sabato 26 aprile 2025

Mons. Bux: «Tanta confusione dottrinale e il testo del “Padre nostro” non doveva essere cambiato»


Mons. Nicola Bux (teologo) e Martina Pastorelli (giornalista)


Di seguito l’intervista rilasciata da Mons. Nicola Bux, teologo, alla giornalista Martina Pastorelli. L’intervista è stata pubblicata sul quotidiano La Verità il 24.04.2025.

Tratto da Redazione Blog di Sabino Paciolla 26 Aprile 2025



Teologo, liturgista e stretto collaboratore di Benedetto XVI, don Nicola Bux si è sempre espresso con parresia su Papa Francesco e in nome di quella franchezza tanto apprezzata dal Santo Padre in quanto qualità dei primi cristiani, si è spesso mostrato perplesso dinanzi a certe sue scelte.

Con lui ci soffermiamo su alcuni aspetti del pontificato di Jorge Mario Bergoglio.

Il filo conduttore del pensiero di Francesco è stata la misericordia di Dio, presente anche nel motto papale: quale influenza ha avuto questo elemento sulla sua teologia?

Papa Francesco insisteva nel chiedere ai confessori di dare ai penitenti l’assoluzione, dicendo solo una parte di verità: che bisogna perdonare sempre, ma dimenticando l’altra: che bisogna pentirsi. La misericordia divina non sembra egli la intendesse quale compimento della giustizia secondo la misura superiore dell’amore e del perdono, ma come una disposizione a prescindere. In verità, la misericordia presuppone da parte di Dio la sua giustizia e la sua carità; da parte dell’uomo la volontà di essere riconciliati con Lui. La misericordia, perciò, non potrà mai essere automatica.


Prendiamo uno dei suoi testi più noti e più criticati poiché in certi casi ammetteva alla comunione i divorziati risposati: l’esortazione Amoris Laetitia. Quale cambiamento ha significato per la dottrina cattolica sui sacramenti?

L’Esortazione è stata interpretata come se sostenesse che i divorziati risposati possano ricevere la Comunione senza cercare di vivere «come fratello e sorella». Tale interpretazione, avallata da papa Francesco, contraddice l’insegnamento perenne della Chiesa, riaffermato da san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e introduce nella Chiesa uno stato di vita inedito. Questo stato di vita è un vero e proprio concubinato tollerato. Non solo: il modo in cui Amoris Laetitia lo ha approvato, è stato potenzialmente ancora più dannoso. Amoris Laetitia è sembrata affermare che non sia sempre possibile, o addirittura consigliabile, seguire la legge morale.

Sarebbe preferibile pensare che il Papa fosse stato solo “negligente” nel linguaggio usato, piuttosto che abbia insegnato positivamente degli errori. Ma questo parrebbe dubbio, visto che la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva suggerito delle correzioni ad Amoris Laetitia ed è stata ignorata. Siamo in una situazione estremamente grave: prima o poi sarà necessario un chiarimento.


Su temi caldi come le benedizioni di coppie dello stesso sesso, il pontificato di Francesco ha segnato una rottura con la dottrina cattolica?


E’ notissima la sua risposta a una domanda sulla condizione omosessuale: “se una persona cerca Dio, chi sono io per giudicare?” “Giudicare”, nel vangelo di Giovanni, sta anche per “condannare”, atto che può fare solo il Signore. Ciò premesso: che vuol dire cercare Dio? Vuol dire mettersi sulla strada della conversione. A motivo del suo pensiero incompleto, ha provocato confusione sulla dottrina cattolica. Se si aggiunge che, in merito, l’ignoranza e la superficialità albergano tra i pastori e i fedeli, si possono immaginare le conseguenze.


Veniamo a Fiducia Suplicans, il documento del Dicastero per la Dottrina della Fede che ha aperto alla benedizione di coppie omosessuali e coppie irregolari: quale era il significato che il Papa intendeva promuovere nell’ammettere questa possibilità?

C’è chi considera tale Dichiarazione e i tentativi di giustificarla un insulto all’intelligenza; poi, chi conosce la dottrina della fede e della morale, in specie la normatività della Rivelazione, si pone il primo dei Dubbi pubblicati nel 2023 da cinque Cardinali: è possibile che la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale, sia da parte del Papa ex cathedra, sia nelle definizioni di un Concilio ecumenico, sia nel magistero ordinario universale dei vescovi sparsi nel mondo?

Chi usa la logica è contrario e si pone il secondo Dubbio dei Cardinali: è possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio? Legato a questo Dubbio c’è un altro: continua ad essere valido l’insegnamento sostenuto dal magistero ordinario universale, secondo cui ogni atto sessuale fuori del matrimonio, e in particolare gli atti omosessuali, costituisce un peccato oggettivamente grave contro la legge di Dio, indipendentemente dalle circostanze in cui si realizzi e dall’intenzione con cui si compia? Dunque, il comunicato stampa vaticano finalizzato a chiarire la Dichiarazione, è la classica toppa peggiore del buco.


In materia di morale naturale però papa Francesco è sempre stato molto chiaro e financo duro: aborto ed eutanasia non sono ammissibili. La continuità, dunque, è stata mantenuta sugli assoluti morali?


Benedetto XVI, negli Appunti dell’aprile 2019, ha descritto l’origine della débàcle della morale cattolica, e quindi anche delle divisioni tra i cattolici: scaturisce dall’opinione che la convivenza, sia di una coppia etero sia di quella omosessuale, non siano peccaminose. Lo scisma, prima sommerso, ora è emerso: se sarà dichiarato formalmente in occasione di un prossimo evento ecclesiale, lo vedremo. Certo, il prossimo papa dovrà fare i conti, se approfondire la divisione o ricucirla convocando un concilio. A chiunque sia candidato a papa, si dovrà chiedere nelle Congregazioni pre-conclave di rispondere ai Dubbi susseguiti dal 2015 in poi, pena l’aggravamento della divisione della Chiesa.


Secondo alcuni le encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti divergono dall’insegnamento della dottrina sociale cattolica. Quale è la sua opinione?

Da più parti, è stato osservato che nella Fratelli tutti la dimensione soprannaturale è totalmente assente; che non v’è alcun riferimento alla necessità dell’appartenenza alla Chiesa per conseguire la salvezza eterna, anzi, la funzione della Chiesa viene attribuita all’Onu; inoltre, la condizione incompiuta dell’umanità non è ritenuta conseguenza del peccato originale, da cui vengono guerre e morte; manca la redenzione, la vocazione alla santità, l’azione della grazia e soprattutto il mistero pasquale del Signore; sembra che la fratellanza si realizzi per il solo fatto di appartenere all’umanità. In sostanza, è una rivoluzione della teologia morale cattolica con l’omissione della questione di fondo: perché Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo? Parlare di nuovo umanesimo o di fratellanza umana, senza Gesù Cristo, è tanto più grave, perché questo allontanamento proviene soprattutto dai pastori, non dai laici.


La Laudato Sii è stata usata dal pensiero progressista come un manifesto ecologista: come intendeva l’ecologia integrale Francesco?

L’ambientalismo, esaltato da papa Francesco addirittura con una Enciclica, non è “cura del Creato”, ma neomalthusianesimo camuffato, come ha affermato Ettore Gotti Tedeschi. Detta ideologia spiega che l’ambiente si deve proteggere dagli eccessivi consumi, necessari a sfamare troppe bocche, frutto di eccessiva natalità. Il Papa è giunto a implicare la conversione, affermando che essa ha vari livelli: spirituale, pastorale, culturale, e persino ecologico, che non possono essere disgiunti. In verità, la conversione dell’uomo a Dio ha un solo scopo: credere al Vangelo di Gesù Cristo. L’ambientalismo non ha solo creato tutti i dissesti socioeconomici che stiamo sopportando, ma è origine di conflitti che aggravano le condizioni dei popoli.


Durante il pontificato di Francesco, e con la sua approvazione, è entrata in uso la nuova versione del Padre Nostro: quale il significato della preferenza data dal Papa all’espressione “non abbandonarci alla tentazione” piuttosto che “non indurci in tentazione”?

Il rapporto tra bontà divina, tentazione diabolica e permissione al male, da sempre rende la frase “et ne nos inducas in tentationem” difficile da spiegare, perché sembra suggerire che Dio sia quasi il responsabile delle nostre tentazioni. In italiano il verbo indurre significa spingere, ma anche condurre in un luogo. Ma la parola tentazione vuol dire anche prova. Sarebbe stato meglio modificare il sostantivo tentatio. S.Tommaso d’Aquino dice: “Cristo ci insegna a chiedere non di non essere tentati, ma di non essere indotti nella tentazione”. E si chiede: “Ma forse Dio induce al male dal momento che ci fa dire: “non ci indurre in tentazione”? Rispondo che si dice che Dio induce al male nel senso che lo permette, in quanto a causa dei suoi molti peccati precedenti, sottrae all’uomo la sua grazia, tolta la quale egli scivola nel peccato. Dunque, il testo del Pater noster si doveva lasciare com’era, quale segno della trascendenza di Dio, senza confondere i tre livelli: traduzione, interpretazione, catechesi. La nuova traduzione italiana si è appiattita al livello ultimo, la catechesi. Dio appare non più come colui che induce alla tentazione, ma che può abbandonarci ad essa.






Nessun commento:

Posta un commento