giovedì 22 maggio 2014

Comunione “di desiderio”. Martinetti obietta, Ratzinger risponde


samaritana



di Sandro Magister

Letto in www.chiesa il secondo, folgorante intervento di padre Carlo Buzzi, missionario in Bangladesh, sulla questione della comunione ai divorziati risposati, Alessandro Martinetti ci scrive di concordare “con molte delle affermazioni fatte dal padre”, ma obietta che la comunione eucaristica “di desiderio” – proposta per loro da padre Buzzi – non è propriamente un sacramento.

A essere precisi, nemmeno padre Buzzi lo afferma in modo tassativo. Pone piuttosto questa domanda:
“Perché la comunione di desiderio non potrebbe essere considerata una vera comunione sacramentale, come il battesimo di desiderio e la confessione di desiderio in punto di morte?”.
Da come la domanda è costruita, si ricava che per padre Buzzi il battesimo di desiderio è comunque un vero sacramento.

Ma è proprio questa pietra d’appoggio che Martinetti contesta, sulla base del Catechismo della Chiesa cattolica ai nn. 1258-1259:
”Da sempre la Chiesa è fermamente convinta che quanti subiscono la morte a motivo della fede, senza aver ricevuto il battesimo, vengono battezzati mediante la loro stessa morte per Cristo e con lui. Questo battesimo di sangue, come pure il desiderio del battesimo, porta i frutti del battesimo, anche senza essere sacramento.
“Per i catecumeni che muoiono prima del battesimo, il loro desiderio esplicito di riceverlo, unito al pentimento dei propri peccati e alla carità, assicura loro la salvezza che non hanno potuto ricevere mediante il sacramento”.

Su questo passaggio del Catechismo Martinetti appoggia queste sue considerazioni:
“Come si vede, il battesimo del desiderio, anche senza essere sacramento, porta i frutti del battesimo sacramentale in quanto chi lo riceve non solo ha desiderio di ricevere il sacramento del battesimo, ma è pentito del proprio peccato.
“Ed è appunto il pentimento del proprio peccato che manca nel divorziato risposato convivente more uxorio con chi suo coniuge non è davanti a Dio. È questo difetto di pentimento che non lo pone in condizione di ricevere l’assoluzione sacramentale e la comunione sacramentale cioè eucaristica”.
Martinetti cita ampiamente la dichiarazione del 7 luglio 2000 del pontificio consiglio per i testi legislativi “Circa l’ammissibilità alla santa comunione dei divorziati risposati”.
E conclude:
“Se, come ipotizza padre Buzzi, esistesse una ‘vera comunione sacramentale’, quella del desiderio, che potesse essere ricevuta da chi, essendo in situazione di peccato grave, non può accostarsi alla comunione sacramentale eucaristica, insorgerebbe un conflitto tra i sacramenti: conflitto che ovviamente non può esserci, giacché tutti i sacramenti si radicano in Cristo, e Cristo non può essere in contraddizione con sé stesso”.

Martinetti, di Ghemme in provincia di Novara, è discepolo del filosofo Gustavo Bontadini e studioso di metafisica e teologia.

Va osservato però che il cuore della proposta di padre Buzzi non sta tanto nell’affermare che la comunione di desiderio sia un sacramento nella pienezza dogmatica del termine, quanto piuttosto nel valorizzare grandemente “il desiderio della comunione” eucaristica in “chi non è in stato di grazia e vorrebbe uscire da questo stato, ma per vari motivi non può”.

A questo proposito, è illuminante rileggere ciò che Benedetto XVI rispose a due coniugi brasiliani che gli parlarono del dolore di “quelle coppie di risposati che vorrebbero riavvicinarsi alla Chiesa ma si vedono rifiutare i sacramenti”, il 2 giugno 2012 a Milano, durante la veglia dell’incontro mondiale delle famiglie:

“In realtà, questo problema dei divorziati risposati è una delle grandi sofferenze della Chiesa di oggi. […] Mi sembra un grande compito fare realmente il possibile perché queste persone sentano di essere amate, accettate, che non sono ‘fuori’ anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa. Se non è possibile l’assoluzione nella confessione, tuttavia un contatto permanente con un sacerdote, con una guida dell’anima, è molto importante perché possano vedere che sono accompagnati, guidati. Ma poi è anche molto importante che sentano che l’eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il corpo di Cristo. Anche senza la ricezione ‘corporale’ del sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo corpo”.

In queste parole di papa Joseph Ratzinger la formula “comunione di desiderio” non c’è. Ma la sostanza c’è tutta. “Anche senza la ricezione ‘corporale’ del sacramento possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo corpo”. Anche se la comunione di desiderio non è sacramento, è pur sempre comunione “vera”, “partecipata”, “reale” con il corpo di Cristo.







SETTIMO CIELO


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