Noi, inariditi nell’anima
Bisogna stendere la mano verso Gesù, affinché Egli vivifichi le nostre attività, ed affinché in Lui solo possiamo operare soprannaturalmente. A volte potremmo avere nello spirito anche una prosperità apparente che sembra fecondità, ed è invece aridità, come possiamo avere un’aridità che è prosperità. Se tu pianti un arbusto e lo innaffi continuamente, esso cresce, fa foglie, ma non fiorisce né fa frutti perché non affonda le sue radici nel terreno. Se invece lo innaffi ogni tanto, esso, inaridito alla superficie, affonda le radici per cercare il nutrimento, si corrobora, fiorisce e fruttifica; tende, per così dire, la mano non all’aria, nell’esuberanza delle foglie, ma la tende alla vita nell’esuberanza delle radici: è un fenomeno di agricoltura conosciutissimo.
Quante volte Dio c’inaridisce alla superficie per costringerci a tendere la mano a Gesù; quante volte nell’angustia di una siccità l’anima tende il cuore a Gesù, affonda in Lui, le sue radici, s’irrobustisce e fruttifica! Non siamo presuntuosi nel giudicare le vie di Dio, e non siamo così stolti da credere che in esse sia vita quel che a noi sembra vita. La pianta ha bisogno anche dell’aridità, della potatura, del concime e, a volte, dev’essere tutta troncata fin al di sopra delle radici, per poter riprendere la sua vita.
L’aridità spirituale che ci affligge, ma in mezzo alla quale viviamo col desiderio di fiorire e di amare, non è segno di morte ma di vita maggiore, che in noi si forma nelle profondità dell’umiltà. Il fervore cui aneliamo spesso è fogliame, è soddisfazione della natura, è vanità spirituale, nascosta tra le pieghe dell’amore, per così dire, come un bruco tra le foglie accartocciate. Persuadiamoci che la via della virtù vera e del vero amore è arida e seminata di spine, e sappiamo volgerci a Gesù in queste angustie tendendo a Lui la mano nella preghiera perché Egli ci faccia trarre profitto dalla prova, e ci doni una novella vita.
Fonte web
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