Rigettato il ricorso del governo contro la sentenza politica che imponeva di usare genitore l e 2 sui documenti. I magistrati stralciano una norma di buon senso e ispirata alla nuda realtà, passando sopra alla Costituzione. Tutto per mera ideologia.
di Paolo Del Debbio
di Paolo Del Debbio
«L’indicazione 'padre e madre’ sulla carta d'identità elettronica è discriminatoria perché non rappresenta le coppie delta stesso sesso che hanno ricorso all'adozione in casi particolari». Non si tratta di un comunicato della galassia delle associazioni Lglbtq-ia+, ma di una sentenza delle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione che respinge il ricorso del ministero dell'Interno contro la decisione della Corte d'Appello di Roma di disapplicare un decreto con il quale era stato eliminato Il termine «genitori» sulle carte d'identità dei figli per tornare alla dicitura «padre e madre».
Questa sentenza, secondo noi, è il vero atto discriminatorio perché discrimina chi vuole chiarnarsi padre e madre e chi lo vorrebbe scritto sulla carta d'identità, a favore di chi non lo vuole. In altre parole, i termini "padre e madre» scompaiono per fare posto ad altre diciture che vedremo tipo «genitore 1 e genitore 2». Complimenti vivissimi alla Corte di Cassazione che, volendo scrivere, una sentenza anti-discriminatoria per una minoranza ha scritto una sentenza discriminatoria per una maggioranza.
Si obietterà che nel caso dei diritti non ci sono minoranza e maggioranza ma titolari dei diritti. ma perché discriminare gli uni, la maggioranza, a favore degli altri, la minoranza? Si era sempre parlato dei diritti delle minoranze, dovremo cominciare a parlare di diritti delle maggioranze? Siamo arrivati a questo obbrobrio giuridico? Dobbiamo digerire questo snaturamento come se niente fosse?
Fino ad oggi, a meno che la Corte di cassazione non ritenga di dover disapplicare la Costituzione, essa all’art. dice così: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio...». Quel «società naturale» si riferisce alla famiglia composta da un padre e da una madre... Questo dato di natura non può essere mutato neanche dalla Corte di Cassazione, a meno che non si cambi la Costituzione e, nella Costituzione stessa, si specifichi che la famiglia può essere composta da varie tipologie alite a quella definita discriminatoria dalla Corte, e cioè da un padre e da una madre.
Lo sanno quelli della Corte che per ottenere una gravidanza in modo surrogato un uomo deve congiungersi a una donna e/o una donna a un uomo? O forse pensano che con l'intelligenza artificiale arriveremo a nuove formule di gravidanza che daranno vita magari a dei robot ai quali crescerà la pancia per un certo periodo e poi partoriranno degli altri piccoli robot? Sono così avanti i giudici della Suprema Corte o hanno preso un bell’abbaglio?
Mettiamo che, per ipotesi questa sentenza che abolisce i nomi di padre e madre sulla carta d'identità sia stata scritta, per l'appunto, per ragioni antidiscriminatorie. Mettiamo che una persona o più persone vogliano legittimamente farsi chiamare dai figli padre e madre. Perché mai costoro non dovrebbero avere il diritto di scriverlo sulla carte d'identità? Evidentemente sta diventando discriminatorio chiamarsi padre e madre. Allora, per assurdo, sarebbe stato più logico giuridicamente, ai fini di evitare le discriminazioni, lasciare la libertà ai genitori di scrivere sulla carte d'identità padre e madre, così come per altri di scrivere x e y, genitore a e genitore b, Topolino e Minni, Adamo ed Eva, Ulisse e Penelope, Tristano e Isotta, e via con amenità di questo tipo. Data la fumosità della sentenza non escluderei neanche la possibilità di utilizzare i nomi Pippo e Pippa.
Immaginate per un attimo un bambino o una bambina che è abituato a chiamare papà e mamma (dalle mie parti si direbbe babbo e mamma) e che, a un certo punto, andando in viaggio, scopre che sulla sua carta di identità c’è scritto genitore 1 e genitore 2. Cosa devono pensare, questo bambino e questa bambina, che ce n'è uno più importante dell'altro? Che a casa gli hanno insegnato a chiamarli in un modo che non è riconosciuto dallo Stato? Capite l’assurdità, lo sfregio, la ferita e financo l’offesa cui verrebbero sottoposti questo bambino e questa bambina ...
Ciò che è stabilito dalla natura non lo cambierà mai nessuno...
La Corte è riuscita in un intento veramente complesso, forse unico, quello di discriminare la maggioranza a favore della minoranza. Questo non l’avevamo ancora visto e, francamente, speravamo di non vederlo mai. Nessuno si è posto la questione del diritto di quei bambini, figli di un padre e di una madre, di chiamare i genitori con il loro appellativo che spesso si trasforma in un appellativo affettuoso nei vocativi «papà» e «babbo»?
La realtà non conta veramente niente. Conta solo ciò che alcuni pensano, che la realtà sia superflua, e costruiscono un mondo che, secondo loro (una minoranza), è meglio di quello reale. Che tristezza!
Fonte: La Verità, 10 aprile 2025
Mettiamo che, per ipotesi questa sentenza che abolisce i nomi di padre e madre sulla carta d'identità sia stata scritta, per l'appunto, per ragioni antidiscriminatorie. Mettiamo che una persona o più persone vogliano legittimamente farsi chiamare dai figli padre e madre. Perché mai costoro non dovrebbero avere il diritto di scriverlo sulla carte d'identità? Evidentemente sta diventando discriminatorio chiamarsi padre e madre. Allora, per assurdo, sarebbe stato più logico giuridicamente, ai fini di evitare le discriminazioni, lasciare la libertà ai genitori di scrivere sulla carte d'identità padre e madre, così come per altri di scrivere x e y, genitore a e genitore b, Topolino e Minni, Adamo ed Eva, Ulisse e Penelope, Tristano e Isotta, e via con amenità di questo tipo. Data la fumosità della sentenza non escluderei neanche la possibilità di utilizzare i nomi Pippo e Pippa.
Immaginate per un attimo un bambino o una bambina che è abituato a chiamare papà e mamma (dalle mie parti si direbbe babbo e mamma) e che, a un certo punto, andando in viaggio, scopre che sulla sua carta di identità c’è scritto genitore 1 e genitore 2. Cosa devono pensare, questo bambino e questa bambina, che ce n'è uno più importante dell'altro? Che a casa gli hanno insegnato a chiamarli in un modo che non è riconosciuto dallo Stato? Capite l’assurdità, lo sfregio, la ferita e financo l’offesa cui verrebbero sottoposti questo bambino e questa bambina ...
Ciò che è stabilito dalla natura non lo cambierà mai nessuno...
La Corte è riuscita in un intento veramente complesso, forse unico, quello di discriminare la maggioranza a favore della minoranza. Questo non l’avevamo ancora visto e, francamente, speravamo di non vederlo mai. Nessuno si è posto la questione del diritto di quei bambini, figli di un padre e di una madre, di chiamare i genitori con il loro appellativo che spesso si trasforma in un appellativo affettuoso nei vocativi «papà» e «babbo»?
La realtà non conta veramente niente. Conta solo ciò che alcuni pensano, che la realtà sia superflua, e costruiscono un mondo che, secondo loro (una minoranza), è meglio di quello reale. Che tristezza!
Fonte: La Verità, 10 aprile 2025
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