giovedì 4 aprile 2024

La censura del peccato




Di Mattia Spanò, 4 Aprile 2024



di Mattia Spanò

Meta (Facebook) ha interrotto il Venerdì Santo la diretta della Via Crucis trasmessa sulla pagina di Radio Maria per la presenza di “immagini di nudo”. Quali erano queste immagini? Il corpo di Gesù pendente dalla croce.

Si potrebbero – e dovrebbero – fare molti ragionamenti su questo delirio digitale censorio, gravato dal sospetto che l’algoritmo non sia preoccupato tanto della nudità del Salvatore quanto di Cristo stesso, nudo o vestito che sia.

Un ragionamento in particolare non discende dall’algoritmo o dalla subcultura nella quale volenti o nolenti siamo immersi, avendo a che fare con un carattere profondo del puritanesimo americano dal quale non poche delle follie attuali dipendono. Piuttosto, esso è la premessa dell’algoritmo.

Parlo della visione puritana del peccato, che non trovando sfogo in nulla di paragonabile al sacramento della Confessione si risolve nella rimozione del peccatore (si pensi ai processi alle streghe di Salem), la sua normalizzazione ma soprattutto la soppressione dell’occasione del peccato.

Sono le tre strategie privilegiate attraverso le quali l’uomo libera se stesso dal male, nella credenza che Dio il giorno del Giudizio distingua i “puri” – coloro che ci sono riusciti – dagli impuri che hanno fallito nell’auto salvazione. Questo tipo di concezione conduce ad una visione del mondo e della vita come “inferno”, una dimensione ctonia antitetica rispetto al cielo, nella quale tutto sommato il male è un fatto biologico, come il colore dei capelli e degli occhi. Teorie razziste ed eugenetiche sviluppate in seguito affondano e si giustificano in questo humus.

Non voglio lanciarmi in un attacco scomposto alla teologia protestante americana, in particolare nella sua declinazione puritana. Quasi ogni pensiero teologico e filosofico presenta notevoli problemi, e del resto è inevitabile che così sia.

Il cristianesimo stesso, data l’insufficienza della ragione e dell’esperienza umane nel sondare il mistero dell’Incarnazione, è stato sin dalle origini sottoposto ad enormi sollecitazioni endogene: “rendere ragione della speranza che è in noi” è un esercizio immane che getta l’uomo in mare aperto, esponendolo a molteplici errori noti come eresie. Come le eresie vengono confutate dalla dottrina storica, così queste derivazioni confutano le eresie stesse. I frutti si giudicano dall’albero che è spietato rispetto alle intenzioni, magari lodevolissime.

Il più delle volte la confutazione delle eresie avviene per estremizzazione, cioè il portare all’estremo le conseguenze di una data asserzione, mostrando come essa nel suo “limite superiore” entri in conflitto con la scaturigine della dottrina, cioè il limite inferiore o premessa, arrivando a snaturarla o negarla. L’assenza, nel protestantesimo, di un punto dirimente come il papa e le istituzioni cattoliche (farraginose finché si vuole, ma oggettive), ha stiracchiato la materia portato la soluzione delle controversie, che spetta ai canonici, sul piano storico: ciò che prima veniva chiarito sul piano speculativo e intellettuale, ora viene definito dal divenire storico. È una posizione fatalista molto pericolosa, come vediamo.

Lutero aveva una grande sensibilità per il peccato, un grande avvertimento della forza e delle conseguenze del peccato, al punto da elaborare la dottrina della “sola grazia”: essendo impossibile per l’uomo sottrarsi al peccato, la salvezza arriva esclusivamente per iniziativa divina.

Che si pecchi o non si pecchi, è Gesù che salva indipendentemente dalla volontà umana. Sarebbe meglio se il lettore cattolico apostolico romano, come il laico o l’agnostico, non trattasse con sufficienza quest’idea: Lutero è stato un acutissimo genio religioso, e la dottrina della “sola fide, sola gratia” non può essere liquidata come una cosa di poco conto. Tanto è vero che la Chiesa del tempo reagì con un colossale Concilio, uno dei più importanti della storia: quello di Trento. A significare che le questioni poste da Lutero richiesero un vastissimo sforzo spirituale e intellettuale.

Il puritanesimo di matrice calvinista – e politicamente cromwelliana – come ogni zelo che si rispetti, sposta il problema su un piano ancora più lontano rispetto al protestantesimo delle origini: dal momento che non posso nulla contro il peccato, l’unica cosa da fare è evitare la possibilità stessa del peccato. In termini semplificati: non si tratta di scegliere se peccare o non farlo ma di eliminare la possibilità di tale scelta. Un uomo che non venga indotto in tentazione, necessariamente non peccherà, o peccando chiamerà il peccato “volontà divina”. È un artificio mentale ormai penetrato anche nella Chiesa Cattolica, anch’essa spianata nello scorgere nel divenire storico un progetto divino sostanzialmente oscuro e incomprensibile.

Questo tipo di sensibilità spirituale “igienica” è al fondo di moltissimi fenomeni che vediamo intorno a noi. Avoid everything, because everything can harm you: evita qualsiasi cosa, dal momento che può nuocerti.

Anche la disintermediazione degli atti umani – schiaccio un bottone, sposto denaro dall’altro capo del mondo o uccido qualcuno – ha a che fare con questo pensiero: rifuggire le conseguenze delle proprie azioni, perdendo il contatto con esse. Un’enorme retorica della giustificazione, descritta da George Steiner in Vere presenze, si è avvolta intorno a questo rocchetto.

Qualche esempio pratico. Basta fare una ricerca su qualunque alimento comune per scoprire che, per un motivo o per l’altro, fa male alla salute. Evitare qualsiasi patologia, a prescindere dalla sua gravità, è un imperativo categorico kantiano. Occorre vaccinarsi contro qualsiasi malattia esistente, e contro cause di morte comuni come il cancro o l’infarto. In questo video molto efficace, Silver Nervuti mostra come l’ossessione per la sicurezza abbia reso le persone incapaci di badare a se stesse in tutto e per tutto, rendendole di fatto dipendenti dal potere. Il quale potere, così come Dio, non deve più giustificare se stesso, ma procede alla cieca verso un generico “bene” i cui contorni sono sentimentali e cangianti.

Tutte queste cose – e molte altre – hanno a che fare con la rimozione della possibilità del peccato e della libertà umana. L’immagine di Cristo in croce è trattata alla stregua di un’immagine pornografica, e in un certo senso deviato lo è: è la rappresentazione di un negozio, un mercimonio, una cessione fisica – il corpo, la vita di Gesù – in cambio della redenzione degli uomini.

Il sacrificio di Cristo è naturalmente molto più alto e mirabile di questa ipotesi, tuttavia mi sembra questo il terribile equivoco culturale nel quale la sensibilità moderna lo colloca: il sacrificio visto come prostituzione, cioè la cessione del corpo vivo in cambio di qualcosa di effimero che nessuno ha mai visto o potuto immaginare (la salvezza dell’anima), esattamente come la prostituzione e la pornografia attraggono in nome di qualcosa di breve e volatile come il piacere erotico. Tanto è vero che l’idea stessa del sacrificio fa ormai inorridire chiunque.

Il difetto dell’algoritmo che governa Meta, e quindi l’espressione del pensiero dei suoi utilizzatori inconsapevoli, è che non entra affatto nel merito di cosa significhi un corpo nudo: lo tratta come spunto erotico – si pensi alla confusione inestricabile vigente fra Eros e Agape – come faceva qualche anno fa con le donne che allattano o con l’arte classica. In linea puramente teorica – così computa l’algoritmo – qualcuno potrebbe essere sessualmente attratto dalla rappresentazione di un corpo maschile nudo, morto o moribondo. La “seduzione” – il condurre con sé, e non c’è dubbio che, come scrive Diego Fabbri in Processo a Gesù, Cristo sia un grande seduttore – è confinata alla sua dimensione bestiale, pruriginosa. Non esiste in fondo pensiero, o intelligenza artificiale, che possa sottrarsi ad un attracco morale o ad un suo surrogato.

Ci sono fatti da evitare, mentre altre aberrazioni sono assolutamente normali: che un uomo si senta donna, o sia nato in un “corpo sbagliato” è ormai culturalmente accettato. Anche un bambino dentro la pancia di una madre è un corpo in un “luogo sbagliato”, essendo soggetto alla roulette russa del desiderio femminile isolato da quello maschile – per quanto sovente irresponsabile – e più in generale dalla società tutta. La monade femminile, naturalmente ordinata alla vita, una volta isolata impartisce la morte.

Da più parti e con sempre maggior insistenza di sente dire che la pedofilia è una forma d’amore come le altre. Come il cattolico Biden ha sottoscritto la creazione dell’ennesima “Giornata Mondiale” della visibilità transgender caduta proprio il giorno della Pasqua cattolica, così un domani la Giornata Mondiale dell’orgoglio pedofilo potrebbe cadere il 25 dicembre. Il cristianesimo va sovrascritto, formattato come un computer obsoleto. È in fondo l’idea – vecchia a sua volta – non estranea a certo pensiero cattolico, che la Chiesa sia “vecchia”.

Dal “corpo corrotto” donato da Dio, che in effetti deperisce, muore e torna alla terra, al “corpo corretto” come utopia e sede di uno spirito nuovo. I “corpi corretti” dei transgender debbono dunque essere “visti” – la visibilità – perché essi sono sacri e puri: non c’è alcun bisogno del sacrificio di Cristo, perché non v’è più alcuna necessità di salvezza, ma soltanto di correzione.

Questi “corpi corretti” potranno ad esempio servirsi di “corpi desiderati”, quelli dei bambini sopravvissuti all’aborto “diritto umano fondamentale”, diritto che è sopravanzato soltanto dal desiderio della madre avulso dal rapporto col maschio e isolata dalla società. Durante alcune manifestazioni di orgoglio transgender negli USA, si potevano udire canti e leggere cartelli: stiamo arrivando per i vostri figli.

Anche questo sarà reso “visibile”, perché “non c’è nulla di male”, “l’amore è l’amore”. Tutto è purificato dal peccato così come definito dalla perfezione divina. In altre parole, la salvezza finisce per arrivare attraverso il male dell’uomo. Non solo: non potendo manipolare la naturalezza del peccato se non attraverso la manipolazione linguistica e fisica – “che male c’è” – si pretende di salvare la natura stessa, creando una natura artificiale: salviamo il pianeta.

Lo strumento tecnologico e la stessa ideologia liberal non sono altro che l’esito estremo del pensiero puritano, il quale tratta il corpo nudo del Salvatore come il segno tangibile di una verità non meno nuda: il mistero di Dio fatto carne, morto e risorto per la nostra salvezza non è pienamente intelligibile, pertanto va censurato.

In forma ridicola in questo episodio e in moltissimi altri simili mi sembra di intravvedere questo. Dio al contrario lascia crescere il grano insieme alla gramigna, e attende il giorno finale per separare le pecore dai capri. È un atto di estremo rispetto della natura umana ormai inaccettabile per gli uomini stessi, i quali disperando della salvezza cercano la purezza. Non trovandola, chiamano così il suo contrario.






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