mercoledì 2 agosto 2023

Eclissi della realtà e della Verità: oggi negare un desiderio può essere un crimine, negare la realtà un diritto e mistificarla un legittimo strumento di controllo.








di Roberto Allieri, 2 agosto 2023



Da quando la Verità è stata detronizzata, prima dal relativismo e poi dalle ideologie di matrice rivoluzionaria imperanti negli ultimi tempi (ecologismo, femminismo, genderismo, tirannia woke, emergenzialismi, etc.) stiamo scivolando in un mondo sempre più surreale ovvero lontano dalla realtà. Un mondo in decadenza, etica e razionale, che sta virando verso derive virtuali e artificiose, piegato a pretese ideali che nulla hanno a che fare con la ragionevolezza. Lo stesso destino sta minacciando la ricerca scientifica, la medicina e tutte quelle discipline (tra cui il diritto) che si basano su assiomi, certezze, punti fermi, principi.

La distorsione nella percezione della realtà ci sta conducendo a grandi passi verso quel modello di vita/non vita umana gestito da ‘intelligenze artificiali’, ben descritto nel film Matrix. Nel quale larve di uomini, coltivati, nutriti e controllati da sistemi tecnologici, galleggiano in un limbo di sensazioni indotte, sognando i sogni che sono stati loro assegnati.

Tale scenario è un esito, ormai tutt’altro che romanzesco, che piacerebbe tanto ai filantropi del ‘World Economic Forum’ per la loro prossima ‘Agenda 2040’.

Funzionale a questi scopi è lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, permeata dai dogmi etici e dalle linee guida che il mainstream impone. Essa non è solo un delirio di onnipotenza tecnologica: può diventare strumento principale per l’applicazione del Pensiero Unico alla massima potenza.

Se vogliamo contrastare questi piani disumani, dobbiamo combattere una battaglia di ‘reconquista’ che ha come obiettivo la difesa della realtà. Una guerra contro il pensiero gnostico e rivoluzionario che, in ultima analisi, è mosso incessantemente dal rifiuto di un ordine dato (Logos) con l’ostinata volontà di riplasmarlo.

Come ben osservava Mattia Spanò, di passaggio in questo suo articolo, etimologicamente la parola realtà è riconducibile al vocabolo rex (Re), non a res (cose). Condivido l’affascinante ipotesi che, alle origini, il vocabolo latino realitas sia stato in qualche modo espressione di ciò che in italiano definiamo regalità.

La realtà non è dunque un insieme di cose (res) ma è qualcosa di regale (è maestosa e ci domina come un Rex). E cos’è che la rende regale? Il fatto che la realtà è permeata di Verità.

La realtà non è un ammasso casuale di cose e fatti opinabili (tale per cui secondo me è così, secondo un altro è cosa). No, è costituita da elementi che hanno una connotazione di certezza. La realtà è fatta di certezze; senza di esse crollerebbe e diventerebbe irrealtà, mistificazione o fantasia. E quindi è fondata su un trono (di certezze e Verità) che rimanda al rispetto che si addice ad un Re.

Faccio questo preambolo per sensibilizzare su quanto sia indispensabile in vasti ambiti del sapere scientifico (dibattito sul clima, sulle emergenze sanitarie, sul genderismo e transgenderismo, transizione ecologica, etc.) riaffermare il primato del metodo induttivo o sperimentale. Per il quale i fatti (adeguatamente accertati e non manipolati) precedono sempre le idee; con conseguente rigetto della pretesa gnostica di anteporre teorie e schemi ideologici, come punto fermo attorno al quale i fatti devono ruotare.

Il principio che sempre dovrebbe valere è che contra factum non valet argomentum (di fronte a un fatto non valgono le argomentazioni). I fatti non possono essere prigionieri di pregiudizi e rinchiusi in una gabbia dalla quale non possono uscire. Situazione che ben conoscono tutti coloro che, tacciati di complottismo e negazionismo, vengono impossibilitati da censure o intimidazioni a rendere manifesti fatti concreti e a dimostrare correlazioni tra eventi.

E, tra l’altro, mi sia concesso sottolineare che la tenacia nel rispetto e nella difesa dei fatti e della ragione è anche un’esigenza della fede cristiana. ‘Pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in voi’: è il monito di San Pietro nella sua Prima Lettera, contenuta nel Nuovo Testamento. Questa esortazione sta alla base dell’attitudine del buon cristiano non solo quando sono in gioco le ragioni del cuore (o della fede) ma anche quando si ricercano le ragioni della ragione, cioè anche nella ricerca scientifica. I cristiani sanno infatti essere realisti: sia quando indagano con la ragione e con strumenti scientifici (le leggi che regolano l’universo sono infatti manifestazione del Logos, sono Parola di Dio); ma anche quando si imbattono in un miracolo. In quest’ultimo caso, essere realisti significa riconoscere che un fatto è sempre un fatto, anche se è un miracolo.



La difesa della realtà diventa poi necessariamente anche difesa della Verità.

Ce lo spiega efficacemente la definizione classica, tomistica. Veritas est adaequatio rei et intellectus: cioè la verità è corrispondenza tra realtà e intelletto.

Quindi l’intelletto, nella ricerca di verità, deve tendere ad aderire alla realtà che gli sta davanti.

La pretesa invece, tipica del nostro tempo e di una certa superbia intellettuale, che la realtà si adegui all’intelletto (o addirittura al desiderio) è antitetica alla ricerca della Verità. Possiamo dire che conduce ad abbracciare un’illusione. E anche di più: una menzogna.

L’adeguamento della ragione all’irragionevole è il pieno rovesciamento della Verità che finisce per essere piegata a qualsiasi capriccio soggettivo.

Questo è quanto succede, per esempio, quando qualcuno esige di essere riconosciuto non per quello che è ma per quello che desidera (anzi, che vuole caparbiamente) essere.

Prospetto qui, incidentalmente, alcuni dubbi che dovrebbe porsi chi si interroga sul proprio orientamento sessuale, anelando soluzioni transgender (cioè interventi chirurgici per il cambio di sesso).

Se io sono un uomo e però mi sento una donna sono proprio sicuro che è il mio corpo ad essere sbagliato?

Se poi io mi sottopongo ad amputazioni, mutilazioni, terapie, somministrazioni di ormoni e sostanze chimiche varie che mi fanno apparire con sembianze tipiche di un sesso diverso dal mio originario, avrò davvero cambiato la mia identità sessuale? Non sarà invece che ho indossato una sorta di maschera o costume mascherato, come surrogato di un’identità considerata imperfetta, per mistificare un’identità sessuale che il mio DNA (cioè la mia vera natura) continua a mantenere?

E poi, insisto con il dubbio: la maschera con le fattezze di Trump che indosso a carnevale mi fa davvero diventare Trump e mi dà il sacrosanto diritto di essere riconosciuto come tale da tutti?

E che dire di quel rifiuto della realtà che spinge tante donne all’aborto? Madri vittime di un inganno allorquando viene nascosta loro o non riconosciuta la qualifica di essere umano (e non di ammasso di cellule) alla creatura che viene abortita. Anche qui si accampa il diritto di negare una realtà incontrovertibile: che il feto abortito è un essere umano, come scientificamente grida il suo patrimonio cromosomico o una sua ecografia o l’auscultazione del battito del cuore.

Analoghe considerazioni potrebbero essere riproposte per chi sfugge o rifiuta la realtà rifugiandosi in un mondo virtuale. Qui, però, intendiamoci: la ricerca o il vagheggiamento di una realtà trasfigurata, ovvero di una fantasia, può avere una funzione positiva nell’arte o in un percorso di spiritualità. Purché sia un mezzo e non un fine per raggiungere una conoscenza più piena di sé e della realtà. E purché la propria confusione tra reale e irreale resti una suggestione personale non troppo alienante e non diventi una turba psichica o un modello imposto anche ad altri per obbligarli ad estraniarsi dalla realtà (vedi filmato what is a woman di Matt Walsh dopo 1 ora 11 minuti e 17 secondi).



Ho sin qui parlato in difesa del realismo e della Verità, evidenziando come questi valori vadano a braccetto non solo nella ricerca scientifica ma anche in ambito etico, filosofico e religioso. Ragione, ragionevolezza, razionalità e Verità: tout se tient (tutto si tiene), nella misura in cui si rispettano.

Il discorso fatto può però sembrare sconfortante nell’analisi del crollo, provocato dalle eclissi di senso. Ma ci sono ragioni di speranza.

Le eclissi, come le mode, passano. Il problema sono le scorie e le macerie, dopo che sono passate. Perché i tempi di oscuramento sono propizi a ladri, devastatori e sciacalli. E in particolare ai ladri di Verità. E se passano significa che, dopo un periodo di oscurità, può arrivare un tempo di luce.

Ma c’è un’altra ragione che induce a volgersi verso orizzonti diversi (anche se, temo, forse non molto migliori): la decadenza in cui siamo immersi è il colpo di coda di una società in pre-agonia, che è solo una parte del mondo. Una parte che sta diventando sempre più marginale: il globalismo che oggi ci appare così minaccioso sarà presto ridimensionato in un mini-globalismo (cioè in un sistema di potere sempre più ridotto) che dovrà fare i conti con le proprie scelte scellerate. E pagarle. Il nichilismo, il suicidio culturale, le politiche disumane e neo-malthusiane intrise di odio verso l’uomo stringeranno sempre più il cappio.

Fatte salve altre ipotesi di palingenesi di carattere metafisico, cominciamo allora a confrontarci con altri modelli sociali che presto o tardi subentreranno, recuperando i valori che hanno dato vigore e credibilità alla nostra civiltà greco-latina-cristiana. E preservando il seme in vista di tempi migliori, che certo verranno. Solo così potremo affrontare più serenamente il futuro, evitando di essere cancellati o condannati all’insignificanza.












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