mercoledì 28 febbraio 2024

Come ti indottrino gli Scout, l'Agesci inciampa sul gender



Un opuscolo del Cesvi dedicato all'ideologia gender compare sul sito della route nazionale dei capi, scritto con intento pedagogico per indottrinare alla fluidità e all'omosessualismo gli Scout dell'Agesci. Alcuni parroci scrivono ai vertici regionali per chiedere spiegazioni e minacciano di togliere l'uso dei locali.


IL CASO

EDUCAZIONE




Andrea Zambrano,  28-02-2024

L’ideologia gender entra in Agesci, l’associazione che riunisce gli scout di ispirazione cattolica. È comparso sul sito in vista della Route nazionale dei capi che si svolgerà quest’estate, un opuscolo chiamato “Mascolintà plurali”. A curarlo è il Cesvi, un’organizzazione umanitaria nata a Bergamo e presente in 23 paesi che si occupa di fame nel mondo e protezione dell’infanzia nei conflitti. Che cosa c’entri l’ideologia gender con la sua attività non è ben chiaro.

Quel che è certo è che l’opuscolo, scritto da Giuseppe Burgio, docente di pedagogia generale e sociale all’Università di Enna “Kore” e con la supervisione di Silvio Premoli, Professore all’Università Cattolica di Milano, compare sul sito come uno degli strumenti di approfondimento messi a disposizione dei capi scout nei contenuti di stimolo per la riflessione in vista del raduno.

La cosa non è piaciuta ad alcuni sacerdoti, che hanno chiesto spiegazioni ai propri referenti regionali. Uno di loro ha anche contattato la Bussola.

Per i non pratici del mondo scout: ogni gruppo scout ha una comunità di capi che sono i responsabili delle diverse unità. Tutti i responsabili sono censiti Agesci e hanno fatto un percorso di specializzazione all’interno dell’associazione. Ogni comunità capi fa parte di una zona e sopra di essa c’è il responsabile regionale.



Ebbene. Qualche sacerdote (i parroci che si trovano ad ereditare le esperienze scout fanno lo stesso percorso capi) non ha apprezzato il libretto caricato sul sito dove si propone il tema per la route di quest’anno, declinato sulle beatitudini evangeliche. Il titolo è di questo tenore: Felici di generare speranza, Impegno sociale e speranza cristiana: il servizio come possibilità di cambiare il mondo partendo dallo sguardo di meraviglia sull’altro.

Ebbene: leggendo il testo Mascolinità plurali, già dalla copertina ci si rende conto che si è di fronte al classico tentativo di introdurre il gender in casa cattolica: un uomo in cravatta con un dito indice puntato chiaramente minaccioso e un secondo che si libra verso il cielo con indosso un collare di pizzo. Vi si ritrova tutto l’armamentario tipico dell’ideologia gender da cui la Chiesa – papa Francesco compreso - mette in guardia.

Leggiamo alcuni passaggi: «Il progetto Mascolinità Plurali si è concentrato sui ragazzi, su chi cresce diventando piano piano un adulto, dovendosi confrontare con modelli di maschilità spesso univoci, normativi ma anacronistici, e si è cosi pensato alla possibilità di un accompagnamento pedagogico, una sorta di sponda educativa che noi adulti possiamo fornire per facilitare (o quanto meno non ostacolare) il compito di sviluppo, la costruzione di sé degli adolescenti maschi».

Con premesse di questo tipo è facile immaginare dove si vuole andare a parare. Poco più avanti si sposa chiaramente e senza il minimo dubbio la “tesi” del genere come espressione meramente culturale sganciata dal sesso di appartenenza e non come dato biologico.

«Genere è il termine che usiamo per riferirci a questa differenziazione socioculturale che riguarda il modo in cui noi umani ci vestiamo, i giocattoli che usiamo da bambini, il modo in cui camminiamo, accavalliamo le gambe, gesticoliamo, i lavori che facciamo, le regole di cortesia che adottiamo, le norme di corteggiamento (e riguardo l’iniziativa sessuale), l’uso di cosmetici e gioielli, gli sport in cui ci impegniamo, etc... La differenziazione di genere comporta anche disuguaglianze: in termini di carriera lavorativa, di stipendio, di libertà, di educazione, di rischio di diventare vittima di violenze, di carico rispetto ai lavori domestici e di cura». Peccato che questo costrutto sia totalmente falso perché tutto nel nostro corpo, anche a livello cellulare, rimanda proprio alla differenza di genere.

Ma perché gli scout si devono occupare di queste tematiche, che sono un vero e proprio programma di indottrinamento di ragazze e ragazzi in un momento centrale della propria vita?

Perché lo scoutismo è anche un percorso di fede e va da sé anche i ragazzi si interrogano sulle tematiche che oggi vanno per la maggiore. E visto quello che passa il convento anche a livello di gerarchie, vedi l’ultima ossessione per le coppie omosessuali data da Fiducia supplicans, ecco che le truppe si adeguano. E nell’adeguarsi si spingono sempre un po’ più in là.

Infatti, la visione dell’uomo che esce da questa pubblicazione è quella di totale adesione all’ideologia gender e alle sue funeste derive oltre a sdoganare l’omosessualità come variante assolutamente naturale dell’uomo.


Non mancano gli attacchi alla famiglia e alla scuola come luoghi in cui albergano questi pericolosi stereotipi: secondo gli autori «le famiglie fanno educazione di genere, imponendo regole e comportamenti “da donna” e “da uomo”, un’educazione che ha inizio fin da prima della nascita – attraverso le aspettative differenziate dei genitori – e continua per tutti gli anni dell’infanzia, con stili relazionali ed educativi diversi». Ce n’è anche per la scuola: «Persino la scuola fa implicitamente e quotidianamente educazione di genere, attraverso i contenuti disciplinari, che consistono in una Storia raccontata come azione di guerrieri che si scambiano tra di loro delle donne per creare alleanze dinastiche, in un canone letterario che comprende solo uomini (almeno fino alla contemporaneità), in un manuale di Scienze dove l’unica donna presente vi viene citata col cognome del marito».

Insomma, famiglia e scuola son visti come “nemici” che costruiscono stereotipi di genere. Per questo deve intervenire una nuova pedagogia, una nuova educazione e il libretto si incarica di “insegnare” ai nuovi educatori anche il linguaggio inclusivo fatto delle solite paroline “magiche” tipiche dell’armamentario fluido. Con accenti un tantino fobici, a dire il vero: «Siamo/diventiamo uomini attraverso il rifiuto sdegnato di tutto ciò che è associato all’essere donna (e ciò produce misoginia), ma anche attraverso il disprezzo dell’amore omosessuale (che si traduce in omofobia), delle forme altre, “razzializzate” di maschilità (che si esprime attraverso la xenofobia) e così via. È questo il prezzo implicito e inconsapevole da pagare per entrare a far parte del club degli uomini e per goderne i privilegi».

Non manca una tirata d’orecchie al solito modello patriarcale «che continua a produrre violenza di genere e femminicidi e che costringe tutti i ragazzi dentro una gabbia di genere». Che fare, dunque? «Provare a modificare questa pervasiva formazione, introducendo modelli alternativi che complessifichino (è scritto così, ma sull’italiano non garantiamo ndr.) i riferimenti che destiniamo a ragazzi e ragazze».

Nella seconda parte è presente un Toolkit educativo con attività per esercitare i ragazzi a modificare tutto l’armamentario dei pregiudizi e «riflettere sul concetto di orientamento sessuale e costruzione di un vocabolario comune».

Alle prime richieste di spiegazione, qualche responsabile ha risposto in maniera piuttosto vaga: c’è chi si è limitato a dire che si tratta solo di uno strumento messo a disposizione dei capi, ma che non è stato adottato dall’Agesci e chi, invece, si è spinto fino a scrivere che la posizione dell’Agesci è saldamente ancorata alla dottrina della Chiesa, ma che si tratta di un documento molto serio da prendere in considerazione anche alla luce dell’invito di Papa Francesco del «tutti dentro».

Ma in pochi sono rimasti convinti, tanto che c'è chi sta pensando seriamente di togliere la disponibilità dei locali della parrocchia per gli eredi di Baden Powell.

Insomma, un film che stiamo vedendo ormai molto spesso: la dottrina non cambia, ma la pastorale è un’altra cosa. Ed è in quella che si danno appuntamento tutte le derive antropologiche come il gender, che senza grossi strepiti e con l’avallo di istituzioni universitarie, entrano anche dentro uno dei punti di riferimento dell’associazionismo cattolico.






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