di padre Giovanni Cavalcoli
Siamo in una società che si orienta all’abolizione della pena di morte per i criminali e nello stesso tempo consente o addirittura favorisce l’uccisione degli innocenti. In questi ultimi decenni abbiamo assistito ad una svolta profonda nella mentalità della gente e nella stessa legislazione civile degli Stati, svolta che mai si era verificata da quando il cristianesimo aveva improntato di sé per lunghi secoli la visione dell’uomo e della condotta umana.
Questo duplice atteggiamento che sta diventando un fatto di costume e viene legalizzato nei codici civili è un segno impressionante del fenomeno della scristianizzazione in Occidente, alla quale stiamo assistendo ormai si può dire soprattutto a partire dall’epoca dell’Illuminismo, un fenomeno che sotto l’etichetta del “progresso” in realtà ci sta riportando a quella barbarie pagana precristiana ed anticristiana che l’Europa con la diffusione del cristianesimo nei secoli del Medioevo sino all’età moderna credeva di aver ormai superato.
Ma ciò che si sta offuscando non è solo una visione cristiana dell’uomo: è la stessa concezione corrente, filosofica, razionale e scientifica che sta subendo un tracollo ricascando in visioni materialistiche, gnostiche o panteiste che ci rimandano alle idee, ai miti e alle fantasie più arretrati, mostruosi, assurdi ed irrazionali dei primi rozzi tentativi del pensiero umano.
Se la grazia di Cristo nei secoli aveva operato potentemente per attenuare nell’uomo la bestialità, la superbia, l’aggressività, l’istinto di morte e la violenza contro il prossimo, che avallava il terribile detto homo homini lupus, adesso, dopo il ritorno di false filosofie dell’uomo e della morale, la soppressione dell’innocente diventa autodifesa, il suicido autodeterminazione, l’eutanasia “dolce morte”, la connivenza verso gli elementi disgregatori del pacifico vivere civile diventa tolleranza, l’aggressione e la sopraffazione nei confronti dei deboli diventa manifestazione di libertà e “volontà di potenza”, il ladro diventa oggetto di ammirazione, la vendetta spietata diventa giustizia, l’egoismo diventa affermazione della propria personalità, il disprezzo per la verità diventa pluralismo culturale.
In questo quadro di morte, la vita retrocede ed uno degli aspetti di questo fenomeno è certamente la soppressione degli embrioni, così vicina alla diffusione dell’aborto, della fecondazione artificiale e delle manipolazioni genetiche.
Trattare qui di tutte queste cose ci porterebbe troppo in là e, grazie a Dio, non mancano le voci e i maestri che ci illuminano e ci incoraggiano circa i princìpi morali che devono regolare e risolvere queste questioni. Prima voce e prima maestra tra tutte è il Magistero della Chiesa.
L’embrione è una persona: ecco quello che volevo qui brevemente ricordare. Resta ancor in molti l’orrore per l’omicidio, e questo è certo il segno del permanere di un elemento sano della vita morale. Ma poi che concetto si fanno molti dell’omicidio? Dipende da come concepiscono l’uomo. E qui purtroppo spesso – mi si consenta l’espressione – casca l’asino, perché troppo spesso si riscontra una concezione sbagliata dell’uomo, di tipo spiritualistico o di tipo materialista.
O si concepisce infatti la persona solo come quel soggetto che si attua negli atti della coscienza, dell’intendere e del volere – la persona come res cogitans -, tanto per usare la famosa espressione di Cartesio o la “persona come azione”, secondo la visione di Fichte o la persona come “relazione”, secondo il personalismo hegeliano, o la persona come “progetto” del proprio esistere, secondo la concezione esistenzialistica.
Oppure l’uomo è semplicemente un animale evoluto, come risulta dell’evoluzionismo darwiniano, al quale non si sottrae l’antropologia di un Teilhard de Chardin o di un Vito Mancuso.
Non si accetta la dottrina dell’anima umana spirituale, distinta dal corpo, immediatamente creata da Dio al momento del concepimento, come risulta dalla dottrina della fede confermata da una sana antropologia, per cui l’embrione non è un uomo, non è una persona, ma semplicemente un grumo di cellule o un vegetale o al massimo un animale privo di qualunque spiritualità. La persona così non è fatta oggetto di un rispetto assoluto, come immagine di Dio, ma viene utilizzata e relativizzata a finalità sociali o politiche o economiche considerate superiori.
D’altra parte, bisogna dire che possedere l’anima non vuol dire ancora poter esercitare le facoltà razionali e spirituali. Perché ciò sia possibile, occorre che si formi la base fisioneurologica che consente l’esercizio di quelle facoltà. Ma non per questo all’embrione che non possiede ancora questa base, si può negare lo statuto ontologico di persona, ossia, secondo la definizione classica di Boezio, di “sussistenza di una sostanza razionale individua”.
Per questo, se da una parte la concezione darwiniana consente l’uccisione dell’embrione perché non è un uomo, ma un semplice vivente biologico, anche la concezione cartesiano-relazionista della persona, riducendola nei limiti dell’autocoscienza e dell’esercizio della libertà, nega lo statuto di persona all’embrione, che evidentemente non può relazionarsi con altre persone nell’esercizio delle facoltà spirituali.
Per fermare dunque la strage degli innocenti, occorre recuperare la concezione della persona come sostanza composta di anima spirituale e di corpo, tenendo conto di quello che è lo sviluppo della persona nello spazio e nel tempo, persona che in se stessa resta sempre identica a se stessa sin dal momento del concepimento, ma che poi cresce e si sviluppa con la formazione di quell’apparato neurofisico e morfologico, che consente ad un certo punto l’esercizio delle facoltà spirituali, nel quale esercizio non si esaurisce l’essenza della persona, ma quell’esercizio ne è solo la manifestazione accidentale e libera, per quanto propria e naturale, tale da poter condurre la persona alla sua perfezione morale, ma non da costituirne l’essenza.
Liberta' e Persona
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