DOMENICA 7 APRILE 2024
Le Sante Messe del tempo pasquale in dom Prosper Guéranger
DOMENICA “QUASIMODO” O OTTAVA DI PASQUA
Questa domenica, detta ordinariamente “Quasimodo”, nella liturgia porta il nome di “Domenica in Albis” e, più esplicitamente, “in albis depositis”, perché oggi i neofiti ricomparivano in chiesa con gli abiti usuali. Nel Medio Evo la chiamavano “Pasqua Chiusa”, per esprimere, senza dubbio, che l’Ottava di Pasqua finiva in questo giorno. La solennità di questa domenica è così grande nella Chiesa che non soltanto appartiene al rito del “doppio maggiore”, ma non cede mai il suo posto a nessun’altra festa, di qualsiasi grado essa sia.
A Roma la Stazione si tiene nella basilica di San Pancrazio, sulla via Aurelia. I nostri predecessori non ci hanno insegnato nulla circa i motivi che hanno fatto scegliere questa chiesa per la riunione dei fedeli nella giornata odierna. Forse ebbe la preferenza per la giovane età di quel martire di quattordici anni, cui è dedicata, in rapporto a un certo confronto con la gioventù dei neofiti, che oggi formano ancora l’oggetto della materna preoccupazione della Chiesa.
MESSA
EPISTOLA (1Gv 5, 4-10) – Carissimi: tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con acqua e con sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è maggiore; e la testimonianza di Dio è quella che ha dato al suo Figlio. Chi crede nel Figlio di Dio, ha questa testimonianza in sé. Chi non crede a Dio, fa di lui un bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha reso a suo Figlio.
Merito della fede
L’apostolo san Giovanni, in questo brano, esalta il merito e i vantaggi della fede; ce la presenta come una trionfatrice che mette il mondo sotto i nostri piedi: il mondo che ci circonda e quello che è dentro di noi. La ragione che ha condotto la Chiesa a scegliere per oggi questo testo di san Giovanni s’indovina facilmente quando si vede lo stesso Cristo raccomandare la fede, nel Vangelo di questa Domenica. «Credere in Gesù Cristo – ci dice l’apostolo – è vincere il mondo»; chi dunque sottopone la sua fede al giogo del mondo non possiede la vera fede.
Crediamo con cuore sincero, felici di sentirci bambini in presenza della verità divina, sempre disposti ad accogliere premurosamente la testimonianza di Dio. Questa divina testimonianza si ripercuoterà in noi, se ci sentiremo desiderosi di ascoltarlo sempre di più. Giovanni, alla vista dei lenzuoli che avevano avvolto il corpo del Signore, si raccolse in se stesso e credette; Tommaso, che aveva, in più dell’altro, la testimonianza degli apostoli che avevano veduto Gesù risorto, non credette. Non aveva sottoposto il mondo alla sua ragione, perché la fede non era in lui.
VANGELO (Gv 20, 19-31) – La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!». Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
La testimonianza di san Tommaso
Abbiamo sufficientemente insistito sull’incredulità di san Tommaso: ora è giunto il momento di rendere invece onore alla fede di questo apostolo. La sua infedeltà ci ha aiutati a sondare la pochezza della nostra fede: che il suo ritorno ci illumini su ciò che dobbiamo fare per divenire dei veri credenti. Tommaso ha costretto il Salvatore, che contava su di lui per farlo divenire una delle colonne della sua Chiesa, a essere condiscendente fino alla familiarità; ma, appena si trova in sua presenza, ne rimane soggiogato. Il bisogno di riparare con un atto solenne di fede l’imprudenza che ha commesso, credendosi saggio e accorto, si fa sentire in lui. Egli getta un grido; e questo grido rappresenta la protesta della fede più ardente che un uomo possa far udire: «Mio Signore e mio Dio!». Rimarcate che egli qui non dice soltanto che Gesù è il suo Signore, il suo Maestro, che è proprio lo stesso del quale è stato discepolo: tutto ciò non sarebbe ancora fede! Poiché non è più fede quando si può toccar con mano. Tommaso avrebbe avuto fede nella Risurrezione se avesse creduto alla testimonianza dei suoi fratelli; ma, adesso, non crede più semplicemente: egli vede, ne fa l’esperienza. Qual è dunque la testimonianza della sua fede? È che in questo momento egli attesta che il suo Maestro è Dio. Vede solo l’umanità di Gesù e proclama la divinità del Signore. Con un unico balzo la sua anima leale e contrita si è slanciata fino alla comprensione della dignità di Gesù: «Mio Dio» egli dice.
Preghiera
O Tommaso, dapprima incredulo, la Santa Chiesa onora la tua fede e la propone per modello ai suoi figli, nel giorno della tua festa. La confessione, che oggi hai fatto, viene a porsi da sé vicino a quella che fece Pietro quando disse a Gesù: «Tu sei il Cristo, Figlio di Dio vivente!» Per mezzo di questa professione di fede che né la carne né il sangue avevano ispirato, Pietro meritò di essere scelto per essere il fondamento della Chiesa; la tua ha fatto più che ripararne la colpa; essa ti rese, per un momento, superiore ai tuoi fratelli, che la gioia di rivedere il loro Maestro trasportava, ma sui quali la gloria visibile della sua umanità aveva fatto fino ad allora maggiore impressione che il carattere invisibile della sua divinità.
PREGHIAMO
Concedici, Dio onnipotente, di conservare nella vita e nelle opere il frutto delle feste pasquali da noi celebrate.
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