. Come conseguenza accetti la neutralità e laicità delle istituzioni pubbliche, con la conseguente separazione Stato/Chiesa (“libera Chiesa, in libero stato”) e l’altrettanto necessaria libertà religiosa, come espressione particolare della più generale libertà di manifestazione del pensiero. Il fiume vivo della Storia viaggia in quella direzione ed è inarrestabile: seguirlo sarà l’unica via di salvezza per il cattolicesimo”.

Ma lasciamo la parola a Veuillot:

“Sentendo l’eresia… ho ben capito per la prima volta, qualche giorno fa, la verità e la profondità di questa vecchia espressione, sentendo parlare a lungo un uomo, il più onesto che si possa immaginare, devoto, impegnato in opere pie, erudito, ardente, pieno di buoni desideri, pieno di belle illusioni; pieno anche, purtroppo, di sé e, al tempo stesso, in piena mala fede. Ci ha detto che era “cattolico liberale”. Gli si è chiesto cos’è un cattolico liberale, rispetto al cattolico puro e semplice, che crede e pratica ciò che insegna la Chiesa. Ha risposto o piuttosto ha fatto capire che il cattolico puro e semplice, che crede e pratica ciò che insegna la Chiesa, è un cattolico poco illuminato. Gli si è obiettato che dunque, a suo parere di cattolico liberale, la Chiesa cattolica è poco illuminata. Egli non volle arrivare a questa conclusione, ma si intuiva che lo pensava.

[…] Stimolato a trovare una parola che definisse più chiaramente l’espressione “poco illuminato”, egli ricominciò una digressione sulla libertà umana, sui cambiamenti che si sono operati nel mondo, sulle epoche di transizione, sugli abusi e l’inutilità della coercizione, sulla necessità di non utilizzare più la forza al servizio della verità. Si soffermava sul pericolo di avere privilegi e sulla convenienza di rinunciarvi completamente… in tutta questa verbosità riconoscemmo diversi frammenti delle dottrine rivoluzionarie che si combattono, o meglio si scontrano, dal 1830. Lo sfondo era di Lamennais, e si arrivava fino a Proudhon. Ma ciò che ci colpì maggiormente, fu l’insistenza con la quale il nostro cattolico liberale ci qualificava come cattolici intolleranti. L’abbiamo fermato lì. Dimenticando stavolta la “Corte romana”, ammetteva che ciò che rimproverava alla Chiesa, era la sua intolleranza. – Essa ha, dice, sempre troppo ostacolato lo spirito umano; ha costituito sul principio dell’intolleranza un potere secolare ancora più oppressivo. Questo potere ha asservito il mondo e la Chiesa stessa. I governi cattolici si sono sforzati di imporre la fede; di qui le violenze che hanno sconvolto la coscienza umana e che l’hanno precipitata nell’incredulità. La Chiesa muore a causa degli appoggi illegittimi che si è voluta dare. Il tempo è venuto, essa deve cambiare i suoi principi; i suoi figli devono fargliene comprendere l’opportunità. – Occorre che essa rinunci a ogni potere di coercizione sulle coscienze e che neghi questo potere ai governi. – Basta alleanze tra Chiesa e Stato! Che la Chiesa non abbia più niente in comune con i governi, che i governi non abbiano più niente in comune con le religioni, che non si intromettano più in queste faccende! – Il singolo professi a suo piacimento il culto che ha scelto seguendo il suo gusto: come membro dello Stato, non ha nessun culto proprio. – Lo Stato riconosce tutti i culti, assicura loro la stessa protezione, garantisce loro la stessa libertà, tale è il regime della tolleranza; ed è bene che noi lo proclamiamo buono, eccellente, salutare, che lo conserviamo a tutti i costi, ampliandolo costantemente. – Si potrebbe dire che questo regime è di diritto divino. Dio stesso l’ha stabilito creando l’uomo libero e lo pratica facendo splendere il suo sole sui buoni e sui malvagi. Verso coloro che disconoscono la verità, Dio avrà il suo giorno di giustizia che l’uomo non ha diritto ad anticipare. – Ogni Chiesa, libera in un libero stato, accoglierà i suoi proseliti, dirigerà i suoi fedeli, scomunicherà i suoi dissidenti; lo Stato non terrà in nessun conto queste cose, non scomunicherà nessuno e da nessuno sarà scomunicato. – La legge civile non riconoscerà alcuna immunità ecclesiastica, alcuna proibizione religiosa, alcun legame religioso: il tempio pagherà le imposte immobiliari, lo studente di teologia farà il servizio militare, il vescovo potrà fare il giurato e la guardia nazionale, il prete, se lo desidera potrà sposarsi, divorziare, risposarsi.

[…] Quest’uomo entusiasta mi aveva appena dato la conoscenza profonda ed al tempo stesso la tesi esteriore. Avevo ormai capito il cattolico liberale a fondo, conoscevo a memoria i suoi sofismi, le sue illusioni, la sua caparbietà, la sua tattica. Purtroppo! E niente di tutto ciò mi risultava nuovo. Il cattolico liberale non è né cattolico, né liberale. Con questo voglio dire, senza dubitare della sua sincerità, che egli non ha più né la vera nozione di libertà, né la vera nozione di Chiesa. Cattolico liberale quanto vuole! Egli è portatore di una caratteristica ben conosciuta, e tutti i suoi tratti fanno ugualmente riconoscere un personaggio fin troppo antico e fin troppo frequente nella storia della Chiesa: SETTARIO, ecco il suo vero nome. Questo nemico non è da sottovalutare, per quanto non sia equipaggiato che di chimere. Ci sono delle chimere che la ragione non deve affrontare da sola; sarebbe battuta, non dalle chimere ma dalla complicità delle anime. Le anime sono malate, e di una terribile malattia: la fatica e la paura della verità! Nelle anime ancora cristiane, questa malattia si manifesta attraverso la mancanza di orrore per l’eresia, una continua compiacenza verso l’errore, un certo gusto per le trappole che essa tende, spesso un vergognoso ardore nel lasciarsi prendere.

[…] Il vero si percepisce come falso, e reciprocamente. Si lasciano dire, si ripetono cose enormi. Non si fa più difficoltà ad ammettere che da un secolo tutto è molto cambiato, non solamente sulla Terra, ma anche in Cielo; che c’è sulla Terra una nuova umanità, in Cielo un nuovo Dio. Tipico dell’eresia! Formalmente o implicitamente, qualunque eresia ha proferito questa blasfemia”.

Non trovate che le parole di Veuillot siano la perfetta descrizione del cattolico moderato odierno, sia progressista, sia conservatore? Non trovate che siano la perfetta descrizione del nostro mondo?

Passiamo ad un altro libro del 1884 di don Félix Sardà y Salvany dal titolo “Il liberalismo è un peccato”, di cui La Civiltà Cattolica (anno XXXIX, vol. IX della serie XIII, Roma 1888, pag. 346) scrisse «La parte dottrinale di cotesto libro, la quale riguarda il liberalismo, è eccellente, conforme ai documenti di Pio IX e di Leone XIII, e giudicata dalla Sacra Congregazione dell’Indice dottrina sana». Ebbene, si chiedeva don Sardà, che cos’è il liberalismo? Ed ecco la sua illuminante risposta: nell’ordine delle idee, è un insieme d’idee false e, nell’ordine dei fatti, è un insieme di fatti criminali, conseguenze, nella pratica, di quelle idee. Nell’ordine delle idee, il liberalismo è l’insieme di quelli che si definiscono Prdincipi liberali con le conseguenze che logicamente ne derivano. I principi liberali sono: la sovranità assoluta dell’individuo, in una completa indipendenza da Dio e dalla sua autorità;
la sovranità assoluta della società, in una completa indipendenza da ciò che non deriva da essa stessa;
la sovranità nazionale, cioè il diritto riconosciuto al popolo di fare le leggi e di governarsi, nell’assoluta indipendenza da qualsiasi altro criterio che non sia quello della propria volontà, in primo luogo espressa con il suffragio (universale) e in seguito con la maggioranza parlamentare;
la libertà di pensiero senza alcun limite, né in ambito politico né morale né religioso;
la libertà di stampa, assoluta o ben poco limitata;

Tali sono i Principi liberali nel loro più crudo radicalismo. Il loro fondo comune è il razionalismo individuale, il razionalismo politico e il razionalismo sociale, da cui conseguono e derivano: la libertà dei culti, più o meno ristretta;
la supremazia dello Stato nei suoi rapporti con la Chiesa;
l’Insegnamento laico o indipendente non avente nessun rapporto con la religione;

Don Sardà dedica molto spazio ai cattolici liberali e le sue sono parole illuminanti:

“Di tutte le inconseguenze e antinomie che si incontrano nei gradi medi del liberalismo, la più ripugnante e la più odiosa è quella che pretende, nientedimeno che unire il liberalismo con il cattolicesimo, per formare quello che è conosciuto nella storia delle follie moderne sotto il nome di liberalismo cattolico o cattolicesimo liberale. E tuttavia degli illustri spiriti e dei grandi cuori, alle cui buone intenzioni non possiamo non credere, hanno pagato il loro tributo a questa assurdità. Essa ha avuto il suo momento di popolarità e di prestigio; ma, grazie al cielo, questa moda sta passando o è già passata [purtroppo la “moda”, cioè l’eresia, si sarebbe impadronita quasi dell’intera Chiesa n.d.t.]. Questo funesto errore nacque dal desiderio esagerato di conciliare e di far vivere in pace delle dottrine assolutamente e oggettivamente inconciliabili e nemiche fin nella loro propria essenza.

Il Liberalismo è l’affermazione dogmatica dell’indipendenza assoluta della ragione individuale e sociale. Il Cattolicesimo è il dogma della soggezione assoluta della ragione individuale alla LEGGE DI DIO: Come conciliare il sì e il no di due dottrine così opposte?

Ai fondatori del liberalismo cattolico la cosa parve facile. Essi ammirarono una ragione individuale soggetta alla Legge evangelica e Inventarono una ragione pubblica o sociale, coesistente con quella e libera da ogni condizionamento. Essi dissero: “Lo Stato in quanto Stato non deve avere religione o perlomeno non deve averne in una misura che superi quella degli Stati che non ne hanno affatto. In questo modo, il semplice cittadino deve sottomettersi alla Rivelazione di Gesù’ Cristo, ma l’uomo pubblico può, in quanto tale, comportarsi come se la Rivelazione per lui non esistesse“. Fu così ch’essi arrivarono a comporre la celebre formula “Libera Chiesa in libero Stato”.

[…] Questi illustri sofisti non videro che, se la ragione individuale ha l’obbligazione di sottomettersi alla volontà di Dio, la ragione pubblica e sociale non può sottrarvisi, senza cadere in un dualismo stravagante, in virtù del quale il singolo uomo sarebbe sottoposto alla legge di due criteri contrari e di due opposte coscienze. In modo che la distinzione tra uomo privato e uomo pubblico, nella stessa persona (!), il primo obbligato a essere cristiano e il secondo autorizzato a essere ateo, cadde immediatamente tutta intera sotto i colpi dirompenti della logica integralmente cattolica.

Il Sillabo, di cui parleremo ben presto, arrivò a confondere senza scampo quelle elucubrazioni.

Il Liberalismo è l’affermazione dogmatica dell’indipendenza assoluta della ragione individuale e sociale. Il Cattolicesimo è il dogma della soggezione assoluta della ragione individuale alla Legge di Dio: Come conciliare il sì e il no di due dottrine così opposte?»; come conciliare il n.76 di Gaudium et Spes: «Nel proprio campo, la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra», vera e propria bandiera del Concilio e dei papi post-conciliari?

In realtà è inconciliabile, perché Gaudium et Spes è un vero e proprio contro-Sillabo, parola di J. Ratzinger, come ebbe a dire nel suo libro «I principi della teologia cattolica», pagina 381: «Se è desiderabile offrire una diagnosi del testo per intero, potremmo dire che (in congiunzione con i testi sulla libertà religiosa e le religioni del mondo) è una revisione del Sillabo di Pio IX, una sorta di controsillabo». Il card. Ratzinger, poi, dichiarava quanto segue:

«Il problema degli anni Sessanta era quello di acquisire dei valori espressi da due secoli di cultura “liberale”. Sono infatti dei valori che, anche se nati fuori dalla Chiesa, possono trovare il loro posto – purificate e corrette – nella propria visione del Mondo. È ciò che è stato fatto» [J. Ratzinger, mensile Jesus, novembre 1984, pag. 72].

Tipica violazione del terzo escluso della filosofia dialettica, oltretutto in pieno disaccordo anche con il Card. J.H. Newman, da lui beatificato, che nel suo bellissimo discorso del biglietto ci ammoniva:

«[…] Nel pensiero liberale c’è molto di buono e di vero; basta citare, ad esempio, i principi di giustizia, onestà, sobrietà, autocontrollo, benevolenza che, come ho già notato, sono tra i suoi principi più proclamati e costituiscono leggi naturali della società. È solo quando ci accorgiamo che questo bell’elenco di principi è inteso a mettere da parte e cancellare completamente la religione, che ci troviamo costretti a condannare il liberalismo. Invero, non c’è mai stato un piano del Nemico così abilmente architettato e con più grandi possibilità di riuscita. E, di fatto, esso sta ampiamente raggiungendo i suoi scopi, attirando nei propri ranghi moltissimi uomini capaci, seri ed onesti, anziani stimati, dotati di lunga esperienza, e giovani di belle speranze».

I principi liberali sembrano belli, ma sottendono l’apostasia della fede, perché per i liberali quei principi derivano solamente dall’uomo, escludendo Dio; essi sono l’esca che nasconde un duro amo.

Ciò che è stato fatto è stata la commistione tra verità ed errore tipica della rivoluzione. Infatti, il cardinale Suenens esclamava: «Il Vaticano II è il 1789 della Chiesa». Il padre Congar, uno degli artigiani delle riforme, non parlava diversamente: «La Chiesa ha fatto, pacificamente, la sua rivoluzione d’ottobre»[1]; pienamente consapevole notava: «Non si può negare che questo testo (la Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanæ) contraddica materialmente il Sillabo del 1864, e che affermi esplicitamente le proposizioni condannate ai nn. 15, 77 e 79 di questo documento»[2].

Infine, una brillante dichiarazione di Congar, che getta luce pure sulla recentissima Dignitas infinita:

«Ciò che è nuovo in questa dottrina rispetto all’insegnamento di Leone XIII e anche di Pio XII, sebbene il movimento si avviasse allora, è la determinazione del fondamento proprio e prossimo di questa libertà che non è ricercata nella verità oggettiva del bene morale o religioso, ma nella qualità ontologica della persona umana»[3]. In questo ultimo testo, Padre Congar mette bene in evidenza il punto essenziale: la Dichiarazione conciliare introduce una nuova concezione della libertà; la libertà non è più fondata su ciò che è vero e ciò che è giusto, ma sulla persona umana presa in sé stessa (si passa dall’oggetto al soggetto).

Chiesa e Stato possono essere indipendenti e autonome, come propone GS 76? Certamente no. Tutto si gioca sul significato di libertà e di autorità. È molto utile, per comprenderlo, rileggersi la Lettera apostolica Notre charge apostolique di San Pio X (qui [4]), in cui viene condannato il Sillon, una sorta di democrazia cristiana ante litteram. Oggi, l’insegnamento del Santo Pontefice difficilmente verrebbe accettato non solo dal cattolico medio, ma anche da quello moderatamente conservatore. Attenzione, molto ancora si gioca sul significato di dignità umana e di autorità. Eccone alcuni stralci:

“Il Sillon ha la nobile preoccupazione per la dignità umana. Tuttavia questa dignità l’intende come certi filosofi di cui la Chiesa è ben lungi dal doversi vantare. Il primo elemento di questa dignità è la libertà, intesa nel senso che, salvo in materia di religione, ogni uomo è autonomo.

Un’organizzazione politica e sociale fondata su questa duplice base, la libertà e l’uguaglianza (alle quali presto verrà ad aggiungersi la fraternità) è quanto chiamano Democrazia.

[21] Il Sillon situa in primo luogo la pubblica autorità nel popolo, da cui passa poi ai governanti, ma in modo tale che continua a risiedere in esso. Orbene, Leone XIII ha formalmente condannato questa dottrina nella sua Enciclica Diuturnum illud sul Principato politico, in cui dice “Un gran numero di moderni, seguendo le orme di quanti, nel secolo scorso, si diedero il nome di filosofi, dichiarano che ogni potere deriva dal popolo; di conseguenza, quanti esercitano il potere nella società, non lo esercitano come di loro propria autorità, ma come un’autorità a essi delegata dal popolo e a condizione di poter essere revocata dalla volontà del popolo, da cui l’hanno. Del tutto opposta è la convinzione dei cattolici, che fanno derivare da Dio, come dal suo principio naturale e necessario, il diritto di comandare”.

Indubbiamente il Sillon fa discendere da Dio questa autorità che situa anzitutto nel popolo, ma in modo tale che “essa risale dal basso per andare in alto, mentre, nell’organizzazione della Chiesa, il potere discende dall’alto per diffondersi in basso”. Tuttavia, oltre il fatto che è cosa anormale che il mandato salga, perché è per sua natura discendente, Leone XIII ha confutato previamente questo tentativo di conciliare la dottrina cattolica con l’errore del filosofismo. Infatti, prosegue: “È importante sottolinearlo qui; quanti presiedono al governo della cosa pubblica possono certamente, in determinati casi, essere eletti dalla volontà e dal giudizio della moltitudine, senza che ciò ripugni o si opponga alla dottrina cattolica. Tuttavia, se questa scelta designa il governante, non gli conferisce l’autorità di governare; non delega il potere, ma designa la persona che ne sarà investita”.

[22] D’altronde, se il popolo resta detentore del potere, che cosa diventa l’autorità? Un’ombra, un mito; non vi è più legge propriamente detta e non vi è più ubbidienza.

[…] No, Venerabili Fratelli, non vi è vera fraternità al di fuori della carità cristiana, che per amore di Dio e del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, abbraccia tutti gli uomini per confortarli tutti e tutti condurre alla stessa fede e alla stessa felicità celeste. Separando la fraternità della carità cristiana intesa in tal modo, la Democrazia, lungi dall’essere un progresso, costituirebbe un disastroso regresso per la civiltà. Infatti, se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo con tutta l’anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure, come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie l’unione degli spiriti nella verità, l’unione delle volontà nella morale, l’unione dei cuori nell’amore di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo. Orbene, questa unione è realizzabile soltanto per mezzo della carità cattolica, la quale solamente, di conseguenza, può condurre i popoli sul cammino del progresso, verso l’ideale della civiltà.

[25] Infine il Sillon pone, alla base di tutte le falsificazioni delle nozioni sociali fondamentali, un’idea falsa della dignità umana. A suo avviso, l’uomo sarà veramente uomo, degno di questo nome, soltanto a partire dal giorno in cui avrà acquisito una coscienza illuminata, forte, indipendente, autonoma, che può fare a meno di un padrone, che ubbidisce solo a sé stessa ed è capace di assumere e di portare senza cedere le più gravi responsabilità. Ecco i paroloni con cui si esalta il sentimento dell’orgoglio umano; come un sogno che trascina l’uomo, senza luce, senza guida e senza soccorso, sulla via dell’illusione, dove, aspettando il gran giorno della piena coscienza, sarà divorato dall’errore e dalle passioni. E questo gran giorno, quando verrà? A meno di cambiare la natura umana (il che non rientra nel potere del Sillon), verrà mai? E i Santi, che hanno portato la dignità umana al suo apogeo, avevano tale dignità?

[33] Vi fu un tempo in cui il Sillon, in quanto tale, era formalmente cattolico. Relativamente alla forza morale, ne conosceva soltanto una, la forza cattolica, e andava proclamando che la democrazia sarebbe stata cattolica oppure non sarebbe stata. Venne un momento in cui cambiò parere. Lasciò a ciascuno la sua religione o la sua filosofia. Smise pure di qualificarsi cattolico e, alla formula: “la democrazia sarà cattolica”, sostituì quell’altra: “la democrazia non sarà anticattolica”, non più d’altronde che antiebraica o antibuddista.

Ecco la profetica conclusione di San Pio X sull’instaurazione di una nuova religione mondiale, come logica conclusione degli errori della democrazia globale che si salda con il falso ecumenismo:

[39] Temiamo che vi sia ancora di peggio. Il risultato di questa promiscuità nel lavoro, il beneficiario di quest’azione sociale cosmopolitica, può essere soltanto una democrazia che non sarà né cattolica, né protestante, né ebraica; una religione (siccome il movimento del Sillon, i capi l’anno detto, è una religione) più universale della Chiesa cattolica, che riunirà tutti gli uomini divenuti finalmente fratelli e compagni, nel “regno di Dio”. – “Non si lavora per la Chiesa: si lavora per l’umanità”.

Torniamo, ora, alla domanda iniziale. I Padri fondatori che Europa volevano? La volevano nel solco del cattolicesimo liberale? La risposta è positiva. Il loro desiderio si è pienamente realizzato, soprattutto grazie alla deviazione del Concilio Vaticano II, che ha sposato in pieno la loro linea. Deviazione che si può sintetizzare in questa dichiarazione del Card. Roger Etchegaray, non a caso molto arrendevole nei confronti della Massoneria[5]: «Dopo lo Stato cristiano, del quale la Dichiarazione conciliare ha segnato la fine, dopo lo Stato ateo che ne è l’esatta e tanto intollerabile antitesi, lo Stato laico neutro, passivo e disimpegnato, è stato certamente un progresso»[6]. Peccato che lo Stato laico neutro, passivo e disimpegnato sia nient’altro che lo Stato ateo camuffato.

Se la Dichiarazione conciliare «ha segnato la fine» dello Stato cristiano, essa è necessariamente in rottura con la dottrina tradizionale sui doveri dello Stato verso la religione cattolica, espressa in particolare nell’Enciclica Quas Primas di Papa Pio XI di cui quest’anno festeggiamo il centenario. Tentare, poi, di ricuperare a posteriori la potestà di Cristo nella vita pubblica in uno Stato che si vuole neutrale è una contradizione che non lo consente.

Inutile nascondersi che il richiamo alla mancata citazione nella Costituzione europea delle sue radici cristiane come causa del degrado odierno suona proprio come uno sberleffo.



(Foto: Pixabay)


[1] Mons. M. Lefebvre, Lettera aperta ai cattolici perplessi, Spadarolo di Rimini 1985, pag. 103.

[2] P. Y. Congar, «La crise dans l’Église et Mgr Lefebvre» («La crisi nella Chiesa e Mons. Lefebvre»), in La Pensée Catholique, n° 169, pag. 50.

[3] P. Y. Congar, in Études et Documents, bollettino della Segreteria dell’Episcopato francese, del 15 giugno 1965, n° 5, pag. 5. Nonostante fosse stato più volte ripreso dal Sant’Uffizio sotto Pio XII a causa delle sue dottrine eterodosse, Padre Congar venne nominato «esperto» durante il Concilio e creato Cardinale da Giovanni Paolo II nel 1994.

[4] Il sito è quello del Museo di San Pio X. Non sono riuscito a trovarla nel sito della Santa Sede: pare non ci sia proprio. Solo un caso?

[5]Scrive Sandro Magister: «Poi c’era stato il Concilio Vaticano II, con la richiesta esplicita, sostenuta in aula dall’ultraprogressista vescovo di Cuernavaca, Sergio Mendez Arceo, di revocare la scomunica ai massoni. E poi erano cominciate le strette di mano pubbliche tra capi della massoneria e cardinaloni di peso: gli americani Richard Cushing, Terence Cooke, John Cody e John Joseph Krol, l’austriaco Franz König, l’olandese Bernard Alfrink, i francesi Maurice Feltin, Francois Marty e Roger Etchegaray, il cileno Raúl Silva Henriquez, i brasiliani Aloisio Lorscheider e Paulo Evaristo Arns, insomma quasi tutti i capifila dell’ala progressista conciliare». https://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7167.html .

[6] Mons. R. Etchegaray, Intervento davanti alla Commissione per l’Educazione dell’Assemblea Nazionale; testo riprodotto nel n° 36 di Enseignement catholique documents, pag. 33.





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