sabato 31 agosto 2024

Suicidio assistito, il caso Oppelli apre la strada alla barbarie



Sostenuta dai radicali e facilitata dalle sentenze della Corte Costituzionale, Martina Oppelli, malata di sclerosi multipla, denuncia per tortura la ASL che le nega il suicidio assistito. Il giudice di cassazione Giacomo Rocchi: «Dal punto di vista penale è un bluff, ma stiamo scivolando verso una società che elimina malati e anziani».


ASSOCIAZIONE COSCIONI

Vita e bioetica 



Riccardo Cascioli, 31-08-2024

«La verità è che stiamo costruendo una società che pretende di cancellare la solidarietà ed eliminare chiunque – a partire da malati e anziani – non sia più produttivo o diventi troppo costoso. È questa la vera posta in gioco nel caso di Martina Oppelli, sbandierato dall’associazione Luca Coscioni». Il giudizio di Giacomo Rocchi, presidente di sezione della Corte di Cassazione è molto chiaro sul caso tornato a occupare le prime pagine dei giornali.

Martina Oppelli (nella foto), architetto 49enne di Trieste, affetta da sclerosi multipla progressiva, è purtroppo solo l’ultima testimonial di una campagna per la morte che l’associazione radicale, il cui volto più noto è Marco Cappato, sta portando avanti da anni spingendo passo dopo passo la legislazione italiana verso la totale accettazione del diritto alla morte.

La vicenda dolorosa di Martina Oppelli è stata trasformata nel solito circo mediatico lo scorso maggio quando, tramite l’associazione Luca Coscioni, la donna ha fatto richiesta di suicidio assistito presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI). La quale ASUGI ha però respinto la richiesta per due volte, l’ultima il 28 agosto, ritenendo che non ci sia una delle condizioni previste dalla sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale, ovvero il fatto che la persona che richiede il suicidio assistito deve essere tenuta in vita da supporti vitali.

Così il 29 agosto Martina Oppelli, assistita ovviamente dall’associazione Coscioni, ha annunciato di avere sporto denuncia penale contro l’ASUGI per tortura e rifiuto di atti di ufficio. Una decisione clamorosa «ma dal punto di vista penale è solo un bluff – spiega Rocchi -. Il reato di tortura prevede che il pubblico ufficiale provochi la sofferenza di chi ha in custodia; ma in questo caso la sofferenza è provocata dalla malattia e non si può certo accusare di tortura chi offre una terapia per alleviare tale sofferenza». E anche sul rifiuto di atti di ufficio la denuncia è chiaramente una provocazione propagandistica se non un atto d’intimidazione: «Bisogna ricordare – prosegue Rocchi – che la sentenza della Consulta del 2019 non era un riconoscimento dell’aiuto al suicidio, ma la depenalizzazione del reato in alcune precise circostanze. E quindi demanda all’Azienda Sanitaria Locale (ASL) l’accertamento della situazione, ovvero il ricorrere nel caso specifico delle condizioni previste. In questo caso il parere è stato dato ben due volte ed è negativo. Denunciare ora l’ASL per questo vuol dire considerare che il parere debba sempre essere positivo, e che non essere d’accordo sia un reato. Il che è semplicemente ridicolo».

Ciò non toglie però che l’aiuto al suicidio possa essere ancora accordato a Martina Oppelli, la cui richiesta è infatti già stata presentata in tribunale: «Con l’ultima sentenza, la 135 del 2024, - spiega Giacomo Rocchi – la Corte Costituzionale afferma che la persona che richiede il suicidio può ancora rivolgersi al giudice civile, che può decidere in difformità rispetto al parere della ASL».

Il che è certamente un passaggio importante perché, mentre già dal 2019 chiede al Parlamento una legge chiara sul tema, la Consulta apre ancora di più – seppure implicitamente - la porta al diritto al suicidio assistito e all’eutanasia. «Con la sentenza 135/2024 – spiega ancora Rocchi - si amplia il concetto di dipendenza da sostegni vitali, estendendosi a tutta quella gamma di proprie necessità fondamentali che il malato può soddisfare solo con l’intervento di caregiver (infermieri, badanti, ecc.) o familiari».

Le conseguenze di questo cambiamento sono evidenti, dal diritto a rifiutare terapie salvavita si entra in una dimensione in cui una certa qualità della vita viene ritenuta non degna di essere vissuta. È evidente anche nelle parole di Martina Oppelli, che in 24 anni ha visto gradualmente peggiorare le sue condizioni fino al punto di perdere gran parte delle sue facoltà e ha spiegato il suo sentimento affermando che «la mia (…) è una scelta d’amore verso la vita che ho avuto» e che evidentemente non potrà più avere.

Di fatto dunque il principio che muove i radicali è che si debba stabilire per legge un livello di qualità della vita al di sotto della quale sia lecito il diritto a morire. «Ma quando uno Stato riconosce che un soggetto deve essere aiutato a morire – afferma il giudice di Cassazione - dice che c’è una condizione per cui le persone è bene che muoiano se lo richiedono. E l’esperienza dimostra che da qui si passa facilmente all’uccisione di chi, in quella condizione, non lo ha chiesto».

E l’allargamento del concetto di “sostegni vitali” alle persone che si occupano del malato è agghiacciante «perché qui – dice ancora Rocchi - siamo già nel mondo delle persone anziane, e di tutti quanti sono in qualche modo dipendenti». Lo scenario che si prospetta, obiettivo vero dei radicali avallato dalla Corte Costituzionale, quindi è abbastanza chiaro quanto raccapricciante: le persone che non sono produttive, le persone che dipendono da altri è bene che muoiano, invece di aiutare si preferisce eliminare. «La sostanza – conclude Rocchi - intorno al quale ruota tutta la campagna dell’Associazione Luca Coscioni è proprio questa: cancellare la solidarietà, eliminare gli improduttivi. Possiamo pensare con queste premesse cosa possa accadere con una crisi economica, con l’impossibilità di sostenere i costi della sanità. Pensiamo a cosa potrà accadere nelle case di riposo, o quando le famiglie faranno fatica a pagare le badanti… Quanto sta accadendo deve farci riflettere su che tipo di società stiamo diventando».






venerdì 30 agosto 2024

XVII Pellegrinaggio Toscano sabato 21 settembre 2024 al Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero (LI)




Programma del XVII Pellegrinaggio Toscano

Sabato 21 settembre 2024 al Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero (LI)

Alle ore 10,30 raduno dei pellegrini Piazza delle Carrozze a Montenero Basso (Livorno) negli spazi antistanti la stazioncina della Funicolare

Alle ore 10,45 partenza in processione in salita verso il Santuario con recita del S. Rosario

Alle ore 11,30 Santa Messa Pontificale in rito antico in Basilica. Celebrante: S.Ecc.za Rev.ma Mons. Guido Pozzo, Arcivescovo tit. di Bagnoregio; servizio liturgico a cura dell'Istituto Cristo Re Sommo SacerdoteSeguirà, per quanti vorranno, un pranzo al sacco presso la Villa Sacro Cuore, via Numa Campi, 9 - Montenero basso

Nel pomeriggio, alle ore 15,30 si terrà una Conferenza spirituale di Mons. Guido Pozzo, sempre presso la Villa Sacro Cuore




Organizzazione: Coordinamento toscano "Benedetto XVI"






giovedì 29 agosto 2024

Architettura religiosa / Sorpresa: la bruttezza ha fatto il suo tempo. Torna il senso del sacro. E i giovani lo alimentano




29 Ago 2024


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by Aldo Maria Valli

di John Horvat II

Negli ultimi decenni l’architettura ecclesiastica moderna, non diversamente dalla musica sacra, è stata notoriamente ben poco stimolante. Costruzioni simili ad hangar per aerei, sedi per la congregazione a forma di ventaglio e bizzarre vetrate colorate hanno dominato lo spazio di culto negli ultimi sessant’anni. Un autore non ha potuto fare a meno di intitolare così una sua critica: Brutta come il peccato. Tuttavia, l’architettura della Chiesa sta cambiando, e i cattolici americani chiedono che i nuovi spazi di culto assomiglino di più a… be’ sì, a chiese.

Oggi alcune scuole di architettura stanno sfornando laureati che propongono edifici ecclesiastici in grado di riflettere non la bruttezza del peccato, ma il sacro.

Nel 1998 gli architetti della Notre Dame University si sono riuniti per fondare l’Institute for Sacred Architecture, un importante centro per il movimento generale di allontanamento dalla bruttezza moderna. I suoi obiettivi erano di tornare al sacro, esplorare la ricchezza del patrimonio architettonico della Chiesa e commissionare nuove chiese ispirandosi al classico e al gotico.

A tal fine, i membri fondatori hanno diffuso Sacred Architecture Journal, pubblicazione biennale che informa sugli sviluppi nel campo. Hanno anche sponsorizzato seminari e lavori accademici che promuovono i loro obiettivi.

Il risultato di sforzi come questi è stata una fioritura di splendide chiese in tutto il paese. Il Journal presenta regolarmente articoli su progetti eccezionali con immagini straordinarie e prospettive storiche, nonché critiche di strutture e opere d’arte brutte come il peccato.

Nell’ultimo numero del Sacred Architecture Journal, l’architetto-editore Duncan Stoik nota un cambiamento radicale nell’architettura delle chiese, contro ogni aspettativa. Nessuno avrebbe potuto immaginare come i brutti edifici postmoderni siano già passati di moda.

Dopo quasi venticinque anni di sforzi, Stoik elenca tre cose che sono cambiate radicalmente nel campo dalla fondazione della rivista. Cambiamenti che corrispondono non solo al luogo in cui si pratica il culto, ma anche al modo in cui lo si fa.

Il primo cambiamento significativo è un ritorno alla nozione di sacro. “Venticinque anni fa, le persone non usavano la parola ‘sacro’ in relazione all’architettura della chiesa”, riferisce Stoik. “Oggi invece il sacro è spesso usato nel linguaggio moderno riferendosi alle case di Dio”.

Il ritorno è legato a una trasformazione spirituale dentro le anime dei cattolici che anelano al sacro. Sono stanchi dei brutali progetti secolari che cercano così duramente di eliminare il sacro. Questi cattolici vogliono pregare in un bel luogo sacro corrispondente ai loro desideri.

Un modo in cui il sacro si manifesta nel design è quello che l’architetto chiama “un apprezzamento generale per la verticalità e la direzionalità”. In altre parole, le chiese tornano a puntare verso l’alto, verso Dio, con campanili, archi e volte. Le planimetrie amorfe e gli anfiteatri sono scomparsi. A livello del pavimento, le chiese mantengono la direzione che punta verso Dio tipica di un santuario sacro.

Questi cambiamenti riflettono la necessità che la preghiera sia un’immagine fisica di ciò che sta accadendo spiritualmente. La preghiera è un’azione in cui l’anima è elevata a Dio. Una chiesa dovrebbe riflettere una gerarchia di luoghi in cui la persona sente una presenza speciale ed edificante del sacro, non l’uniformità egualitaria che rende le strutture moderne così insopportabili.

Il secondo sviluppo che segna l’architettura sacra è il ritorno alle fonti. È sparito l’atteggiamento universale, secondo cui tutto è permesso, che ha dominato negli anni Settanta e Ottanta. Pastori e congregazioni stanno riscoprendo la “grande ricchezza e varietà di chiese costruite negli ultimi due millenni”.

Anche l’ostilità verso il passato è scomparsa. L’era della wreckovation [termine dispregiativo utilizzato da alcuni anni per descrivere lo stile di cattedrali, chiese e oratori cattolici dopo il Concilio Vaticano II, N.d.T.] dagli anni Sessanta in poi ha cercato di distruggere tutti gli stili e gli arredi antichi. La ricca eredità della Chiesa è stata respinta e sono state sperimentate nuove e orribili strutture e nuovi e orribili arredi, senza alcun legame con la parrocchia o il luogo. Quindi, l’architettura della chiesa è stata sradicata dal suo terreno.

Ma ora si incomincia a riguardare alla ricchezza del passato che non invecchia mai. E si stanno trovando belle espressioni delle verità della Fede. Non si va più alla ricerca di mode passeggere di tendenza.

Questo ritorno alle fonti riflette anche le antiche modalità di culto che tanto affascinano molti cattolici, soprattutto giovani.

Il terzo sviluppo segnalato da Stroik è la tendenza delle persone che “arredano le loro chiese con opere d’arte che i nostri bisnonni avrebbero riconosciuto”. Una tendenza decollata una volta che le persone hanno capito “che era consentito”.

Pertanto, i nuovi edifici tornano ad avere splendidi dipinti che raccontano la storia della salvezza. Scene toccanti adornano cappelle laterali, soffitti e pareti ornati. Una bellezza che abbraccia generazioni.

L’ultimo numero del Journal mette in evidenza nuove, enormi nuove e riccamente ornate cappelle universitarie, come la St. Mary’s Chapel presso la Texas A. & M. University, che può ospitare 1.500 persone. Tali progetti sono popolari e stanno guadagnando terreno. Ma soprattutto hanno attirato l’attenzione dei giovani.

Un numero sempre più alto di artigiani specializzati è al lavoro per adornare le chiese. Pittori, scultori e vetrai stanno emergendo come artefici di “arti sorelle” dell’architettura per soddisfare la domanda di sacro.

Molti di coloro che lavorano in queste chiese sono formati per far sì che i loro mestieri riflettano la teologia della Chiesa al di là dei loro mestieri. Il loro lavoro diventa un’opera d’amore.

Questo movimento dal basso deve andare di pari passo con scuole di musica che si adattino all’ambiente (e all’acustica!) dei nuovi edifici.

Tutte queste realtà riflettono un ritorno organico alla tradizione che suggerisce una forte azione della grazia di Dio in grado di operare dentro le anime. Le persone sono tornate a pensare che gli spazi di culto influenzano il modo in cui pregano e adorano. C’è una relazione diretta. Quando un edificio è brutto come il peccato, non favorisce qualcosa di bello come la grazia e la virtù.

Il futuro dell’architettura sacra è luminoso perché le persone tornano a essere attratte dal sacro. Stroik ritiene che il messaggio del movimento debba essere esteso oltre l’America. Propone “conferenze internazionali sull’architettura sacra per architetti, pastori e appaltatori provenienti da ogni parte del mondo.

Il culto incentrato sull’uomo dentro scatole brutte come il peccato produce l’inevitabile frutto di chiese vuote. C’è una connessione tra dove si prega e come si prega. La rinascita del sacro è avvenuta perché le persone hanno capito che il vuoto postmoderno può essere riempito solo dal sacro.

Così, lavorando con la grazia di Dio, si possono realizzare cose grandi e inaspettate. L’apostolato della bellezza sacra attrae moltitudini perché parla un linguaggio universale e senza tempo. La tradizione rappresenta il futuro.

Fonte: returntoorder.org

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Nell’immagine [sacredarchitecture.org], balaustra dell’altare presso il Santuario del Sacro Cuore nella Cattedrale di Saint Louis, Missouri








mercoledì 28 agosto 2024

Per volersi bene c’è bisogno di credere


(Wikipedia) San Paolo, Icona di Andrej Rublev


Parlando al Giffoni Festival nel luglio scorso, il cardinale Matteo Zuppi ha detto che “il punto è volersi bene”: «Credo che questo dovremmo impararlo tutti, che può esistere un legame senza che necessariamente ci sia un risvolto giuridico. Il punto è volersi bene». Alla domanda «Per volersi bene, c’è bisogno di credere? No – risponde il cardinale –. C’è tanta gente che dà forme di altruismo e attenzione al prossimo, forme di generosità, senza credere». E aggiunge: «Aiuta credere? Sì. Ti aiuta a non usare gli altri, a volergli bene per davvero, ma le religioni non hanno l’esclusiva del voler bene». Sulla questione pubblichiamo questo articolo di Andrea Mondinelli.





Di Andrea Mondinelli, 28 Ago 2024

Amare il prossimo come se stessi apre una serie di stimolanti riflessioni. Cosa significa amare, se non volere il bene della persona amata? L’amore verso noi stessi significa volere il bene per noi, anzi, di più, volere il massimo bene. Amare se stessi, pertanto, significa l’unione con Dio, che è la Bontà stessa. A questo punto, dobbiamo amare il prossimo nello stesso modo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34).

Come ci ha amato Nostro Signore Gesù Cristo? Con il suo Sacrificio in croce: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,12-13). Nel versetto seguente, Gesù spiega anche come essere suoi amici: «Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando».

È evidente che l’amore verso il prossimo non è un optional e che tale amore va oltre quello semplicemente umano: con il «Come io vi ho amati» ci viene esplicitamente richiesto un amore verso gli altri non solo umano, ma divino. Come è possibile, visto che siamo delle semplici creature? Non c’è che un solo modo ed è quello della cristificazione, dobbiamo essere da Lui assimilati. Questo è esattamente il frutto della comunione eucaristica ricevuta con le giuste disposizioni. Ricordiamoci sempre che il sacramento della comunione è a sua volta il frutto di quell’Albero della vita, che è la Santa Croce del Calvario, nel sacrificio che si rinnova ad ogni Santa Messa.

L’amore tra Cristo, che è il capo, e la Chiesa, che è il suo corpo mistico, rappresenta il vero amore verso se stessi. Questo ci è manifestato nel sacramento del matrimonio, segno dell’amore tra Cristo e la Chiesa sua sposa, sacramento che San Paolo definisce grande mistero. Anche qui è presente l’amore verso se stessi, perché gli sposi sono una carne sola. Per questo il santo sacrificio della Messa è assolutamente indispensabile alla vita matrimoniale cristiana, poiché ne è la fonte.

Non c’è alcun dubbio che l’amore a cui ci chiama Nostro Signore Gesù Cristo è quello della Carità, la più grande delle virtù teologali. Quella virtù che è sempre uguale sia in questa vita terrena sia nella vita eterna, uguale sia di qua che di là come spesso ripete padre Barzaghi. Dio si serve anche di noi per amare le creature fatte a Sua immagine e somiglianza, facendoci così partecipi della sua gioia come bene evidenziato da Santa Teresina del bambin Gesù[1].

Alcune considerazioni sintetiche. La carità che esercitiamo verso il prossimo scaturisce da quella divina, perciò è di natura uguale. Pertanto, non si può amare il prossimo senza amare Dio e non si può amare Dio senza amare il prossimo: il nostro amore verso il prossimo è la cartina di tornasole di quello verso di Dio.

Inseriti in questo fuoco dell’amore divino, ci si rende conto immediatamente che non è cosa nostra. San Paolo lo dice apertis verbis: «Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti, io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio»[2]. È proprio questo che rende necessaria la cristificazione: «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me»[3]. L’esercizio della virtù a questi gradi eroici appartiene ai santi, che percepivano l’infinita distanza tra la creatura ed il Creatore[4], ma che inseriti nel fuoco divino letteralmente s’infiammavano, due esempi per tutti: San Filippo Neri[5] e Santa Veronica Giuliani[6].

Eppure, anche noi siamo chiamati dal Signore a percorrere la stessa strada. Penso che un buon esercizio da compiere per riuscire ad amare il prossimo sia quello di ricordarsi di una fiaba molto amata da G.K. Chesterton: «In La Bella e la Bestia c’è una grande lezione: una cosa deve essere amata prima di essere amabile»[7]. Nostro Signore Gesù Cristo ci ha amato proprio così, ben prima che fossimo anche lontanamente amabili, quando eravamo schiavi del peccato e quando ancora ci cadiamo. Pertanto, nelle persone che ci appaiono disprezzabili e non degne di amore dobbiamo semplicemente vedere il riflesso di noi stessi: anche questo amore verso di loro significa amare noi stessi.

Che succede se siamo in stato di peccato mortale, quindi privi della grazia santificante? Siamo ancora capaci di tale amore? No, in quanto siamo tralci staccati dalla Vite e come tali incapaci di quell’amore verso il prossimo richiesto da Nostro Signore; in tale stato tutti i nostri atti sono solamente umani e non ci procurano merito agli occhi di Dio nel giorno del Giudizio. Tuttavia, la misericordia di Dio è talmente grande che seppure in stato di peccato mortale perdiamo i meriti acquisiti quando eravamo in grazia di Dio, una volta confessati, li riacquisiamo.

Oggi la grave crisi di fede è sotto i nostri occhi, ma se la fede diminuisce allora la Carità si raffredda[8] e viene sostituita da una che è falsa, priva di verità e sganciata dalla fede, così bene compendiata dalla frase “l’importante è volersi bene”[9]. Un amore non conforme ai comandamenti Dio è un allontanarsi da Lui ed è un rapportarsi disordinato nei confronti delle creature[10]. In altre parole, è il peccato che determina la perdita della presenza di Dio nell’anima. A pensarci bene, come definire il significato di volersi bene senza alcun riferimento a Dio? Qual sarebbe il metro di giudizio se non il nostro così gravemente insufficiente?

La lettura per la meditazione non può essere che la prima lettera di San Paolo ai Corinzi 13, 1-13 nota anche come Inno alla Carità.





[1] «Quando il Signore aveva comandato al suo popolo di amare il prossimo come se stesso, Egli non era ancora sceso sulla terra, perciò sapendo bene fino a che punto si ami la propria persona, non poteva chiedere alle sue creature un amore più grande per il prossimo. Ma quando Gesù diede ai suoi apostoli un comandamento nuovo, il suo comandamento, non parla più di amare il prossimo come se stesso ma di amarlo come Lui, Gesù, lo ha amato, come Lui lo amerà fino alla consumazione dei secoli…
Ah! signore, so che tu non comandi niente di impossibile, conosci meglio di me la mia debolezza, la mia imperfezione, sai bene che mai potrei amare le sorelle come le ami tu, se tu stesso o mio Gesù, non le amassi in me ». (Ms C, 290) https://www.carmeloveneto.it/joomla/mostra-della-misericordia/294-4-teresa-e-le-opere-di-misericordia

[2] Rm 7,18-19

[3] Gal 2. 16-20

[4] Raccontava dunque la santa vergine Caterina da Siena ai suoi confessori, tra i quali, senza merito, sono stato anch’io, che all’inizio delle visioni di Dio, cioè quando il Signore Gesù Cristo cominciò ad apparirle, una volta, mentre pregava, le comparve davanti e le disse: «Sai, figliola, chi sei tu e chi sono io? Se saprai queste due cose, sarai beata. Tu sei quella che non è; io, invece, Colui che sono. Se avrai nell’anima tua tale cognizione, il nemico non potrà ingannarti e sfuggirai da tutte le sue insidie; non acconsentirai mai ad alcuna cosa contraria ai miei comandamenti, e acquisterai senza difficoltà ogni grazia, ogni verità e ogni lume». dalla Legenda Maior di Santa Caterina da Siena, scritta dal beato Raimondo da Capua, Cantagalli, Siena, 1994, pp. 97-106 https://www.gliscritti.it/antologia/entry/741

[5] Celebre è l’episodio miracoloso che avvenne la vigilia di Pentecoste del 1544: mentre era intento nella preghiera, lo Spirito Santo come globo di fuoco gli penetrò nel petto, allargandogli il cuore. Dai suoi occhi e dal suo volto, specialmente nel fervore della preghiera, si vedeva trasparire il riflesso di quella fiamma d’amore che lo consumava interiormente. https://lanuovabq.it/it/san-filippo-neri-1-1-1#:~:text=Nel%20giorno%20di%20Pentecoste%20del,persone%20che%20testimonieranno%20di%20aver

[6] A volte Santa Veronica nel suo petto custodisce letteralmente due cuori: il suo e quello di Gesù. Il primo batte normalmente, il secondo le solleva le costole, tanto che in convento le consorelle, anche da lontano, ne sentono il battito. Vedono Veronica bruciare per l’effetto del fuoco di questo “secondo cuore” e per refrigerio corrono ad immergerle le mani nell’acqua, che inizia subito a bollire https://www.comunitasanluigiguanella.it/santa-veronica-giuliani-il-risveglio-di-un-gigante/. Quale esempio più efficace dell’anima capax Dei!

[7] Chesterton, L’etica del paese delle fate (Ortodossia, 1908)

[8] «Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12).

[9] Per volersi bene, c’è bisogno di credere? «No – risponde il cardinale –. C’è tanta gente che dà forme di altruismo e attenzione al prossimo, forme di generosità, senza credere». E aggiunge: «Aiuta credere? Sì. Ti aiuta a non usare gli altri, a volergli bene per davvero, ma le religioni non hanno l’esclusiva del voler bene». https://lanuovabq.it/it/zuppi-il-cardinale-queer

[10] “Aversio a Deo et conversio ad creaturas”, Sant’Agostino De Civitate Dei, 12, 6








martedì 27 agosto 2024

Che cos’è la Tradizione? / Mons. Lefebvre "Lettera aperta ai cattolici perplessi, cap. XVII"





ai nostri giorni come ieri, il modernismo è davvero l’elemento che mina la Chiesa dall’interno. Prendiamo ancora dall’enciclica Pascendi qualche brano corrispondente a quello che stiamo vivendo ora.
«Dal momento che il suo fine è del tutto spirituale, l’autorità religiosa deve spogliarsi di tutto quell’apparato esteriore, di tutti quegli ornamenti pomposi con i quali essa si mette in mostra come dando spettacolo. In questo essi dimenticano che la religione, se propriamente parlando appartiene all’anima, tuttavia non vi è confinata, per cui l’onore reso all’autorità si riflette su Gesù Cristo che l’ha istituita».
Sotto le pressioni di questi «spacciatori di novità», Paolo VI ha abbandonato la tiara, i vescovi si sono spogliati della sottana paonazza e anche di quella nera come pure dei loro anelli, i preti si presentano in abiti civili e, la maggior parte del tempo, in abbigliamento volontariamente trasandato.


Anche già prima delle riforme generali attuate o richieste con insistenza, san Pio X parlava del desiderio «maniaco» dei riformatori modernisti. Voi li riconoscerete nel seguente brano:
«Per quanto riguarda il culto, (essi vogliono) che si diminuisca il numero delle devozioni esteriori o per lo meno che se ne arresti la crescita... Esigono che il governo ecclesiastico vada verso la democrazia; che una parte del governo venga data al clero minore e perfino ai laici; che l’autorità sia decentralizzata. Riforma delle congregazioni romane, soprattutto di quelle del Santo Uffizio e dell’Indice... Ci sono poi coloro che, facendo eco ai loro maestri protestanti, desiderano la soppressione del celibato ecclesiastico».
Vedete che si formulano le stesse richieste, sicché non si nota alcuna nuova immaginazione.

Per il pensiero cristiano e la formazione dei nuovi sacerdoti, la volontà dei riformatori del tempo di san Pio X puntava sull’abbandono della filosofia scolastica, che doveva esser relegata «nella storia della filosofia, fra i sistemi obsoleti» per caldeggiare l’idea «di insegnare ai giovani la filosofia moderna, la sola vera, la sola adatta ai nostri tempi..., sicché la teologia cosiddetta razionale abbia per base la filosofia moderna, e la teologia positiva per fondamento la storia dei dogmi».

Su questo punto i modernisti hanno già ottenuto quel che volevano e anche di più. In quelle strutture che tengono il posto dei seminari, si insegnano l’antropologia e la psicanalisi, Marx invece di san Tommaso d’Aquino. I princìpi della filosofia tomista sono respinti a favore di sistemi incerti, che riconoscono essi stessi la propria inadeguatezza a render conto dell’economia dell’universo, perché mettono in primo piano la filosofia dell’assurdo.

Un rivoluzionario degli ultimi tempi, prete confusionario molto ascoltato dagli intellettuali, che metteva il sesso al centro di tutto, non si peritava di dichiarare nelle riunioni pubbliche: «Le ipotesi degli antichi in campo scientifico erano asinerie pure, ed è su quelle bestialità che san Tommaso e Origene hanno basato i loro sistemi». Egli stesso cadeva subito dopo nell’assurdità, definendo la vita come «un concatenamento evolutivo di fatti biologici inesplicabili». Come lo sa, se sono inesplicabili? E io aggiungerei: come può un prete scartare la sola spiegazione che è Dio?

I modernisti sarebbero stati annientati, qualora avessero dovuto difendere le loro elucubrazioni contro i princìpi del Dottore Angelico, le nozioni di potenza e di atto, di essenza, di sostanza e di accidente, d’anima e di corpo, ecc. Eliminando queste nozioni rendevano incomprensibile la teologia della Chiesa e, come si legge nel motu proprio Doctoris Angelici (San Pio X, 29 giugno 1914) «risulta che gli studenti delle sacre discipline non conoscono neppure più il significato delle parole con cui sono proposti dal magistero i dogmi che Dio ha rivelato».

L’offensiva contro la filosofia scolastica è quindi necessaria quando si vuole cambiare il dogma, attaccare la Tradizione. Ma cos’è la Tradizione? Mi sembra che spesso la parola non sia esattamente compresa. La si assimila alle «tradizioni» come esistono nei mestieri, nelle famiglie, nella vita civile, al mazzo di frasche fissato sul culmine della casa quando è stata posata l’ultima tegola, al nastro che si taglia per inaugurare un monumento, ecc. Non è di questo che io parlo.

La Tradizione non è il complesso delle usanze legate al passato e custodite per fedeltà a questo passato, anche in mancanza di ragioni chiare. La Tradizione si definisce come il deposito della fede trasmesso dal magistero di secolo in secolo. Questo deposito è quello che ci è stato dato dalla Rivelazione, ossia la Parola di Dio affidata agli Apostoli e la cui trasmissione è assicurata dai loro successori. Adesso si pretende di mettere tutti «in ricerca», come se il Credo non ci fosse stato dato, come se Nostro Signore non fosse venuto a portare la Verità una volta per tutte. Cosa si pretende di trovare con tutta questa ricerca?

I cattolici ai quali si vogliono imporre delle «rimesse in discussione» dopo aver fatto «svuotare di contenuto le loro certezze», devono ricordarsi di questo: il deposito della Rivelazione è terminato il giorno in cui morì l’ultimo Apostolo. È finita, non si può più toccare fino alla consumazione dei secoli. La Rivelazione è irriformabile. Il Concilio Vaticano I l’ha ricordato esplicitamente: «La dottrina della fede che Dio ha rivelato non è stata proposta alle intelligenze come un’invenzione filosofica che esse avrebbero dovuto perfezionare, ma è stata affidata come un deposito divino alla Sposa di Gesù Cristo (la sua Chiesa), per essere da essa fedelmente custodita e infallibilmente interpretata». Ma, si dirà, il dogma che riconosce Maria Madre di Dio risale solamente all’anno 431, quello della transustanziazione al 1215, l’infallibilità pontificia al 1870 e così via. Non c’è stata un’evoluzione? Assolutamente no.

I dogmi definiti nel corso dei secoli erano compresi nella Rivelazione; la Chiesa li ha semplicemente esplicitati. Quando il Papa Pio XII ha definito, nell’anno 1950, il dogma dell’Assunzione, ha precisato che questa verità della traslazione al Cielo della Vergine Maria col suo corpo si trovava già nel deposito della Rivelazione, in quanto esisteva nei testi che ci sono stati rivelati prima della morte dell’ultimo Apostolo. Non si può apportare nulla di nuovo in questo campo, non si può aggiungere un solo dogma, ma solo formulare in maniera sempre più chiara, più bella e più grande quelli che già esistono. Questo fatto è talmente certo, da assurgere a regola da seguire per giudicare gli errori che ci propongono quotidianamente e respingerli senza alcuna concessione.

Bossuet l’aveva già scritto con incisiva forza:

«Quando si tratta di spiegare i princìpi della morale cristiana e dei dogmi essenziali della Chiesa, tutto ciò che non compare nella Tradizione di tutti i secoli, e specialmente nell’antichità è pertanto non solamente sospetto, ma cattivo e condannabile; ed è anche il principale fondamento sul quale tutti i santi Padri (della Chiesa), e i Papi più degli altri, si sono basati per condannare le false dottrine, poiché non c’è mai stato per la Chiesa romana niente di più odioso delle novità».

L’argomento che si fa valere di fronte ai fedeli terrorizzati è questo: «Voi vi aggrappate al passato (fate del passatismo); invece dovete vivere nel vostro tempo!». Certuni, sconcertati, non sanno cosa rispondere. Eppure la replica è agevole: qui non c’è né passato, né presente, né futuro; la verità è di tutti i tempi, è eterna. Per controbattere la Tradizione, le si oppone la Sacra Scrittura alla maniera protestante, affermando che il Vangelo è il solo libro che conta. Senonché la Tradizione è anteriore al Vangelo! Quantunque i Sinottici siano stati scritti molto meno tardivamente di quanto si voglia far credere, prima che i Quattro avessero terminato la loro stesura erano passati molti anni; ora la Chiesa esisteva già, la Pentecoste era già avvenuta, determinando numerose conversioni, tremila nello stesso giorno dell’uscita dal Cenacolo. Cosa ha creduto la gente in quel momento? Com’è stata fatta la trasmissione della Rivelazione, se non per tradizione orale? Non è quindi lecito subordinare la Tradizione ai Libri Santi, né a maggior ragione ricusarla. Ma non stiamo a credere che facendo ciò abbiano un rispetto illimitato per il testo ispirato. Contestano persino che esso sia tale nella sua integrità: «Cosa c’è di ispirato nel Vangelo? Solamente le verità che sono necessarie alla nostra salvezza». Di conseguenza, i miracoli, il racconto dell’infanzia, i fatti e i gesti di Nostro Signore vengono relegati nel genere biografico più o meno leggendario.

Al Concilio si è discusso su questa frase: «Solamente le verità necessarie alla salvezza». C’erano dei vescovi che volevano diminuire l’autenticità storica dei Vangeli, e ciò mostra fino a qual punto il clero sia infetto di neo-modernismo. I cattolici non debbono lasciarsi abbindolare: tutto il Vangelo è ispirato e coloro che l’hanno scritto avevano realmente la loro intelligenza sotto l’influsso dello Spirito Santo, di modo che l’intero suo contenuto è parola di Dio: Verbum Dei. Non è permesso scegliere e dire oggi: «Prendiamo questa parte, ma non vogliamo quell’altra». Scegliere significa essere eretici, stando all’etimologia greca della parola.

Ne deriva logicamente che è la Tradizione a trasmetterci il Vangelo, e spetta alla Tradizione, al Magistero, spiegarci quel che c’è nel Vangelo. Se non abbiamo nessuno che ce lo interpreti, possiamo essere in molti a prendere in modi diametralmente opposti la stessa parola di Cristo. Si sfocia allora nel libero arbitrio dei protestanti e nella libera ispirazione del fermento carismatico attuale che ci trascina alla mera ventura.

Tutti i concili dogmatici ci hanno dato l’espressione esatta della Tradizione, l’espressione esatta di ciò che gli Apostoli hanno insegnato. È materia irriformabile. Non si possono più cambiare i decreti del Concilio di Trento, perché sono infallibili, scritti e promulgati con un atto ufficiale della Chiesa, a differenza del Vaticano II, le cui proposizioni non sono infallibili, perché i papi non hanno voluto impegnarvi la loro infallibilità. Nessuno quindi può dirvi: «Vi arroccate nel passato, siete rimasti al Concilio di Trento». Perché il Concilio di Trento non è il passato. La Tradizione è rivestita di un carattere atemporale, adatto a tutti i tempi e a tutti i luoghi.









lunedì 26 agosto 2024

Nicaragua: il prezzo di fare un patto con il diavolo



José Daniel Ortega Saavedra, CC BY 2.0, Wikimedia



di Julio Loredo

La persecuzione contro la Chiesa cattolica in Nicaragua raggiunge eccessi inauditi. Dal 2018, ben 245 religiosi - tra essi il Nunzio apostolico, tre vescovi e 136 sacerdoti - sono stati espulsi dal Paese. Gli attacchi contro le chiese si moltiplicano. Solo durante la prima metà del 2024 sono stati documentati 92 assalti. Nel 2023 si registrarono 740 aggressioni a sacerdoti e suore. Il governo marxista di Daniel Ortega considera la Chiesa una “nemica pubblica”, alla stregua dell’odiato “imperialismo yanqui”. Ortega e sua moglie, Rosario Murillo, chiamano i sacerdoti “terroristi”, “golpisti”, “ministri del demonio”. Più di un vescovo, tra cui mons. Rolando Álvarez, è finito in carcere. Le processioni religiose sono proibite. Nel dicembre 2023 il Governo lanciò la campagna “Natale zero”, per sradicare questa festività.

Diversi organismi internazionali dei diritti umani hanno sollevato accorate proteste, come anche molte autorità religiose. Il CELAM (Conferenza episcopale latinoamericana) ha emesso una Dichiarazione di censura. In netto contrasto, il Vaticano di Francesco, a parte un vago e inefficace riferimento alle condizioni mentali del dittatore Ortega, ha finora mantenuto un imbarazzato silenzio, limitandosi ad accogliere a Roma qualche sacerdote oppositore cacciato dal regime. Avrà le mani legate per via del patto con la Cina comunista, di cui Nicaragua è stretto alleato?

Abbondano le notizie su questa persecuzione. C’è un punto, però, che non mi risulta sia stato menzionato: Daniel Ortega fu portato al Governo proprio dalla Chiesa cattolica, o meglio dal settore allineato con la Teologia della liberazione, allora (1979) praticamente egemone.

Negli anni 1960-1970, la corrente della Teologia della liberazione affiancò, a volte perfino cappeggiò, le varie rivoluzioni socialiste in America Latina. Tra i “compagni di viaggio” del comunismo internazionale nella sua lunga marcia di conquista, forse nessuno gli è stato tanto utile quanto la Teologia della liberazione, specie in America Latina.

“I rappresentanti della teologia della liberazione — scriveva nel 1985 l’analista sovietico Vladimir Pacika — vedono nel marxismo, non tanto un sistema di pensiero contro il quale devono sviluppare un’alternativa cristiana, ma piuttosto una teoria dello sviluppo sociale che manca al cristianesimo, e da cui possono e devono trarre vantaggio”.[1] Aveva ragione Fidel Castro quando dichiarò: “La teologia della liberazione è più importante del marxismo per la rivoluzione in America Latina”.[2]

Nicaragua, piccolo paese centro-americano a stragrande maggioranza cattolica, passerà alla storia come un caso da manuale in cui il movimento della Teologia della liberazione è riuscito a impadronirsi del potere, in alleanza con le forze comuniste del FSLN (Frente Sandinista de Liberación Nacional).

Nel gennaio 1966 Fidel Castro ospitò all’Avana la Conferencia Tricontinental, un raduno di organizzazioni rivoluzionarie di tutto il mondo, allo scopo di creare un movimento sovversivo globale. Fu in questa occasione che il “Che” Guevara lanciò il suo celebre proclama “Due, tre… molti Vietnam!”.[3] La conferenza diede un forte impulso ai movimenti guerriglieri in America Latina, tra cui il Frente Sandinista de Liberación Nacional, di Nicaragua. Nato come insorgenza nazionalista contro la presenza americana, il FSLN diventò man mano marxista-leninista. I suoi combattenti erano addestrati in campi mediorientali dall’OLP di Yasser Arafat, allora in collusione con l’URSS.[4]

Si trattava di applicare il classico schema comunista: minoranze ben addestrate che sfruttassero le situazioni di tensione nelle campagne e nelle città per creare un crescente scontento che sfociasse in una rivoluzione popolare. La dittatura di Anastasio Somoza Debayle (1925-1980) sembrava offrire il clima ideale. Eppure, pochi anni dopo l’offensiva sandinista si era arenata, orfana di appoggio popolare. Saldamente cattoliche, le masse si mostravano refrattarie alla predica marxista.

A questo punto, però, intervenne un fattore nuovo: le Comunità ecclesiali di base (CEB) ispirate dalla Teologia della liberazione, allora egemone nella Chiesa in Nicaragua, guidata dall’arcivescovo di Managua mons. Miguel Obando y Bravo (che poi sfumerà le proprie posizioni). Utilizzando tecniche di “coscientizzazione", le CEB riuscirono a trasformare molti cattolici in rivoluzionari, indirizzandoli poi verso il FSLN. Spiega il sociologo Johannes Van Vugt: “La rivoluzione nicaraguense ebbe successo per causa delle comunità ecclesiali di base. Queste comunità costituirono una rete di mobilitazione in favore dell’insorgenza, utilizzando metodi di coscientizzazione per politicizzare le masse, salvo poi lanciarle contro il regime [di Somoza]. [Le CEB] offrivano una giustificazione alla rivoluzione compatibile con la fede cattolica. Le CEB fornirono militanti e leader rivoluzionari al Frente Sandinista de Liberación Nacional”.[5]

Il risultato di questa simbiosi fra la Teologia della liberazione e l’insorgenza comunista fu la vittoria militare del FSLN, nel luglio 1979.[6] Prese quindi il potere una Junta, presieduta dal guerrigliero Daniel Ortega. La collusione della Chiesa col Sandinismo era tale che nel primo Governo sandinista c’erano ben tre sacerdoti: P. Miguel d’Escoto, ministro degli Esteri; P. Ernesto Cardenal, ministro della Cultura; e P. Fernando Cardenal, ministro della Pubblica istruzione. In altre parole, è stata la Chiesa cattolica, o meglio la corrente della Teologia della liberazione, allora dominante, a portare Daniel Ortega al Governo, facendo un patto col diavolo, ossia col comunismo.

Come era già successo con la rivoluzione cubana nel 1960, e con il trionfo di Allende nel 1970, la vittoria dei sandinisti galvanizzò la sinistra latinoamericana. Il 28 febbraio 1980 si tenne nel teatro della Pontificia Università Cattolica di San Paolo, Brasile, una “serata sandinista”, sotto l’alto patrocinio del cardinale Paulo Evaristo Arns, arcivescovo di San Paolo. La serata faceva parte del IV Congreso Internacional Ecumenico de Teologia, al quale parteciparono 160 vescovi, sacerdoti, suore e laici impegnati nel movimento della Teologia della liberazione in America Latina. Ospiti d’onore alla serata erano guerriglieri sandinisti, con a capo il presidente Daniel Ortega, accompagnati dal francescano Uriel Molina, presentato come “cappellano della guerriglia”, e David Chavarría, un “guerrigliero cristiano”. Presente anche il ministro P. Miguel d’Escoto I sandinisti volevano insegnare ai cattolici brasiliani la formula del loro successo, affinché potessero replicarlo. Era un aperto incitamento alla lotta armata.

Il giorno dopo, il giornale dell’Arcidiocesi paulista titolava: “Nicaragua è appena l’inizio!”. In un’intervista, il cardinale Arns rivelava che, col patrocinio della Curia, successive leve di militanti delle Comunità ecclesiali di base stavano viaggiando a Nicaragua per ricevere addestramento nella lotta rivoluzionaria. “Questo è solo l’inizio!”, esclamava con entusiasmo Sua Eminenza.[7]

Passano gli anni e i decenni, ed ecco che adesso il diavolo si sta rivoltando contro coloro che lo avevano aiutato per azione od omissione. Nel frattempo, il comunismo sovietico era finito, il marxismo era caduto nel dimenticatoio, e lo stesso Ortega era stato estromesso dal Governo nel 1990. I teologi della liberazione si sono riciclati in nuove espressioni dei loro errori: Teologia indigena, Teologia gay, Teologia femminista, Teologia ecologica e via dicendo. Daniel Ortega, però, è rimasto uguale.

Dopo un interludio, Ortega riprese il potere nel 2007 e non lo mollò più, divenendo a ogni effetto un tiranno. Di fronte a alcune critiche delle autorità ecclesiastiche, che lo accusavano di violare i diritti umani, Ortega rispose lanciando un’efferata persecuzione alla Chiesa. Nel 2018 il Vaticano dovette richiamare a Roma il vescovo ausiliare di Managua, per evitare che fosse assassinato. Nel 2022, Ortega espulse in Nunzio apostolico. Diverse ordini religiosi sono stati chiusi, tra cui le Figlie della Carità di Madre Teresa.

Finora il Vaticano si è astenuto dal condannare ufficialmente e categoricamente la persecuzione in Nicaragua. Un possibile motivo lo abbiamo accennato sopra. Nicaragua è diventata una sorta di protettorato della Cina comunista[8], alla quale pure il Vaticano è legato per via di un Trattato del quale molte clausole sono segrete. Qual è la vera natura dei legami fra Papa Bergoglio e il Governo comunista di Pechino? Quali obblighi impone al Vaticano questo Trattato negoziato dal cardinale Parolin?

D’altronde, Papa Bergoglio è promotore della Teologia della liberazione che nel suo Pontificato “è entrata definitivamente nella normalità della vita della Chiesa”, secondo quanto dichiarava P. Federico Lombardi, allora portavoce del Vaticano.[9] Avrà Francesco qualche remora nel condannare i frutti di una corrente che egli stesso promuove?



Note

[1] V.M. PACIKA, Dialettica dello sviluppo sociale e della lotta ideologica. La Teologia della liberazione nella sua versione radicale latino-americana, in “Problemi di Filosofia”, Mosca 1985, n. 1, pp. 92-100.

[2] Cit. in Leonardo BOFF, A originalidade da Teologia da libertação em Gustavo Gutiérrez, in “Revista Eclesiástica Brasileira”, vol. 48, fasc. 191, settembre 1988, p. 550.

[3] Ernesto GUEVARA, Crear dos, tres, muchos Vietnam. Mensaje a los pueblos del mundo a través de la Tricontinental, in “Tricontinental”, La Habana, 16 aprile 1967.

[4] U.S. DEPARTMENT OF STATE, The Sandinistas and Middle Eastern Radicals, Washington DC, agosto 1985.

[5] Johannes VAN VUGT, Christian Base Communities, in “The Ecumenist”, Ottawa, vol. 24, n. 1, novembre/dicembre 1985, p. 1.

[6] Si veda Carlos Alberto LIBÂNIO CHRISTO, Nicaragua livre: O primeiro passo, Civilização Brasileira, Rio de Janeiro 1980; Juan HERNÁNDEZ PICO, Convergencia entre iglesia popular y organización popular en Centroamérica. Contribuì non poco alla vittoria sandinista la politica dell’allora presidente statunitense James Carter che, a pretesto dei diritti umani, ritirò l’appoggio ad Anastasio Somoza. Costui sarà assassinato nel 1980 da un comando terrorista in Asunción, Paraguay.

[7] Nicarágua è apenas o começo, in “O São Paulo”, 1 marzo 1980. Per un resoconto completo della serata guerrigliera, si veda Plinio CORRÊA DE OLIVEIRA, Na “Noite sandinista”, incitamento à guerrilha dirigido por sandinistas “cristãos” à esquerda catolica no Brasil e na America espanhola.

[8] Si veda: Embajada de la República Popular China en la República de Nicaragua, “Artículo de Opinión del Embajador Chen Xi” en 19 Digital: “Asociación Estratégica China-Nicaragua Nueva relación orienta nuevos desarrollos”.

[9] “Rossoporpora”, Blog di Giuseppe RUSCONI, in “Corriere del Ticino”, 26 febbraio 2014.



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Perché Einstein diceva che ciò che è incomprensibile della natura è il fatto che essa è comprensibile?








di Corrado Gnerre, 26 Agosto 2024

Albert Einstein fu quello che fu a livello religioso, nel senso che ebbe convinzioni prevalentemente panteistiche e il panteismo (si sa!) è un grossolano errore, ma è indubbio che le sue parole, “ciò che è incomprensibile della natura è il fatto che essa è comprensibile”, colpiscono. Colpiscono perché centrano una questione che molti non vogliono riconoscere. E cioè il fatto che una delle evidenze dell’esistenza di Dio sta proprio nell’ordine che esiste nella natura. Un ordine che si manifesta in tante cose, ma soprattutto nel fatto che essa (la natura) può essere conosciuta perché ha delle regole costanti, perché ha una sorta di “codice”.

Da che mondo è mondo, il codice, così come le regole costanti, possono esistere se c’è un’intelligenza che le ha pensate e progettate. Il caso non genera ordine, non genera regole.

Si tratta -diciamolo francamente- di quelle evidenze che rendono le nostre intelligenze responsabili dinanzi al Creatore. Nella Bibbia ben due Salmi, il 14 e il 53, affermano che lo stolto dice in cuor suo: "Dio non esiste". Insomma, a dire che Dio non esiste è lo stolto, cioè colui che non tanto non capisce, quanto non vuol capire. E inoltre lo stolto lo deve dire in cuor suo, nel senso che l’affermazione Dio non esiste è talmente illogica sul piano dell’evidenza dell’ordine del reale, che va detta a bassa voce, quasi nel nascondimento. Chissà che figura che faranno gli atei quando saranno dinanzi a Dio!

Ma vediamo più precisamente cosa disse Einstein: “Trovi sorprendente che io pensi alla comprensibilità del mondo come a un miracolo o a un eterno mistero? Apriori, tutto sommato, ci si potrebbe aspettare un mondo caotico del tutto inafferrabile da parte del pensiero. Al contrario, il tipo d’ordine che, per esempio, è stato creato dalla teoria della gravitazione di Newton è di carattere completamente diverso: anche se gli assiomi della teoria sono posti dall’uomo, il successo di una tale impresa presuppone un alto grado d’ordine nel mondo oggettivo, che non era affatto giustificato prevedere a priori.” (A.Einstein, Lettera a Maurice Solovine, Parigi 1956, p.102).

Possiamo concludere con delle parole del noto musicista Johann Sebastian Bach che ben si accompagnano alle parole di Einstein. Bach dice: “Io suono le note come sono scritte, ma è Dio che fa la musica.” Sì, perché è Dio che ha fatto sì che ad ogni singola nota corrispondesse un determinato suono. E’ Dio che ha fatto sì che il reale fosse un’armonia meravigliosa e non un informe caotico.







domenica 25 agosto 2024

Il Vescovo Joseph E. Strickland esorta: "Aprite gli occhi!"




Una nuova forte denuncia ed esortazione del Vescovo Strickland. 




Miei cari fratelli e sorelle in Cristo,

Ancora una volta mi sento costretto a scrivervi e ad incoraggiarvi a cercare una vita più profondamente radicata nel Sacro Cuore di Gesù Cristo.

Quando questa lettera verrà pubblicata, sarà trascorso un anno da quando è stata scritta la mia prima lettera, pubblicata il 22 agosto 2023, il regno di Maria. Credo davvero che quella lettera sia stata guidata dalla divina provvidenza e il punto centrale di questa lettera, un anno dopo, è esortare, persino implorare, che tutti noi iniziamo a vedere la mano di Dio in tutto ciò che si sta svolgendo nella Chiesa e nel mondo.

La lettera di un anno fa riguardava il Sinodo sulla sinodalità che si stava avvicinando nell'ottobre 2023. Era seguita da sette lettere che amplificavano le preoccupazioni che avevo sollevato in quella prima lettera. Come molti di voi sanno, ho continuato a scrivere queste lettere come spinto dallo Spirito Santo. Voglio essere chiaro: non sto affermando di aver ricevuto alcuna rivelazione speciale. Sono stato semplicemente spinto dalla fede profonda e dal mio amore per Gesù Cristo ad aprire gli occhi su ciò che sta accadendo intorno a noi.

Questa chiamata ad “aprire gli occhi” è al centro della lettera che state leggendo. Ho fatto del mio meglio per esortare tutti coloro che hanno letto queste lettere a vedere la corruzione e le potenti forze del male che ci stanno lentamente ma inesorabilmente spingendo verso una calamità devastante. Non ho alcun desiderio di essere un “profeta di sventura”, ma credo di dover parlare e indicare il male che attanaglia il nostro mondo e la Chiesa. A questo punto, devo dire: DOBBIAMO aprire gli occhi prima che sia troppo tardi!

Il nostro sistema politico nazionale, il Vaticano e troppe organizzazioni influenti in tutto il mondo sono impegnati in un programma che non è altro che un tradimento di Gesù Cristo e della sua Chiesa in questo XXI secolo. Come il tradimento di Giuda Iscariota quasi duemila anni fa, il tradimento odierno proviene persino da coloro che si trovano nel cuore stesso della Chiesa e dello Stato. Dobbiamo aprire gli occhi su questi attacchi al corpo mistico di Cristo per rimanere in Cristo che è la Verità incarnata e abbracciare la salvezza che Egli ha vinto per noi sulla croce. Dobbiamo anche sforzarci di condurre quante più anime possibili alla pienezza della verità che si trova solo in Nostro Signore Gesù Cristo, salvaguardata dalla Sua Sposa, la Chiesa cattolica. I tentativi di spiegare questo tradimento moderno di Cristo hanno perso ogni parvenza di credibilità. Dobbiamo riconoscere che una mano malvagia sta dispiegando tutte queste forze eterogenee: niente di meno che la mano di Satana, il principe delle tenebre.

Mentre scrivo questo, poco dopo il 15 agosto, solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, leggiamo notizia della morte di suor Agnes Sasagawa, la veggente dei messaggi della Beata Vergine Maria approvati dalla Chiesa ad Akita, in Giappone, nel 1973. Sottolineo che non sto affermando di avere una conoscenza speciale dei suoi messaggi, ma non credo che sia necessaria alcuna rivelazione speciale per comprendere il contenuto di questi messaggi. Se guardiamo semplicemente ai messaggi di Akita con gli occhi della fede, dobbiamo concludere che ciò che oggi vediamo nel mondo corrisponde a ciò che è stato predetto in questi messaggi.

I messaggi di Akita ci danno un terribile avvertimento di ciò che vediamo svolgersi davanti ai nostri occhi. Non solo vediamo cardinali contro cardinali e vescovi contro vescovi, ma vediamo vescovi contro preti e papa contro cardinali. Vediamo bestemmie contro Nostro Signore e la Beata Madre, e attacchi alla dottrina provenienti dagli uffici vaticani mentre papa Francesco rimane in silenzio o, per inerzia, dà tacita approvazione.

I messaggi di Akita ci ricordano anche i messaggi della Madonna a Fatima nel 1917. In questi messaggi, la Madonna avvertì che gli errori della Russia, che includevano la Massoneria da cui il comunismo ebbe origine, si sarebbero diffusi in tutto il mondo a meno che e finché la Russia non fosse stata consacrata al Suo Cuore Immacolato nel modo da lei descritto, ovvero dal Papa in unione con tutti i vescovi del mondo, in una cerimonia pubblica. Ciò non fu mai fatto del tutto conformemente alle istruzioni della Madonna. Inoltre, la Madonna richiese specificamente che il terzo segreto di Fatima venisse rivelato nel 1960, ma esso fu invece ignorato, e ci sono molte ragioni per dubitare che sia mai stato reso pubblico nella sua completezza.

Il futuro Papa Pio XII, trentuno anni prima dell'inizio del Concilio Vaticano II, pronunciò queste parole: "Sono preoccupato per i messaggi della Beata Vergine alla piccola Lucia di Fatima. Questa insistenza di Maria sui pericoli che minacciano la Chiesa è un avvertimento divino contro il suicidio di alterare la fede, nella sua liturgia, nella sua teologia e nella sua anima ... Sento tutto intorno a me innovatori che desiderano smantellare la Sacra Cappella, distruggere la fiamma universale della Chiesa, rifiutare i suoi ornamenti e farle provare rimorso per il suo passato storico ... Verrà un giorno in cui il mondo civile negherà il suo Dio, quando la Chiesa dubiterà come dubitò Pietro. Sarà tentata di credere che l'uomo è diventato Dio. Nelle nostre chiese, i cristiani cercheranno invano la lampada rossa dove Dio li attende. Come Maria Maddalena, piangendo davanti alla tomba vuota, chiederanno: 'Dove l'hanno portato?'"

In effetti, queste erano parole profetiche poiché, dal Vaticano II, abbiamo assistito a un tentativo di "aggiornare la fede" allontanando la Chiesa dal Deposito della fede, che non può essere cambiato o emendato. È facile capire perché la rivelazione del Terzo Segreto di Fatima dovesse avvenire nel 1960 e perché fu soppresso da coloro che avevano l'intento di cambiare ciò che non poteva essere cambiato. Il cardinale Ratzinger, prima di diventare papa Benedetto XVI, affermò che il Terzo Segreto si riferiva a "pericoli che minacciano la fede" e tracciò un parallelo tra il messaggio di Fatima e il messaggio di Akita. Il cardinale Mario Luigi Ciappi, che aveva letto il Terzo Segreto, affermò che la Vergine aveva detto che l'apostasia sarebbe iniziata dall'alto. Padre Pio parlò di una "falsa chiesa" e di una "grande apostasia" verificatesi dopo il 1960 in relazione al Terzo Segreto. Tuttavia, quando il presunto Terzo Segreto fu rivelato nel 2000, non disse nulla di ciò.

Nel 2019, Papa Francesco, quando gli è stato chiesto perché Dio "permette" così tante religioni nel mondo, ha risposto che "... ci sono molte religioni. Alcune nascono dalla cultura, ma guardano sempre al cielo, guardano a Dio". Ha detto che "ciò che Dio vuole è la fratellanza tra noi", e ha detto "non dobbiamo essere spaventati dalla differenza. Dio ha permesso questo" [vedi e qui]. Tuttavia, se non ci fosse davvero alcuna differenza nelle religioni del mondo, e se ciò che Dio voleva fosse solo "la fratellanza tra noi", allora si potrebbe concludere che la Chiesa cattolica non è più l'unica vera religione, e che non è davvero l'arca della nostra salvezza. Tuttavia, sappiamo che questa non è la verità. Pertanto, dobbiamo essere preoccupati per le parole della Vergine riferite in ordine ad un'apostasia che inizierebbe dall'alto.

In conclusione, devo gridare che ignorare le richieste e gli ammonimenti della nostra Beata Madre a Fatima e Akita ha messo la Chiesa e il mondo in una condizione estremamente pericolosa. Non scrivo queste forti parole su Fatima e Akita per scuotere la vostra fede, ma piuttosto nella fervente speranza che vi svegliate alla necessità di pentirci, confessare i nostri peccati e aggrapparci con forza ai due pilastri della fede che San Giovanni Bosco vide così chiaramente e profeticamente in un sogno nel 1862: i pilastri del nostro Signore nell'Eucaristia e di Sua Madre, la Beata Vergine Maria. Prego che la nostra risposta a tutto il tumulto e al male di oggi possa essere quella di trovare una fede e una speranza più profonde in Nostro Signore. Non dobbiamo mai lasciare la Sposa di Cristo, ma non possiamo nemmeno rimanere in silenzio mentre altri tentano di cambiarla o di renderla una caricatura del vascello di salvezza che dovrebbe essere.

Nessuno di noi ha il potere di evitare una catastrofe, ma possiamo e dobbiamo essere spiritualmente preparati per qualsiasi cosa possa accadere. È indispensabile che ci assicuriamo di rimanere sempre in stato di grazia e che adottiamo ogni atto di riparazione possibile prima che sia troppo tardi.

Prendiamo come ispirazione Giosuè 24:15: “Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore”.

Che Dio Onnipotente vi benedica e che la nostra Regina e Madre la Beata Vergine Maria interceda per voi e vi conduca sempre a suo Figlio.


Vescovo Joseph E. Strickland
Vescovo emerito, diocesi di Tyler

Fonte


[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]



sabato 24 agosto 2024

Dai vescovi nigeriani un giro di vite sugli abusi liturgici



In Nigeria la Conferenza Episcopale interviene sugli abusi liturgici. Una stretta che vale anche per noi, ricordandoci che la vera priorità non è la Costituzione o l'ambientalismo, ma glorificare Dio.


la lezione africana

Ecclesia



Luisella Scrosati, 24-08-2024

La Conferenza Episcopale Italiana ha stabilito un energico giro di vite sugli abusi liturgici, emanando una circolare per tutti i sacerdoti, perché pongano fine ad atti che non rispettano la natura del culto pubblico della Chiesa. Il cardinale Zuppi ha firmato un documento che prevede sanzioni verso i sacerdoti protagonisti di liturgie fai-da-te. Non ci credete? Fate bene, perché per i vescovi italiani le priorità sono la Costituzione, il cambiamento climatico e il sostegno di Bruxelles. Non così però per i confratelli nigeriani, che invece hanno realmente preso carta e penna per comunicare ai loro sacerdoti che di abusi liturgici ne hanno abbastanza.

Con una dichiarazione del 15 agosto scorso (vedi qui), la Conferenza Episcopale Nigeriana (CBCN) ha fermamente condannato l'«aumento allarmante nella nostra nazione di aberrazioni durante il culto, commesse da alcuni nostri preti». Nel documento, che porta la firma del presidente della CBCN, mons. Lucius Iwejuru Ugorji, arcivescovo di Owerri, lamentano soprattutto «deviazioni dalle preghiere prescritte e dalle rubriche della Messa, inclusa la preghiera eucaristica» ed un «trattamento irriverente dell'Eucaristia», con particolare riferimento all'uso di camminare in mezzo alla navata con il Santissimo sacramento, benedicendo le persone agitando l'ostensorio a mo' di aspersorio.

Altri abusi vengono ripresi dai vescovi nigeriani: presenza di musica non liturgica o addirittura profana nella liturgia, danze indecenti, continua raccolta di offerte durante la celebrazione eucaristica, utilizzo della predicazione per finalità che non le sono proprie, invenzione di riti e benedizione di oggetti che la Chiesa non include tra i sacramentali e, più in generale, una mancanza di preparazione adeguata delle celebrazioni liturgiche.

Si tratta di un elenco di abusi che evidentemente colpiscono le chiese cattoliche della Nigeria (in buona parte sovrapponibile a quanto accade da noi), ma che manifestano un atteggiamento di fondo, adeguatamente colto e stigmatizzato dai vescovi: «queste azioni non sono semplicemente errori di valutazione; sono violazioni dell'ordine sacro e come tali devono essere trattati. Ricordiamo ai nostri sacerdoti che l'altare non è un palcoscenico teatrale e che la liturgia neppure è un luogo di innovazione». Si trova qui il cuore di questa dichiarazione: la liturgia risponde a un ordine sacro che non è a disposizione dell'arbitrio degli uomini, nemmeno se preti o vescovi, qualunque sia la loro più o meno lodevole intenzione. Note di benedettiana memoria.

«La liturgia è un'anticipazione del banchetto celeste, un incontro sacro con la divinità, e dev'essere sempre condotta con la più grande solennità e il più grande rispetto. Qualsiasi atto che sminuisce questo incontro sacro dev'essere condannato e corretto con la serietà che merita», continua la dichiarazione. In un contesto di aperta e sanguinaria persecuzione dei cristiani, i vescovi nigeriani fanno quadrato per difendere il primato di Dio, nel culto liturgico a lui dovuto. Ai loro occhi evidentemente non è una minaccia meno grave quella che nasce dall'interno della Chiesa, dal cuore del santuario, dalle mani e dalle labbra dei sacerdoti, di quella che proviene dai gruppi di islamisti.

In un Paese dove, nel solo 2022, quasi 6mila cristiani sono stati uccisi, oltre 2mila chiese distrutte, 124mila persone sono state allontanate con forza dalle loro case, dove continuano l'assassinio e il rapimento di laici e chierici, i vescovi hanno la lucidità e lungimiranza di mettere in guardia i sacerdoti dal violare l'ordine sacro nella sua forma esterna. Visione pienamente illuminata dalla fede e animata dalla virtù di religione: quella di celebrare i santi misteri, continuano i vescovi, «non è una responsabilità da prendere alla leggera, né una responsabilità che permette un'interpretazione personale. Questo si può ottenere solo quando la liturgia viene celebrata con il decoro, la riverenza e la fedeltà che essa richiede. Gli abusi e le deviazioni relative alla forma prescritta non sono solamente inaccettabili, ma costituiscono un grave danno per i fedeli e per la Chiesa».

Chiesa e fedeli: sono quasi una rarità i sacerdoti consapevoli che non hanno alcun diritto di alterare, sminuire o modificare i sacri riti approvati dalla Chiesa: «la Chiesa ci ha dato delle direttive chiare sul modo in cui la liturgia dev'essere celebrata, e queste direttive devono essere seguite senza eccezioni. La fedeltà alle leggi della Chiesa non è facoltativa, ma obbligatoria. I fedeli non meritano altro che la celebrazione corretta e rispettosa dei misteri della nostra fede».

I fedeli, appunto, le vittime dei gusti personali dei preti e delle commissioni liturgiche: vittime quando il loro diritto di poter partecipare alla sacra liturgia, senza “additivi” e senza minimalismi essenzialisti, viene calpestato, con loro grande sofferenza; doppiamente vittime quando seguono entusiasti le creatività liturgiche dei loro pastori.
Come nelle visioni dell'Apocalisse, la purezza del copioso sangue dei martiri entra nella liturgia che unisce cielo e terra, liturgia descritta con minuziosità da San Giovanni nelle forme della sua sollemnitas, senza la quale essa non è, nella migliore delle ipotesi, che un semplice esercizio di devozione personale e nelle peggiori una vera e propria manipolazione di ciò che spetta a Dio solo.

La Nigeria è davanti ai nostri occhi per capire qual è la direzione da prendere, per uscire dalla grave crisi che attanaglia la Chiesa e rischia di farla estinguere: glorificare Dio con il sacrificio della vita; glorificare Dio con la solennità e il profondo rispetto dei sacri riti. E la Chiesa in Nigeria, pur con tutte le sue ombre e i suoi limiti umani, scoppia di battesimi e vocazioni. La nostra languisce, mentre è tutta indaffarata a perseguitare il rito antico.





venerdì 23 agosto 2024

Un’Intelligenza Artificiale ha Ricostruito il Volto di Gesù dalla Sindone




Cari amici e nemici di Stilum Curiae, offriamo alla vostra attenzione questo articolo di The Daily Star, che ringraziamo per la cortesia. Buona lettura e condivisione.




23 Agosto 2024 Pubblicato da Marco Tosatti 



The Daily Star

Un’intelligenza artificiale ha immaginato il “volto di Gesù Cristo” partendo da un telo che alcuni ritengono abbia ricoperto il suo corpo subito dopo la crocifissione.

La Sindone di Torino ha da tempo scatenato un dibattito, con i sostenitori che insistono nel dire di poter vedere il volto di Cristo impresso sul tessuto, mentre i critici la stroncano come una bufala medievale. Tuttavia, scienziati italiani, usando la nuova tecnologia, ora ritengono che il telo lungo 14 piedi potrebbe aver avuto origine ai tempi di Gesù.

Da allora l’intelligenza artificiale è stata utilizzata per svelare il “vero volto di Gesù”. Il Daily Express ha utilizzato Midjourney per evocare una simulazione di quello che molti credono essere l’uomo dietro la Sindone.

Uno scienziato sostiene che gli scheletri con “radiazioni” sono la prova di un wardailystar nucleare vecchio di 4.000 anni

Gli scatti generati sembrano ritrarre Gesù con i tradizionali capelli lunghi e la barba, e con delle ferite che suggeriscono che abbia appena subito la sua ordalia fatale.

I critici affermano che un artista del XIV secolo potrebbe aver forgiato il “sudario del Messia” usando pigmento in polvere su una scultura o un modello vivente. Ma molti cattolici sono certi che il tessuto abbia catturato le sembianze di Cristo nelle doglie della resurrezione.

Già nel 1908, i test di datazione al carbonio avevano fissato le origini della Sindone al 1300, proprio quando ebbe inizio la sua storia documentata.

Ma il dottor Liberato de Caro ha utilizzato una nuova tecnologia nota come Wide-Angle X-ray Scattering per affermare che l’antico tessuto corrisponde molto bene a un campione del famoso assedio di Masada del 55-74 d.C.

L’esperto ha messo in dubbio la precedente datazione al carbonio, scrivendo: “Muffe e batteri, che colonizzano le fibre tessili, e sporcizia o minerali contenenti carbonio, come il calcare, che aderiscono ad esse negli spazi vuoti tra le fibre che a livello microscopico rappresentano circa il 50% del volume, possono essere così difficili da eliminare completamente nella fase di pulizia del campione, che possono falsare la datazione”.

Sottolinea che il suo metodo a raggi X non distrugge il campione, dando ai ricercatori di tutto il mondo la possibilità di provarci e, si spera, confermare le sue scoperte sensazionalistiche.

De Caro sottolinea che nel lino sono incorporati numerosi granuli di polline di piante originarie del Medio Oriente, respingendo l’idea che si tratti di un’imitazione europea.

Sebbene le prove concrete dell’esistenza della Sindone prima della metà del 1300 siano scarse, c’è chi ipotizza che una reliquia molto simile, rubata da una chiesa di Costantinopoli un secolo prima, potrebbe essere stata lo stesso pezzo.






La denatalità causata dal mancato valore del figlio



Una ricerca americana evidenzia che tra i 50enni che non hanno avuto figli, non li hanno avuti semplicemente perché non li volevano. La causa economica è solo seconda, quella primaria è perché non si dà valore al figlio.


UNO STUDIO AMERICANO

Editoriali 



Tommaso Scandroglio, 23-08-2024

«Il 57% degli adulti sotto i 50 anni che dichiarano che difficilmente avranno mai figli affermano che una delle ragioni principali è che semplicemente non vogliono averli; il 31% di coloro che hanno 50 anni e più e non hanno figli indica questo come motivo per cui non ne hanno mai avuti». Questa la sintesi della ricerca Le esperienze degli adulti americani che non hanno figli realizzata dal Pew Research Center.

Ma vediamo più nel dettaglio gli esiti di questa indagine. Nel 2023 il tasso di fertilità negli Stati Uniti ha raggiunto il minimo storico con una quota crescente di donne tra i 25 e i 44 anni che non hanno mai partorito. Tra gli under 50, che per ora non hanno ancora figli, la percentuale di adulti che dichiarano che difficilmente avranno figli in futuro è cresciuta di dieci punti percentuali dal 2018 al 2023: dal 37% al 47%. Tra gli over 50 che non hanno figli ben un terzo ha affermato che non ha mai preso in considerazione l’eventualità di averne.

Ma veniamo al dato riportato all’inizio: il motivo principale per cui non si hanno avuto figli è che semplicemente non li si voleva. Motivazione più diffusa tra i giovani, meno diffusa nel campione anziano e più diffusa, nella coorte under 50, tra le donne rispetto agli uomini. Sono le donne le prime a non volere figli semplicemente perché non li si desidera. E la motivazione economica? La risposta è necessariamente articolata.

Scrivono i ricercatori: «La maggioranza in entrambi i gruppi afferma che non avere figli ha reso più facile per loro permettersi le cose che vogliono, avere tempo per hobby e interessi e risparmiare per il futuro. Nel gruppo più giovane, circa sei su dieci affermano anche che non avere figli ha reso più facile per loro avere successo nel loro lavoro o nella loro carriera e avere una vita sociale attiva».

Questi dati ci dicono almeno due cose. La prima riguarda direttamente l’aspetto economico. Quando gli articoli di giornale ci dicono che le coppie non mettono al mondo i figli per motivazioni economiche, queste sono le seconde cause non le prime. Tentiamo di spiegarci: supponiamo che Tizio non voglia comprare una Ferrari perché non vuole spendere 1.000 euro per acquistarla. Tutti gli diremmo che è un pazzo e che sta perdendo una grande occasione. Il gioco vale assolutamente la candela. Tizio adduce motivazioni economiche, ma il problema di Tizio sta nel fatto – vera causa del mancato affare – che è stato incapace di riconoscere il valore di una Ferrari.

Lo stesso avviene per il figlio. Si mette sul piatto della bilancia il figlio e sull’altra i soldi. Quei soldi da spendersi, agli occhi delle coppie, non valgono un figlio perché con quei soldi possono conquistarsi un tenore di vita che vale più di un figlio. Sarebbero soldi mal investiti per un bene non di così alto pregio come altri. Allora il problema non sono i soldi (causa seconda), ma il mancato riconoscimento del valore del figlio (causa prima). La seconda riflessione è analoga: non avere figli e quindi avere la possibilità di coltivare degli hobby e di aver successo nel lavoro e nelle relazioni perché si ha più tempo, mettono in evidenza che il figlio vale meno del ferromodellismo, di una promozione e del gruppo sci a cui si è aderito. Ed infatti secondo il campione la realizzazione personale non passa dall’avere figli: «Grandi percentuali in entrambi i gruppi affermano che avere una vita appagante non ha molto a che fare con il fatto che una persona abbia o meno figli».

Ecco perché la motivazione principale addotta tra coloro che non hanno figli e mai non ne vorranno avere è che semplicemente non interessa loro e questo significa, implicitamente e necessariamente, che vi sono altre cose più interessanti (57%); al secondo posto come motivazione troviamo la carriera e gli interessi (44%); lo stato del mondo e l’ambiente (un significativo 38%); l’impossibilità asserita di mantenere economicamente un figlio, ma perché si antepongono beni materiali considerati irrinunciabili (36%); una certa avversione per i bambini in quanto tali (anche qui un significativo 20%). Queste percentuali scemano per il gruppo più anziano di persone che non hanno mai avuto figli. Non aver trovato la persona giusta, come motivo per non aver messo al mondo dei figli, rileva una quota invertita tra i due gruppi: 33% over 50, 24% under 50.

Tutte queste motivazioni, lo ripetiamo, indicano alcuni beni – carriera, l’ambiente, beni materiali, tempo libero, etc. – che nel percepito comune valgono più di un figlio, ossia più di una persona nata dalla propria carne e dal proprio sangue. Allora per cambiare il trend della natalità non serve puntare sui soldi da dare alle famiglie – stando però il fatto che la pressione fiscale dovrebbe tenere conto del numero di figli per ragioni di equità – ma occorre puntare sul cambiamento culturale e far comprendere che un figlio da una parte sicuramente erode risorse economiche, di tempo e di opportunità, ma su altro fronte apporta ben maggiori risorse esistenziali e, al di là del contributo che potrà apportare alla propria esistenza, ha in sé una preziosità così incommensurabile che giustifica ogni sforzo e ogni rinuncia.






giovedì 22 agosto 2024

Chiamare le cose col loro nome, principio di realtà in un mare di menzogne




Una visione laica, lucida e realistica, da integrare con le nostre visuali spirituali. Viene in mente anche il "salvare i semi" di Guareschi. Il suggerito "archivio delle menzogne", può essere assimilato al nostro "chiamare gli errori col loro nome" e, a livello ecclesiale (che non manca di avere affetti sulla realtà) la contestuale denuncia degli errori conciliari, radici delle varie espressioni della crisi attuale. Nessun problema può essere risolto se non se ne conoscono le cause e non si pongono in atto, almeno vivendoli individualmente, i rimedi... In ogni caso la cosa principale è andare contro corrente anche individualmente... Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica.




Andrea Zhok

Uno dei problemi fondamentali che si pongono in un'epoca di degrado della vita pubblica, e di generale decadenza, come la nostra è "che fare?"

Ciò che non possiamo modificare è la nostra sfortunata collocazione in Occidente, in una fase storica in cui la spinta propulsiva della modernità occidentale è esaurita e gli squilibri costitutivi del sistema (oligarchismo, plutocrazia, tecnocrazia, nichilismo, ecc.) stanno dilagando, senza più alcuna compensazione.
Ciò che possiamo fare è preparare l'inevitabile "dopo", di un sistema al collasso, caotico e privo di ogni direzione. Molte cose sono necessarie per preparare il "dopo".

Alcune sono complesse, perché richiedono di remare fortemente contro corrente: in un'epoca che coltiva frammentazione e individualismo, per costituirsi in organizzazioni politiche funzionali è necessario remare controcorrente a lungo. La spinta umorale cui la nostra epoca naturalmente ci dispone è quella verso la diffidenza, il rancore, la permalosità, la ricerca più del contingente che divide che dell'essenziale che unisce. Sconfiggere questa tendenza e creare le condizioni per un'"amicizia politica" (in senso aristotelico) è necessario, ma naturalmente anche molto difficile.

Alcune operazioni sono però più semplici, e possono essere gestite a livello individuale. Un'operazione fondamentale è la documentazione e la costruzione di "archivi del male". Mi spiego.

La scommessa delle nostre classi dirigenti, degli oligarchi che detengono il potere reale e dei politici che lo implementano, recitando sul palcoscenico pubblico, è di riuscire a imporre la loro rappresentazione del mondo nonostante la sua insostenibilità, nonostante la sua conclamata contraddittorietà e falsità.

Lo fanno mentendo sistematicamente, rinforzandosi a vicenda con menzogne convergenti, ripetendole ossessivamente, tacendo strategicamente tutto ciò che le contraddirebbe e delegittimando tutte le voci dissenzienti o dissonanti. L'imposizione della menzogna è il loro trionfo e non credo che nessuna epoca storica sia stata più esplicita e sfacciata della presente nel portare a compimento tale progetto.

La potenza di fuoco dei costruttori di menzogne è straordinaria, rinforzata dall'odierna capacità tecnologica.

Ma più ancora della grande potenza di fuoco, a sostegno di questa tendenza sta un fattore culturale di fondo: la cultura di cui le odierne classi dirigenti occidentali sono latrici è una cultura radicalmente relativista e nichilista, dove si dà per scontata l'inesistenza di valori obiettivi e di forme naturali essenziali. Essi si muovono con perfetto agio nella menzogna perché da tempo non credono al valore della verità né all'autonomia della realtà.

Alla domanda nietzscheana "Perché la verità e non piuttosto la menzogna?" si sono risposti in modo netto: "Purché la menzogna mi serva, vita eterna alla menzogna."

Essi possono mentire e contraddirsi, possono utilizzare doppi e tripli standard, possono modificare le proprie narrazioni in corsa più e più volte, cancellando le incongruenze senza batter ciglio, perché fondamentalmente non credono in partenza né al valore della verità, né all'autonomia della realtà (che si riduce a percezione corrente della realtà).

Nel lungo periodo l'autonomia della realtà finirà comunque per imporre le proprie ragioni e il valore della verità verrà reistituito, ma questo può accadere in molte forme, alcune assai sgradevoli per noi. Una di queste, a mio avviso oggi la più probabile, è che l'intera millenaria cultura europea venga coinvolta nel tracollo della modernità occidentale, venga travolta nell'irrilevanza e sepolta. E non bisogna pensare che la caduta in discredito di una grande cultura storica sia un evento "meramente culturale". Con il perdere di rilievo e peso di questa cultura perderanno di peso e rilievo anche i relativi luoghi, le forme di vita, i territori, le persone che vi abitano.

Tra le poche cose che sul piano personale possono essere fatte, una importante forma di resistenza è rappresentata dalla costruzione di archivi che conservino nel tempo la memoria delle contraddizioni, contorsioni e cancellazioni che l'apparato oggi dominante mette in campo a ciclo continuo. È importante conservare e ordinare in maniera consultabile e reperibile la memoria delle menzogne, perché le menzogne hanno la fondamentale caratteristica di cadere in contraddizione nel tempo.

Chi governa la narrazione dominante e gli apparati mediatici conta sulla propria potenza di fuoco, capace di far sprofondare nell'oblio ogni menzogna passata coprendola con una nuova menzogna più sfacciata della precedente. Per non essere travolti, niente è più importante che la conservazione dell'equilibrio e della direzione attraverso la memoria delle scosse prodotte per farci perdere equilibrio e orientamento. Questo oggi può essere fatto anche a livello individuale, ed è importante che sia fatto.





Sinistra è ormai sinonimo di repressione del dissenso



La Sinistra si distingue solo per la criminalizzazione del dissenso. Una torsione repressiva che porta a criminalizzare chiunque si opponga a immigrazione indiscriminata, aborto come “diritto fondamentale”, utero in affitto, “transizione di genere” e millenarismo climatista.


una deriva globale

Editoriali 



Eugenio Capozzi, 22-08-2024

La tendenza alla negazione del pluralismo democratico, alla criminalizzazione del dissenso e alla censura, già emersa da tempo nelle società occidentali che ancora si definiscono liberaldemocratiche, appare ulteriormente consolidarsi, e anzi subire una decisa accelerazione. Più specificamente, essa si manifesta ormai come la caratteristica principale di tutto il mondo politico, intellettuale e mediatico accomunato in qualche modo sotto l'etichetta di “progressismo” e “sinistra”.

Molti episodi delle ultime settimane confermano tale crescente torsione repressiva: dalla massiccia persecuzione poliziesca e giudiziaria di opinioni dissenzienti – comprese quelle espresse sui social media - lanciata dal governo britannico laburista di Keir Starmer contro i manifestanti anti-immigrazione, alla grottesca lettera minatoria inviata dal commissario Ue Thierry Breton a Elon Musk per minacciare ritorsioni per lo spazio mediatico da lui concesso a Donald Trump, fino alle esplicite minacce del deputato europeo macroniano Sandro Gozi di sopprimere tout court il social medium X, di proprietà dello stesso Musk, sul territorio dell'Unione. Ma se si volessero citare tutte le continue richieste di cancellazione delle voci avversarie, su ogni questione in discussione, provenienti dalle sinistre occidentali l'elenco sarebbe infinito.

Non si tratta, ovviamente, di una tendenza nata ieri. L'”album di famiglia” storico di ideologie e partiti di sinistra in tal senso è molto cospicuo, dal giacobinismo fino alle dittature comuniste del XX secolo.

Nel secondo Novecento l'inclinazione repressiva, a dispetto delle invocazioni sessantottine al free speech e al “vietato vietare”, ha preso un corso meno apparentemente evidente, ma altrettanto pericoloso con il progressivo abbandono del paradigma della lotta di classe in favore di quello dei “diritti civili” intesi come “risarcimento” a gruppi minoritari per le più varie discriminazioni, secondo la traccia della identity politics. In merito a tali temi, l'argomentazione del liberal occidentale, esplicita o implicita, diventava più o meno la seguente: chiunque critichi nel merito qualsiasi misura invocata in nome della non discriminazione compie un atto di violenza contro i gruppi minoritari già discriminati. Su quelle misure la political correctness autorizza soltanto una posizione favorevole “a prescindere”: il pluralismo diventa automaticamente “discorso di odio”, e va quindi impedito, bollando come “razzista” “suprematista”, o “fobico” ogni oppositore delle deriva “dirittista” promossa in nome del nuovo mito “tribale” del progresso.

Ma il salto di qualità decisivo nel senso della mutazione genetica della democrazia in regime “a partito unico”, nella mente e nelle azioni dei “progressisti” occidentali, è avvenuto, tra gli anni Dieci e Venti del XXI secolo, con l'avvento di un paradigma ideologico che vede nella politica in primo luogo una lotta contro “emergenze”. Una lotta che rappresenta una questione di vita o di morte per le collettività, e che dunque in quanto tale non può essere esercitata efficacemente attraverso la democrazia pluralista (le cui procedure ritarderebbero o pregiudicherebbero fatalmente azioni inevitabili e necessarie) ma deve essere affidata a “comitati di salute pubblica” organizzati con una logica tecnocratica e/o giustificati in nome della “scienza”.

Tale paradigma si è imposto innanzitutto attraverso la predicazione martellante dell'ideologia millenaristica del catastrofismo climatico, in cui l'esigenza di ridurre a tutti i costi le “emissioni” di anidride carbonica per “salvare il pianeta” è stata affermata come punto assoluto e imprescindibile, senza alcuna possibilità di discussione. Poi è stato riproposto in forma altrettanto radicale con l'epidemia di Covid 19, additata come minaccia talmente apocalittica da giustificare restrizioni inaudite delle libertà individuali sancite dagli ordinamenti liberaldemocratici. Infine, con toni ultimativi è stato invocato in occasione della guerra russo-ucraina per tacitare ogni critica alla linea di contrapposizione totale nei confronti di Mosca adottata da Nato e Ue.

Chi si oppone all'immigrazione indiscriminata, all'aborto assolutizzato come “diritto fondamentale”, all'utero in affitto, alla “transizione di genere” illimitata sui minori, all'indottrinamento gender nelle istituzioni formative viene etichettato dai “progressisti” contemporanei come un odiatore, un razzista, un omofobo/transofobo di “estrema destra” violento e pericoloso. Ma chi contesta il millenarismo climatista viene automaticamente considerato colpevole dell'estinzione dell'umanità, del collasso dell'ecosistema, delle sette piaghe d'Egitto, e deve essere sistematicamente messo a tacere per la salvezza di tutti.

Nella stessa logica chi critica come irrazionali, inutili e illegittimi i lockdown, i coprifuoco, i ricatti e gli obblighi vaccinali viene additato come untore, responsabile morale di ogni contagio, sofferenza o morte dei “fragili”. E chi critica la corsa all'escalation militare, l'abbandono di ogni via diplomatica, la riduzione dell'economia a economia di guerra viene accusato con disprezzo - da sinistre improvvisamente convertitesi dal pacifismo dogmatico al bellicismo moralista - di essere ipso facto al soldo di un tiranno, e di favorire il massacro degli aggrediti da parte degli aggressori.

Dalla identity politics all'emergenzialismo coatto la cultura politica dei progressisti occidentali completa la sua torsione verso un ripudio strutturale del pluralismo, verso la riduzione della democrazia a regime in cui è possibile e necessaria una sola scelta, imposta dalle “magnifiche sorti e progressive” della civiltà unica, o dalla salvezza contro catastrofi globali. Il tutto, attraverso la versione aggiornata di quella che era stata la propaganda di regime a senso unico nelle dittature novecentesche: lo storytelling o “narrazione”, trasformazione della dialettica politica in ricostruzione edificante ed emotiva di qualsiasi questione in ballo, proposta allo stesso modo da un coro di media – tradizionali/generalisti, digitali, social – e di agenzie istituzionali tutti coordinati secondo una regia comune, dall'informazione alla cultura fino all'intrattenimento. Se qualche mezzo di informazione, qualche centro di elaborazione scientifica e culturale, qualche intellettuale indipendente, qualche artista “stona”, e si pone in contrapposizione al coro, scatta immediatamente la richiesta indignata e rabbiosa di censurarlo, zittirlo, cancellarlo.

Certo Rousseau, Robespierre e Marx non erano dei santi. Le loro dottrine sono indubbiamente i semi cattivi da cui ogni regime repressivo, ogni esercizio della censura e della delegittimazione, ogni negazione del pluralismo si sono sviluppati. Ma, almeno, quegli ideologi avevano, dietro l'intolleranza, una visione del mondo argomentata in maniera che puntava a persuadere. Il progressismo del XXI secolo appare regredito solo all'invocazione a tappare la bocca agli altri in nome di parole d'ordine dogmatiche, primordiali, fondate sul puro dominio della paura.