di Raffaele Citterio
Fino a non molto tempo fa, e ancor oggi in alcuni casi, in certi ambienti si affermava che il traguardo del processo rivoluzionario sarebbe stato l’instaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale. Per chi studia questo processo, invece, tale slogan contiene una vistosa contraddizione: la Rivoluzione non può produrre Ordine.
La meta ultima del processo rivoluzionario – magistralmente spiegata dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira nel suo libro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» – è la distruzione della Chiesa e della Civiltà cristiana, passo indispensabile per la cancellazione di ogni traccia dell’opera di Dio nell’universo. La Rivoluzione è un movimento demolitore che, spinto dalle passioni sregolate, concretamente l’orgoglio e la sensualità, non potendo uccidere Dio, cerca di cancellarne qualsiasi traccia nella creazione, attuando così le ultime conseguenze di quel “non serviam!” che diede origine al male nella storia. In questo senso, la Rivoluzione non vuole nessun “ordine”, bensì il disordine, il caos, l’anarchia, il nulla. Dopo aver conquistato tutto, il demonio dovrebbe auto-annichilirsi per cancellare l’ultimo residuo dell’opera divina: egli stesso. Ogni tappa del processo rivoluzionario è stata, in fondo, un passo verso questa utopia irraggiungibile.
Una “policrisi”
Ecco che, quegli stessi organismi internazionali dei quali si diceva che promuovono un Nuovo Ordine Mondiale, adesso stanno presentando il loro vero scopo: un Nuovo Disordine Mondiale, ossia la dissoluzione di tutte le strutture mentali, sociali, culturali, religiose, politiche ed economiche.
L’autorevole rapporto IPSOS Global Trends 2023 lo dice a chiare lettere: “Stiamo entrando in un nuovo disordine globale, contraddistinto da molteplici questioni interconnesse. Soprattutto negli ultimi anni abbiamo visto nascere e svilupparsi diverse crisi su più fronti, che hanno colpito e continuano a colpire tutto il mondo, dalla pandemia di Covid-19 alla guerra in Ucraina, dalla crisi climatica a quella economica ed energetica, dalle disuguaglianze di lunga data alle crisi geopolitiche in cui si stanno trasformando. [Tutte le tendenze] indicano un nuovo disordine mondiale”[1].
Il Rapporto IPSOS conia un nuovo termine per riferirsi a tale situazione: “policrisi”. Cita quindi Adam Tooze, professore di storia alla Columbia University di New York: “La policrisi non è una situazione nella quale si devono affrontare diverse crisi, bensì una situazione ben più pericolosa della somma delle parti”[2].
Il Global Risks Report 2023, pubblicato dal World Economic Forum, giunge a identiche conclusioni. Parlando di una “esperienza collettiva di policrisi”, il Rapporto afferma che il termine “policrisi” è emerso durante i dibattiti del meeting annuale del World Economic Forum a Davos. Gli esperti che valutano le sfide a breve e lungo termine che il pianeta deve affrontare hanno scoperto che il rischio di policrisi è in aumento. Si tratta di una situazione “dove crisi disparate interagiscono in modo tale che l’impatto complessivo supera di gran lunga la somma di ciascuna parte”[3]. E anche in questo Rapporto, il termine “disordine” è ricorrente: disordine mentale, disordine economico, disordine climatico e via dicendo.
Ormai non si parla più di governare il Nuovo Ordine Mondiale, ma di sopravvivere in mezzo al caos[4].
I principali nodi
I Rapporti sopra citati, confermati poi da altre autorevoli ricerche, passano in rivista i principali nodi di questa policrisi.
Pericolo di “sindemie”. Il Global Risks Report registra un grande aumento dei disordini della salute, parlando quindi di una “crisi sanitaria silenziosa”[5]. E continua: “In combinazione con i sistemi sanitari fragili, esiste un rischio di un aumento delle ‘sindemie’: un insieme di problemi sanitari concomitanti, che si moltiplicano a vicenda, avendo un impatto complessivo sui sistemi politici, strutturali e sociali”[6]. Da parte sua, il Rapporto IPSOS dedica diverse pagine al “grave deterioramento della salute mentale”: “I nostri risultati confermano l’aumento dei problemi di salute mentale come questione chiave, soprattutto per i giovani”[7]. Questo aumento nei disordini mentali si riflette poi nel crescente caos nelle strutture.
Immigrazione. Un altro elemento della policrisi è l’immigrazione, ormai fuori controllo. “L’immigrazione sarà il tema centrale di questo secolo”, affermava nel 2015 il giornale della sinistra inglese The Guardian[8]. “Le politiche di integrazione hanno fallito. Questi problemi possono essere difficili, e affrontarli non è più un’opzione ma una necessità. Il tessuto delle nostre comunità e dei nostri quartieri dipende da questo”, dichiara l’Huffpost[9]. L’immigrazione incontrollata sta accendendo fuochi di tensione in quasi tutto il mondo, rischiando di fare saltare la tenuta di molte società. Gli esperti concordano nell’affermare che la società moderna si sta disintegrando, dando luogo non a un nuovo ordine mondiale, ma a un disordine pieno di tensioni. D’altronde, la gente si sente sempre meno legata al proprio territorio. Il Rapporto IPSOS rivela che ben il 74% delle persone vorrebbe sperimentare una nuova vita in un’altra parte del mondo[10].
Scontri religiosi. Un altro elemento della policrisi è il forte aumento delle tensioni a sfondo religioso. In contrasto con la retorica ecumenica che domina il politically correct, cresce ovunque l’intolleranza verso altre religioni, che sfocia sempre più spesso in vere e proprie persecuzioni. Tutto questo mentre cresce la diversità religiosa e mentre le religioni perdono il legame con un territorio specifico. “Cresce la diversità religiosa”, leggiamo nel Rapporto IPSOS[11]. Ma crescono anche l’intolleranza e la persecuzione. Un rapporto dell’autorevole Pew Research Center concludeva qualche anno fa: “Le ostilità religiose raggiungono il livello più alto degli ultimi sei anni”[12]. Le persecuzioni sono più frequenti ai danni dei cristiani in paesi a maggioranza musulmana o animista, oppure in Paesi comunisti come Cina e Nicaragua. Il Paese in assoluto più intollerante è l’India, specie dopo la vittoria del Premier Narendra Modi, che ha portato a un revival del nazionalismo. Nel caso dell’Islam radicale, il problema religioso si intreccia poi col terrorismo[13].
L’abisso tra città e campagna. Altro elemento della policrisi è la crescente spaccatura tra la campagna e le città, che l’autore britannico David Goodhart ha battezzato “Somewheres” vs. “Anywheres”. Secondo Goodhart, i Somewheres sono persone radicate e conservatrici, mentre gli Anywheres sono globalisti e amano il cambiamento. Diverse ricerche mostrano il crescente divario ideologico e temperamentale tra queste due realtà, che riguarda tutte le società moderne e ha già provocato scontri politici in alcuni paesi.
Narrative conflittuali. Si usa sempre di più il termine “narrativa” per denotare una certa lettura dei fatti correnti. Ebbene, tutte le analisi mostrano una crescente polarizzazione tra le narrative, che lascia poco spazio alla moderazione: no-vax/pro-vax, anti-Trump/pro-Trump, pro-Putin/anti-Putin, democratici/populisti e via dicendo.
Una società arcipelago. Dopo il libro di Jerôme Fourquet L’archipel français, questo termine si usa per denotare la crescente frantumazione della società: ormai tutto è diviso per interessi specifici propri a gruppi, venendo quindi a mancare la coesione sociale attorno a valori e a gusti condivisi. Secondo Fourquet, la distruzione delle matrici tradizionali lascia spazio a piccoli gruppi con interessi diversi e che non cercano di aprirsi agli altri. Due esempi lo illustrano: la secessione delle élite da un lato, e quella delle popolazioni immigrate dall’altro.
Terrorismo e omicidi di massa. Il Global Risks Report 2023 dedica spazio all’aumento degli attacchi terroristici in tutto il mondo, a scopi politici, religiosi e ideologici[14]. A ciò si aggiunge il preoccupante aumento degli omicidi in massa, le famose sparatorie che ogni tanto riempiono i notiziari. La più sanguinosa è stata a Garissia, Kenya, con 147 persone uccise.
Il collasso dello Stato. Un aspetto della policrisi, che meriterebbe uno studio a parte, è il collasso dello Stato, con l’aumento dell’inquietudine sociale (civil unrest), e la conseguente esplosione di moti insurrezionali come Woke, Black Lives Matter e Cancel Culture, oppure la versione latino-americana Despertar (sveglia) che, per esempio, nel 2019 ha devastato la capitale del Cile, Santiago. Secondo il Global Risks Report, c’è il concreto rischio di “collasso dello Stato che porterà grave instabilità, con conseguenze geopolitiche, a causa dell’erosione delle istituzioni e dello Stato di diritto, alla fine del dominio della legge, all’inquietudine sociale, e agli effetti delle gravi instabilità regionali e globali”[15].
Conflitto tra i poteri dello Stato. In molti Paesi, per esempio Brasile e Stati Uniti, c’è un crescente conflitto tra i poteri dello Stato, che in alcuni casi ha portato al blocco dei processi democratici.
La “deglobalizzazione”. Per anni siamo stati abituati a vedere nella “globalizzazione” l’onda del futuro. Ebbene, contrordine compagni! “Dopo essere stata la soluzione, adesso la globalizzazione è il problema”, titola Le Monde[16]. Ed ecco che gli stessi organismi che proponevano la globalizzazione, ora offrono la “deglobalizzazione”[17]. Uno studio fatto da Teneo Global Consulting rivela che ben l’86% degli amministratori delegati e il 94% degli investitori credono che il futuro sia la deglobalizzazione[18]. Deglobalizzazione vuol dire regionalizzazione, col conseguente aumento dei conflitti regionali.
La Trappola di Tucidide. Tralasciamo altri elementi della policrisi e andiamo a uno di grande importanza: la Trappola di Tucidide. È un’espressione che definisce la tendenza che porta alcune tensioni politiche per la supremazia a sfociare in guerre. L’espressione è stata coniata dal politologo statunitense Graham Allison in un articolo per il Financial Times del 2012, venendo poi ripresa nel suo libro Destined for war: can America and China escape Thucydides’s trap? In questo senso, l’espressione si riferisce alla possibilità, secondo Allison inevitabile, di una guerra tra gli Stati Uniti e la Cina, che potrebbe facilmente degenerare in conflitto nucleare.
Mettiamo insieme tutti questi elementi, più altri che l’esiguità dello spazio ci impedisce di sviluppare, e la conclusione è inevitabile: stiamo assistendo alla graduale dissoluzione di tutte le strutture: mentali, sociali, culturali, religiose, politiche, economiche. Mentre la modernità era sinonimo di progresso, questa post-modernità si sta rivelando sempre più una marcia verso il caos. La storia moderna, diceva nel 1980 il sociologo americano Daniel Bell, è stata finora guidata dall’idea di un Aufheben, una costruzione del superuomo razionalista all’interno della civiltà perfetta. Si tratta di sostituire a questo impulso ascendente un Niedergang, ossia una discesa verso il nulla[19].
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Note
[1] IPSOS, A New World Disorder? Navigating a Polycrisis. Global Trends 2023, febbraio 2023, pp. 4, 66.
[2] Ibid., p. 6.
[3] World Economic Forum, Global Risks Report 2023. 18th Edition, gennaio 2023, p. 9.
[4] Cfr. Francesca Concina, “Polycrisis: governare il caos”, Managoritalia, 19 marzo 2023.
[5] Global Risks Report 2023, p. 35.
[6] Ibid., p. 37.
[7] A New World Disorder?, pp. 2, 29.
[8] Alexander Betts, “Human migration will be a defining issue of this century”, The Guardian, 20 settembre 2015.
[9] Rachel Marangozov, “Integration Policies Have Failed - How To Get Them Right”, Huffpost, 5 gennaio 2017.
[10] A New World Disorder?, p. 61.
[11] Global Trends 2023, p. 11.
[12] Pew Research Center, Religious Hostilities Reach Six-Year High, 14 gennaio 2014.
[13] Global Risks Report 2023, p. 75.
[14] Ibid., p. 75.
[15] Global Risks Report 2023, p. 75.
[16] Antoine Reverchon, “Why globalization is becoming a problem after been the solution”, Le Monde, 17 maggio 2022.
[17] Global Risks Report 2023, p. 6.
[18] Teneo, “Deglobalization. Is this the end of globalization? When it comes to deglobalization, it’s not a matter of if but when”, Vision 2023. Where is the World Going in 2023 and Beyond?, p. 9.
[19] Daniel Bell, Beyond Modernism, Beyond Self, Abt Books, Cambridge, 1980, p. 288.
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