Un autore che merita di essere riscoperto a dovere e studiato è senza dubbio Anselmo d’Aosta (o di Canterbury), una delle figure di spicco dell’XI sec., soprattutto per quanto riguarda la teologia. Nonostante infatti sia Santo e Dottore della Chiesa, raramente è citato, mentre imperversa l’astio sempre più diffuso nei confronti di tutto quanto è “medievale”. Voglio così proporre una sua bellissima oratio, dedicata alla preparazione a ricevere il corpo e il sangue di Nostro Signore Gesù Cristo: il testo, che unisce spiritualità poetica a profondità teologica, può servire a ciascuno di noi come preparazione per la Santa Messa, aiutandoci a riflettere a dovere su quanto avviene nel Santo Sacrificio e su quanto poco saremmo degni di accostarvici.
Presento il testo latino come è edito da Inos Biffi e Costante Marabelli (Anselmo d’Aosta, Orazioni e Meditazioni, Jaca Book 1997, Orazioni, III, pp. 144-149), con pochissime modifiche ortografiche.
Oratio ad accipiendum corpus Domini et sanguinem
Domine Iesu Christe,
qui Patre disponente,
Spiritu Sancto cooperante,
per mortem tuam spontanea voluntate
misericorditer a peccato et morte aeterna
mundum redimisti,
adoro et veneror, eo quo possum
quamvis tepido affectu et humili devotione,
gratias agens tanto beneficio,
hoc sanctum corpus tuum
et hunc sanctum sanguinem tuum,
quae ad emundationem et defensionem a peccatis
accipere desidero.
Confiteor, Domine, quia nimis sum indignus
ad eorum tactum accedere;
sed confidens de illa clementia
qua pro peccatoribus, ut iusti fierent,
animam tuam ponens ea dedisti,
et pia hostia Patri mactari voluisti:
illa praesumo ego peccator,
ut per illa iustificer, accipere.
Supplex ergo te, pie miserator hominum,
obsecro, ut quae ad delendum peccata dedisti,
non mihi sint ad peccatorum augmentum,
sed ad indulgentiam et tuitionem.
Fac me, Domine, ita ea ore et corde percipere
atque fide et affectu sentire,
ut per eorum virtutem sic merear complantari
similitudini mortis et resurrectionis tuae
per veteris hominis mortificationem et novitatem iustae vitae,
ut dignus sim corpori tuo,
«quod est ecclesia», incorporari,
et sim membrum tuum et tu caput meum,
et maneam in te et tu in me:
quatenus in resurrectione reformes
«corpus humilitatis» meae
«configuratum corpori claritatis» tuae,
secundum promissionem Apostoli tui,
et in te in aeternum gaudeam de gloria tua:
qui cum Patre et Spiritu Sancto vivis et regnas
Deus per omnia saecula saeculorum, amen.
Per un commento breve ma istruttivo mi affido a quanto scritto da Marabelli (ibid., pp. 144-145), che mette in luce con semplicità le caratteristiche del testo:
Come la prima e la quarta, questa orazione si trova per la prima volta nella raccolta inviata a Matilde di Canossa nel 1104, è «la sola preghiera di Anselmo… direttamente connessa con la Messa».
[…] La Ward invece riconosce la novità anselmiana entro il genere della preghiera privata per sacerdoti che si preparano a celebrare l’eucaristia e nel confronto con gli esempi diffusi nelle Gallie durante il secolo VIII: «Ciò che diversifica la preghiera di Anselmo sta nel suo essere personale e piena di ardore, nel contempo scritturistica e teologica».
Nel movimento di questa orazione previa alla comunione col corpo e sangue di Cristo risalta una triplica articolazione: – 1) In primo luogo (1-13) è presentato nel suo oggettivo significato il mistero del corpo e del sangue del Signore Gesù Cristo che, nella libertà (spontanea voluntate), in obbedienza al Padre (Patre disponente) e con l’aiuto potente dello Spirito (Spiritu Sancto cooperante), redime il mondo dal peccato e dalla morte eterna con atto di misericordia (misericorditer… mundum redimisti); di fronte a questo tantum beneficium sta l’inadeguatezza dell’affetto, sempre troppo tiepido, di colui che rende grazie del dono e accogliendolo desidera il compimento in sé dei suoi effetti salvifici. – 2) L’atto di adorazione del corpo e sangue di Cristo (cfr. 7 ss.: adoro et veneror…) diviene, in un secondo momento (cfr. 14-25), confessione di indegnità dell’orante a ricevere il dono, subito però superata dalla prevalente confidenza nella clemenza divina che istituì l’eucaristia (ea dedisti) proprio perché l’uomo fosse partecipe del sacrificio della croce che giustifica: la supplica a Cristo, pius miserator hominum, è di non consentire che ciò che è destinato ad annientare i peccati, invece di procurare perdono e sicurezza, divenga ulteriore motivo di condanna.– 3) Infine, l’ultimo paragrafo (26-42) esprime l’esigenza di una partecipazione viva e affettiva a questo mistero del corpo e del sangue, «con la bocca e col cuore», «con la fede e l’affetto» (fides quaerens affectum, si potrebbe parafrasare): un sentire che significa più che un sentimento, un’esperienza delle fede, una fede vivibile, un innesto nel modello (complantari similitudini) della morte e risurrezione del Signore, la partecipazione a una nuova dignità: essere parte organica dell’ecclesia corpo di Cristo, intimi con Lui (maneam in te et tu in me) che ne è il capo, premessa e promessa della nuova forma cristica di luce che assumerà nella risurrezione per la vita eterna il nostro corpo di umiliazione (in resurrectione reformes «corpus himilitatis» meae «configuratum corporis claritatis» tuae).
Affinché anche i meno avvezzi alla lingua latina possano apprezzare e trarre giovamento da questa orazione di Anselmo, fornisco la traduzione in italiano curata da Giorgio Maschio (ibid., pp. 147. 149):
Orazione per ricevere il corpo e il sangue del Signore
Signore Gesù Cristo,
tu, secondo il disegno del Padre
e l’opera dello Spirito Santo,
con la tua morte spontaneamente accolta
hai riscattato per misericordia il mondo
dal peccato e dalla morte eterna;
adoro e venero, così come posso,
con il mio tiepido affetto e il mio povero amore,
con animo grato per così grande dono,
questo tuo santo corpo
e questo tuo santo sangue,
che desidero ricevere per purificarmi
e difendermi dai peccati.
Confesso, Signore, che sono troppo indegno
di avvicinarmi e di toccarli.
Confido però in quella clemenza con la quale tu li hai donati,
offrendo la tua vita per salvare i peccatori,
e con la quale hai voluto essere sacrificato,
vittima obbediente al Padre.
Oso riceverli, io peccatore,
per diventare, grazie ad essi, giusto.
Eccomi dunque a supplicare te, che hai pietà e compassione per gli uomini:
ciò che hai donato per cancellare i peccati
non sia per me un peccato ulteriore,
ma sia perdono e sicura tutela.
Fa’ che lo riceva, Signore, con la bocca e col cuore
e fa’ che lo comprenda con la fede e l’affetto
così da essere innestato, per suo mezzo,
dentro la somiglianza della tua morte e risurrezione,
mortificato nell’uomo vecchio e rinnovato nella giustizia,
e sia degno di divenire un solo corpo
con il tuo corpo, «che è la Chiesa».
Che io sia tuo membro e tu il mio capo,
che io rimanga in te e tu in me,
finché, nella risurrezione,
tu ridia forma al mio «misero corpo»
e lo configuri al tuo «corpo glorioso»,
così come promette l’Apostolo,
ed in te io goda eternamente nella tua gloria.
Tu che vivi e regni col Padre e lo Spirito Santo,
Dio per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Presento il testo latino come è edito da Inos Biffi e Costante Marabelli (Anselmo d’Aosta, Orazioni e Meditazioni, Jaca Book 1997, Orazioni, III, pp. 144-149), con pochissime modifiche ortografiche.
Oratio ad accipiendum corpus Domini et sanguinem
Domine Iesu Christe,
qui Patre disponente,
Spiritu Sancto cooperante,
per mortem tuam spontanea voluntate
misericorditer a peccato et morte aeterna
mundum redimisti,
adoro et veneror, eo quo possum
quamvis tepido affectu et humili devotione,
gratias agens tanto beneficio,
hoc sanctum corpus tuum
et hunc sanctum sanguinem tuum,
quae ad emundationem et defensionem a peccatis
accipere desidero.
Confiteor, Domine, quia nimis sum indignus
ad eorum tactum accedere;
sed confidens de illa clementia
qua pro peccatoribus, ut iusti fierent,
animam tuam ponens ea dedisti,
et pia hostia Patri mactari voluisti:
illa praesumo ego peccator,
ut per illa iustificer, accipere.
Supplex ergo te, pie miserator hominum,
obsecro, ut quae ad delendum peccata dedisti,
non mihi sint ad peccatorum augmentum,
sed ad indulgentiam et tuitionem.
Fac me, Domine, ita ea ore et corde percipere
atque fide et affectu sentire,
ut per eorum virtutem sic merear complantari
similitudini mortis et resurrectionis tuae
per veteris hominis mortificationem et novitatem iustae vitae,
ut dignus sim corpori tuo,
«quod est ecclesia», incorporari,
et sim membrum tuum et tu caput meum,
et maneam in te et tu in me:
quatenus in resurrectione reformes
«corpus humilitatis» meae
«configuratum corpori claritatis» tuae,
secundum promissionem Apostoli tui,
et in te in aeternum gaudeam de gloria tua:
qui cum Patre et Spiritu Sancto vivis et regnas
Deus per omnia saecula saeculorum, amen.
Per un commento breve ma istruttivo mi affido a quanto scritto da Marabelli (ibid., pp. 144-145), che mette in luce con semplicità le caratteristiche del testo:
Come la prima e la quarta, questa orazione si trova per la prima volta nella raccolta inviata a Matilde di Canossa nel 1104, è «la sola preghiera di Anselmo… direttamente connessa con la Messa».
[…] La Ward invece riconosce la novità anselmiana entro il genere della preghiera privata per sacerdoti che si preparano a celebrare l’eucaristia e nel confronto con gli esempi diffusi nelle Gallie durante il secolo VIII: «Ciò che diversifica la preghiera di Anselmo sta nel suo essere personale e piena di ardore, nel contempo scritturistica e teologica».
Nel movimento di questa orazione previa alla comunione col corpo e sangue di Cristo risalta una triplica articolazione: – 1) In primo luogo (1-13) è presentato nel suo oggettivo significato il mistero del corpo e del sangue del Signore Gesù Cristo che, nella libertà (spontanea voluntate), in obbedienza al Padre (Patre disponente) e con l’aiuto potente dello Spirito (Spiritu Sancto cooperante), redime il mondo dal peccato e dalla morte eterna con atto di misericordia (misericorditer… mundum redimisti); di fronte a questo tantum beneficium sta l’inadeguatezza dell’affetto, sempre troppo tiepido, di colui che rende grazie del dono e accogliendolo desidera il compimento in sé dei suoi effetti salvifici. – 2) L’atto di adorazione del corpo e sangue di Cristo (cfr. 7 ss.: adoro et veneror…) diviene, in un secondo momento (cfr. 14-25), confessione di indegnità dell’orante a ricevere il dono, subito però superata dalla prevalente confidenza nella clemenza divina che istituì l’eucaristia (ea dedisti) proprio perché l’uomo fosse partecipe del sacrificio della croce che giustifica: la supplica a Cristo, pius miserator hominum, è di non consentire che ciò che è destinato ad annientare i peccati, invece di procurare perdono e sicurezza, divenga ulteriore motivo di condanna.– 3) Infine, l’ultimo paragrafo (26-42) esprime l’esigenza di una partecipazione viva e affettiva a questo mistero del corpo e del sangue, «con la bocca e col cuore», «con la fede e l’affetto» (fides quaerens affectum, si potrebbe parafrasare): un sentire che significa più che un sentimento, un’esperienza delle fede, una fede vivibile, un innesto nel modello (complantari similitudini) della morte e risurrezione del Signore, la partecipazione a una nuova dignità: essere parte organica dell’ecclesia corpo di Cristo, intimi con Lui (maneam in te et tu in me) che ne è il capo, premessa e promessa della nuova forma cristica di luce che assumerà nella risurrezione per la vita eterna il nostro corpo di umiliazione (in resurrectione reformes «corpus himilitatis» meae «configuratum corporis claritatis» tuae).
Affinché anche i meno avvezzi alla lingua latina possano apprezzare e trarre giovamento da questa orazione di Anselmo, fornisco la traduzione in italiano curata da Giorgio Maschio (ibid., pp. 147. 149):
Orazione per ricevere il corpo e il sangue del Signore
Signore Gesù Cristo,
tu, secondo il disegno del Padre
e l’opera dello Spirito Santo,
con la tua morte spontaneamente accolta
hai riscattato per misericordia il mondo
dal peccato e dalla morte eterna;
adoro e venero, così come posso,
con il mio tiepido affetto e il mio povero amore,
con animo grato per così grande dono,
questo tuo santo corpo
e questo tuo santo sangue,
che desidero ricevere per purificarmi
e difendermi dai peccati.
Confesso, Signore, che sono troppo indegno
di avvicinarmi e di toccarli.
Confido però in quella clemenza con la quale tu li hai donati,
offrendo la tua vita per salvare i peccatori,
e con la quale hai voluto essere sacrificato,
vittima obbediente al Padre.
Oso riceverli, io peccatore,
per diventare, grazie ad essi, giusto.
Eccomi dunque a supplicare te, che hai pietà e compassione per gli uomini:
ciò che hai donato per cancellare i peccati
non sia per me un peccato ulteriore,
ma sia perdono e sicura tutela.
Fa’ che lo riceva, Signore, con la bocca e col cuore
e fa’ che lo comprenda con la fede e l’affetto
così da essere innestato, per suo mezzo,
dentro la somiglianza della tua morte e risurrezione,
mortificato nell’uomo vecchio e rinnovato nella giustizia,
e sia degno di divenire un solo corpo
con il tuo corpo, «che è la Chiesa».
Che io sia tuo membro e tu il mio capo,
che io rimanga in te e tu in me,
finché, nella risurrezione,
tu ridia forma al mio «misero corpo»
e lo configuri al tuo «corpo glorioso»,
così come promette l’Apostolo,
ed in te io goda eternamente nella tua gloria.
Tu che vivi e regni col Padre e lo Spirito Santo,
Dio per tutti i secoli dei secoli. Amen.
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