di Anthony Esolen
Proviamo un po’ a rileggere le Scritture secondo l’idea della salvezza universale.
“Signore,” disse il ladrone pentito sulla croce, “ricordati di me quando verrai nel tuo regno.”
“Non preoccuparti,” disse Gesù. “La tua vita non era importante. Tu e l’altro tizio sarete entrambi con me oggi in Paradiso.”
“Padre”, disse l’uomo ricco che giaceva nelle fiamme della Geenna, “manda Lazzaro a rinfrescarmi la lingua con una goccia d’acqua”.
“Farò di meglio”, disse Abramo. “La strada tra noi è solo di un paio di passi, e le anime vanno avanti e indietro continuamente. Perché non vieni qui?”
“E i miei fratelli a casa?” disse l’uomo ricco, che un tempo aveva tratto diletto da tutte le cose buone del mondo e aveva tenuto Lazzaro sotto la sua tavola mentre il poveretto cercava di catturare una briciola caduta e i cani, più misericordiosi di lui, gli leccavano le piaghe. “Se qualcuno dovesse risorgere dai morti, potrebbero ascoltarlo”.
“Non preoccuparti”, disse Abramo. “Non ascoltano la legge e i profeti, quindi non ascolteranno nemmeno qualcuno che risorge dai morti. Quindi, che senso ha? Li avremo tutti qui, proprio come te”.
“Allora il padrone di casa tornò in un momento in cui nessuno se lo aspettava”, disse Gesù, “e trovò il maggiordomo ubriaco che insultava le donne, e molti dei servi che si divertivano un mondo, e tutto quanto era nel caos. Ma lui scrollò le spalle, fece un cenno al maggiordomo, che era rosso in faccia, e annuì a una coppia che in un ripostiglio stava fornicando, e disse a tutti di non preoccuparsi perché a lui non importava della casa”.
Poi la gente tirò pietre a Stefano, e quando una delle pietre lo colpì alla testa, tornò in sé e disse: “Quante sciocchezze ho detto!”. E maledisse i suoi nemici, sperando che Dio avrebbe imputato loro questo peccato e li avrebbe distrutti tutti, e dicendo che se Gesù voleva essere uno sciocco poteva farlo, ma lui, Stefano, non avrebbe percorso quella strada. Poi morì, maledicendo e rinnegando Gesù nel suo cuore. E così facendo, entrò in Paradiso.
Allora il giovane se ne andò, triste nel cuore, perché possedeva grandi ricchezze. E Gesù disse ai suoi discepoli: “Non preoccupatevi. Non importa. È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per chiunque entrare nella Geenna, non importa quanto ricco, non importa quanto malvagio, non importa quanto abbia odiato la luce”.
“Se il tuo occhio dovesse farti peccare”, disse Gesù, “dovresti cercare di chiuderlo ogni tanto; ma se non lo chiudi, non preoccuparti. In ogni caso non fare nulla di così avventato e sciocco come strapparlo via. Sarà meglio per te godere di tutti i tuoi peccati sulla terra, e poi ballare il valzer in Paradiso avendo entrambi gli occhi, piuttosto che combattere contro il peccato e andare in Paradiso con un solo occhio”.
“Padre”, disse Gesù nel giardino, “perché dovresti darmi da bere questo calice? Che importanza ha visto che porterai comunque tutte le anime in Paradiso. Qual è il senso della mia sofferenza? Chi devo salvare?”. E Gesù era turbato nel Suo cuore.
Non mi piace la dottrina della condanna eterna. Capisco che alcuni Padri della Chiesa abbiano espresso una speranza o una fiducia in una qualche forma di salvezza universale: Origene lo fa, e anche Gregorio di Nissa pende da quella parte. Ho letto che Gesù stava solo mettendo in guardia sulla possibilità dell’Inferno, cioè usando uno stratagemma retorico, per convertire le persone alla semplicità e alla verità. Colui che ha detto: “Sia il vostro sì sì e il vostro no no” avrebbe quindi detto, in realtà, “sì” intendendo “no”, o “forse sì” e, sottovoce, “forse no”.
Se tutti sono salvati, a cosa serve questa vita? Ad avere un posto assicurato in Paradiso? Molte delle stesse persone del nostro tempo che promuovono la nozione di salvezza universale promuovono anche la nozione di uguaglianza nella beatitudine; e in ogni caso, la dottrina secondo cui alcuni godranno di “più” beatitudine di altri, quando tutti coloro che sono salvati godono della beatitudine nella misura massima in cui possono goderne, deve colpire la mente umana come vaga e distante quando le delizie in questo mondo sono fin troppo tangibili.
Forse possiamo dire che quel piccolo frammento di anima umana rimasto a un Adolf Hitler sarà salvato e non quello che noi in questa vita considereremmo essere Adolf Hitler stesso, l’uomo intero, colui che ha guidato il meccanismo che ha assassinato così tanti milioni di persone, specialmente tra gli ebrei, scelti da Dio. Ma anche questa sembra solo una vaga possibilità, o un espediente, non suggerito dai Vangeli.
E cosa succede al dramma della vita umana? Nel romanzo di Evelyn Waugh sulla conversione, Ritorno a Brideshead, Lord Marchmain giace nel suo letto di morte, dopo tanti anni di negazione della fede, anni trascorsi con un’amante e nel peccato contro la moglie e la famiglia. L’amante è lì, così come tre dei suoi figli, il prete e Charles Ryder, l’eroe del romanzo, un uomo educato a non credere in nulla.
Il prete chiede all’uomo morente di farsi il segno della croce, come ultimo atto di penitenza. Non è chiaro se Lord Marchmain riesca a sentire le parole o a capirle. E Charles, che fino a quel punto ha finto di trovare l’intera scena del tutto barbara, all’improvviso desidera ardentemente che l’uomo si faccia il segno della croce, e così all’improvviso prega, suo malgrado, nonostante la sua incredulità. Poi il morente si fa il segno della croce. E la vita di Charles non sarà mai più la stessa.
Se Lord Marchmain doveva essere salvato in ogni caso, qual è il senso di questa scena? Dov’è il dramma della vita umana? Ci sono dati innumerevoli momenti in cui possiamo, se vogliamo, sentire la voce di Dio. Ma perché dovremmo sentirla, quando qualcuno ci sussurra all’orecchio che tanto non importa? Com’è possibile che il nostro rivolgerci a Dio abbia contemporaneamente conseguenze eterne e nessuna conseguenza? Perché Gesù dovrebbe dirci di andare e fare discepoli in tutte le nazioni? Per renderli più felici in questa vita e solo in questa? Perché Madre Teresa avrebbe dovuto subire la terribile sofferenza di sentire che Dio l’aveva abbandonata? Qual era il punto?
La mia nazione, gli Stati Uniti, si è allontanata da Dio e quindi si è lanciata nella follia. Ora siamo un campo di missione per nazioni a cui un tempo eravamo noi a portare la Fede. Ma perché qualcuno, poniamo, dalla Nigeria dovrebbe preoccuparsi di venire qui a lottare con dei miscredenti grassi e presuntuosi?
“Quaranta giorni,” disse Giona, “e Ninive sarà distrutta.” E la gente di Ninive rise di lui e lo cacciò via. Nessuno si pentì, e quando arrivò il quarantesimo giorno il sole splendeva e tutto a Ninive, quella grande città piena di malvagità, era luminoso e malvagio come sempre. E Giona si alzò e aggrottò le sopracciglia e disse: “Mi chiedo che senso abbia avuto tutto questo”.
Fonte: crisismagazine.com
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Nell’immagine: Bonifacio De Pitati detto Bonifacio Veronese (1487-1553), Il ricco Epulone (1543-45), Gallerie dell’Accademia di Venezia
Proviamo un po’ a rileggere le Scritture secondo l’idea della salvezza universale.
“Signore,” disse il ladrone pentito sulla croce, “ricordati di me quando verrai nel tuo regno.”
“Non preoccuparti,” disse Gesù. “La tua vita non era importante. Tu e l’altro tizio sarete entrambi con me oggi in Paradiso.”
“Padre”, disse l’uomo ricco che giaceva nelle fiamme della Geenna, “manda Lazzaro a rinfrescarmi la lingua con una goccia d’acqua”.
“Farò di meglio”, disse Abramo. “La strada tra noi è solo di un paio di passi, e le anime vanno avanti e indietro continuamente. Perché non vieni qui?”
“E i miei fratelli a casa?” disse l’uomo ricco, che un tempo aveva tratto diletto da tutte le cose buone del mondo e aveva tenuto Lazzaro sotto la sua tavola mentre il poveretto cercava di catturare una briciola caduta e i cani, più misericordiosi di lui, gli leccavano le piaghe. “Se qualcuno dovesse risorgere dai morti, potrebbero ascoltarlo”.
“Non preoccuparti”, disse Abramo. “Non ascoltano la legge e i profeti, quindi non ascolteranno nemmeno qualcuno che risorge dai morti. Quindi, che senso ha? Li avremo tutti qui, proprio come te”.
“Allora il padrone di casa tornò in un momento in cui nessuno se lo aspettava”, disse Gesù, “e trovò il maggiordomo ubriaco che insultava le donne, e molti dei servi che si divertivano un mondo, e tutto quanto era nel caos. Ma lui scrollò le spalle, fece un cenno al maggiordomo, che era rosso in faccia, e annuì a una coppia che in un ripostiglio stava fornicando, e disse a tutti di non preoccuparsi perché a lui non importava della casa”.
Poi la gente tirò pietre a Stefano, e quando una delle pietre lo colpì alla testa, tornò in sé e disse: “Quante sciocchezze ho detto!”. E maledisse i suoi nemici, sperando che Dio avrebbe imputato loro questo peccato e li avrebbe distrutti tutti, e dicendo che se Gesù voleva essere uno sciocco poteva farlo, ma lui, Stefano, non avrebbe percorso quella strada. Poi morì, maledicendo e rinnegando Gesù nel suo cuore. E così facendo, entrò in Paradiso.
Allora il giovane se ne andò, triste nel cuore, perché possedeva grandi ricchezze. E Gesù disse ai suoi discepoli: “Non preoccupatevi. Non importa. È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per chiunque entrare nella Geenna, non importa quanto ricco, non importa quanto malvagio, non importa quanto abbia odiato la luce”.
“Se il tuo occhio dovesse farti peccare”, disse Gesù, “dovresti cercare di chiuderlo ogni tanto; ma se non lo chiudi, non preoccuparti. In ogni caso non fare nulla di così avventato e sciocco come strapparlo via. Sarà meglio per te godere di tutti i tuoi peccati sulla terra, e poi ballare il valzer in Paradiso avendo entrambi gli occhi, piuttosto che combattere contro il peccato e andare in Paradiso con un solo occhio”.
“Padre”, disse Gesù nel giardino, “perché dovresti darmi da bere questo calice? Che importanza ha visto che porterai comunque tutte le anime in Paradiso. Qual è il senso della mia sofferenza? Chi devo salvare?”. E Gesù era turbato nel Suo cuore.
Non mi piace la dottrina della condanna eterna. Capisco che alcuni Padri della Chiesa abbiano espresso una speranza o una fiducia in una qualche forma di salvezza universale: Origene lo fa, e anche Gregorio di Nissa pende da quella parte. Ho letto che Gesù stava solo mettendo in guardia sulla possibilità dell’Inferno, cioè usando uno stratagemma retorico, per convertire le persone alla semplicità e alla verità. Colui che ha detto: “Sia il vostro sì sì e il vostro no no” avrebbe quindi detto, in realtà, “sì” intendendo “no”, o “forse sì” e, sottovoce, “forse no”.
Se tutti sono salvati, a cosa serve questa vita? Ad avere un posto assicurato in Paradiso? Molte delle stesse persone del nostro tempo che promuovono la nozione di salvezza universale promuovono anche la nozione di uguaglianza nella beatitudine; e in ogni caso, la dottrina secondo cui alcuni godranno di “più” beatitudine di altri, quando tutti coloro che sono salvati godono della beatitudine nella misura massima in cui possono goderne, deve colpire la mente umana come vaga e distante quando le delizie in questo mondo sono fin troppo tangibili.
Forse possiamo dire che quel piccolo frammento di anima umana rimasto a un Adolf Hitler sarà salvato e non quello che noi in questa vita considereremmo essere Adolf Hitler stesso, l’uomo intero, colui che ha guidato il meccanismo che ha assassinato così tanti milioni di persone, specialmente tra gli ebrei, scelti da Dio. Ma anche questa sembra solo una vaga possibilità, o un espediente, non suggerito dai Vangeli.
E cosa succede al dramma della vita umana? Nel romanzo di Evelyn Waugh sulla conversione, Ritorno a Brideshead, Lord Marchmain giace nel suo letto di morte, dopo tanti anni di negazione della fede, anni trascorsi con un’amante e nel peccato contro la moglie e la famiglia. L’amante è lì, così come tre dei suoi figli, il prete e Charles Ryder, l’eroe del romanzo, un uomo educato a non credere in nulla.
Il prete chiede all’uomo morente di farsi il segno della croce, come ultimo atto di penitenza. Non è chiaro se Lord Marchmain riesca a sentire le parole o a capirle. E Charles, che fino a quel punto ha finto di trovare l’intera scena del tutto barbara, all’improvviso desidera ardentemente che l’uomo si faccia il segno della croce, e così all’improvviso prega, suo malgrado, nonostante la sua incredulità. Poi il morente si fa il segno della croce. E la vita di Charles non sarà mai più la stessa.
Se Lord Marchmain doveva essere salvato in ogni caso, qual è il senso di questa scena? Dov’è il dramma della vita umana? Ci sono dati innumerevoli momenti in cui possiamo, se vogliamo, sentire la voce di Dio. Ma perché dovremmo sentirla, quando qualcuno ci sussurra all’orecchio che tanto non importa? Com’è possibile che il nostro rivolgerci a Dio abbia contemporaneamente conseguenze eterne e nessuna conseguenza? Perché Gesù dovrebbe dirci di andare e fare discepoli in tutte le nazioni? Per renderli più felici in questa vita e solo in questa? Perché Madre Teresa avrebbe dovuto subire la terribile sofferenza di sentire che Dio l’aveva abbandonata? Qual era il punto?
La mia nazione, gli Stati Uniti, si è allontanata da Dio e quindi si è lanciata nella follia. Ora siamo un campo di missione per nazioni a cui un tempo eravamo noi a portare la Fede. Ma perché qualcuno, poniamo, dalla Nigeria dovrebbe preoccuparsi di venire qui a lottare con dei miscredenti grassi e presuntuosi?
“Quaranta giorni,” disse Giona, “e Ninive sarà distrutta.” E la gente di Ninive rise di lui e lo cacciò via. Nessuno si pentì, e quando arrivò il quarantesimo giorno il sole splendeva e tutto a Ninive, quella grande città piena di malvagità, era luminoso e malvagio come sempre. E Giona si alzò e aggrottò le sopracciglia e disse: “Mi chiedo che senso abbia avuto tutto questo”.
Fonte: crisismagazine.com
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Nell’immagine: Bonifacio De Pitati detto Bonifacio Veronese (1487-1553), Il ricco Epulone (1543-45), Gallerie dell’Accademia di Venezia
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