di Fabio Battiston
Il 15 febbraio scorso, nella sede di Roma dell’associazione Luci dell’Est, è stato presentato il libro Ritorno all’ordine: da un’economia frenetica a una società cristiana organica di John Horvat jr., saggista e ricercatore statunitense nonché vicepresidente dell’American Society for the Defence of Tradition, Family and Property (TFP). L’edizione italiana del libro, scritto da Horvat nel 2013, è stata curata dalla casa editrice Fede & Cultura. Relatori per la presentazione sono stati Julio Loredo, presidente della TFP Italia, e Giovanni Zenone, direttore di Fede & Cultura.
Il libro, pur focalizzato sulla realtà complessiva della società americana, ha una grande rilevanza anche per l’attuale scenario europeo e italiano, ormai contaminato dalle medesime distorsioni e involuzioni acutamente descritte da Horvat. Obiettivo fondamentale dell’opera è delineare un processo che si sviluppa su due direttrici fondamentali descritte nelle due parti in cui è suddiviso il testo. Nella prima, La lunga tempesta, l’autore fotografa in modo spietato ma realistico i mali (e le loro cause) che da tempo affliggono la società statunitense. L’analisi, articolata e complessa, intende dimostrare come i valori fondanti di quella grande nazione siano stati progressivamente sconvolti a causa degli effetti nefasti che la stessa natura dell’economia americana (massima disponibilità di beni, standardizzazione di massa, sviluppo ed abuso della tecnologia e dominio del denaro) ha prodotto sul singolo individuo e, per conseguenza, sull’intera società. Pur partendo da uno stretto legame con gli scenari economici, l’opera intende tuttavia focalizzare l’attenzione del lettore sui guasti che il processo ha prodotto soprattutto sul piano del disfacimento e della disgregazione etico-valoriale e religiosa della società. Tale disgregazione è sintetizzata e identificata dall’autore con un termine significativo: intemperanza. Questo scenario è assai ben descritto nella premessa del libro, redatta dal professor Harry C. Veryser che scrive:
Horvat guarda alle nostre enormi conquiste tecnologiche, dalla Rivoluzione industriale ai nostri giorni, come ad uno dei fattori principali (della decadenza della società). Con l’aumento della produttività la gente era in grado di realizzare uno standard di vita che le generazioni precedenti generazioni potevano solo sognare. Più i desideri si realizzavano più le aspettative si susseguivano frenetiche. Tanto era grande l’aspirazione a raggiungere questi benefici che il sistema politico iniziò ad infrangere i presupposti per una società prospera. Era il regno dell’intemperanza!
Questa l’analisi, queste le grandi problematiche, meglio i grandi mali che l’autore illustra con chiarezza. Quali le possibili vie d’uscita? Come riconquistare un modello di vita e di società che torni a rispondere alle reali esigenze dell’individuo in un suo nuovo e vivo rapporto con il sublime?
È la tematica affrontata nella seconda parte del libro, dal titolo La strada che ci attende: un ritorno all’ordine. Qui Horvat delinea un percorso di rinascita e recupero dei valori fondanti la società americana basato su un ritorno a quella che l’autore definisce una società cristiana organica. In questa proposta l’autore (lo dichiara esplicitamente nella dedica iniziale) si basa sulla visione cattolica che ha ispirato l’opera di Plinio Corrêa de Oliveira, storico e filosofo brasiliano fondatore della TFP, una delle massime espressioni del cattolicesimo tradizionale mondiale. In particolare, importanti elementi presenti nel libro sono stati definiti sulla base delle attività (e delle risultanze) della Commissione di studi americani, fortemente voluta da de Oliveira e da lui stesso inaugurata nel 1986.
Ma che cosa si vuole intendere col termine “società cristiana organica”? Per Horvat essa è una realtà fortemente decentralizzata, connotata da comunità autosufficienti federate, e organizzata su base gerarchica. Un contesto che può svilupparsi naturalmente e spontaneamente senza l’imposizione di modelli da parte di un pianificatore centrale.
Ma che cosa si vuole intendere col termine “società cristiana organica”? Per Horvat essa è una realtà fortemente decentralizzata, connotata da comunità autosufficienti federate, e organizzata su base gerarchica. Un contesto che può svilupparsi naturalmente e spontaneamente senza l’imposizione di modelli da parte di un pianificatore centrale.
Il tipo di Stato prefigurato dall’autore è quello in cui il principio di sussidiarietà è esercitato in sommo grado. Ne deriva che lo Stato rispetta le singole unità sociali orientate al bene comune e riconosce determinati diritti, funzioni e privilegi che permettono loro piena autonomia e diritti quasi sovrani. Come supremo potere d’appello questo Stato organico conferisce unità e cornice a questa federazione esso non distrugge né riduce all’asservimento i gruppi minori, è invece il custode e protettore dell’ordine generale da cui essi dipendono.
Nella società organica di Horvat, Chiesa cattolica e Stato debbono reciprocamente operare nel rispetto dei loro fini. Da un lato la Chiesa, che ha l’obiettivo immediato e specifico di promuovere la vita soprannaturale e la salvezza delle anime e, come obiettivo secondario, contribuire al bene comune della società temporale. Dall’altro lo Stato, che ha come obiettivo primario la promozione del bene comune e secondariamente quello di aiutare gli uomini a praticare le virtù e quindi a raggiungere la felicità eterna. In questa ben articolata definizione, distinzione ma anche integrazione di ruoli, prende corpo l’idea di una società guidata da un Principio Ordinatore (come lo ha giustamente definito il professor Zenone nel suo intervento) basato sull’essenza dell’insegnamento evangelico. Solo in questo modo famiglie, associazioni, corpi intermedi e unità federate di questa società organica potranno lavorare e svilupparsi insieme sulla base del comune patrimonio culturale cristiano.
L’idea di una tipo di società che – in qualche modo e con gli ovvi adattamenti – riprenda le caratteristiche economico-sociali e religiose tipiche dell’Europa medievale non è nuova. Essa appare agli occhi di molti osservatori come una possibile strada da percorrere per attuare un percorso realmente controrivoluzionario che possa efficacemente contrapporsi all’onda sempre più impetuosa e incontrollabile delle società secolarizzate della nostra epoca. Rod Dreher, ad esempio, nel suo Opzione Benedetto: una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano (2018) delinea un tipo di società le cui caratteristiche possono in parte avvicinarsi ai modelli di Horvat.
Questi gli aspetti fondamentali presenti nel libro ed emersi nel corso della presentazione. Per quanto attiene alla reale praticabilità del processo descritto dallo scrittore statunitense, il discorso si fa certo più complesso e, per certi versi, tragico.
Nella società organica di Horvat, Chiesa cattolica e Stato debbono reciprocamente operare nel rispetto dei loro fini. Da un lato la Chiesa, che ha l’obiettivo immediato e specifico di promuovere la vita soprannaturale e la salvezza delle anime e, come obiettivo secondario, contribuire al bene comune della società temporale. Dall’altro lo Stato, che ha come obiettivo primario la promozione del bene comune e secondariamente quello di aiutare gli uomini a praticare le virtù e quindi a raggiungere la felicità eterna. In questa ben articolata definizione, distinzione ma anche integrazione di ruoli, prende corpo l’idea di una società guidata da un Principio Ordinatore (come lo ha giustamente definito il professor Zenone nel suo intervento) basato sull’essenza dell’insegnamento evangelico. Solo in questo modo famiglie, associazioni, corpi intermedi e unità federate di questa società organica potranno lavorare e svilupparsi insieme sulla base del comune patrimonio culturale cristiano.
L’idea di una tipo di società che – in qualche modo e con gli ovvi adattamenti – riprenda le caratteristiche economico-sociali e religiose tipiche dell’Europa medievale non è nuova. Essa appare agli occhi di molti osservatori come una possibile strada da percorrere per attuare un percorso realmente controrivoluzionario che possa efficacemente contrapporsi all’onda sempre più impetuosa e incontrollabile delle società secolarizzate della nostra epoca. Rod Dreher, ad esempio, nel suo Opzione Benedetto: una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano (2018) delinea un tipo di società le cui caratteristiche possono in parte avvicinarsi ai modelli di Horvat.
Questi gli aspetti fondamentali presenti nel libro ed emersi nel corso della presentazione. Per quanto attiene alla reale praticabilità del processo descritto dallo scrittore statunitense, il discorso si fa certo più complesso e, per certi versi, tragico.
Mi sia a questo punto consentita una personale analisi. È a mio parere evidente come le caratteristiche della società statunitense in tutti i suoi molteplici aspetti – che sono in gran parte sovrapponibili a quelle dell’intera Europa occidentale – vedano non da oggi prevalere istanze, ideologie e prassi violentemente anticristiane. In esse i “diritti” soggettivi di strati quasi sempre minoritari della popolazione sono ormai assurti a regole e comportamenti indiscutibili, non solo sanciti a livelli legislativi nazionali e sovranazionali ma, addirittura, ufficializzati all’interno delle costituzioni di diversi paesi.
Gli Stati Uniti – come sempre anticipatori (nel bene ma oggi soprattutto nel male) di eventi economici, sociologici e tecnologici poi diffusi a livello mondiale – ci stanno “regalando” la quint’essenza di quanto di più nefasto possa oggi produrre una società corrotta e malata. Siamo invasi da movimenti, ideologie e legislazioni le cui famigerate sigle sono da tempo tristemente note anche da noi: Cancel culture, Woke, Black lives matter, Ginks, Green economy, Transgender, con l’insopportabile corollario di aborto, eutanasia, eugenetica e tecno-scientismo. E ancora: famiglie e genitorialità innaturali, controllo sociale pervasivo tramite la digitalizzazione di massa nonché terrorismo sanitario e climatico funzionali a cambiamenti non solo economici ma anche e soprattutto etico-comportamentali.
Questo è l’Occidente che ci minaccia, che vuole distruggere secoli di tradizione, di valori, di quella “normalità naturale” oggi divenuta oggetto di scandalo e attacco indiscriminato. Le piazze vocianti, aggressive, violente e pretestuose che vogliono imporci il loro modo di vivere, amare, parlare, mangiare e relazionarsi sono l’espressione visibile di un prossimo che minaccia noi, le nostre famiglie, i nostri figli e nipoti. Esso è sostenuto da un poderoso apparato economico, politico, sottoculturale e mediatico oltre che dalla gran parte di una chiesa cattolica temporale ormai stampella di questa piovra. Questa realtà è sotto gli occhi di tutti.
Prima che il modello di società prefigurato da Horvat possa affermarsi, prima che questo auspicabilissimo Ritorno all’ordine divenga una realistica possibilità, dovremo per forza scontrarci con questo tremendo nemico. E lo scontro potrebbe assumere qualsiasi connotato. Lo stesso Horvat non nasconde che gli Usa potrebbero essere alle porte di una nuova guerra civile. E il conflitto potrebbe estendersi. Abbiamo il dovere e il diritto di sconfiggere questo cancro, anche e soprattutto come cristiani, come cattolici. Non potremo mai porgere l’altra guancia a chi vuole cambiare nel peggiore dei modi il futuro nostro e delle future generazioni. È per questo motivo che, per ciascuno di noi, la domanda cui rispondere è soprattutto questa: siamo pronti ad accettare lo scontro, qualunque esso sia e indipendentemente dalle possibili conseguenze?
Prima che il modello di società prefigurato da Horvat possa affermarsi, prima che questo auspicabilissimo Ritorno all’ordine divenga una realistica possibilità, dovremo per forza scontrarci con questo tremendo nemico. E lo scontro potrebbe assumere qualsiasi connotato. Lo stesso Horvat non nasconde che gli Usa potrebbero essere alle porte di una nuova guerra civile. E il conflitto potrebbe estendersi. Abbiamo il dovere e il diritto di sconfiggere questo cancro, anche e soprattutto come cristiani, come cattolici. Non potremo mai porgere l’altra guancia a chi vuole cambiare nel peggiore dei modi il futuro nostro e delle future generazioni. È per questo motivo che, per ciascuno di noi, la domanda cui rispondere è soprattutto questa: siamo pronti ad accettare lo scontro, qualunque esso sia e indipendentemente dalle possibili conseguenze?
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