di Julio Loredo
Abbandonando la teologia fondata sull’essere, vale a dire su Dio, la teologia moderna si propone di partire dall’esistenza concreta dell’uomo e dal suo divenire storico, cioè da presupposti variabili e in continua evoluzione. In questo modo, la teologia moderna taglia alla radice qualsiasi possibilità di giungere a una verità immutabile, e diventa un’analisi meramente esistenziale (o “pastorale”, per usare l’espressione cara all’attuale Pontificato) e, quindi, effimera.
Una “storia rivelatrice”
I progressisti hanno costruito una nuova teologia basata sul discernimento dei “segni dei tempi” come principale locus theologicus[1]. Nonostante sia stata formalmente condannata da Pio XII, questa nuova teologia è alla base di quasi tutto il pensiero cattolico moderno. I suoi alfieri hanno partecipato come periti al Concilio Vaticano II, definendone gli indirizzi. Essa è oggi insegnata in quasi tutti i seminari e università cattoliche.
Secondo il prof. Germano Pattaro, questa nuova teologia “mette in evidenza il fatto della «storicità» della rivelazione. Certamente nel senso che essa è accaduta nel tempo, ma, più e radicalmente, nel senso che la storicità è il suo stesso principio ermeneutico” [2]. “Dio parla per eventi — scrive Marie-Dominique Chenu — l’economia della rivelazione non è una storia in cui avviene una rivelazione, ma una storia di per sé rivelatrice” [3]. “Dio si rivela nella storia — rincara Henri De Lubac — Dio si rivela attraverso la storia. Dio si inserisce nella storia” [4].
Secondo questa visione, non dobbiamo studiare le Sacre Scritture e la Tradizione – le fonti della Rivelazione secondo la teologia di sempre – ma piuttosto scrutare la storia dei nostri giorni in cerca della “Rivelazione” che Dio starebbe manifestando per questi tempi.
Scrutando gli eventi storici del nostro tempo alla ricerca di una Rivelazione immanente, i progressisti potrebbero prendere in considerazione alcuni segni positivi, come le apparizioni mariane riconosciute. Per loro, invece, ciò non costituisce storia rivelatrice. Vanno piuttosto alla ricerca dei fatti e movimenti rivoluzionari, come ad esempio la “liberazione” delle “minoranze emarginate”, tra cui gli omosessuali. In altre parole, alla ricerca di una Rivelazione immanente, i progressisti puntano lo sguardo esclusivamente sugli eventi con forte contenuto rivoluzionario, mostrando una visione unilaterale e ideologica della storia che pone un grande punto interrogativo sul tipo di “teologia” che ne risulta.
Ciechi ai “segni dei tempi”
Forse mai come adesso si sta palesando il carattere unilaterale e ideologico, direi perfino fanatico, dei progressisti.
L’attuale Pontificato si è contraddistinto da una serie di gesti clamorosi che hanno sconvolto dottrine e costumi millenari, capovolgendo perfino il Magistero dei Papi più recenti. Francesco stesso ha dichiarato che vuole compiere un “cambio di paradigma”, cioè una riforma radicale della stessa struttura della Chiesa e della sua dottrina [5].
L’accelerarsi dell’autodistruzione della Chiesa sotto Papa Francesco ha provocato apprensione in molti fedeli. In numero sempre crescente si chiedono se non siamo andati troppo lontani, o addirittura se non abbiamo sbagliato strada. Non converrebbe forse fare una pausa di riflessione, o perfino tornare indietro? Si sta perciò consolidando una reazione conservatrice/tradizionalista che da tempo non si faceva sentire nella Chiesa. Neppure atti di forza, come Traditionis Custodes, sono riusciti a smorzarla. Anzi.
Questa reazione proviene soprattutto dai giovani. Il che apre incoraggianti prospettive per il futuro. Un’altra caratteristica è il suo dinamismo. Commenta un analista francese: “I conservatori e tradizionalisti sono ancora una minoranza nella Chiesa, ma il dinamismo sta passando dalla loro parte”. Ancora un’altra caratteristica è il suo radicalismo, nel senso di andare alle radici. Questi giovani si stanno spostando sempre più verso la Tradizione, e non vogliono fermarsi a metà strada, in un conservatorismo scialbo e sterile.
In questo numero della rivista diamo alcuni esempi di questa reazione in diversi Paesi.
E ci domandiamo: sapranno i progressisti leggere i “segni dei tempi” che arrivano da tutti le parti? O continueranno imperterriti, accecati dai loro pregiudizi ideologici?
La risposta, ahimè, non è per niente incoraggiante. La maggior parte dei vescovi, invece di assecondare e favorire questa buona tendenza, specie fra i giovani, non perde occasione per biasimarla e avversarla. Assistiamo ancora una volta alla paradossale opposizione episcopale contro le tendenze conservatrici che emergono dalle profondità del Popolo di Dio. Il tutto, è chiaro, coperto e anzi spinto dall’alto.
Non sono psicologo, ma posso ipotizzare che un motivo di questa testardaggine stia nell’orgoglio. Questi presuli hanno fatto un’intera carriera affermando che il vento della storia soffia dalla parte del progressismo. Accettare adesso di essersi sbagliati, e di dovere quindi mettere in discussione la loro vita, è forse chiedere troppo.
Ma credo che ci sia un altro motivo. Molti vescovi e sacerdoti progressisti hanno conosciuto la Tradizione, o almeno suoi importanti resti. Per abbracciare il progressismo hanno dovuto coscientemente e volutamente rigettare la Tradizione, commettendo in questo modo un peccato molto profondo, difficilmente sanabile. I giovani, invece, sono già nati nella Chiesa “moderna” e non hanno commesso questo peccato. Le loro anime sono più innocenti e, quindi, si aprono più facilmente alle sollecitazioni della grazia divina.
Se non per altro anche per motivi anagrafici, la Rivoluzione sembra avere i giorni contati.
Note
[1] Marie-Dominique CHENU, Les signes des temps, in “Nouvelle Revue Théologique”, n. 1, gennaio 1965, vol. 87.
[2] Germano PATTARO, Corso di teologia dell’ecumenismo, Queriniana, Brescia 1985, p. 346. Sulla storicità della Rivelazione, cfr. Henri DE LUBAC, La posterité spirituelle de Joachim de Fiore, 2 voll, Le Sycomore, Paris 1979-1981. Si veda anche Yves CONGAR, La parole et le souffle, Desclée, Paris 1983, pp. 96-101.
[3] Marie-Dominique CHENU, Marie-Dominique CHENU, The History of Salvation and the Historicity of Man, in Renewal of Religious Thought, pp. 158-159.
[4] Henri DE LUBAC, Catholicisme. Les aspects sociaux du dogme, Les Éditions du Cerf, Paris 1974, p. 133.
[5] José Antonio Ureta, Il «cambio di paradigma» di Papa Francesco. Continuità o rottura nella missione della Chiesa?, Istituto Plinio Corrêa de Oliveira, 2018.
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