lunedì 12 maggio 2014

Sulla comunione ai risposati, una lettera dal Bangladesh





Ne è autore un missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano. Che scrive: "Se si procede sulla strada tracciata dal cardinale Kasper si faranno dei grossi danni" 



di Sandro Magister

ROMA, 12 maggio 2014 – Carlo Buzzi, 71 anni, originario dell'arcidiocesi di Milano, è in missione in Bangladesh ininterrottamente dal 1975, con il Pontificio Istituto Missioni Estere.

Per anni ha tirato avanti da solo senza riuscire a convertire nessuno, ma poi sono arrivati i primi battesimi, e poi sono nate le prime famiglie cattoliche. Una goccia in un mare di musulmani.

Si è sempre speso per i più poveri. Come i tribali, dei quali si è fatto avvocato gratuito perché riavessero le terre che erano state loro illegalmente sottratte. È stato bastonato e preso a sassate, ha affrontato avversità, ha percorso centinaia di chilometri in moto per raggiungere i più sperduti villaggi. È andato ad abitare assieme ai tribali e ai fuori casta venuti dall'India a far da manovali nella costruzione di un ponte sul Brahmaputra, osteggiati dai musulmani del posto. Ha costruito scuole, ambulatori, cappelle. Le ha ricostruite quando gliele hanno distrutte.

Ma sempre con l'annuncio del Vangelo al centro della sua missione. Vangelo predicato e vissuto nelle forme più essenziali, genuine, senza annacquamenti.

Lo si intuisce dalla lettera che ha scritto al curatore di questo sito web, suo compagno di scuola nella fanciullezza, in un piccolo paese della Lombardia.

L'ha scritta con la volontà di dire "la sua" da missionario impegnato sul campo, nella disputa a proposito della comunione ai divorziati risposati, che ha seguito su www.chiesa dalla città in cui vive, Sirajganj, sulle rive del Brahmaputra.

E l'ha scritta proprio mentre negli Stati Uniti il cardinale Walter Kasper – il capofila dei favorevoli a dar la comunione ai risposati – ribadiva e accentuava le tesi da lui esposte per incarico di papa Francesco al concistoro dello scorso febbraio, in un'ampia intervista al settimanale cattolico di New York "The Commonweal":

> Merciful God, Merciful Church. An Interview with Cardinal Walter Kasper


In parziale traduzione italiana:

> Kasper: "Ecco gli argomenti per la comunione ai divorziati risposati"

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"LA MIA" SULLA COMUNIONE AI RISPOSATI


di Carlo Buzzi



Carissimo Sandro,

noi qui in Bangladesh insegniamo il catechismo e per essere chiari diciamo che ogni sacramento ha quattro elementi: il ministro, la materia, la formula, l'avvenimento miracoloso.

Nel battesimo il ministro è ogni persona, la materia l'acqua, la formula "Io ti battezzo…" e l'avvenimento miracoloso è che si diventa figli di Dio.

Nella cresima il ministro è il vescovo, la materia l'olio, la formula "Io ti ungo…" e l'avvenimento miracoloso è che si riceve la forza dello Spirito Santo.

Nella confessione il ministro è il sacerdote, la materia i peccati, la formula "Io ti assolvo…" e l'avvenimento miracoloso è il perdono dei peccati.

Nell'eucaristia il ministro è il sacerdote, la materia il pane e il vino, la formula "Questo è il mio corpo…" e l'avvenimento miracoloso è che il pane e il vino diventano corpo e sangue di Gesù.

Nel matrimonio il ministro sono gli sposi stessi, la materia il loro corpo e anima, la formula è la promessa e l'avvenimento miracoloso è che diventano come una sola persona.

Noi insegniamo che il sacramento si chiama così perché produce un avvenimento soprannaturale che non si vede con i nostri occhi ma che è grandioso ed è reale agli occhi di Dio.

Riguardo al matrimonio, spieghiamo proprio che la cosa miracolosa è che dopo la promessa di fronte a Dio i due sposi diventano uniti in una sola persona come se fossero stati messi insieme con l'attaccatutto o saldati a 5.000 gradi.

Ora, se si toglie questo fatto miracoloso dal matrimonio cattolico, al suo posto che cosa dobbiamo mettere?

Io ho fatto una mia riflessione.

Sappiamo bene che esiste il battesimo "di sangue" e anche il battesimo "di desiderio", altrettanto validi come quello di acqua.

Quelli che si sono risposati, se è proprio vero che sono coscienti della propria situazione, possono fare la comunione di desiderio.

Nella recezione di un sacramento c'è la parte oggettiva e la parte soggettiva. Si sa che la cosa più importante è la grande grazia legata al sacramento. Ma io potrei sciupare questa grazia ed anzi essere sacrilego se mi accosto alla comunione con leggerezza o indegnamente.

Ora per questi risposati, che tutto sommato hanno messo un po' sotto i piedi il senso cristiano della sofferenza, del sacrificio, della sopportazione, della penitenza e hanno dimenticato che Gesù è salito sulla croce e che la croce, quando arriva, è la via per ogni cristiano per avvicinarsi al Redentore, è un po' presuntuoso appellarsi alla misericordia di Dio, del quale hanno tenuto precedentemente poco conto.

In senso soggettivo, penso che per loro è molto più esistenziale che si limitino al desiderio della comunione, invece che ricevere la comunione stessa.

L'accettare volentieri questo digiuno farà molto bene alla loro anima e alla santità di quella comunità cristiana che è la Chiesa.

Se invece si procede sulla strada tracciata dal cardinale Walter Kasper si faranno dei grossi danni:

1. Si renderà la Chiesa superficiale e accomodante;
2. Si dovrà negare l'infallibilità della cattedra di Pietro, perché è come se tutti i papi precedenti abbiano sbagliato;
3. Si dovrà prendere per stupidi tutti quanti hanno dato la vita come martiri per difendere questo sacramento.

Forse ho dato il mio contributo a questa diatriba, che spero finisca in fretta.

Ciao e tanti cari saluti dal Bangladesh, che sta emergendo in tante cose e non è più un paese da buttar via.

Padre Carlo

Sirajganj, 5 maggio 2014





http://chiesa.espresso.repubblica.it/



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