Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione queste riflessioni del prof. Ettore Gotti Tedeschi, che ringraziamo di cuore. Buona lettura e condivisione.
Caro Tosatti, mi vuole concedere una riflessione di carattere morale, che come conseguenza ha tutti quei grandi problemi che lei,molto opportunamente, descrive ininterrottamente nel suo blog?
La crisi che stiamo vivendo è una crisi di santi, di santi preti anzitutto. Pertanto le chiedo di ospitare una riflessione (non mia, ma da me adattata) che spero sia utile a chi vorrà leggerla.
Domenico Giuliotti (1877-1956), uno dei maggiori intellettuali cattolici del ‘900, è poco conosciuto, come lo sono spesso le menti eccelse che pretendono però di contribuire con i loro scritti alla evangelizzazione, proponendo di riflettere sulle Verità assolute. Nel 1937 pubblicò un libretto “Pensieri di un malpensante” (Vallecchi ed. Firenze). Il capitolo titolato “Splendori e miserie della chiesa militante” dovrebbe oggi essere letto, nei momenti di pausa, nei Seminari (e perché no, anche in famiglia davanti al “focolare” domestico).
Riprendo (arbitrariamente adattandole per renderle più dirette e, secondo me, più facili da intendere) alcune considerazioni che sono preziose.
Ohimè, considerate “sorpassate”, come direbbe don Camillo di Guareschi: “chissà mai perché..?”.
Scrive Giuliotti che la Chiesa (quella con la “C “ maiuscola), nonostante tutto, è la grande sconosciuta. Ohimè, oggi sconosciuta ancor di più direi, confondendola con una organizzazione sociale. La gran parte dei suoi figli infatti non sa che la Chiesa è stata voluta per amarli, assisterli, nutrirli, perché (anche questo i suoi figli l’hanno dimenticato) i suoi figli nascono in Lei e fuori da Lei muoiono.
Non ci sono, dice Giuliotti, molte chiese, ma solo due: quella di Cristo e quella dell’Anticristo.
Così come non ci sono varie guerre, ma una vera: tra Cristo e l’Anticristo. Il grande conflitto non è infatti sociale o culturale, bensì spirituale.
Pertanto, rivolgendosi ai santi sacerdoti, raccomanda due cose: transustanziare e confessare. E, aggirandoli con una domanda spirituale, chiede loro: giovane prete, a chi misticamente assomigli tu? A Cristo, rispondi. Si certo, ma prima che a Cristo devi somigliare a Maria, perché come Lei, porti in te Cristo, devi sentirlo crescere e devi partorirlo, custodirlo, donarlo alle anime. Tu, essendo prete, stai in alto, ma sei congiunto alle anime sottostanti che devi sollevare alla gloria. Se non lo fai, sei, essendo prete, deicida, omicida e suicida.
Pensaci !Dal giorno della tua ordinazione alla morte, resti immerso nel soprannaturale. Ma te ne accorgi? Potevi essere padre secondo la carne, lo sei invece senza generare figli, lo sei in modo più puro, più nobile, più fecondo. Sei padre, maestro, fratello e servo di una comunità di famiglie, hai le chiavi della porta della salvezza. Solo che tu pronunzi parole misteriose, in una lingua morta (così scrive Giuliotti nel libro), schiere di angeli si inginocchiano invisibilmente intorno a te e Dio stesso si da prigioniero nelle tue mani. Questo uomo, caro prete, è il prete cattolico. Sei la fiaccola sul candelabro che vince il buio, tuttavia la tua miseria umana è quasi uguale alla tua sovrumana grandezza. Cancelli i peccati, ma pecchi tu stesso.
Diffondi la vita ma non vivi secondo i doveri del tuo ministero. Ma proprio per questo dobbiamo amarti ed aiutarti perché il peso che porti è grandissimo e la tua forza è spesso inadeguata. E’ difficile per noi cattolici comuni separare il sacerdote dall’uomo, venerando quello e compatendo questo. Eppure il prete è per la investitura ricevuta la più grande luce di questo mondo. Se si spegne, si spegne la stessa Civiltà cristiana.
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