martedì 23 luglio 2024

Bergoglio salva la messa in latino, ma continua la faida tra "falchi" e "colombe"



Andrea Grillo lo aveva detto [qui risposta Alcuin Reid] e si sapeva che non fossero chiacchiere. Ora anche i giornali lo riportano. Dall'articolo de Il Giornale ripreso di seguito la conferma di gruppi di pressione in Vaticano che agiscono sul Papa per l'abolizione definitiva della Messa dei secoli che, secondo quanto autorevolmente decretò San Pio V, non si può nè modificare nella struttura nè a maggior ragione abolire. Ci sono prelati che in odio alla Verità vogliono spingere il Papa a rendere ulteriormente restrittivo un atto che non solo rappresenta sconfessione e disprezzo dell'opera del suo predecessore Benedetto XVI, ma aumenterebbe lo scalpore già ampiamente diffuso e conseguenti reazioni dei fedeli legati alla Messa antica, assestando un ulteriore colpo a questo Pontificato ed il rischio se non la certezza di aprire nuove e dolorose divisioni nella Chiesa. Qui l'indice dei precedenti


23 luglio 2024

Pericolo scampato, almeno per il momento. I cosiddetti tradizionalisti hanno tirato un sospiro di sollievo alla mezzanotte e un minuto di mercoledì scorso, quando hanno avuto la certezza che la Santa Sede non avrebbe pubblicato il documento con cui vietare drasticamente le celebrazioni in rito antico. Il 16 luglio, infatti, veniva considerato il giorno X per l'uscita delle nuove restrizioni alla cosiddetta messa in latino. Non un giorno a caso: esattamente tre anni prima Francesco aveva firmato Traditionis custodes, il motu proprio che ha abrogato la liberalizzazione concessa nel 2007 da Benedetto XVI con Summorum Pontificum.


I nemici della messa in latino
 
Dall'uscita di Traditionis custodes si è aperta una stagione di ulteriore divisione nella Chiesa che dovrebbe vedere, secondo molti rumors, un nuovo capitolo con l'entrata in vigore di una stretta ancora più drastica. A guidare l'offensiva è il dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti guidato dal cardinale britannico Arthur Roche, supportato dal segretario monsignor Vittorio Francesco Viola. Fonti vaticane riferiscono che sono loro due - in questa fase più il secondo del primo - ad insistere per estendere il divieto alle celebrazioni in Vetus Ordo. Traditionis custodes, d'altro lato, arrivò poco più di un mese dopo il pensionamento del cardinale guineano Robert Sarah dal ruolo di prefetto. La promozione di Roche, già ostile alla cosiddetta messa in latino sin dai tempi del suo mandato nella diocesi di Leeds durante il quale diede un'interpretazione piuttosto limitante del Summorum Pontificum, ha aperto le porte ad una serie di documenti diretti - persino contraddittoriamente - a rendere più difficile la celebrazione in forma straordinaria.

Dopo Traditionis custodes, sono arrivati i Responsa ad dubia e un Rescriptum, oltre ai numerosi "no" partiti dal dicastero alle richieste di autorizzare messe tradizionali in giro per il mondo. Tutto ciò, però, non deve essere sembrato sufficiente ai sostenitori della causa anti-tradizionalista ora intenti a convincere il Papa a mettere la firma su un documento restrittivo che, secondo più fonti vaticane, già esiste.


Falchi e colombe

In Curia, però, non c'è solo chi spinge Francesco a firmare il divieto definitivo al rito antico. Come spesso accade, su Santa Marta non volano solo "falchi" ma anche "colombe". A storcere il naso per l'offensiva di Roche e Viola non ci sono solo quei porporati che celebrano senza problemi in forma straordinaria e che Benedetto XVI nel 2014 definì "grandi cardinali", ma anche chi per amore del Papa vuole evitargli di provocare inutili divisioni con un provvedimento destinato ad essere fortemente contestato. Secondo quanto si apprende, l'opera di persuasione di diversi cardinali moderati avrebbe avuto un qualche effetto su Francesco che per il momento avrebbe preferito lasciare il documento presumibilmente prodotto dal dicastero per il culto divino in un cassetto. "Padre Santo, ma le conviene?", questo il senso della moral suasion che, dietro le quinte, hanno cercato di esercitare alcuni cardinali.

Secondo quanto si apprende, altri avrebbero provato invece a parlare privatamente con monsignor Viola per convincerlo dell'inopportunità di far uscire un simile documento. C'è anche chi ha preso una posizione pubblica, prendendo carta e penna e scrivendo al Papa per implorarlo a "non lasciare che ciò accada". Lo ha fatto il cardinale messicano Juan Sandoval Íñiguez, arcivescovo emerito di Guadalajara e già firmatario degli ultimi Dubia, che nella lettera ha fatto riferimento alle “voci secondo cui si vorrebbe vietare definitivamente la Messa latina di San Pio V” ed ha sostenuto che "ciò che la Chiesa celebra da quattro secoli, la Messa di san Pio V in latino, con una liturgia ricca, pia, che invita essa stessa a penetrare nel Mistero di Dio, non può essere un male”.

Nel frattempo, la petizione lanciata su Change.org dal compositore britannico Sir James MacMillan a difesa della messa in latino ha raggiunto le 15 mila adesioni. Non sono in pochi a pensare che la mobilitazione a favore di questa causa arrivata non solo da cattolici possa aver contribuito allo stop temporaneo di un documento che veniva considerato di imminente uscita per il 16 luglio. La partita, però, non è finita.




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