Sempre meno funerali religiosi, i funerali laici hanno preso il posto del rito civile ormai privo delle sovrastrutture dell'idelogia marxista che conferivano un velo di rispettabilità alle esequie. Ma in realtà sono non funerali che svelano il nichilismo di senso di vita e di morte.
Andrea Zambrano, 16_08_2023
Alcuni giorni fa nel mio paese è stato registrato uno curioso record, che – a mia memoria – non si era mai verificato prima. Guardando quella che in paese chiamiamo “la colonna infame”, cioè la bacheca al centro di Corso Mazzini nella quale si danno gli avvisi funebri dei deceduti, mi ha colpito un fatto: su sei morti, nessuno aveva il funerale religioso. Si trattava di sei persone del paese decedute e di svariate età: c’era anche un giovane papà di 48 anni, ma anche un’anziana signora di 92 anni mentre gli altri si aggiravano tra i 70 e gli 80 anni.
Tutte persone conosciute in paese che avevano fatto la loro vita e che poi andandosene, non avevano lasciato disposizioni particolari per un funerale cattolico. Questo, essendo il mio paese, Correggio in provincia di Reggio Emilia, nel cuore dell’Emilia rossa è abbastanza normale, ma il primato assoluto del funerale civile a scapito di quello religioso è comunque un fatto degno di nota anche alle nostre latitudini.
Soprattutto per un altro curioso aspetto. L’inesistenza di un qualunque tipo di rituale. Gli avvisi sembravano tutti scritti con la fotocopiatrice: dalla camera ardente al cimitero senza nessun “rito” civile, solo il funerale laico che consiste semplicemente in un non rito. Cimitero, cassa, forno e cazzuola per chiudere quando non si prosegue per il crematorio nella solitudine più totale.
Quando ero bambino si svolgevano i “funerali civili” soprattutto per quelli che noi abbiamo sempre chiamato “i comunisti col chiodo”, ossia quei militanti del partito oppure per quegli anziani che avevano fatto parte dei partigiani, che sceglievano così il “funerale civile” come coerente addio per una vita trascorsa nel rifiuto ideologico della fede. Era a modo suo, anche quello civile una sorta di liturgia. Una liturgia ateizzata, che però a noi cattolici dava comunque l’idea di una liturgia “onorevole” lasciando presagire dietro quell'ideologia un mistero.
C’era la banda musicale che intonava le musiche partigiane, Bella ciao ovviamente, ma anche l’Internazionale comunista che non poteva mai mancare. C’era anche chi lasciava scritto espressamente di suonare l’inno dell’Unione Sovietica. Il mesto corteo lasciava la camera ardente per il cimitero e dietro il feretro, amici e parenti, spesso avevano un garofano o una rosa. Ai lati della salma c’erano i gonfaloni dell’Anpi o – se il de cuius era stato un consigliere comunale o un assessore – le insegne del Comune. Insomma, sarà anche stato un funerale civile, ma ai nostri occhi la dignità esequiale era comunque conservata. Il morto salutato con un minimo di ritualità che conferiva alla scena un non so che di, non dico sacro, ma rispettabile perché l’ideologia vissuta aveva i crismi della religione e questo serviva a coprire il nichilismo sotteso al funerale non religioso.
Oggi invece, con l’introduzione del cosiddetto funerale laico questa ritualità è scomparsa. Sempre meno persone ricorrono alla banda o alle insegne dei partigiani (conferma che da noi il movimento partigiano è sinonimo di ateismo marxista). C’è chi prova ad abbozzare ricordi del poveretto come fanno i protestanti, ma in generale, il funerale si svolge nel minimalismo più assoluto perché se non c'è nessuno a cui affidare l'anima del defunto a chi ti rivolgi?
È da queste immagini che si svela un fatto ancor più curioso. Finché c’erano i funerali civili con la banda, le insegne e i garofani rossi, queste “sovrastrutture” - direbbe Marx - nascondevano sapientemente la realtà dei fatti che nel funerale laico invece emerge chiaramente: il totale nichilismo di quel momento. Nichilismo nell’addio, nichilismo nella domanda, tolta la cortina fumogena del funerale civile, non resta altro che un semplice accompagnare la salma verso l’ignoto. Il fatto che il nichilismo sia evidente proprio adesso che l’ateismo e l’agnosticismo sono diventati sistematici, ci spinge a chiederci con la dovuta carità, ma non senza verità, quanto un uomo possa vivere nella totale assenza di una domanda di senso. È dal funerale, in sostanza, che vedi quanto un uomo possa aver vissuto più o meno a contatto con un senso religioso che, anche se non ha portato a un cammino di fede, rimane in tensione come punto interrogativo costante. Vedere funerali laici, ossia dei non funerali, lascia aperto uno sgomentoso interrogativo: quello del nulla di senso nel quale si è vissuto e nel quale si pensa di andare.
Anche i cattolici non sono esenti da questo. Il funerale religioso è diventato per molti preti una scomoda incombenza tanto che non sono pochi ormai i fedeli che scelgono una breve cerimonia funebre al cimitero in assenza della Messa. Una benedizione e via. Vi sono poi tanti, anche cattolici e qui tutti noi dovremmo fare un mea culpa perché in pochi sono esenti, che quando muore un conoscente, scelgono indistintamente se partecipare al Rosario pro defuncto (di solito il giorno prima) o alle esequie come se si trattasse di due appuntamenti sovrapponibili: vado al Rosario perché domani ho un impegno. E pensano così di aver partecipato convenientemente al lutto. Purtroppo, non c’è nessun prete che spieghi loro - anche a me, lo ammetto - che se stai vivendo un lutto, il Rosario non può essere un surrogato del funerale. Meglio allora, se la conoscenza non è così cementata e confidenziale, non partecipare.
Insomma, nell’apparecchio alla morte siamo tutti carenti anche perché abbiamo smesso di pensarci, cosicché quando arriva il momento dell’addio di una persona amata, ciascuno si regola come può. C'è chi, ad esempio, lascia la disposizione di informare della propria morte solo a funerali avvenuti, quasi come volesse dire ai propri concittadini: non scomodatevi nemmeno a venire. Ci rivedremo chissà dove. E questo accade sempre più spesso per ragioni non di ordine pubblico, ma di squisita privacy diventata soggettivismo spinto. Ma anche questo è frutto della logica ormai nichilista del funerale. Se c'è il nulla, non state neanche a preoccuparvi a prendervi una mattina libera per me.
Per chi non ha coltivato uno sguardo di fede sulle cose, per di più, la pantomima dei funerali laici svela ancora di più che l’ateismo marxista non era altro che una sovrastruttura in grado di coprire il nichilismo soggiacente. Tolta l’ideologia, ormai sconfitta, non resta che il nulla e questa è l’angosciosa realtà che la colonna infame mi ha mostrato in una calda mattina di agosto.
Nessun commento:
Posta un commento