La caduta di Adamo ed Eva – Michelangelo – Cappella Sistina
Di Redazione Blog di Sabino Paciolla, 10 Febbraio 2024
di Occhi Aperti!*
Il Cardinal Caffarra, la cui dipartita risale al 2017, fu arcivescovo metropolita di Bologna e successore del compianto Cardinal Biffi, di venerata memoria.
Tra i suoi compiti vi fu quello – su mandato di San Giovanni Paolo II – di progettare il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, di cui fu, per l’appunto, il fondatore.
Egli espresse un pensiero che, ancora oggi, pesa come un macigno sulle cattive coscienze di chi colpevolmente dimentica che “la pietra fondamentale dell’edificio sociale è il rapporto uomo e donna da cui derivano in ordine alla procreazione e alla educazione nuove persone umane”, e che va doverosamente evidenziato in questa sintesi, memorabile:
“Affermare che omo ed etero sono coppie equivalenti, che per la società e per i figli non fa differenza, è negare un’evidenza che a doverla spiegare viene da piangere. Siamo giunti a un tale oscuramento della ragione, da pensare che siano le leggi a stabilire la verità delle cose”.Sappiamo che, proprio grazie al suo infaticabile impegno sul fronte “famiglia” e riflettendo l’esplicita volontà e premura del Santo Padre Giovanni Paolo II in questo ambito, egli ricevette inaspettatamente una lettera da Suor Lucia dos Santos.
“Era il 1983, o il 1984”, riferisce il porporato. La lettera finiva così: “Padre, verrà un momento in cui la battaglia decisiva tra il regno di Cristo e Satana sarà sul matrimonio e sulla famiglia. E coloro che lavoreranno per il bene della famiglia sperimenteranno la persecuzione e la tribolazione. Ma non bisogna aver paura, perché la Madonna gli ha già schiacciato la testa”.
Il Cardinal Caffarra, sarà bene ricordarlo, fu tra i firmatari dei primi Dubia all’indomani di Amoris Laetitia. Che direbbe oggi, dopo Fiducia Supplicans?
Che direbbe oggi di fronte a una “pastoralità delle famiglie” che soppianta la Famiglia, naturalmente e cristianamente intesa, così come pensata dal Creatore e così come ci è data nell’esempio imperituro della Sacra Famiglia?
Oggi, al posto del Cardinal Caffarra, ça va sans dire, il Cardinal Zuppi. Nulla di strano. Un cambio di mano radicale così come al soglio petrino.
Ma, giacchè siamo ciò che pensiamo, per pensare davvero bene occorre la Parola di Dio, da cui unicamente può scaturire un pensiero salvifico. La mente, dopo quanto ricordato poco più su, va al libro della Genesi. Ad Adamo ed Eva. Per riflettere sui due alberi. E poi sulle tre aureole. Sulla battaglia in atto che emerge in tutta la sua spaventosa estensione.
“Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.” Gen 2,9-14
“Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due…” Gen 3, 6-7
Poi il Signore Dio disse: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre!”. Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto. Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita. Gen 3, 22-24
Mangiare del frutto proibito dell’albero della conoscenza del bene e del male, portò il giudizio nel cuore dei progenitori, spalancando loro la vista sul piano naturale e annebbiandola inevitabilmente su ciò che, fino a quel momento, era la loro condizione abituale. Uno stato di amicizia e totale intimità con Dio. Una condizione di vita, e di vista, soprannaturale. Persa per aver creduto all’invidioso Affabulatore.
Questa, la prima conseguenza del tentativo di impossessarsi di prerogative divine dietro diabolico suggerimento.
Ma soffermiamoci un attimo su quel “era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza”: il buono da mangiare non rimanda alla concupiscenza della carne? Il gradito agli occhi non è l’incipit della concupiscenza degli occhi affrontata nel suo vangelo da San Giovanni? E, infine, il desiderabile per acquistare saggezza, come non associarlo alla superbia della vita?
In 1Giovanni 2,15-17 leggiamo:
“Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!”
Ciò detto, a questo punto, vien del tutto impossibile non ricordare la dottrina delle tre aureole che solo in tempi odierni è finita nel dimenticatoio insieme, guarda caso, ai Novissimi, altrimenti chiamati le realtà ultime.
Ebbene, secondo tale formulazione dell’Aquinate e identificati i tre grandi nemici della nostra salvezza in mondo, carne e demonio, i beati – oltre alla corona “essenziale” che riceveranno per la carità, virtù regina – potranno ricevere un premio “aggiuntivo” che consisterà nell’aureola del martirio, nell’aureola della verginità e nell’aureola dei dottori. Ed ecco la battaglia…
L’aureola del martirio si conquista con la vittoria sul mondo. Non esistendo solo il martirio di sangue, sarà utile richiamare alla mente, a scopo esemplificativo, la coercizione adoperata in “era covidiota” – e le sue conseguenze, su chi non ha ceduto -, perpetrata tramite surrettizi diktat da “stati di eccezione”. Quanti battezzati non si sono piegati, nonostante il durissimo prezzo da pagare? Di martirio bianco, trattasi. E non ci aveva forse ben parlato il Santo Padre Benedetto XVI, di “scomunica sociale” in caso di divergenza dal pensiero dominante?
L’aureola della verginità si consegue con il dominio sulla carne, che non consiste solo nell’integrità fisica e nella purezza ma nella continenza coniugale, nel preservar casto il talamo, nella temperanza e, in generale, nel saper mortificare gli appetiti vivendo con sobrietà e semplicità. E d’altronde è bene non dimenticare che il demonio non ha un corpo per peccare…
Interessante, infine, l’ottenimento dell’aureola da dottori grazie ad una vittoria sul demonio riportata attraverso la predicazione e l’insegnamento delle verità di fede.
Meditando questo punto, credo si debba anzitutto sottolineare l’urgente necessità di tornare ad una limpidezza della dottrina attraverso un’adesione perfetta alla Parola di Dio, e attraverso lo studio dei Dottori della Chiesa di tutti i tempi. Cristo è la Dottrina. L’insegnamento di Cristo è Parola di Dio fattasi carne. La Dottrina, che è il Verbo, è quell’abito nuziale senza il quale non potremo prendere parte al banchetto. Non è un caso se oggi tutto mira a sovvertire l’insegnamento di Cristo. La Sua Dottrina è intollerabile all’uomo che vuole farsi dio di se stesso.
Si parla tanto di tradizione – in realtà è certo tradizionalismo che ne parla, distorcendola – ma chi più dei Santi ci può garantire, in pratica, tale via? I Santi parlano tutti la stessa lingua, quella della tradizione, perché sono parte eternamente viva della tradizione! Non esiste babele tra i Santi! Essi sono l’attuazione costante, in ogni epoca, della presenza del Cristo accanto a noi, fino alla fine del mondo. Essi sono un prolungamento della vita di Cristo e ne sono una emanazione, una manifestazione. L’Aquinate diceva che la grazia sublima la natura e che la gloria sublima la grazia. E’ chiaro, dunque, che può di più presso Dio, chi più tende alla santità di vita. Essere in grazia: chi se ne preoccupa più? Eppure…
Aderire in vera obbedienza ai Papi – che non è una opzione tra le tante, per chi è cattolico – è anche seguire le orme dei Santi che i Papi ci hanno indicati. La Comunione dei Santi fa parte del Credo dei cattolici!
Orbene, se la Parola di Dio è Verità che pugnala al cuore la menzogna satanica e non ha alcun bisogno di rivelazioni private a sostegno (ovviamente il riferimento è unicamente a quelle vagliate e accolte dalla Chiesa), è altrettanto significativo che la santità di alcuni sia consistita proprio nel raccontare con parole “personali” – ma nuove affatto, solo, calate in quel preciso spicchio di storia – la realtà di Dio. L’unica Verità. Basti pensare al messaggio sulla Divina Misericordia, pervenutoci attraverso l’umile coraggio, la perseveranza e l’obbedienza di Santa Faustina Kowalska. Messaggio oggi del tutto soffocato e confuso da quel misericordismo modaiolo frutto – tra i tanti – del pensiero unico anticristico.
Ma ora facciamo un passo indietro, laddove è collocato l’albero della vita: esso sta per l’eternità e appare come memoriale della pienezza della vita in Dio. Non casualmente era al centro del giardino, per ricordare il legame di Dio con Adamo ed Eva, i quali eran ben più che meri esseri biologici ma fatti a Sua immagine e somiglianza.
L’albero della vita posto nell’Eden, “decretava” questo libero atto di Dio nel trarre la creatura dal nulla, dal Suo Amore. E così Dio, dopo che ebbero mangiato del frutto proibito, li scacciò, affinchè non tendessero la mano anche verso quest’albero e restassero intrappolati in una condizione di disobbedienza insanabile.
L’argomento cui si accenna, con ogni evidenza, trae linfa da alcuni temi scottanti: anzitutto l’aborto, e poi l’eutanasia, la contraccezione, la fecondazione artificiale, l’utero in affitto, il commercio degli organi, la clonazione, la transizione di genere…La lista non finisce qui. Ma, con ogni evidenza, l’Uomo non si è voluto fermare di fronte alle conseguenze del peccato originale. Ha teso la mano all’albero della vita! Ed è meditando su questo diabolico atto dai risvolti inimmaginabili che riusciamo ad intuire come Genesi e Apocalisse siano pericolosamente vicini a toccarsi.
Se Satana ci ha prima tentati all’albero della conoscenza del bene e del male, era per poter introdurre la malizia nel nostro sguardo, così che, in un secondo tempo, tentandoci all’albero della vita, fossimo ormai in grado di discernere, sia la gravità che le conseguenze di tale atto. E’ la consapevolezza a rendere il peccato senza perdono. Dio perdona il peccato, non la volontà di peccare, insegnava Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. La volontà di peccare è, per l’appunto, la volontà di Satana.
Ed ecco ben chiaro, alla luce di queste inesaustive considerazioni, il perché dell’intervento tempestivo e non atteso di Suor Lucia di Fatima presso il Cardinal Caffarra.
Tentare di profanare l’albero della vita è attentare all’eternità e sfidare Dio Padre Creatore, dopo averne rinnegato il Figlio e averne ripudiato lo Spirito. Ma la Santissima Trinità, l’unico Dio in Tre Persone uguali e distinte, ha posto a custodia della via all’albero della vita, i cherubini e la fiamma della spada guizzante.
Impossibile non chiedersi, allora, quali potranno essere le conseguenze per il nostro futuro.
Come non pensare agli avvertimenti profetici della Madonna di Fatima?
Ci ritroviamo così catapultati dalla Genesi all’Apocalisse, senza neppure considerarlo.
Sembra essersi chiusa, infatti, l’era della riflessione sul peccato originale, che si colloca nell’Antico Testamento. Non resta che chiedersi se sapremo cogliere l’importanza di una profonda contemplazione sul libro della Rivelazione, tanto maestoso quanto ermetico, anticipatore di tempi che verranno – e che in nuce vivono in ogni momento della Storia – ma che non vanno ravvisati nell’immediato. Solo il Padre conosce l’ora! Ciò che invece sappiamo, e che è una promessa, è che siamo sempre più vicini al trionfo del Cuore Immacolato.
“Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”, ci disse Papa Benedetto pochi anni fa. Ma perché la speranza torni a risplendere nel cuore dei cattolici, occorre avere chiaro – illuminati ancora una volta dal Papa tedesco – che “non è di una Chiesa più umana che abbiamo bisogno, bensì di una Chiesa più divina; solo allora essa sarà veramente umana”.
*Occhi Aperti! è lo pseudonimo di un lettore di Sabino Paciolla
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