giovedì 8 maggio 2014

«Così morì l’uomo della Sindone»





La ricerca di un’equìpe di studiosi padovani: arti di cadaveri utilizzati per simulare l’«inchiodatura».


di Robert Brumat (12/04/2014)

Da Padova nuove luci sul mistero della Sacra Sindone. Dopo aver riportato un grave trauma al collo, alla spalla e al torace, l’uomo della Sindone è stato assicurato alla croce con due chiodi piantati nei polsi e due nei piedi, ma i polsi presentano due fori ciascuno, segno che i primi tentativi non erano andati a buon fine. Infatti le croci (formate dalla trave verticale piantata a terra e dal patibulum orizzontale che pesava circa 40 Kg) venivano riutilizzate e quindi avevano dei fori preformati su cui si conficcavano i chiodi di altri crocifissi. Probabilmente dopo l’inchiodatura del polso sinistro, le braccia furono tirate al massimo determinando quasi una lussazione anche del braccio sinistro (la spalla destra aveva già subito una dislocazione dell’omero cadendo col patibulum sulle spalle verso il Calvario?).

Poi i romani che per lo stesso motivo tirarono con le corde il piede destro fino a lussargli la caviglia, inchiodarono il piede a livello del metatarso per fissarlo allo stipes (trave verticale). Successivamente inchiodarono il piede sinistro al centro del dorso: il chiodo fuoriuscito sul versante interno del tallone fu conficcato nella caviglia del piede destro. Furono impiegati due chiodi romani a testa quadrata di 0,8 cm di lato: uno lungo 10 cm (come per i polsi) per fissare il piede destro e l’altro di circa 25 cm per inchiodare i due piedi insieme, il sinistro sovrapposto al destro.

Sono alcune delle nuove conclusioni a cui è arrivata un’equipe di studiosi dell’Azienda Ospedaliera di Padova e dell’Università di Padova che ha appena terminato uno studio di due anni basato su analisi cliniche delle tracce lasciate sulla Sindone e riproducendo, per la prima volta su arti di cadaveri, le procedure subite da chi lasciò l’impronta di un uomo crocefisso sul lenzuolo di lino conservato nel duomo di Torino. Matteo Bevilacqua, già direttore del reparto di Fisiopatologia Respiratoria dell’Ospedale di Padova, è il responsabile di questa ricerca condotta presso l’Istituto di Anatomia Normale dell’Università di Padova assieme a Giulio Fanti, professore associato del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova, a Raffaele De Caro, direttore dello stesso Istituto di Anatomia con i suoi aiuti Andrea Porzionato e Veronica Macchi, spiega i risultati ottenuti, pubblicati in parte dalla rivista americana di ortopedia Injury.

«La sperimentazione - spiega Bevilacqua - indica che l’uomo della Sindone ha subito due inchiodature al polso sinistro: una fra gli ossicini del carpo semilunare, piramidale, capitato e uncinato (impronta da tempo nota del chiodo sulla Sindone); l’altra più in alto fra radio, semilunare e scafoide che ha provocato la retrazione del pollice con conseguente scomparsa della sua impronta sul lenzuolo di lino. Verosimilmente altre due inchiodature interessarono il polso destro, invisibili perché coperto dalla mano sinistra». Le macchie di sangue sulla Sindone sono dovute al sanguinamento dopo la schiodatura perché l’uomo venne deterso dopo la deposizione dalla croce: altrimenti le impronte non sarebbero così nitide su un corpo imbrattato di sangue. Il loro aspetto fa sospettare la presenza di due fori da chiodi al polso sinistro e due sulla pianta del piede destro, con lo scolo sugli avambracci dovuto al sanguinamento da schiodatura. E’ verosimile quindi che l’uomo della Sindone abbia subito sette inchiodature: due per ogni polso, due al piede destro e una al sinistro, e sia stato fissato definitivamente sulla croce con quattro chiodi.

«Gli esperimenti apportano ulteriori importanti indizi sull’autenticità della Sindone e sull’identificazione dell’uomo in Gesù – prosegue lo studioso - poiché confermano quanto riportato nel Vangelo e arricchiscono di inediti dettagli la descrizione della passione. Abbiamo anche rilevato che la testa presenta un enoftalmo destro, cioè il rientramento del bulbo oculare per il colpo della trave abbattutasi sulla spalla durante la caduta, con paralisi dell’intero plesso brachiale. Le ginocchia erano moderatamente flesse e i piedi inchiodati sui talloni. Le lesioni ai nervi mediani dei polsi provocano un dolore acutissimo e ogni movimento può portare allo svenimento. Secondo noi l’inchiodatura ha molto limitato la respirazione, ma non al punto da provocare la morte. La morte è sopraggiunta probabilmente per infarto e non per asfissia o per il versamento di sangue nel cavo pleurico di destra (da contusione toracica durante la caduta): e anche questo sarebbe compatibile con i Vangeli che parlano del grido di Cristo in croce immediatamente prima di morire».





© CORRIERE DEL VENETO



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