venerdì 18 maggio 2012

Dignitatis Humanae: continuità o rottura? – pars II

Tratto da Continuitas


Pubblichiamo la seconda parte del breve studio riguardante Dignitatis Humanae.







LE OBIEZIONI

Un’ultima possibile obiezione potrebbe basarsi sulla categoria preconciliare di “bene comune” come criterio per la repressione o tolleranza dell’errore. La Dignitatis Humanae dopo aver esposto le tre norme che limitano l’immunità dalla coercizione (difesa dei diritti, della pace pubblica, della moralità) afferma: “Questi sono elementi che costituiscono la parte fondamentale del bene comune e sono compresi sotto il nome di ordine pubblico”. Il Vaticano II sembra dire che il limite non è più il bene comune, ma solo una parte di esso – benché sia “la parte fondamentale” – definita “ordine pubblico”.
Tale obiezione sarebbe vera solo se l’ “ordine pubblico” contenesse solo alcuni dei valori del “bene comune”, trascurandone altri, ma le cose non stanno così. L’ordine pubblico è piuttosto la difesa degli stessi valori del bene comune: “difesa dei diritti”, “tutela di quella autentica pace pubblica”, “custodia della pubblica moralità”. Non si può promuovere un valore, senza reprimere ciò che vi attenta, per questo l’ordine pubblico è “la parte fondamentale del bene comune”. Quanto alla parola “ordine pubblico”, piuttosto che “difesa del bene comune”, essa, come spiega il relatore al Concilio, mons. De Smedt, viene impiegata solo perché più ricorrente nell’attuale legislazione civile, e comunque la Chiesa specifica bene i tre concetti che lo costituiscono.
Si potrebbe ancora obiettare che la libertà affermata dal Concilio è condannata dal Syllabus (prop.77: “alla nostra epoca non è più utile che la religione cattolica sia considerata religione di stato, ad esclusione di tutti gli altri culti). Evidentemente l’esclusione di tutti gli altri culti non può valere in senso assoluto, come principio valido sempre e dovunque (8): ne risulterebbe vanificato il principio della tolleranza del male, sempre affermato dalla Chiesa. La proposizione 77 si riferisce al documento Nemo Vestrum del 1855, in cui Pio IX critica l’abolizione unilaterale, da parte del regime anticlericale spagnolo, dell’articolo 1 del concordato, secondo il quale la religione cattolica è l’unica religione della Spagna. Pio IX ha in mente sia l’adesione formale alla sola religione cattolica, sia l’esclusione di tutti gli altri culti. Egli giudica entrambe queste misure necessarie in uno stato a maggioranza cattolica come la Spagna dell’epoca. Ma vuole anche affermare come dottrina universalmente valida, il principio che in uno stato a schiacciante maggioranza cattolica debbano sempre – in ogni tempo – essere esclusi tutti gli altri culti?
Ricordiamo che la dottrina preconciliare indica come criterio per la restrizione dell’errore religioso il bene comune, altrimenti si dovrebbe affermare che esso è punibile dalla legge civile in quanto è errore religioso, non in quanto attenta al bene comune; ma il cattolicesimo non ha mai identificato legge divina e legge civile, a differenza dell’Islam, o della Ginevra calvinista (9). Il bene comune, cui è subordinata la repressione dell’errore, può benissimo richiedere misure diverse, in uno Stato a maggioranza cattolica del XIX secolo, e in uno Stato a maggioranza cattolica del XXI. La condanna della proposizione 77 non è dunque un principio valido universalmente, ma l’applicazione del principio di proteggere la verità restringendo per quanto possibile l’errore, esso sì, universalmente valido, quindi dottrinale.

IL DOVERE DELLA SOCIETA’ VERSO LA VERA RELIGIONE
Il Concilio si distanzia dall’ideale laicista quando afferma che lo stato deve favorire la vita religiosa dei cittadini. Però viene da chiedersi: quale religione? Lo stato ha degli obblighi verso una particolare religione? Il testo definitivo della Dignitatis Humanae dice espressamente che il Concilio “lascia intatta la dottrina tradizionale cattolica sul dovere dei singoli e delle società verso la vera religione e l’unica Chiesa di Cristo”. Dice il p. Harrison: “il Concilio non ha l’intenzione di sviluppare del tutto l’insegnamento anteriore o tradizionale dei papi del XIX secolo, ma di lasciarlo tale e quale – “intatto” – e di concentrare l’attenzione su questi diritti di tutt’altro ordine (…), i diritti della persona umana all’immunità dalla coercizione.”
Quanto all’eventuale riconoscimento sulla carta, della religione cattolica – su cui il Concilio non si esprime – esso non è un principio dottrinale, in quanto non universalmente applicabile: può ben darsi una comunità priva di leggi e costituzioni scritte (la consuetudine è una rispettabile forma di legge), che quindi non ratifichi sulla carta tale riconoscimento, e tuttavia viva e promuova, anche pubblicamente, la religione cattolica.
Resta un’ultima incertezza: tale dovere delle società è il principio fondamentale che regola le relazioni tra Chiesa e stato o è subordinato a qualcosa di ancor più indispensabile?. La Dignitatis Humanae afferma che tale principio fondamentale è la libertà d’azione della Chiesa: “la libertà della Chiesa è il principio fondamentale nelle relazioni fra la Chiesa e i poteri pubblici e tutto l’ordinamento giuridico della società civile” (n. 13). Leone XIII era dello stesso avviso, nella lettera Officio Sanctissimo, citata pressoché fedelmente nel paragrafo 13 della dichiarazione.

Fine della seconda ed ultima parte

NOTE:
(8) Pio XII, Ci Riesce: “l’affermazione: il traviamento religioso e morale deve essere sempre impedito, quando è possibile, perchè la sua tolleranza è in sè stessa immorale – non può valere nella sua incondizionata assolutezza.”
(9) Nel mondo cattolico la repressione dell’eresia non era dovuta all’eresia in sé, quanto alle sue conseguenze sul piano sociale; non a caso era un compito dell’autorità civile. All’inquisitore ecclesiastico spettava infatti distinguere tra l’errore religioso – roba da confessore – e l’eresia vera e propria – sovversiva sul piano civile.

Bibliografia:

- don Brian W. Harrison, Le développement de la doctrine catholique sur la liberté religieuse. Un précédent pour un changement vis-à-vis de la contraception?, ed. francese, Société Saint-Thomas-d’Aquin/Dominique Martin Morin, Chémerè-le-Roi/Grez-en-Bouère, 1988

- Dichiarazione Dignitatis Humanae: http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decl_19651207_dignitatis-humanae_it.html


APPENDICE: Benedetto XVI, Angelus del 4 dicembre 2005:

[...] La Vergine è Colei che resta in ascolto, pronta sempre a compiere la volontà del Signore, ed è esempio per il credente che vive nella ricerca di Dio. A questo tema, come pure al rapporto tra verità e libertà, il Concilio Vaticano II ha dedicato un’attenta riflessione. In particolare, i Padri Conciliari hanno approvato, proprio quarant’anni or sono, una Dichiarazione concernente la questione della libertà religiosa, cioè il diritto delle persone e delle comunità a poter ricercare la verità e professare liberamente la loro fede. Le prime parole che danno il titolo a tale Documento sono “dignitatis humanae”: la libertà religiosa deriva dalla singolare dignità dell’uomo che, fra tutte le creature di questa terra, è l’unica in grado di stabilire una relazione libera e consapevole con il suo Creatore. “A motivo della loro dignità – dice il Concilio – tutti gli uomini, in quanto sono persone, dotate di ragione e di libera volontà… sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione” (DH, 2). Il Vaticano II riafferma così la dottrina tradizionale cattolica per cui l’uomo, in quanto creatura spirituale, può conoscere la verità e, quindi, ha il dovere e il diritto di cercarla (cfr ivi, 3). Posto questo fondamento, il Concilio insiste ampiamente sulla libertà religiosa, che dev’essere garantita sia ai singoli che alle comunità, nel rispetto delle legittime esigenze dell’ordine pubblico. E questo insegnamento conciliare, dopo quarant’anni, resta ancora di grande attualità. Infatti la libertà religiosa è ben lontana dall’essere ovunque effettivamente assicurata: in alcuni casi essa è negata per motivi religiosi o ideologici; altre volte, pur riconosciuta sulla carta, viene ostacolata nei fatti dal potere politico oppure, in maniera più subdola, dal predominio culturale dell’agnosticismo e del relativismo. [...]

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2005/documents/hf_ben-xvi_ang_20051204_it.html

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