Oggi nella Chiesa ci sono due visioni della “tradizione”. Quella classica e quella della teologia moderna, influenzata da Gadamer e ormai dominante, che vede la tradizione come una reinterpretazione continua. Ma solo la prima è corretta e la Chiesa ha bisogno di riscoprirla.
Stefano Fontana, 02_05_2024
La corretta idea di cosa sia la “tradizione” è di fondamentale importanza per la Chiesa cattolica. In questo nostro tempo abbiamo assistito ad interventi del magistero piuttosto dirompenti rispetto alla visione tradizionale del problema. Ricordiamo per esempio il cambiamento del Catechismo voluto da papa Francesco per quanto riguarda la pena di morte. Il motivo addotto è stato che la coscienza dell’umanità su questo argomento è cambiata. La cosa ha lasciato perplessi perché, se questo è vero, allora dobbiamo attenderci altri cambiamenti della dottrina motivati da evoluzioni della coscienza sociale. E infatti molti temono che anche la dottrina circa l’omosessualità contenuta nel Catechismo possa essere sostituita con un’altra più aggiornata.
L’esortazione apostolica Amoris laetitia ha cambiato molti aspetti dottrinali: il significato dell’adulterio, il senso del peccato, l’esistenza per la teologia morale di azioni sempre ingiuste, il ruolo della coscienza, le condizioni per accedere ai sacramenti e altro ancora. Pure la dichiarazione Fiducia supplicans ha contraddetto vari principi ereditati dalla tradizione, come il significato della benedizione o il giudizio da dare su una convivenza di coppia omosessuale. Da molte parti si sostiene che l’insegnamento sulla contraccezione esposto nella Humanae vitae debba essere rivisto e, più in generale, il presente pontificato di Francesco viene interpretato come il punto di vista da cui vagliare la tradizione piuttosto che il contrario.
Per farla breve, oggi nella Chiesa ci sono due visioni di cosa sia la “tradizione”. La prima possiamo chiamarla tradizionale. Essa sostiene che il deposito delle verità rivelate è già definitivamente stato trasmesso dalla Scrittura e dalla tradizione apostolica, come due fonti della rivelazione. Niente può essere aggiunto. Quanto il magistero insegna di ulteriore non è nuovo, ma è un’esplicitazione di quanto la Chiesa ha sempre creduto. Pensiamo ad esempio all’Immacolata Concezione o all’Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo. L’altra visione sostiene che la tradizione non è finita con la morte dell’ultimo apostolo, ma continua perché fondata sull’interpretazione degli eventi salvifici e della Scrittura, interpretazione che continua nel tempo altrimenti gli eventi di Gesù Cristo non sarebbero più significativi per gli uomini del nostro tempo. Per questa seconda visione, la Chiesa interpreta sempre, ha interpretato la Chiesa apostolica e interpreta la Chiesa di Francesco. La tradizione sarebbe la sedimentazione mai conclusa delle interpretazioni e il dogma sarebbe essenzialmente storico.
Questo conflitto delle visioni della tradizione si è definito a seguito della nascita dell’ermeneutica moderna, contenuta soprattutto nel libro Verità e metodo di Hans-Georg Gadamer, allievo di Martin Heidegger. La sua filosofia è talmente penetrata nella teologia cattolica da cambiarla strutturalmente, sicché oggi la si trova dappertutto. Gadamer ha fornito il quadro filosofico per la seconda versione della tradizione vista sopra. Secondo lui, un testo, qualsiasi testo, è qualcosa di autonomo rispetto al suo autore, o ai suoi autori. Ciò vale anche per i Vangeli. Un testo, una volta licenziato, ha vita autonoma, vita che viene arricchita dalla storia dei suoi effetti. Dopo la sua uscita, infatti, il testo viene interpretato e poi reinterpretato e poi reinterpretato e queste successive interpretazioni (la storia degli effetti appunto) trovano in esso nuovi contenuti che gli autori stessi non intendevano metterci. L’interprete riscrive il testo e le successive interpretazioni lo arricchiscono. Come avviene l’interpretazione di un testo? L’interpretazione parte sempre da delle pre-comprensioni e da dei pre-giudizi dovuti al contesto personale, sociale e culturale in cui è inserito e da cui non può prescindere. Questo di volta in volta getta una luce nuova sul testo permettendone di cogliere particolari originali e questo costituirebbe la tradizione. Oggi noi possiamo dire di capire meglio i Dialoghi di Platone che non Platone stesso. Possiamo dire, sempre nell’ottica di Gadamer, di conoscere i Vangeli meglio degli Apostoli. Per questo si può dire che la rivelazione sia continuata e continui.
Ne deriva che non saranno più gli insegnamenti del passato a fare da guida e criterio di giudizio per gli insegnamenti di oggi. Non sarà più la Rerum novarum a “giudicare” la Fratelli tutti ma il contrario, e se Francesco dice qualcosa di nuovo, di diverso e perfino di contrario rispetto a san Giovanni Paolo II, peggio per quest’ultimo, dato che in seguito la storia degli effetti è proseguita e, con essa, l’arricchimento di senso del deposito. La dottrina della pena di morte è stata cambiata appellandosi alla nuova sensibilità sociale in materia? Niente di male, anzi tanto di bene, dato che la pre-comprensione avviene sempre da dentro un contesto che getta luce sul testo per comprenderlo meglio.
L’ermeneutica di Gadamer è un’autorità ‘dogmatica’ oggi in campo teologico cattolico. Bisognerà però decidersi a metterla in discussione, senza paura di essere considerati fuori moda.
L’esortazione apostolica Amoris laetitia ha cambiato molti aspetti dottrinali: il significato dell’adulterio, il senso del peccato, l’esistenza per la teologia morale di azioni sempre ingiuste, il ruolo della coscienza, le condizioni per accedere ai sacramenti e altro ancora. Pure la dichiarazione Fiducia supplicans ha contraddetto vari principi ereditati dalla tradizione, come il significato della benedizione o il giudizio da dare su una convivenza di coppia omosessuale. Da molte parti si sostiene che l’insegnamento sulla contraccezione esposto nella Humanae vitae debba essere rivisto e, più in generale, il presente pontificato di Francesco viene interpretato come il punto di vista da cui vagliare la tradizione piuttosto che il contrario.
Per farla breve, oggi nella Chiesa ci sono due visioni di cosa sia la “tradizione”. La prima possiamo chiamarla tradizionale. Essa sostiene che il deposito delle verità rivelate è già definitivamente stato trasmesso dalla Scrittura e dalla tradizione apostolica, come due fonti della rivelazione. Niente può essere aggiunto. Quanto il magistero insegna di ulteriore non è nuovo, ma è un’esplicitazione di quanto la Chiesa ha sempre creduto. Pensiamo ad esempio all’Immacolata Concezione o all’Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo. L’altra visione sostiene che la tradizione non è finita con la morte dell’ultimo apostolo, ma continua perché fondata sull’interpretazione degli eventi salvifici e della Scrittura, interpretazione che continua nel tempo altrimenti gli eventi di Gesù Cristo non sarebbero più significativi per gli uomini del nostro tempo. Per questa seconda visione, la Chiesa interpreta sempre, ha interpretato la Chiesa apostolica e interpreta la Chiesa di Francesco. La tradizione sarebbe la sedimentazione mai conclusa delle interpretazioni e il dogma sarebbe essenzialmente storico.
Questo conflitto delle visioni della tradizione si è definito a seguito della nascita dell’ermeneutica moderna, contenuta soprattutto nel libro Verità e metodo di Hans-Georg Gadamer, allievo di Martin Heidegger. La sua filosofia è talmente penetrata nella teologia cattolica da cambiarla strutturalmente, sicché oggi la si trova dappertutto. Gadamer ha fornito il quadro filosofico per la seconda versione della tradizione vista sopra. Secondo lui, un testo, qualsiasi testo, è qualcosa di autonomo rispetto al suo autore, o ai suoi autori. Ciò vale anche per i Vangeli. Un testo, una volta licenziato, ha vita autonoma, vita che viene arricchita dalla storia dei suoi effetti. Dopo la sua uscita, infatti, il testo viene interpretato e poi reinterpretato e poi reinterpretato e queste successive interpretazioni (la storia degli effetti appunto) trovano in esso nuovi contenuti che gli autori stessi non intendevano metterci. L’interprete riscrive il testo e le successive interpretazioni lo arricchiscono. Come avviene l’interpretazione di un testo? L’interpretazione parte sempre da delle pre-comprensioni e da dei pre-giudizi dovuti al contesto personale, sociale e culturale in cui è inserito e da cui non può prescindere. Questo di volta in volta getta una luce nuova sul testo permettendone di cogliere particolari originali e questo costituirebbe la tradizione. Oggi noi possiamo dire di capire meglio i Dialoghi di Platone che non Platone stesso. Possiamo dire, sempre nell’ottica di Gadamer, di conoscere i Vangeli meglio degli Apostoli. Per questo si può dire che la rivelazione sia continuata e continui.
Ne deriva che non saranno più gli insegnamenti del passato a fare da guida e criterio di giudizio per gli insegnamenti di oggi. Non sarà più la Rerum novarum a “giudicare” la Fratelli tutti ma il contrario, e se Francesco dice qualcosa di nuovo, di diverso e perfino di contrario rispetto a san Giovanni Paolo II, peggio per quest’ultimo, dato che in seguito la storia degli effetti è proseguita e, con essa, l’arricchimento di senso del deposito. La dottrina della pena di morte è stata cambiata appellandosi alla nuova sensibilità sociale in materia? Niente di male, anzi tanto di bene, dato che la pre-comprensione avviene sempre da dentro un contesto che getta luce sul testo per comprenderlo meglio.
L’ermeneutica di Gadamer è un’autorità ‘dogmatica’ oggi in campo teologico cattolico. Bisognerà però decidersi a metterla in discussione, senza paura di essere considerati fuori moda.
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