sabato 13 aprile 2024

Aborto. L’Unione Europea come l’Unione Sovietica


Manifestazione di “Non Una di Meno” nella giornata mondiale 
per il diritto all’aborto, Milano, 28 settembre 2023 (Ansa)

Il voto del Parlamento europeo è ideologico ed elettoralistico. Si vorrebbe addirittura vietare l'obiezione di coscienza e silenziare le associazioni pro life


Trovo scandaloso il voto del Parlamento europeo sull’aborto. E leggo che anche alcuni esponenti del Ppe lo abbiano votato.



Maria Carla Anzaldi

Si tratta di un testo ideologico e con puri fini elettoralistici promosso dal gruppo di Renew (i macroniani) sulla scorta di una precedente risoluzione del 2022 e del recente voto francese che ha introdotto l’aborto in Costituzione. Un attacco forsennato con cui si vorrebbe modificare un articolo della Carta dei diritti fondamentali con aggiunte che metterebbero a repentaglio – addirittura – la libertà di coscienza dei medici e il lavoro delle associazioni pro life che offrono un’alternativa a tante donne lasciate sole o in difficoltà economica. Di più: c’è un esplicito attacco a Polonia e Malta (dove l’aborto è vietato) e anche l’Italia, dove, si dice, esisterebbero limitazioni all’accesso all’interruzione di gravidanza.

Diciamo subito una cosa: il testo rivela la sua natura “elettorale” perché chiede una modifica che, per essere approvata, dovrebbe raccogliere l’unanimità di tutti i 27 Paesi membri e questo non pare possibile. Però è anche un segno che in Europa si fa sempre più forte la tendenza a considerare l’aborto un diritto.

Come anche lei ha notato, cara Maria, alcuni esponenti del Ppe hanno votato il testo. A parte qualche voto in dissenso, hanno detto “sì” le sinistre (socialisti, macroniani, liberali e verdi) e “no” le destre (Id e conservatori). I membri del Ppe, per la maggior parte, hanno votato “no”, ma una quarantina di loro – quasi tutti appartenenti a partiti del Nord Europa – si sono accodati ai colleghi progressisti. Risultato finale: 336 favorevoli, 163 contrari, 39 astenuti. Questo è un altro segno del fatto che all’interno della famiglia del Ppe c’è una parte consistente dei suoi membri per i quali i richiami alla tradizione cristiana (con tutto ciò che ne consegue) non conta nulla. Sono nel Ppe per semplice collocazione strategica, non ideale, e questo è un fatto che dovrebbe interrogare a fondo chi fa parte di quello schieramento e si riconosce in ben precise “radici”.

L’aspetto più odioso di questo voto è che oggi l’accesso all’aborto non è in pericolo. Non c’è alcun segnale di ripensamento in nessun Paese, eppure si continua a insistere perché l’interruzione di gravidanza, così come accaduto in Francia, sia riconosciuta come un “valore”. Sopprimere una vita è un valore, non so se ci rendiamo conto, con tanti saluti a quella “dignità” di cui tanti si riempiono la bocca, ma che poi è solo la Chiesa a difendere.

Ai mortiferi parlamentari europei che hanno votato “sì” andrebbe sempre ricordata una cosa: il primo Paese a riconoscere l’aborto fu l’Unione Sovietica nel 1920.

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Gentile direttore, rileggendo la lettera di Peppino Zola, che condivido pienamente, mi è è venuto un ulteriore pensiero riguardo alle «sfumature squisitamente religiose» riportate nelle motivazioni della commissione. Secondo me non è tanto una questione di generica insofferenza verso il cristianesimo, ma il vero punto centrale della questione che, forse inconsapevolmente, la commissione ha colto. Rileggendo in questo periodo “Il senso religioso” di don Giussani, mi è venuto in mente come l’autore citi ripetutamente il fatto che il “potere” abbia sempre paura dell’uomo che si pone domande sulla vita: «Per questo la filosofia deve avere l’umiltà profonda d’essere tentativo tutto spalancato e desideroso di adeguamento, compimento, correzione: deve essere dominata dalla categoria della possibilità. E là dove manchi la categoria della possibilità è bloccato il passo. Il passo è già predefinito dal progetto del potere o dal progetto del proprio interesse. Una società ideologica infatti tende a congelare ogni vera ricerca: usa il potere che detiene come strumento per contenere tale ricerca entro certi limiti di realizzazione e di manifestazione. Una dittatura non ha mai interesse che la ricerca sull’uomo sia libera, perché una ricerca libera sull’uomo è il limite più pericoloso al potere, è sorgente incontrollabile di possibilità d’opposizione» (cap 5). La donna che allatta, anche solo come immagine laica, non può che richiamare potentemente il senso della vita con tutte le domande che si porta. La Madonna che allatta (è infatti questo il riferimento religioso “problematico”), è proprio l’apertura della possibilità ultima: l’incarnazione del senso della vita, a cui ogni ricerca umana tende, sia come origine della vita (la maternità) che che come fine ultimo. Ed il potere, che ormai arriva a negare il volto umano cancellandone anche il tratto maschile femminile, non può sopportare una tale richiamo. Ogni tanto, credo, una crepa nel mieloso pensiero dominante ne scopre il fine. Cordiali saluti.

Corrado Gajetti

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Lo psichiatra de Greeff dice che la falsa personalità si fonda sull’ipertrofia dell’istinto di difesa. È vero per l’uomo come per le nazioni. «La vera personalità si fonda sull’istinto di simpatia.» È la versione da un punto di vista bio-psicologico di ciò che diciamo gratuità. La gratuità, qui detta simpatia, in un modo più dignitoso perché più completo, a livello umano si dice «amore». La gratuità costituisce la legge, vale a dire la descrizione della dinamica fondamentale, la necessità della natura dell’uomo. L’uomo è là dove la sua realtà si esprime con gratuità, al di qua di questo valore c’è la caduta meccanicistica o istintivistica. Dal punto di vista cristiano si dice carità, gratuità. Dal punto di vista originale, ricordiamo che l’uomo, come dice la Bibbia, è fatto a immagine di Dio. Ora, qual è la dinamica del mistero di Dio? È la creatività, cioè la dedizione di sé, la gratuità; Dio è amore, carità, gratuità. Essendo la gratuità la legge, l’uomo non è libero, non è se stesso, se non nel gratuito. La natura dell’uomo vero è la gratuità, il suo dinamismo è la gratuità (Luigi Giussani, Certi di alcune grandi cose). Questo che dice don Giussani mi fa comprendere ancor di più il valore dell’esperienza di caritativa che faccio a Portofranco, dove non è il tentativo ironico che faccio di rispondere al bisogno ciò che vale ma che nel gesto gratuito di dedicarmi all’altro io scopro me stesso. Ciò che dice don Giussani mi corregge, mi toglie l’ansia di rispondere al bisogno e mi rende libero nel darmi all’altro, una dedizione totale in cui accade con sorpresa di riconoscere il mio vero volto. Così i veri amici non sono quelli che mi fanno mettere la testa nell’analisi e nella risposta al bisogno, ma quelli che mi testimoniano la gratuità, tanto che così io mi accorgo che la gratuità è più incisiva della mia programmazione, che quanto più sono gratuito tanto più riesco a rispondere in modo efficace all’altro. Dio mi ha fatto cambiare posizione, mi ha educato a mettere al centro la gratuità e così vedo che l’altro lungi dall’essere dimenticato viene preso ancor più sul serio. Ci vuole il coraggio di scegliere per la gratuità che è più efficace dei miei progetti, mi fa trovare il mio io e mi fa rispondere al bisogno dell’altro.

Gianni Mereghetti





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